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Studio pilota sull’usabilità di un sistema di monitoraggio digitale delle sindromi dolorose croniche post-ictus all’interno dei percorsi assistenziali riabilitativi e domiciliari
Studio pilota sull’usabilità di un sistema di monitoraggio digitale delle sindromi dolorose croniche post-ictus all’interno dei percorsi assistenziali riabilitativi e domiciliari L.Chiveri1, M.Ranzani1, G.Gilardone1, M.Picardi1, E.Judica1, A.Vitali1, M.Caprino1, V.Manzelli2, C.Savino2, F.Memini3, G.Candiani3, M.Masiero4, S.Traversoni 4, L.Pisani1, M.Corbo1 1.Casa di Cura Privata del Policlinico (CCPP), 2.Nuvyta, 3.Zadig, 4.Istituo Europeo di Oncoloia (IEO) Introduzione In risposta alla CALL di regione Lombardia volta al potenzialmente dei sistemi di presa in carico del malato fragile nasce il progetto Pain-RELife che si pone l’obiettivo di rafforzare il monitoraggio del dolore cronico in pazienti post-ictus e dopo chirurgia mammaria. Il progetto, attraverso una rete di collaborazione tra centri di ricerca e aziende, unisce competenze cliniche (Istituto Europeo di Oncologia, Casa di Cura Priva del Policlinico), di reingegnerizzazione e digitalizzazione (EULERIA), di analisi di dati (Università di Trieste), di sviluppo di app (Zadig) e di sistemi informatici (NUVYTA). Oggetto di questa presentazione è il modello di presa in carico sviluppato sulla scorta di tale collaborazione da parte di Casa di Cura Privata del Policlinico relativo al monitoraggio del dolore cronico post-ictus. In seguito ad un evento cerebrovascolare possono insorgere sindromi dolorose che impattano sulla qualità di vita e sul recupero funzionale del paziente. Le forme di dolore post-ictus sono varie (tra cui dolore centrale, da spalla emiplegica, da spasticità) e sono sottostimate per difficoltà a identificarle in persone con fragilità (presenza di problematiche cliniche preminenti, problemi cognitivi o di linguaggio, comorbilità confondenti). Il fenomeno tuttavia presenta una prevalenza nel post-ictus non trascurabile, dal 12 al 66% a seconda delle casistiche, e oltre a impattare sulla qualità di vita, può ritardare il recupero funzionale. Emerge la necessità di una maggiore attenzione alla sorveglianza di tali sindromi, in particolare nel contesto domiciliare dove non sono implementati protocolli di monitoraggio del dolore. Alla luce di tale criticità il consorzio Pain-RElife ha sviluppato un sistema costituito da una piattaforma web che interagisce con una applicazione scaricabile su tablet (da parte del paziente o del suo caregiver), attraverso la quale il soggetto sarà in grado di riportare l’andamento del proprio dolore (o del proprio assistito, se caregiver) nell’arco di 3 mesi a cadenza settimanale con l’utilizzo di scale autosomministrate. Attraverso il dialogo tra l’applicazione e la piattaforma web gli sperimentatori potranno verificare l’andamento del sintomo e accordare eventuali interventi terapeutici specifici adeguati. L’obiettivo dello studio pilota di tale progetto è verificare l’usabilità del sistema, considerando le possibili difficoltà di gestione di una applicazione web in questa categoria di persone, per lo più anziane, con possibili comorbilità, problematiche cognitive e limitata confidenza con i sistemi digitali. Materiali e Metodi Il protocollo prevede l’arruolamento di 20 persone di qualunque età che presentino una delle sindromi dolorose post-ictus o, in caso di difficoltà cognitiva, dei loro caregiver. Il soggetto è sottoposto ad una valutazione neurologica e neuropsicologica iniziale per definire il livello di compromissione funzionale e cognitiva; sarà sottoposto a scale valutative (NIHSS, Barthel Index, SIS 3.0, SF12, BPI, HADS, Fugle-Mayer, MAS, DN4, VAS, FPRS) di misura dell’impatto dell’ictus e del dolore; sarà istruito sul sistema di monitoraggio che dovrà utilizzare a casa (tablet e applicazione PainRElife). A domicilio il soggetto riporterà una volta a settimana, sulla applicazione, il livello di dolore del giorno e della settimana (entrambi con VAS e FPRS) e compilerà il questionario dell’impatto del dolore (BPI). Nel caso le scale VAS o FPRS del giorno rilevassero un valore maggiore o uguale a 7, corrispondente a livello di dolore alto, il sistema chiederà una ulteriore valutazione ogni 24 ore per 3 giorni consecutivi. In questo modo gli sperimentatori potranno rendersi conto sulla piattaforma web dell’entità e della persistenza di dolore severo e potranno accordare un intervento (ad esempio visita ambulatoriale). Nel caso che il soggetto presentasse difficoltà cognitive sarà il caregiver a valutare il dolore attraverso la scala PAINAD. Anche in questo caso sarà attivo il sistema di monitoraggio. A un mese dall’inizio del protocollo sarà chiesto al paziente o al suo caregiver di esprimere un giudizio sul sistema attraverso il questionario SUS e MARS (Mobile Application Rating Scale). Risultati preliminari I dati preliminari dimostrato una buona usabilità del sistema (punteggio medio SUS 75.3); dalla valutazione dei risultati della MARS emerge un buon giudizio complessivo sulla applicazione ed un risultato medio positivo rispetto all’impatto percepito (effetto dell’utilizzo della applicazione riguardo al sintomo dolore in termini di consapevolezza, conoscenze, atteggiamento, intenzioni, “help seeking”, modifiche). Emerge una correlazione tra usabilità e impatto percepito (P0.019) da confermare data la esiguità del campione. Conclusioni Lo studio pilota è attualmente in corso di completamento. I dati preliminari confermano una buona usabilità del sistema. Esso sembra incrementare la consapevolezza dei soggetti coinvolti nel monitoraggio, ha permesso il monitoraggio del dolore da remoto (PROMs). Per rafforzare la usabilità e quindi l’impatto percepito può essere utile semplificare il sistema di monitoraggio, affiancare sempre un caregiver in soggetti fragili e creare sistemi “ad hoc” per andare in contro a esigenze specifiche (ad esempio registrazione di file audio)
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Effetti della pandemia da SARS-CoV-2 sulla pratica sportiva e sul benessere psicofisico all’interno di una coorte di atleti Italiani portatori di disabilità
Introduzione La recente diffusione pandemica dell’infezione da SARSCoV2 ha reso necessaria l’adozione di restrizioni e di misure di distanziamento sociale, con inevitabili ripercussioni sullo svolgimento della pratica sportiva in tutto il mondo, coinvolgendo svariate categorie di atleti e causando non pochi disagi ai gruppi sociali più vulnerabili, come quello rappresentato dalle persone con disabilità. Scopo dello studio è di indagare l’impatto delle limitazioni dovute alla pandemia e le relative conseguenze sulla pratica dell’attività sportiva, osservando eventuali ripercussioni sulla sfera del benessere fisico e psichico, all’interno di una coorte di atleti italiani con disabilità. Materiali e Metodi Il design dello studio è di tipo osservazionale retrospettivo. È stato creato un questionario distribuito via e-mail a 96 atleti con disabilità, abitualmente impegnati in differenti discipline sportive. L’indagine, oltre a raccogliere i dati demografici, ha indagato le abitudini sportive degli atleti, nonché la qualità dello stato di benessere fisico e psichico, riferibile sia al periodo antecedente la pandemia che durante il corso del primo anno della stessa. Risultati Dall’analisi dei risultati è emerso che, la frequenza del training giornaliero per settimana e il numero di ore settimanali di training sono risultati significativamente ridotti durante la pandemia, se paragonati a quelli dell’anno precedente (p<0,0001). Allo stesso modo, il numero di competizioni sportive ufficiali disputate nel periodo della pandemia è risultato significativamente ridotto rispetto a quanto registrato nel periodo antecedente ad essa (p<0,0001). Si è registrato, infine, un peggioramento statisticamente significativo della condizione delle sfere fisica e psichica durante la pandemia (p<0,0001) rispetto a quella riferibile all'anno precedente l'avvento del COVID-19 in Italia. Conclusioni Concludendo, la ricerca ha rivelato come le restrizioni determinate dalla diffusione pandemica di COVID-19 abbiano determinato un impatto negativo sullo svolgimento della pratica sportiva e sulla qualità del benessere psicofisico degli atleti con disabilità, sottolineando quanto sia necessario favorirne l’integrazione. Tale scopo potrebbe essere raggiunto attraverso il miglioramento dell'accessibilità alla regolare attività fisica, sia in situazioni ordinarie che in condizioni di emergenza, al fine di sostenere il loro benessere psicofisico per promuovere la salute globale. Bibliografia 1. Theis N, Campbell N, De Leeuw J, Owen M, Schenke KC. The effects of COVID-19 restrictions on physical activity and mental health of children and young adults with physical and/or intellectual disabilities. Disabil Health J. 2021;14(3):101064. doi:10.1016/j.dhjo.2021.101064 2. Fiorilli G, Buonsenso A, Davola N, et al. Stress Impact of COVID-19 Sports Restrictions on Disabled Athletes. Int J Environ Res Public Health. 2021;18(22):12040. Published 2021 Nov 16. doi:10.3390/ijerph182212040 3. Farì G, de Sire A, Giorgio V, et al. Impact of COVID-19 on the mental health in a cohort of Italian rehabilitation healthcare workers. J Med Virol. 2022;94(1):110-118. doi:10.1002/jmv.27272
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Teleriabilitazione motoria e cognitiva
TELERIABILITAZIONE MOTORIA E COGNITIVA attraverso TABLET «REACT-TABLET» Antoniotti P., Judica E., Caprino, M. Pisani L.,Corbo M. Dipartimento di Scienze Neuroriabilitative,Casa di Cura del Policlinico,Milano. Introduzione Studi su animali e sull’uomo hanno dimostrato che le variabili importanti nell’apprendimento, nel riapprendimento delle abilità motorie e nel cambiamento dell’architettura neurale includono la quantità, la durata e l’intensità delle sessioni di allenamento (Adamovich, S.V.et al.; 2009). Ci sono prove per dimostrare che la plasticità sia “dipendente dall’uso” e può essere necessaria una pratica intensiva e ripetuta per modificare l’organizzazione neurale (Friel KM et al. 2000). Inoltre, la riabilitazione convenzionale non è accessibile a tutti i pazienti e la sua disponibilità è limitata a seconda della zona geografica in cui il paziente vive. L’ora standard di riabilitazione ambulatoriale è insufficiente per fornire un trattamento riabilitativo intenso e gli interventi domiciliari sono limitati una volta dimesso il paziente (Pugliese M et al., 2018).L’implementazione di una attività motoria e cognitiva fornita attraverso tablet nella riabilitazione tradizionale post-ictus potrebbe avere il potenziale di mantenere la motivazione dei pazienti, migliorare i risultati clinici e ridurre l’abbandono della riabilitazione (Knepley KD et al.,2020). Lo scopo di questo lavoro è stato quello di supportare la fattibilità di REACT. REACT è un’app innovativa, sviluppata dal lavoro congiunto tra riabilitatori e Information Technologies (IT), per assistere pazienti con malattia di Parkinson e parkinsonismi. Materiali e Metodi Venti soggetti hanno partecipano allo studio (di cui tre drop-out). I criteri di inclusione sono stati: Parkinson o parkinsonismo; di età compresa tra i 40 e i 90 anni; Hoen e Yahr I-III; MMSE>21. Lo studio ha previsto due sessioni sperimentali separate. Sessione 1: somministrazione della valutazione motoria e neuropsicologica (t0). I riabilitatori hanno mostrato l’utilizzo dell’app REACT. Ai pazienti è stato fornito un tablet per l’intera durata dello studio. Sessione 2: fase domiciliare dello studio. I soggetti iscritti hanno svolto, presso il proprio domicilio, il programma REACT, impostato dal fisioterapista/neuropsicologo della durata di un’ora 4 volte a settimana, per un mese. L’obiettivo generale del presente studio è stato quello di dimostrare l’usabilità dell’app REACT su piattaforma Quiddis Health, confermare l’usabilità del tablet nella vita reale di pazienti anziani con malattia di Parkinson o altri parkinsonismi, mediante scala System Usability Scale. Il t-test è stato utilizzato per confrontare i punteggi ottenuti al Mini-Best test in valutazione iniziale (t0) e in valutazione finale, dopo un mese (t1), dimostrare il mantenimento della funzionalità motoria. Inoltre, al termine della prima settimana del percorso riabilitativo e a metà della fase domiciliare (15° giornata) è stata effettua una videochiamata del neuropsicologo/fisioterapista, per monitorare lo stato del paziente utilizzando la Scala Analogica Visiva del dolore (VAS) e la compliance del paziente. Risultati I risultati dello studio hanno fornito una prima valutazione sull’usabilità dell’app REACT su una popolazione rappresentativa di pazienti con malattia di Parkinson e parkinsonismi. I dati di usabilità espressi tramite il SUS dagli utenti dopo la sperimentazione sono stati elaborati al fine di calcolare il punteggio finale per ogni paziente. I valori globali medi ottenuti dal SUS sono stati calcolati e considerati come il livello medio di soddisfazione del campione utilizzato. La media della System Usability (SUS) è risultata essere 68,2. Dalla letteratura sappiamo che il valore medio di un questionario SUS calcolato su oltre 500 domande è 68, significa che se il punteggio SUS raccolto è 68, ed è perfettamente nella media. I risultati del Mini Best-test non sono significativi (t-test=0,39) ma indicano un trend di miglioramento dopo un mese di attività di teleriabilitazione e la scala VAS non ha rilevato il manifestarsi di sindromi dolorose. Conclusioni Più della metà dei pazienti ha apprezzato l’app e vorrebbe continuare il trattamento. Molti pazienti sono stati seguiti dal caregiver che ha trovato il trattamento molto utile. Riteniamo quindi che l’app possa essere un valido mezzo per supportare la prosecuzione del trattamento una volta che i pazienti tornano a casa in seguito alla tradizionale riabilitazione in clinica. I risultati preliminari indicano che REACT potrebbe essere applicato come intervento aggiuntivo, andrebbero però eseguite prove su larga scala. Lo studio è propedeutico a un possibile inserimento dell’ app REACT all’ interno della piattaforma del progetto europeo ProCare4Life(https://procare4life.eu/news/procare4life-integrated-care-and-covid19-the-role-of technology-to-bring-us-together/). Bibliografia 1. Adamovich, S.V.; Fluet, G.G.; Tunik, E.; Merians, A.S. Sensorimotor training in virtual reality: A review. NeuroRehabilitation 2009. 10.3233/NRE-2009-0497. 2. Friel KM, Heddings AA, Nudo RJ. Effects of postlesion experience on behavioral recovery and neurophysiologic reorganization after cortical injury in primates. Neurorehabil Neural Repair. 2000;14:187–198. 3. Knepley KD, Mao JZ, Wieczorek P, Okoye FO, Jain AP, Harel NY. Impact of Telerehabilitation for Stroke-Related Deficits. Telemed J E Health. 2021 Mar;27(3):239-246. doi: 10.1089/tmj.2020.0019. Epub 2020 Apr 23. PMID: 32326849.
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Trattamento riabilitativo integrato (tradizionale e robotico): confronto in pazienti emiparetici subacuti vs cronici
TRATTAMENTO RIABILITATIVO INTEGRATO (TRADIZIONALE E ROBOTICO): CONFRONTO IN PAZIENTI EMIPARETICI SUBACUTI VS CRONICI Stefano Floridia1, Rosaria Licitra1, Roberta Petrolo2, Flavia Occhipinti2, Nadia Hamdani2, Giancarlo Iemmolo2, Paolo Sallemi2, Maurizio Floridia1 1. Dirigente Medico in Medicina Fisica Riabilitativa, UOC Recupero e Riabilitazione Funzionale Ospedali Riuniti Modica-Scicli, ASP Ragusa 2. Fisioterapista, UOC Recupero e Riabilitazione Funzionale Ospedali Riuniti Modica-Scicli, ASP Ragusa Introduzione e Scopo dello studio Il trattamento combinato terapia convenzionale e robotico sta divenendo una proposta sempre più promettente nell’ambito della riabilitazione dei pazienti empirateci con esiti di stroke. L’avvento degli esoscheletri come Lokomat®Pro ha consentito di riprodurre uno schema motorio quanto più assimilabile alla deambulazione fisiologica. In questo studio abbiamo messo a confronto l’efficacia del trattamento combinato del Lokomat®Pro e della chinesi tradizionale tra pazienti subacuti e cronici andando ad analizzare, nello specifico, la cinetica e cinematica dell’anca e le caratteristiche funzionali del cammino. Scopo di questo lavoro è valutare se il trattamento combinato precoce può influire positivamente sul decorso riabilitativo del paziente emiparetico. Materiali e metodi Per lo studio sono stati arruolati 16 pazienti emiparetici (8 subacuti e 8 cronici), sottoposti a un ciclo terapeutico di 18 sedute di trattamento combinato (3 sedute a settimana) della durata di 3 ore ciascuna. Gli outcome del Lokomat®Pro sono stati i parametri L-ROM (misura il ROM passivo del paziente), L-FORCE (misura la forza isometrica prodotta dal paziente in una condizione statica) e L-STIFF (misura la stiffness dell’anca). Gli outcome clinici, suddivisi in base all’ICF, sono stati ottenuti utilizzando le seguenti scale di valutazione: modified Ashworth scale, Motricity Index, modified Barthel Index (BIM), 6 minute walking test, 10 meter walk test, Functional Ambulation Category (FAC), modified Rankin scale (mRS), modified Functional Walking Categories(MFWC). Ciascun outcome è stato registrato all’inizio e alla fine del ciclo terapeutico. Risultati Per quanto concerne gli outcome relativi al Lokomat®Pro, si è ottenuto un miglioramento nel parametro L-FORCE sia in flessione che in estensione d’anca nel gruppo dei subacuti rispetto ai cronici. Per quanto concerne gli outcome clinici si è ottenuto un miglioramento nei parametri relativi alla mRS e MFWC nei subacuti rispetto ai cronici. Un miglioramento in entrambi i gruppi si è raggiunto nei parametri Motricity Index, BIM e FAC. Conclusioni I risultati dello studio hanno dimostrato che il trattamento combinato precoce robotico con Lokomat®Pro e terapia convenzionale influisce positivamente sul decorso riabilitativo dei pazienti emiparetici. In particolare il trattamento combinato influisce maggiormente sulla forza isometrica dei gruppi muscolari flessori ed estensori d’anca. Dal punto di vista clinico-funzionale è in grado di migliorare sia il grado di autonomia del paziente nello svolgimento delle attività di vita quotidiana sia di migliorare il livello di partecipazione del paziente emiparetico. Bibliografia – Park JH, Shin YI, You JSH, Park MS. Comparative effects of robotic-assisted gait training combined with conventional physical therapy on paretic hip jointstiffness and kinematics between subacute and chronic hemiparetic stroke. NeuroRehabilitation. 2018;42(2):181-190.
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Relazione tra aprassia e rappresentazione dello schema corporeo nei pazienti con cerebrolesioni
Poster 20 RELAZIONE TRA APRASSIA E RAPPRESENTAZIONE DELLO SCHEMA CORPOREO NEI PAZIENTI CON CEREBROLESIONI Rossella Pagani, Camilla Meneguzzo, Virginia Molteni, Antonino Michele Previtera Introduzione L’aprassia è un deficit dell’attività motoria che compare specificamente durante l’esecuzione intenzionale di un movimento e non è attribuibile a un deficit motorio, sensitivo, di coordinazione o cognitivo. Sono state sviluppate diverse teorie interpretative. Liepmann ha distinto due tipi di aprassia, ideativa e ideomotoria. Geschwind ha interpretato l’aprassia come “sindrome da disconnessione” tra ideazione e performance della sequenza motoria. Studi successivi hanno identificato due circuiti neuronali per la genesi di un gesto: una via diretta, che codifica l’input visivo e lo trasforma in output motorio, e una via indiretta, che integra l’input visivo con la rappresentazione dell’azione a livello della memoria semantica. Negli ultimi decenni sono state proposte teorie interpretative alternative, che esplorano l’eterogeneo concetto neuropsicologico della rappresentazione corporea1. Si distinguono tre tipi di rappresentazione corporea: lo schema corporeo, la descrizione strutturale corporea e l’immagine corporea. Tali aspetti sembrano concorrere alla corretta esecuzione di un gesto finalizzato, che dipende da un insieme di sistemi di controllo che si attivano prima dell’inizio dell’azione e che continuano a funzionare durante l’azione stessa2. Obiettivo del presente studio è verificare se, dopo una lesione cerebrale focale, sussista una relazione tra il disturbo aprassico e il deficit di rappresentazione corporea, al fine di formulare adeguate strategie riabilitative. Materiali e Metodi È stato condotto uno studio osservazionale con campionamento non probabilistico. Sono stati reclutati 10 pazienti (5 ♀︎, 5 ♂︎) [Gruppo 1] con lesione cerebrale focale, senza limitazioni di motilità dell’arto superiore omolaterale alla lesione, gravi ipovisus e/o ipoacusia, disturbo di comprensione verbale, patologie psichiatriche o storia di abuso di sostanze. Sono stati considerati: età, sesso, scolarità, preferenza manuale, tipo e sede della lesione cerebrale, tempo trascorso dall’evento acuto. Ciascun soggetto è stato sottoposto ai seguenti test: Montreal Cognitive Assessment (MoCA), Edinburgh Handedness Inventory (EHI), Test di De Renzi (TDR) e Hand Laterality Recognition Task (HLRT – applicazione per tablet/smartphone per il riconoscimento della lateralità di immagini di mani in diverse posizioni)3. Sono stati reclutati 14 soggetti sani (7 ♀︎, 7 ♂︎) [Gruppo 2] rispondenti ai criteri di esclusione. Risultati La statistica descrittiva conferma l’omogeneità dei due gruppi. Sei pazienti avevano una lesione emisferica a destra e quattro a sinistra. Per i punteggi del MoCA, l’analisi statistica non ha evidenziato differenze significative tra i due gruppi (Test di Mann Whitney: p 0,10521). Il Gruppo 1 ha ottenuto punteggi patologici ai subtest per le funzioni visuo-spaziali/esecutive e di astrazione. All’EHI entrambi i gruppi avevano preferenza manuale destra (Gruppo 1: 80%; Gruppo 2: 78,6%). L’analisi statistica dei punteggi totali del Test di De Renzi non ha mostrato differenze significative tra i due gruppi (Test di Mann Whitney: p 0,6145). Solo un paziente del Gruppo 1 ha ottenuto un punteggio inferiore al cut-off. Dall’analisi dei punteggi parziali, si osservano più errori per i gesti della mano rispetto a quelli dell’arto. All’Hand Laterality Recognition Test è emersa una differenza statisticamente significativa nel riconoscimento della lateralità delle mani tra i due gruppi, con più errori nel Gruppo 1 (t-test, p 0,030). Non sono emerse invece differenze statisticamente significative nella percentuale di risposte corrette e nei tempi di riconoscimento in relazione alla preferenza manuale all’interno di ciascun gruppo. I soggetti con lesioni anteriori hanno ottenuto punteggi inferiori rispetto ai soggetti con lesioni posteriori, sia al TDR che all’HLRT. Non è emersa una correlazione tra l’organizzazione motoria e la rappresentazione corporea valutati rispettivamente mediante il TDR e l’HLRT. Il test di Spearman non ha evidenziato differenze statisticamente significative (gruppo 1: p 0,061; gruppo 2: p 0,341). Conclusioni Dal trend dei risultati ottenuti è ipotizzabile una correlazione tra l’organizzazione motoria e la rappresentazione corporea. Infatti, il p-value del Gruppo 1, pur non risultando significativo, si avvicina molto a 0,05. Bassi punteggi al Test di De Renzi si associano a tempi più lunghi nel riconoscimento di lateralità delle mani. Si osserva inoltre che, la presenza di una lesione cerebrale, indipendentemente dalla sede, può comportare un disturbo di rappresentazione corporea. Infatti, il Gruppo 1 commette più errori nel riconoscimento della lateralità delle mani all’Hand Laterality Recognition Test. Questa osservazione è di fondamentale importanza in un contesto riabilitativo, in quanto, un’alterazione dello schema corporeo potrebbe determinare un’esitazione nella genesi dell’azione e un ritardo nel recupero del controllo motorio. Infine, le aree cerebrali anteriori sembrano avere un ruolo più significativo sia nell’organizzazione motoria che nella rappresentazione corporea rispetto a quelle posteriori. Bibliografia 1 – Schwoebel J, Coslett H.B. Evidence for Multiple, Distinct Representations of the Human Body. Journal of Cognitive Neuroscience. 2005; 17(4): 543-53 2 – Buxbaum LJ, Giovannetti T, Libon D. The role of the dynamic body schema in praxis: evidence from primary progressive apraxia. Brain and Cognition 2000; 44, 166-191 3 – https://www.noigroup.com/product/recogniseapp
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Case report: Deficit del nervo peroneo bilaterale dopo intervento di rivascolarizzazione chirurgica miocardica
CASE REPORT: DEFICIT DEL NERVO PERONEO BILATERALE DOPO INTERVENTO DI RIVASCOLARIZZAZIONE CHIRURGICA MIOCARDICA Introduzione In letteratura pochi studi riguardano le complicanze del Sistema Nervoso Periferico (SNP) dopo intervento di chirurgia maggiore cardiaca. Uno studio di Leiderman RJ del 1982 riporta del 13% dei casi complicazioni del SNP dopo intervento chirurgico di bypass coronarico. Un altro studio del 2016 nel 6.1% dei casi in tutti i tipi di intervento di chirurgia maggiore cardiaca. I fattori predisponenti alla base della neuropatia sono molteplici: diabete mellito, compressioni meccaniche e microvascolari, deficit nutrizionali, ipotermia, sepsi, prolungata ventilazione meccanica e immobilizzazione. A differenza delle neuropatie tipiche da terapia intensiva, il nostro caso clinico non ha un interessamento dei muscoli prossimali e dei muscoli respiratori, ma un interessamento esclusivo e severo del nervo peroneo. Obiettivo dello studio L’obiettivo dello studio è presentare un caso clinico in cui è presente un danno del Sistema Nervoso Periferico in un pazinente sottoposto ad un intervento di cardiochirurgia. Materiali e Metodi Il nostro case report riguarda una neuropatia peroneale bilaterale di grado severo dopo intervento di rivascolarizzazione miocardica mediante AMI sx su IVA. Paziente di 55 anni. Affetto da BPCO, ipertensione arteriosa in trattamento, fumatore, recente riscontro di diabete mellito in trattamento con ipoglicemizzanti orali e arteriopatia cronica obliterante diffusa. Per l’evidenza alla coronarografia di patologia ostruttiva, nel mese di Ottobre 2021 viene sottoposto ad intervento di rivascolarizzazione miocardica chirurgica con successiva revisione sternale per infezione da St. epidermidis e versamento pleurico. Al risveglio il paziente in terapia intensiva ha presentato deficit bilaterale alla dorsiflessione del piede con sensazione di addormentamento. Risultati Dopo la dimissione il paziente veniva sottoposto ad esame ENG/EMG con evidenza di assenza del MAP bilaterale e sofferenza nel territorio di L5 con segni di denervazione a carico del muscolo tibiale anteriore e peroneo lungo bilaterale. E’ stata consigliata molla di Codivilla. Il paziente è stato sottoposto a visita fisiatrica nel mese di Aprile 2022 con evidenza di andatura steppante e deficit di flessione dorsale del piede bilateralmente per cui è stato sottoposto a elettrostimolazione dei muscoli tibiale anteriore e peroneo lungo e rieducazione funzionale con mobilizzazione attiva e passiva. Dopo due cicli con un totale di 20 sedute presentava un miglioramento della deambulazione con abbandono della molla di Codivilla, pratica inoltre farmaci neurotrofici con beneficio. Ha eseguito EMG di controllo con modesti miglioramenti soprattutto del potenziale motorio prossimale che è presente nonostante notevolmente ridotto in ampiezza. Conclusioni In letteratura vengono riportati conseguenze sul SNP soprattutto negli interventi di chirurgia maggiore e nei reparti di terapia intensiva. La particolarità del nostro caso clinico è determinata dalla bilateralità del deficit che interessa soltanto il nervo peroneo e dalla non reversibilità del dato elettromiografico con parziale recupero clinico. Al momento della presentazione nessun caso similare è stato trovato in letteratura. La prevenzione di tali situazioni consiste nel ridurre l’immobilizzazione del paziente con una precoce riabilitazione, una terapia antibiotica per il trattamento della sepsi, la correzione dell’iperglicemia, come nel caso del nostro paziente, riscontrata al momento del ricovero. Bibliografia Hermans G et al. Clinical review: intensive care unit acquired weakness. Critical Care, 2015;19:274 Lederman RJ et al. Peripheral nervous system complication of coronary artery bypass graft surgery. Ann Neurol. 1982; 12:297 Gavazzi A et al. Prevalence of peripheral nervous system complications after major heart surgery. Neurol Sci. 2016; 37:205-9.
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Valutazione degli effetti del training con dispositivo esoscheletrico sulla densità minerale ossea in pazienti con lesione midollare
VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI DEL TRAINING CON DISPOSITIVO ESOSCHELETRICO SULLA DENSITÀ MINERALE OSSEA IN PAZIENTI CON LESIONE MIDOLLARE Cricenti L, Bressi F, Campagnola B, Bravi M, Santacaterina F, Miccinilli S, Zollo L, Di Lazzaro V, Tagliamonte N, Palermo A, Sterzi S Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma L’incidenza delle lesioni midollare varia tra gli 8.0 e i 246.0 casi per milione di abitanti. Questa popolazione è soggetta ai più frequenti fattori scatenanti l’osteoporosi: – inattività, impossibilità di carico, cessazione attività fisica – inibizione formazione ossea osteoblastica e aumento riassorbimento osseo osteoclastico Con conseguente aumentato rischio di frattura. La prevenzione per questi fattori di rischio prevede: – Addestramento all’uso dello standing – Addestramento all’uso di tutori per la deambulazione Obiettivo del nostro studio è stato dunque quello di esaminare gli effetti di un programma di training deambulatorio assistito con esoscheletro robotico sulla densità minerale ossea in pazienti con lesione midollare. Per lo studio saranno reclutati un totale di 15 PAZIENTI con paraplegia secondaria a lesione midollare, che verranno randomizzati in 3 gruppi: • Ekso base: 33 sedute con Ekso NR • Ekso intensive: 66 sedute con Ekso NR • Rewalk base: 33 sedute con Rewalk P50 La durata complessiva delle sedute è di circa 90 minuti, la frequenza varia sulla base delle disponibilità dei pazienti da 1 a 3 sedute a settimana. Le valutazioni effettuate hanno previsto: – MOC prima dell’inizio del training, a 6 mesi e a 12 mesi dalla prima seduta – Scale cliniche per valutare il livello e gli effetti della lesione (ASIA, CIRS, SCIM, Trunk Control Test for SCI) Risultati I risultati ottenuti fino ad ora dalle MOC riportano un miglioramento nella densità minerale ossea nei pazienti con età inferiore ai 35 anni ed una sostanziale stabilità nei pazienti con età superiore. Discussione e Conclusioni: Dai risultati ottenuti sembrerebbe che pazienti più giovani ottengano risultati migliori ed in minor tempo. La MOC, sebbene sia uno strumento di riferimento per la valutazione dell’osteoporosi, presenta delle limitazioni in termini di sensibilità e specificità, per cui pazienti con artrosi importante possono risultare completamente negativi, inoltre non permette uno stretto monitoraggio di cambiamenti di densità minerale ossea in corso di trattamento. Ne consegue la necessità di una valutazione con strumenti più sensibili, includendo anche l’analisi di biomarcatori del turnover osseo, che renderebbero possibile valutare gli effetti del training anche in fase più precoce, e di includere un maggior numero di pazienti, stratificati in base alla lesione, all’età e alle caratteristiche cliniche.
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Il ritorno in campo dopo la rottura del tendine d’achille nei giocatori di baske: strategie di riabilitazione
Introduzione La rottura del tendine d’Achille è la più frequente lesione tendinea su base traumatica e rappresenta un grave infortunio per gli atleti professionisti che praticano basket. Il trattamento può essere di tipo conservativo o chirurgico, in questo caso, mediante accesso open (a maggior rischio di complicanze) o attraverso intervento mininvasivo. Dalla letteratura, non si evince un consenso unanime sulla scelta del trattamento riabilitativo migliore dopo la chirurgia, giacché l’iter di rieducazione motoria può essere precoce o tardivo. Pertanto, l’impostazione del protocollo riabilitativo non è sempre univoca, a causa della mancanza di linee guida universalmente condivise. Questo studio ha lo scopo di individuare le strategie di riabilitazione più efficaci nel post-chirurgico al fine di garantire un recupero funzionale quanto più vicino ai livelli di performance pre-infortunio: il rientro dell’atleta sul campo da gioco è di cruciale importanza, come lo è il ruolo dell’equipe medica il cui impegno verte a minimizzare l’impatto della lesione sulla prestazione agonistica. Materiali e Metodi Lo studio si basa su un’analisi descrittiva della letteratura scientifica in merito alle strategie di riabilitazione dopo rottura del tendine d’Achille nei giocatori di Basket sottoposti a chirurgia, prendendo in esame gli articoli indicizzati su PubMed dal 1980 ad oggi. Sono stati inclusi tutti gli studi riguardanti la rottura acuta e isolata del tendine d’Achille. Risultati Dalla letteratura emergono due possibili approcci riabilitativi post-chirurgici, il primo prevede la riabilitazione precoce, il secondo quella tardiva preceduta da un periodo di totale immobilizzazione. Il primo approccio riabilitativo si avvale della mobilizzazione precoce di caviglia e di esercizi a pieno carico nell’arco di 3-4 settimane dall’intervento, la cui combinazione ha permesso una ripresa più rapida ed efficiente della funzione, con il riscontro di una maggiore soddisfazione da parte dei pazienti e di un ritorno precoce alle attività pre-infortunio, rispetto ai gruppi trattati con una fase iniziale di totale immobilizzazione. Inoltre, è stato osservato che il recupero funzionale potrebbe essere ancora più rapido se alla riabilitazione precoce si associasse l’iniezione intra-tissutale di PRP (plasma ricco di piastrine). Conclusioni Il trattamento riabilitativo funzionale precoce è risultato più efficace nel favorire una rapida ripresa funzionale e della performance agonistica e nel ridurre il rischio di ri-rottura tendinea. Il protocollo riabilitativo che prevede la mobilizzazione precoce è risultato più vantaggioso dell’immobilizzazione articolare seguita da riabilitazione funzionale. È auspicabile che ulteriori ricerche approfondiscano le possibilità riabilitative nei casi di rottura del tendine d’Achille nell’atleta, valutando, anche, l’associazione di eventuali procedure interventistiche, quali le iniezioni intra-tissutali di PRP, al fine di favorire un precoce e quanto più completo recupero funzionale e atletico, riducendo, così, il rischio di abbandono della pratica sportiva. Bibliografia 1. Nirav H Amin, Kirk C McCullough, Gavin L Mills, Morgan H Jones, Douglas L Cerynik, James Rosneck, Richard D Parker. The Impact and Functional Outcomes of Achilles Tendon Pathology in National Basketball Association Players. 2. Shota Morimoto, Tomoya Iseki, Hiroshi Nakayama, Kazunori Shimomura, Tetsuo Nishikawa, Norimasa Nakamura, Toshiya Tachibana. Return to the original sport at only 3 months after an Achilles tendon rupture by a combination of intra-tissue injection of freeze-dried platelet-derived factor concentrate and excessively early rehabilitation after operative treatment in a male basketball player: A case report. 3. . Susanna Aufwerber, PT, Gunnar Edman, PhD, Karin Grävare Sibernagel, PT, ATC, PAD. Changes in Tendon Elongation and Muscle Atrophy Over Time After Achilles Tendon Rupture Repair: A Prospective Cohort Stdy on the Effects of Early Functional Mobilization.
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L’esperienza dei riabilitatori dell’AULSS 9 Scaligera di Verona nell’implementazione delle innovazioni tecnologiche: barriere ed opportunità per la teleriabilitazione
Da Ros A., Tufano A., Gasbarra A., Ugolini M. & Crimi G. Unità Operativa Complessa Medicina Fisica e Riabilitazione Piazzale Lambranzi 1 – 37142 Marzana (VR) L’esperienza dei riabilitatori dell’AULSS 9 Scaligera di Verona nell’implementazione delle innovazioni tecnologiche: barriere ed opportunità per la teleriabilitazione Background Tra le innovazioni tecnologiche (IT) più promettenti, quelle per la riabilitazione si sono imposte sia per la loro dinamicità nel supportare la continuità della presa in carico sul territorio, sia per la facilità con cui i pazienti vi accedono (1). D’altra parte, anche se i vantaggi delle IT sono evidenti perché si basano sugli stessi paradigmi riabilitativi neurofisiologici classici dell’apprendimento motorio e della neuroplasticità, la loro implementazione non è automatica ed il cambiamento organizzativo passa attraverso lo sforzo di familiarizzazione con la strumentazione dei professionisti e la riorganizzazione della routine quotidiana (2). Per questo, l’analisi dell’esperienza dei professionisti che hanno già affrontato l’integrazione nel loro contesto delle IT, può facilitare l’implementazione di nuovi modelli organizzativi in riabilitazione ed il loro utilizzo nell’ambito della telemedicina(3). Materiali e Metodi Dalla metà del 2020 è stata avviata un’esperienza pilota di integrazione delle IT (riabilitazione virtuale tramite bio-feedback e teleriabilitazione) presso le degenze riabilitative dell’UOC Medicina Fisica e Riabilitazione di Verona-Marzana. Queste tecnologie supportano la riabilitazione di pazienti ricoverati in seguito a perdite funzionali derivanti da patologie ortopediche (fratture di femore, artroprotesi in elezione di anca o ginocchio), neurologiche (ictus) e cardio-respiratorie (esiti Sars-Cov2). Nella primavera del 2022 è stata effettuata, tramite riunioni formali ed informali, una raccolta delle esperienze dei professionisti del gruppo riabilitativo multiprofessionale (fisiatri, fisioterapisti, logopedisti, terapisti occupazionali, neuropsicologi) che ha sperimentato l’utilizzo delle IT in dotazione. La Grounded Theory ha poi guidato tre ricercatori indipendenti nell’analisi per contenuti e conseguente generazione di dati qualitativi. Risultati Il processo di analisi dell’esperienza dei professionisti ha messo in luce cinque categorie che concorrono a definire l’approccio per l’implementazione delle IT nell’ambito delle cure riabilitative: i) puntuale micro-organizzazione del servizio, intesa come attivazione all’interno dell’équipe di un gruppo multiprofessionale adeguatamente coordinato. “È molto utile la presenza di un gruppo di professionisti specializzati nell’uso delle tecnologie all’interno del più ampio gruppo riabilitativo, in quanto è per tutti un punto di riferimento in caso di necessità e ci permette di non perdere tempo a discapito del paziente”; ii) tipologia di paziente preso in carico, inteso come la possibilità di utilizzare adeguati criteri d’inclusione per selezionare i pazienti che possono beneficiare dell’IT anche se in presenza di disabilità maggiori o carenza di competenze informatiche. “Con pochi prerequisiti, riesco a proporre l’uso delle IT anche ad alcuni pazienti molto gravi o che non hanno confidenza con le interfacce tecnologiche”; iii) formazione e pratica clinica dei professionisti sanitari, intesa come training dedicato ed esperienza in prima persona delle IT in dotazione. “Anche se c’è bisogno di diversa pratica per utilizzare efficacemente le IT, ho uno strumento operativo in più con cui posso variare la mia routine classica”; iv) continuità riabilitativa, intesa come l’utilizzo delle innovazioni per facilitare la continuità assistenziale al domicilio. “Abituando i miei pazienti alla riabilitazione virtuale, quando necessario sono anche facilitato alla continuità della presa in carico a domicilio con teleriabilitazione”; v) motivazione ed efficacia del trattamento, intesa come la possibilità di creare un contesto riabilitativo funzionale ed ecologico. “I pazienti a cui propongo le IT lavorano molto, secondo me anche più di quanto non farebbero a lettino perché sono motivati da uno stimolo esterno”. Conclusioni Il percepito dei professionisti sanitari offre molteplici spunti per disegnare un processo di cambiamento organizzativo. L’analisi effettuata mette in luce cinque determinanti su cui fare leva per promuovere l’implementazione, l’accettazione e l’utilizzo delle IT stesse in riabilitazione. Nonostante sia ancora necessario un continuo confronto con le aziende di e-health per far progredire lo sviluppo di strumenti ancora più funzionali, la teleriabilitazione è già una realtà su cui investire per ridurre le ospedalizzazioni e assicurare la continuità delle cure. Bibliografia 1. Harrington, L. (2020). COVID-19 and the silver lining in health care technology. AACN Advanced Critical Care, 31(3), 250-253. 2. Barchielli, C., Marullo, C., Bonciani, M., & Vainieri, M. (2021). Nurses and the acceptance of innovations in technology-intensive contexts: the need for tailored management strategies. BMC health services research, 21(1), 1-11. 3. Kowitlawakul, Y. (2011). The technology acceptance model: predicting nurses’ intention to use telemedicine technology (eICU). CIN: computers, informatics, nursing, 29(7), 411-418.
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L’impatto riabilitativo sul cammino nei pazienti affetti da Paralisi Cerebrale Infantile: revisione sistematica e meta-analisi
L’impatto riabilitativo nei pazienti affetti da Paralisi Cerebrale Infantile: revisione sistematica e meta-analisi Alberto Loro1,2, Marco Battaglia1,2, Daria Cuneo1,2, Lucia Cosenza3, Chiara Airoldi4, Lorenza Scotti4, Marco Invernizzi2,3, Alessio Baricich1,2 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità, Novara 2 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 3 Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 4 Dipartimento di Medicina Traslazionale, Università del Piemonte Orientale, Novara Introduzione Paralisi Cerebrale Infantile (PCI) descrive un gruppo di disturbi permanenti dello sviluppo, riguardanti principalmente il movimento e la postura, con una conseguente limitazione delle possibili attività. Questi disturbi sono correlati a degli insulti non progressivi avvenuti durante lo sviluppo cerebrale durante i periodi fetale e perinatale.1 I dati della letteratura supportano l’efficacia degli interventi riabilitativi,2 ma ci sono ancora dati discordanti su quale approccio sia il più efficace.3 Questo studio vuole determinare quale approccio sia più efficace nel trattamento dei pazienti con PCI. In particolare, sono stati valutati tre tipologie di approccio: l’utilizzo di sistemi ad alta tecnologia, l’uso di terapie manuali non convenzionali, l’utilizzo di ortesi specifiche. Il nostro studio, infatti, presenta delle analisi statistiche su diversi parametri del cammino (cadenza, lunghezza del passo e dell’emipasso, resistenza allo sforzo fisico), con, inoltre, una valutazione specifica riguardo l’intensità e la durata del trattamento riabilitativo. Materiali e Metodi È stata utilizzata una specifica stringa di ricerca su i principali database medici (PubMed, PEDro, MEDLINE) da Agosto 2021 a Gennaio 2022. Gli studi presi in considerazione sono: • Studi RCT • Studi che valutano nel gruppo di intervento una tecnica riabilitativa con macchinari ad alta tecnologia, terapie manuali non convenzionali o con l’utilizzo di ortesi • Gruppo di controllo formato da popolazione affetta da PCI e trattata con tecnica convenzionale. I dati sono stati poi estratti ed analizzati seguendo le linee guida PRISMA. Sono stati raccolti i valori medi e le relative deviazioni standard per 6-minute Walking Test (6MWT), velocità del cammino, cadenza, lunghezza del passo e dell’emipasso. Sono stati poi registrati la durata e il numero di sedute del trattamento riabilitativo proposto da ciascun protocollo di studio. Risultati 25 studi sono stati inclusi: 6 riguardanti trattamento ad alta tecnologia, 16 su trattamento manuale non convenzionale, 3 basati sull’utilizzo di ortesi. Sono state eseguite 8 valutazioni meta-analitiche. Di queste, solo 4 hanno dimostrato una rilevanza statistica: due riguardanti il trattamento manuale non convenzionale (lunghezza del passo, 0.05 [95%CI 0.03;0.07] e velocità di cammino, 0.09 [95%CI 0.04;0.13]); una riguardante il trattamento con ortesi (velocità del cammino, 0.07 [95%CI 0.03;0.11]), una riguardante il trattamento associato a macchinari ad alta tecnologia (velocità del cammino, 0.10 [95%CI 0.07;0.13]). Basandosi sulla durata del trattamento, si è rilevata come statisticamente significativa solo l’associazione con la cadenza nel trattamento manuale non convenzionale (-3.51 [95%CI -5.05,-1.96]). Conclusioni Di tutti i parametri considerati, la velocità del passo è quello più utilizzato in letteratura, e l’unico sufficientemente presente in tutte le categorie di trattamento considerate. Tutti e tre gli approcci portano ad un miglioramento significativo delle capacità di cammino quando comparate al trattamento standard. Tutte le tecniche, dunque, migliorano la stabilità e la sicurezza del paziente durante gli spostamenti a breve raggio, portando ad una minore necessità di assistenza in ambienti protetti e conosciuti. Tutte le tecniche considerate si sono dimostrate equamente valide: la scelta di una sulle altre (legate a disponibilità e/o capacità di spostamento del paziente) non implica dunque una minor efficacia del trattamento stesso. Bibliografia 1. Wimalasundera N, Stevenson VL. Cerebral palsy. Pract Neurol. 2016;16(3):184-194. doi:10.1136/practneurol-2015-001184 2. Chan G, Miller F. Assessment and treatment of children with cerebral palsy. Orthop Clin North Am. 2014;45(3):313-325. doi:10.1016/j.ocl.2014.03.003 3. Novak I, Morgan C, Fahey M, et al. State of the Evidence Traffic Lights 2019: Systematic Review of Interventions for Preventing and Treating Children with Cerebral Palsy. Curr Neurol Neurosci Rep. 2020;20(2):3. doi:10.1007/s11910-020-1022-z
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Equiscale e 10mtWalking test correlano con il Timed Up & Go Test nei pazienti affetti da malattia di Parkinson: uno studio preliminare
EQUISCALE E 10MT WALKING TEST CORRELANO CON IL TIMED UP & GO TEST NEI PAZIENTI AFFETTI DA MALATTIA DI PARKINSON: UNO STUDIO PRELIMINARE Calvi C1, Casiraghi C1, Bellingardi M2, Perucca L3,4, Robecchi Majnardi A4. 1Università degli Studi di Milano, Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, 2Università degli Studi di Milano, Corso di Laurea in Fisioterapia, 3Dipartimento di Scienze Biomediche per la salute, Università degli Studi di Milano, 4Dipartimento di Scienze Neuroriabilitative, Istituto Auxologico Italiano, IRCCS, Milano La malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa i cui sintomi motori hanno grande impatto sulla disabilità del paziente. Il presente lavoro ha ricercato una correlazione tra i risultati dei test funzionali utilizzati comunemente nella pratica clinica per misurare equilibrio e cammino in questi pazienti. I test presi in considerazione sono: Timed Up and Go test (TUG) [1], 10 meters Walking Test (10mWT) [2] e scala di equilibrio Equiscale [3]. Il TUG test è noto per il suo valore predittivo del rischio di caduta: outcome secondario del presente lavoro è stato quello di confermare e individuare una corrispondente relazione anche per gli altri due test, in particolare per Equiscale, di cui non sono noti valori di cut off in letteratura. Materiali e Metodi Sono stati raccolti dati riguardanti pazienti affetti da Parkinson e Parkinsonismi vascolari in un periodo compreso tra Gennaio 2019 e Marzo 2022. La valutazione testistica è stata programmata prima dell’inizio di qualsiasi trattamento per evitarne l’interferenza sulla performance misurata. Per ogni paziente è stato raccolto il dato anamnestico relativo al numero di cadute verificatesi nei 12 mesi precedenti. La correlazione tra i dati dei test considerati, e tra questi ultimi e il numero di cadute nell’ultimo anno, è stata valutata mediante un’analisi di regressione lineare. Risultati Sono stati presi in considerazione i dati relativi a 26 pazienti (14 M e 12 F, età media 71 anni). Dieci pazienti non hanno riferito cadute nell’ultimo anno, 10 ne hanno riferito un numero <= 3 e 6 un numero >3. L’analisi di regressione lineare ha evidenziato la presenza di associazione rispettivamente tra: i valori del TUG e i punteggi ottenuti dai pazienti nei test Equiscale (R² = 0,5483) e i valori relativi a lunghezza del passo (R² = 0,6078) e velocità di cammino (R² = 0,4248) ottenuti dal 10mWT. La regressione lineare applicata al numero di cadute nell’ultimo anno e ai punteggi di 10mWT ed Equiscale non ha invece evidenziato valori di R² significativi (Tabella 1). Conclusioni I risultati ottenuti sembrano sostenere la correlazione positiva tra questi test clinici: a una più rapida esecuzione del TUG test corrispondono una maggiore velocità di cammino e una lunghezza maggiore del passo durante il 10mWT, e un più alto punteggio alla scala d’equilibrio Equiscale. Con le conoscenze attuali questi tre test sono complementari nel descrivere la performance motoria globale, facilitando la misura di equilibrio e cammino, necessaria per la presa in carico e il trattamento dei pazienti affetti da malattia di Parkinson. I dati attuali non permettono, invece, di individuare un cut off dell’Equiscale rispetto al rischio di caduta. Bibliografia 1. Nocera, Joe R et al. “Using the Timed Up & Go test in a clinical setting to predict falling in Parkinson’s disease.” Archives of physical medicine and rehabilitation vol. 94,7 (2013): 1300-5. doi:10.1016/j.apmr.2013.02.020 2. Lindholm B, Nilsson MH, Hansson O, Hagell P. The clinical significance of 10-m walk test standardizations in Parkinson’s disease. J Neurol [Internet]. 2018;265(8):1829–35. Available from: http://dx.doi.org/10.1007/s00415-018-8921-9 3. Tesio L, Perucca L, Franchignoni FP, Battaglia MA. A short measure of balance in multiple sclerosis: validation through Rasch analysis. 2Funct Neurol.
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Impiego del PRP omologo nel trattamento Riabilitativo ambulatoriale: i dati preliminari dell’esperienza di Bolzano
Impiego del PRP omologo nel trattamento Riabilitativo ambulatoriale: i dati preliminari dell’esperienza di Bolzano C. Cavallaro1, P. Kirchler2, E. Mascalzoni2, L. Dalle Luche4, B. Winkler2, C. Vecchiato3, A. Baldo2. U.O.C. Recupero e Rieducazione Funzionale Ospedale San Martino di Belluno1; U.O.C. Riabilitazione Fisica Ospedale Provinciale di Bolzano – Servizio di Riabilitazione Territoriale2; U.O.C. Immunoematologia e Trasfusionale Ospedale di Bolzano3; Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitazione Università degli Studi di Padova4. Introduzione Scopo della nostra ricerca è stato dimostrare l’efficacia clinica del trattamento infiltrativo con Gel Piastrinico eseguito in regime ambulatoriale presso il servizio di Fisiatria Interventistisca dell’Ospedale di Bolzano. Nel particolare si riporterà l’esperienza di avvio di tale ambulatorio in collaborazione con la Medicina Trasfusionale di Bolzano ed i risultati clinici ottenuti sui primi 25 pazienti. Materiali e Metodi Per attivare l’impiego del Gel Piastrinico o PRP quale “freccia” da aggiungere alla faretra del Fisiatra Interventista, è stato indispensabile anzitutto ricevere le dovute autorizzazioni dal Reparto di Medicina Trasfusionale ed imbastire una procedura interna in cui si specificassero attori, tempi, luoghi e responsabilità. A tale procedura si allegavano un consenso ed una informativa creati ad hoc, oltre al modello per la segnalazione delle reazioni avverse. Si avviava quindi il reclutamento dei pazienti, sia dalle prime Visite Fisiatriche che dalla segnalazione di Colleghi e Fisioterapisti, secondo i criteri Ministeriali. Nel periodo Novembre 2021 – Maggio 2022, si dava indicazione al trattamento con PRP a 20 pazienti con patologie del sistema locomotore. Veniva proposto un protocollo di trattamento infiltrativo locale, ecoguidato od ecopuntato, con 3 sedute eseguite a distanza di 2 settimane l’una dall’altra. Tutti i pazienti hanno impiegato PRP omologo (da donatore), ad alta concentrazione (contenuto minimo in piastrine 1 x 109/ml +/-20%), fornito in sacche decongelate da circa 10 ml (non obbligatoriamente utilizzate nella loro interezza). In alcuni casi si è concordato di eseguire il trattamento su 2 distretti corporei. Per alcuni pazienti si associava un protocollo fisioterapico tarato ad hoc sul percorso di trattamento. Si concordava di istituire un database di monitoraggio dei trattamenti, in cui venivano registrate le singole somministrazioni, i punteggi Numeric Rating Scale (NRS) del dolore ed i punteggi Modified Barthel Index (MBI) all’inizio ed alla fine del protocollo. Per ulteriore follow-up, si stabiliva di eseguire un controllo telefonico a 3 mesi, per rivalutare il punteggio NRS ed esprimere un giudizio quantitativo in scala numerica da 0 a 10 sul gradimento del trattamento svolto. Risultati I dati raccolti sono stati analizzati tramite applicazione di medie, percentuali, test T di Student e Coefficiente di correlazione di Pearson. I 25 pazienti reclutati (età media 53 anni) hanno eseguito il ciclo di trattamento in una media di 40 giorni, con un quantitativo di PRP totale somministrato in media di 25 ml. Il 12% dei pazienti non ha completato il ciclo di trattamento: 1 paziente in autosospensione, 1 paziente indirizzato al chirurgo Ortopedico ed 1 paziente per risoluzione della lesione dopo prima somministrazione. I restanti 22 pazienti hanno eseguito 3 trattamenti infiltrativi secondo protocollo. Il 67% eseguiva infiltrazioni intrarticolari, il 27% peritendinee, il 3% ligamentose e l’altro 3% muscolari. Le sedi più frequentemente infiltrate erano la spalla (42%), il tendine d’Achille (18%), il ginocchio (18%), l’epicondilo (6%) e l’anca (6%). Il valore medio di punteggio NRS iniziale era 5,9 ed ll finale 2,2, con una differenza media di 3,4 punti corrispondente al 62% del valore assoluto. Il valore medio di punteggio MBI iniziale era 92,7 ed ll finale 98, con una differenza di 5 punti corrispondente al 5% del valore assoluto. L’analisi col test-T evidenziava una significatività statistica nella differenza dei valori NRS e MBI medi iniziale e finale (p>0,01). L’applicazione del Coefficiente di Pearson non evidenziava correlazione significativa (né positiva né negativa) tra variazione dei punteggi NRS e MBI con l’età, la durata del trattamento o la quantità di PRP somministrato. Per una valutazione più fine dei dati raccolti, si è deciso di separare il campione in 4 gruppi principali in relazione alla sede del trattamento. Le 2 categorie principali (intrarticolari e peritendinee) venivano analizzate statisticamente ed i dati evidenziavano come in merito ai valori MBI non ci fossero rilevanti discostamenti dalle medie totali, mentre sui punteggi NRS i 2 gruppi avessero caratteristiche differenti: nei trattamenti intrarticolari il valore medio I-NRS era di 5,3, leggermente al di sotto della media generale, e la riduzione percentuale corrispondeva con quella generale; invece, nel gruppo di trattamenti peritendinei si partiva da un valore medio I-NRS di 7,3, significativamente più alto del gruppo generale, e la differenza di punteggio assoluto NRS iniziale e finale risultava maggiore di quasi 1 punto rispetto al gruppo generale, anche se il punteggio F-NRS era in media più alto (3,3) ed il miglioramento in percentuale lievemente inferiore (54%). Il follow-up telefonico a 3 mesi è stato eseguito su 12 pazienti (circa il 50% del totale) ed ha mostrato un valore NRS medio di 3,75 (in moderata risalita rispetto ai valori di fine ciclo di trattamento) ed un grado di soddisfazione soggettivo medio pari a 5,8 / 10. Nessun paziente trattato secondo protocollo ha sviluppato reazioni avverse correlabili all’utilizzo del PRP. Si registrarono solo 3 eventi avversi di lieve entità, correlabili con le generiche procedure infiltrative. Conclusioni L’esperienza vissuta ha testimoniato ancora una volta l’approccio vincente della multidisciplinarità e l’importanza del Team nel trattamento del paziente riabilitativo. I dati analizzati, pur partendo da un campione relativamente contenuto, hanno evidenziato una buona efficacia e sicurezza del trattamento infiltrativo ecoguidato con PRP sul controllo del dolore nelle patologie articolari e muscolo-tendinee. Non è risultato invece significativo l’impatto sul grado di autonomia, verosimilmente in relazione al limite di sensibilità della scala adoperata. Propositi per il proseguo dello studio saranno quelli di allargare il campione per migliorare la qualità e significatività dei dati raccolti ed inserite nuove scale di autonomia e/o disabilità maggiormente specifiche per le patologie e distretti corporei trattati. Bibliografia 1. Giovannetti de Sanctis E, Franceschetti E, De Dona F, Palumbo A, Paciotti M, Franceschi F. The Efficacy of Injections for Partial Rotator Cuff Tears: A Systematic Review. J Clin Med. 2020 Dec 25;10(1):51. doi: 10.3390/jcm10010051. 2. Hohmann E, Tetsworth K, Glatt V. Is platelet-rich plasma effective for the treatment of knee osteoarthritis? A systematic review and meta-analysis of level 1 and 2 randomized controlled trials. Eur J Orthop Surg Traumatol. 2020 Aug;30(6):955-967. doi: 10.1007/s00590-020-02623-4. 3. Indicazioni terapeutiche sull’utilizzo appropriato degli emocomponenti per uso non trasfusionale – II edizione Giugno 2021
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Protocollo riabilitativo del paziente sottoposto ad intervento di amputazione di arto inferiore nell’AOU Ospedali Riuniti di Ancona
POSTER 45 TITOLO Protocollo riabilitativo del paziente sottoposto ad intervento di amputazione di arto inferiore nell’AOU Ospedali Riuniti di Ancona AUTORI Stacchietti Stefano MD, Aureli Benedetta FT, Manzotti Francesca FT, Zagaglia Silvia FT, Goffi Elisa FT, Carbonetti Antonella FT, Ricci Maurizio MD. S.O.D. Medicina Riabilitativa, Dipartimento di Chirurgia Generale e Specialistica, AOU delle Marche, Ancona INTRODUZIONE • L’amputazione d’arto è un evento traumatico sia dal punto di vista fisico che emotivo. • Le cause che possono portare ad un’amputazione sono: diabete, arteriopatie periferiche, tumori, deformità o agenesie, gangrena, infezioni, traumi. • Le amputazioni da causa non traumatica sono associate a un’alta percentuale di nuove amputazioni e mortalità. • Il Team riabilitativo multi-professionale della SOD di Medicina Riabilitativa degli Ospedali Riuniti di Ancona da anni è riferimento in Azienda per la valutazione e il trattamento fisioterapico quotidiano del paziente amputato, garantendone la presa in carico dalla fase acuta post intervento fino alla sua dimissione. OBIETTIVO Lo scopo del protocollo è quello di ottimizzare la presa in carico riabilitativa precoce dei pazienti sottoposti ad amputazione di arto inferiore (nello specifico amputati a livello trans-femorale e trans-tibiale) e fornire le corrette indicazioni per l’eventuale protesizzazione e per la prosecuzione del percorso riabilitativo post-ospedaliero. DESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ PER LA PRESA IN CARICO POST-OPERATORIA Le SOD di Chirurgia Vascolare, Medicina Vascolare, Clinica Ortopedica, Divisione di Ortopedia, Clinica di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva inviano la richiesta di “Consulenza”, rivolta al medico Fisiatra, per l’avvio della presa in carico riabilitativa del paziente amputato mediante il protocollo operativo multiprofessionale, in cui si distinguono 2 fasi: FASE 1: Dall’intervento chirurgico fino al raggiungimento e mantenimento in autonomia della posizione seduta Obiettivi: ⮚ Prevenzione complicanze dell’ipomobilità ⮚ Prevenzione posture scorrette e retrazioni articolari ⮚ Gestione del dolore e modellamento del moncone ⮚ Recupero della posizione seduta ⮚ Incremento della ventilazione polmonare Valutazione: ● Acquisizione dati dalla cartella clinica ● Incontro con il Medico di Reparto ● Approccio al paziente: o Valutazione orientamento e collaborazione o Valutazione del livello funzionale pre-ricovero o Valutazione clinico-funzionale attuale o Rilevazione parametri vitali e dolore (FC, SpO2, NRS) o Valutazione del moncone o Spiegazione modalità e finalità del percorso riabilitativo o Valutazione longitudinale per eventuale prescrizione di cuffia elastica/guaina semirigida Attività: ✔ Prendere accordi con il personale di reparto per concordare l’orario del trattamento in funzione della medicazione ✔ Esercizi di mobilizzazione passiva e attiva-assistita dell’arto operato ✔ Addestramento del Pz all’esecuzione di movimenti attivi degli arti da eseguire in autonomia durante la giornata ✔ Addestramento del pz alle variazioni di decubito evitando quello sul lato amputato ✔ Addestramento del pz a contrastare l’atteggiamento in flessione ed abduzione del moncone: esercizi di estensione dell’anca e/o del ginocchio. È fondamentale evitare il cuscino sotto il moncone ✔ Applicazione di bendaggio a spina di pesce (compatibilmente con le condizioni della ferita), mantenuto a tolleranza e rimosso di notte ✔ Applicazione di cuffia elastica/guaina semirigida secondo modalità e tempi crescenti indicati dal Tecnico Ortopedico ✔ Acquisizione della posizione seduta ed esercizi per il controllo del tronco e di equilibrio (N.B. Nel pz rivascolarizzato con accesso inguinale, consultare il Chirurgo per i tempi di raggiungimento di tale postura) ✔ Esercizi respiratori FASE 2: dal termine della fase 1 fino alla dimissione Obiettivi: ⮚ Potenziamento degli obiettivi della prima fase ⮚ Autonomia nei passaggi posturali e nei trasferimenti ⮚ Recupero della stazione eretta con ausilio ⮚ Avvio della deambulazione assistita con ausilio ⮚ Incremento autonomia nelle ADL Valutazione: ● Colloquio informativo con medici e personale di reparto circa le condizioni cliniche del pz ● Rilevazione parametri vitali (FC, SpO2, NRS) prima e dopo il trattamento ● Verifica della condizione della ferita e misurazione moncone Attività: ✔ Verifica della tolleranza al bendaggio e nuova applicazione ✔ Verifica della tolleranza alla cuffia elastica o guaina semirigida e della corretta modalità e tempistica di applicazione ✔ Incremento della corretta esecuzione degli esercizi di rinforzo ed equilibrio ✔ Addestramento del pz ai passaggi posturali e ai trasferimenti letto-carrozzina, carrozzina-wc e viceversa ✔ Acquisizione della stazione eretta con ausilio ✔ Avvio training della deambulazione con ausilio ✔ Stimolazione del paziente al mantenimento della postura seduta in carrozzina per tempi crescenti per acquisire maggiore autonomia nelle ADL Il Fisiatra definisce l’attivazione del supporto psicologico e del servizio di assistenza sociale o dei colleghi algologi in caso di sindrome dell’arto fantasma. Il Fisiatra valuta, tramite la classe funzionale K, l’ipotesi di protesizzazione e consiglia gli ausili più adatti al caso. Rileva il riconoscimento o meno di invalidità civile. In caso di amputazione conseguente ad incidente sul lavoro (copertura assicurativa INAIL) si informano il pz e il caregiver sulle modalità di attivazione del percorso specifico. Su indicazione del paziente o dei famigliari, si contatta un tecnico ortopedico di fiducia. Viene formulato il Progetto Riabilitativo Individuale (PRI) che comprende la prognosi di recupero e gli obiettivi riabilitativi-assistenziali a breve termine, concordati in team. Si individuano i possibili setting di continuità assistenziale o riabilitativa:  Se si opta per la dimissione domiciliare con prosecuzione del trattamento fisioterapico domiciliare o in ambulatorio, il Fisiatra organizza il percorso;  Se si opta per un trasferimento in struttura di riabilitazione, il Fisiatra suggerisce il setting più appropriato. Il Fisiatra rivaluta periodicamente il paziente e coordina gli accessi del tecnico ortopedico. In prossimità della dimissione si forniscono al paziente e al caregiver i contatti della SOD Medicina Riabilitativa per il successivo follow-up ambulatoriale e l’eventuale prescrizione delle protesi da parte del Fisiatra. RISULTATI: Tra i fattori che influenzano il risultato del percorso riabilitativo occorre considerare: l’età, la motivazione e la compliance al trattamento, le condizioni cliniche generali, il livello di amputazione, i dati di contesto famigliare, socio-economici e abitativi del soggetto. CONCLUSIONI: Non è possibile standardizzare la durata delle due fasi di trattamento a causa dell’estrema variabilità dei quadri clinici dei pazienti sottoposti ad amputazione. L’applicazione sistematica della valutazione e del protocollo di trattamento ha velocizzato la fornitura al paziente dei dispositivi di bendaggio del moncone e si sono ridotti i tempi di trasferimento presso strutture di riabilitazione/domicilio, con soddisfazione espressa dai pazienti. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: -Smith S, Pursey H, Jones A, et al. BACPAR “Clinical guidelines for the pre and post-operative physiotherapy management of adults with lower limb amputations” 2nd Edition 2016. -Falso M, Zani S, Cattaneo E, Zucchini M, Zucchini F. TRIA-MF protocol as an innovative tool in the comprehensive treatment and outcome evaluation of lower limb amputees before and after prosthesis use. J Nov Physiother Rehabil. 2019; 3: 001-024. https://doi.org/10.29328/journal.jnpr.1001024. -Heyns A, Jacobs S, Negrini S, et al. Systematic review of clinical practice guidelines for individuals with amputation: identification of best evidence for rehabilitation to develop the WHO’s package of interventions of rehabilitation. Arch Phys Med Rehabil 2021. https://doi.org/10.1016/j.apmr.2020.11.019.
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Efficacia della terapia infiltrativa ecoguidata con PRP in pazienti con lesione parziale del tendine sopraspinato, in comparazione con la terapia fisica-riabilitativa
Dott. F. Giannetto – Responsabile UOD Recupero e Riabilitazione Funzionale– AOU Policlinico – «G. Rodolico-San Marco Catania Dott.ssa M.Milazzo – Dir. Medico UOD Riabilitazione e Recupero Funzionale– AOU Policlinico – «G. Rodolico-San Marco Catania EFFICACIA DELLA TERAPIA INFILTRATIVA ECOGUIDATA CON PRP IN PAZIENTI CON LESIONE PARZIALE DEL TENDINE SOVRASPINATO IN COMPARAZIONE CON LA TERAPIA FISICA-RIABILITATIVA INTRODUZIONE Le lesioni della cuffia dei rotatori costituiscono una delle cause più comuni di dolore alla spalla in età adulta determinando disabilità e restrizione della partecipazione nelle attività sociali. Le forme degenerative rappresentano il 90% dei casi e sono correlate all’età avanzata a differenza delle lesioni post-traumatiche che colpiscono i soggetti più giovani e sono associate a fenomeni di overuse. Le lesioni parziali della cuffia interessano più frequentemente il tendine sovraspinoso causando dolore all’arto superiore prevalentemente nelle attività overhead e durante il riposo notturno. Il trattamento conservativo include un ampio spettro di approcci terapeutici-riabilitativi ( FANS, infiltrazioni, terapia fisica, esercizio terapeutico) in funzione del quadro clinico e dello stadio della patologia. Negli ultimi anni numerosi studi sono stati condotti sul ruolo dei fattori di crescita nei processi di riparazione tessutale e sulla modulazione dell’infiammazione nelle patologie osteoarticolari e miotendinee. L’obiettivo del nostro studio è quello di valutare l’efficacia della terapia infiltrativa ecoguidata con PRP nelle lesioni parziali del tendine sovraspinoso in comparazione con la terapia fisica-riabilitativa MATERIALI E METODI 15 pazienti,10 F e 5 M ,506.Criteri di esclusione lesione totale del t. sovraspinato, diabete, malattie autoimmuni, coagulopatie, infiltrazioni con corticosteroidi nelle ultime 6 settimane. Misure di outcame. Visual analogicscale(VAS), activeshoulderrange of motion, scala DASH disability of the arm, shoulder and hand. Valutazione clinico – strumental: ecografia muscolo – scheletrica,test di jobe, pulm – up test, lift off test. RISULTATI L’analisi statistica ha evidenziato nessuna differenza significativa di tutti i paramenti tra i due gruppi a tre mesi, e ha mostrato risultati statisticamente significativi, nella valutazione del dolore e del movimento su tutti i piani dello spazio, dopo 6 mesi con mantenimento a 12 mesi dall’ultima infiltrazione. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Ipazienti che hanno eseguito il trattamento infiltrativo hanno mostrato risultati clinici incoraggianti sino ad un anno di distanza dall’ultima infiltrazione. La terapia infiltrativa di PRP rispetto alle terapie tradizionali determina un miglioramento clinico a lungo termine rivelandosi un valido approccio terapeutico per il controllo del dolore e per il recupero della funzionalità articolare in quanto nella sede di lesione stimola la neoangiogenesi e favorisce i processi di riparazione tissutale.
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Protocollo riabilitativo post-intervento chirurgico di artroplastica totale inversa di spalla (RTSA)
Asl Roma 2, Regione Lazio Ospedale S.Eugenio-CTO “A.Alesini” UOC di Riabilitazione e Recupero Funzionale Direttore: Dott. Marco Pulcini “PROTOCOLLO RIABILITATIVO POST-INTERVENTO CHIRURGICO DI ARTROPLASTICA TOTALE INVERSA DI SPALLA (RTSA)”. Camilla Paniccia, Elena Saccoliti, Alessandro Laurini, Arturo Tallarico, Valentina Truglio, Marilena Sofi, Calogero Foti, Marco Pulcini. Introduzione: La protesi inversa di spalla è una tecnica chirurgica innovativa che ha permesso una valida soluzione a tutti quei pazienti con gravi problematiche di spalla. Si ricorre alla protesi inversa di spalla a causa di artrosi eccentrica con deficit della cuffia dei rotatori, fratture prossimali di omero e revisione di pregressi interventi chirurgici di spalla. La protesi inversa di spalla inverte le superfici dell’articolazione glenomerale: l’omero viene sezionato per essere sostituito da uno stelo con estremità concava, il quale si articola con una superficie sferica inserita al posto della cavità glenoidea. Obiettivi: L’obiettivo di tale studio è valutare i risultati ottenuti, tramite rieducazione motoria, in termini di recupero articolare, funzionale, dell’autonomia nelle ADL e di riduzione del dolore. Il protocollo del nostro studio si basa esclusivamente su terapia manuale. Il programma rieducativo motorio adoperato si basa sull’ immobilizzazione della spalla operata con tutore per 4 settimane; nelle prime due settimane post operatorie si iniziano movimenti attivi ed attivo-assistiti di gomito, polso e mano e movimenti pendolari del braccio; a due settimane dall’intervento i pazienti iniziano la rieducazione motoria individuale (RMI) per il recupero del ROM passivo della spalla e a quattro settimane si inizia la RMI per il recupero del ROM attivo. Tale programma comprende: massaggio decontratturante del cingolo scapolare ad inizio e fine seduta, correzione posturale della statica della colonna, mobilizzazione attiva e passiva della scapola in decubito controlaterale; la flessione e l’abduzione vengono gradualmente aumentate fino a 90° nel primo mese post operatorio, l’extrarotazione passiva progredisce fino a 20°-30°. Dalla terza alla sesta settimana la flessione arriva a 120° e dopo la sesta settimana può avanzare fino a 140°; il pROM in extrarotazione può essere gradualmente aumentato fino a 45° e l’inizio dell’intrarotazione passiva inizia solo durante la sesta settimana postoperatoria, e deve essere eseguita in abduzione sul piano scapolare, senza superare i 50°. Inoltre dalla quarta settimana si effettuano esercizi isometrici sottomassimali dei muscoli periscapolari e del deltoide, esercizi isotonici del deltoide e degli abbassatori dell’omero ed esercizi propriocettivi della spalla. Materiali e metodi: Sono stati valutati 24 pazienti (8 uomini, 16 donne) sottoposti ad intervento chirurgico di artroprotesi inversa di spalla presso il Centro Traumatologico Ortopedico (CTO) Andrea Alesini di Roma. L’età media dei partecipanti al momento dell’intervento era di 71,4± 8,5 anni. Le cause determinanti l’intervento chirurgico erano: fratture prossimali di omero (8), artrosi eccentrica (14) e revisioni di interventi chirurgici precedenti (2), in assenza di comorbilità tali da compromettere l’outcome riabilitativo.È stata eseguita la valutazione dei pazienti prima dell’intervento chirurgico (in caso di intervento in elezione) (T0), a 15 giorni post intervento chirurgico (T1), dopo 10 sedute di RMI (T2) e dopo 20 sedute di RMI (T3) tramite: Scala VAS per la valutazione del dolore; Questionario DASH per la sintomatologia e la limitazione delle attività quotidiane; Constant Scale per l’escursione articolare, sintomatologia e forza. Dei 24 pazienti arruolati: 5 sono stati valutati solo al T0 e/o al T1, poichè impossibilitati ad effettuare la rieducazione motoria presso il CTO di Roma a causa di motivazioni varie; per 9 pazienti le valutazioni sono in corso. Pertanto tali pazienti sono stati esclusi dall’analisi dei risultati. Sono state calcolate, per ogni parametro, media e deviazione standard, per poter confrontare i dati nei vari controlli tramite il t di student. Risultati: Dall’analisi dei dati effettuata tramite il t test si evince una validità della rieducazione motoria individuale nei tempi prestabiliti ( 8 settimane post operatorie), con un buon successo terapeutico. Si parte da una Constant Scale con valore medio di 28,4± 11,2 al T1 e si raggiunge un valore medio al T3 pari a 61,4± 7,3. Il Dash Questionnaire ha valore medio al T1 di 71,36% ± 13,4 ed al T3 pari a 38% ± 19,5. Da una VAS con valore medio di 37 ± 27,5 al T1 si ottiene un valore medio al T3 di 17 ± 14,9. Conclusioni: Dall’analisi dei risultati si apprezza un miglioramento dei punteggi nelle scale di valutazione, con una riduzione del dolore di circa 20 punti al T3, un incremento di ROM e forza, soprattutto in elevazione e in abduzione, con il raggiungimento al T3 di un valore medio di flessione pari a circa 120° ± 17,9 ed in abduzione pari a circa 100°± 13,1, che corrispondono al recupero, rispettivamente, del 67% e del 55% del ROM totale. Di conseguenza aumenta il livello e la qualità di vita in generale, come evidenziato da una riduzione del Dash Questionnaire di circa il 33% al T3. In conclusione si conferma l’importanza di un intervento riabilitativo precoce. Bibliografia: Brotzman SB, Manske RC. La riabilitazione in ortopedia, Milano:Edra S.p.a. 3th edition 2014,130-137. Bullock GS, Garrigues GE, Ledbetter L et al. A systematic review of proposed rehabilitation guidelines following anatomic and reverse shoulder arthroplasty. J Orthop Sports Phys Ther 2019;49:337- 46. Kirsch JM 1, Namdari S. Rehabilitation After Anatomic and Reverse Total Shoulder Arthroplasty: A Critical Analysis Review. JBJS rev.2020 Feb;8(2):e0129.
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Terapia medica, Ossigeno-Ozonoterapia e Nutraceutici nel trattamento del low back pain acuto associato a radicolopatia: protocolli di trattamento a confronto
Terapia medica, Ossigeno-Ozonoterapia e Nutraceutici nel trattamento del low back pain acuto associato a radicolopatia: protocolli di trattamento a confronto Giulia Bonasia, Eleonora Latini, Ludovica Petroselli, Melissa Mazzola, Donatella Trischitta, Mario Vetrano, Maria Chiara Vulpiani Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Traslazionale, Unità Operativa di Medicina Fisica e Riabilitativa, A.O.U. Sant’Andrea, Università “Sapienza” di Roma Introduzione Il low back pain (LBP) acuto rappresenta una delle principali cause di dolore, disabilità ed astensione dal lavoro nel mondo occidentale. Una percentuale significativa si accompagna a radicolopatia, causata dalla compressione delle radici nervose sensitive e/o motorie emergenti dal midollo spinale. Si manifesta con parestesie, intorpidimento, deficit motorio, debolezza ed alterazioni dei riflessi osteotendinei. Nella genesi del dolore neuropatico, un aumento dello stress ossidativo è riconosciuto come una delle possibili cause di danno nervoso, inducendo degenerazione assonale, degradazione mielinica delle fibre nervose e perdita di funzionalità della conduzione nervosa. Poiché la neuroinfiammazione, lo stress ossidativo e i fattori nocicettivi svolgono un chiaro ruolo patogenetico, in questo studio osservazionale prospettico abbiamo valutato se una combinazione di composti nutraceutici ad azione neurotrofica-antinocicettiva e/o di Ossigeno-Ozono (O2-O3) terapia potessero ridurre la disabilità e migliorare gli effetti clinici della terapia farmacologica nei pazienti affetti da LBP acuto associato a radicolopatia. Materiali e metodi Sono stati reclutati 62 pazienti con LBP acuto associato a radicolopatia di intensità moderata o severa (NRS>6) insorto nei 3 mesi precedenti ed evidenza alla RMN di ernia discale e/o protrusione discale con coinvolgimento radicolare. 4 gruppi di trattamento:  Gruppo A: terapia farmacologica;  Gruppo B: terapia farmacologica e nutraceutici;  Gruppo C: terapia farmacologica e O2-O3 terapia;  Gruppo D: terapia farmacologica, nutraceutici e O2-O3 terapia Protocolli di trattamento:  Terapia farmacologica: 8mg/die di Betametasone disodio fosfato per la prima settimana, 4 mg/die per la seconda, infine 2 mg/die per la terza. Se ritenuto necessario in base ai sintomi clinici del paziente, è stato somministrato un analgesico oppioide adiuvante con ossicodone/naloxone 10 mg/5 mg 1cp/die.  Nutraceutico: composto da acido alfa-lipoico (404 mg), palmitoiletanolamide non micronizzata (non-m-PEA) (306 mg) e Mirra (100 mg) in due somministrazioni giornaliere per 4 settimane.  O2-O3 terapia: 8 infiltrazioni di O2-O3 (2 sedute settimanali per 4 settimane). Per ciascuna sessione di trattamento sono state effettuate 2 iniezioni simmetriche di 10 mL di O2-O3 [15 μg/mL] nei muscoli paravertebrali corrispondenti al metamero del segmento vertebrale interessato. Misure di outcome: • OSWESTRY DISABILITY INDEX per la valutazione della disabilità nella lombalgia • NRS per la valutazione del dolore • SF-12 per la valutazione della qualità della vita • Assunzione di analgesici oppioidi adiuvanti Tempi di valutazione: • T0: all’inizio del trattamento • T1: a 2 settimane dall’inizio • T2: a 4 settimane dall’inizio, corrispondente alla fine del trattamento Risultati L’analisi intergruppo tramite il test di Mann-Whitney ha evidenziato al tempo di valutazione T2 una differenza statisticamente significativa: nella scala ODI tra il gruppo B e A (p=0,004), il gruppo C e A (p<0,001) e il gruppo D e A (p<0,001); nella NRS tra gruppo B e A (p=0,017), gruppo C e A (p=0,002) e gruppo D e A (p<0,001); nel punteggio PCS-12 tra il gruppo B e A (p=0,003), il gruppo C e A (p=0,002) e il gruppo D e A (p<0,001). Mentre non sono state osservate differenze significative tra i gruppi nel punteggio MCS-12. Al tempo di valutazione T1, è stata rilevata una differenza statisticamente significativa: nella NRS tra il gruppo D e A (p=0,011); nella scala ODI tra il gruppo B e A (p=0,005), il gruppo C e A (p=0,024) e il gruppo D e A (p<0,001); nel punteggio PCS-12 tra il gruppo B e A (p=0,049), il gruppo D e A (p=0,003); nel punteggio MCS-12 tra il gruppo C e A (p=0,036). Al test dei ranghi con segno di Wilcoxon, in ciascun gruppo di trattamento è stata osservata una differenza statisticamente significativa (p<0,05) in ogni misura di outcome al T2 rispetto al baseline. Infine, il numero medio di giorni di assunzione della terapia medica adiuvante con oppioidi era simile nei quattro gruppi di trattamento (8,33 nel gruppo A, 8,33 nel gruppo B, 8,33 nel gruppo C e 8,75 nel gruppo D). Tuttavia, la percentuale di pazienti che hanno fatto ricorso alla terapia adiuvante differiva notevolmente tra i gruppi: 60% nel gruppo A, 40% nel gruppo B, 20% nel gruppo C e 25% nel gruppo D. Conclusioni I risultati ottenuti mostrano che nei pazienti affetti da LBP acuto associato a radicolopatia i protocolli di trattamento che prevedono la combinazione di più modalità terapeutiche si associano a una maggior beneficio clinico rispetto alla sola terapia farmacologica in termini di riduzione del dolore, della disabilità e miglioramento della qualità della vita, associato ad una minor assunzione di analgesici oppioidi. Bibliografia Magalhaes F, Dotta L, Sasse A, Teixera M, Fonoff E. Ozone therapy as a treatment for low back pain secondary to herniated disc: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Pain Physician 2012 Pacini A, Tomassoni D, Trallori E, Micheli L, Amenta F, Ghelardini C, Di Cesare Mannelli L, Traini E. Comparative Assessment of the Activity of Racemic and Dextrorotatory Forms of Thioctic (Alpha-Lipoic) Acid in Low Back Pain: Preclinical Results and Clinical Evidences From an Open Randomized Trial. Front Pharmacol. 2021 Feb Mattace Raso G, Russo R, Calignano A, Meli R (2014). Palmitoylethanolamide in CNS health and disease. Pharmacol Res
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Valutazione di un programma di riabilitazione post-operatoria nei pazienti sottoposti a chirurgia resettiva per via laparoscopica per neoplasia del colon-retto: uno studio pilota
Valutazione di un programma di riabilitazione post-operatoria nei pazienti sottoposti a chirurgia resettiva per via laparoscopica per neoplasia del colon-retto: uno studio pilota Colonna V1, Nusca SM1, Parisi A2, Mercantini P4, Gasparrini M3, Pitasi F1, Stella G1, Lacopo A1, Cerulli C2, Grazioli E2, Tranchita E2, Santoboni F1, Latini E1, Trischitta D1, Vetrano M1, Visco V5, Pavan A5, Vulpiani MC1 1Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Traslazionale, Unità Operativa di Medicina Fisica e Riabilitativa, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Università «Sapienza» di Roma. 2 Dipartimento di Scienze Motorie, Umane e della Salute, Università degli Studi di Roma “Foro Italico”. ³ Dipartimento di Chirurgia Generale, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Università «Sapienza» di Roma. 4 Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Traslazionale, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Università «Sapienza» di Roma ⁵ Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Università «Sapienza» di Roma Introduzione I pazienti neoplastici sottoposti ad intervento chirurgico e alle terapie anti-tumorali sperimentano spesso un declino fisico e cognitivo con conseguente peggioramento della qualità della vita (QoL). Numerosi studi dimostrano che l’esercizio fisico contrasta gli effetti collaterali delle terapie anti-tumorali. Minori sono gli studi sui suoi effetti nella prima fase post-operatoria dei pazienti. L’obiettivo primario dello studio pilota è stato quello di valutare gli effetti di un programma di riabilitazione post-operatoria sulla QoL dei pazienti affetti da neoplasia del colon-retto, sottoposti a chirurgia resettiva per via laparoscopica, ad 8 settimane dall’inizio dell’esercizio fisico (EF). Gli obiettivi secondari sono stati quelli di valutare lo stato di ansia e depressione, la qualità del sonno, la fitness cardiorespiratoria, la performance fisica, la forza muscolare, la massa muscolare e lo stato nutrizionale ad 8 settimane dall’inizio dell’EF, e a 2 e 4 mesi dalla fine dell’EF. Materiali e metodi In questo studio pilota i pazienti eleggibili che accettavano di partecipare allo studio sono stati assegnati al gruppo di intervento (GI) mentre i pazienti eleggibili impossibilitati ad effettuare il programma riabilitativo per motivi logistici, sono stati assegnati al gruppo di controllo (GC). I pazienti del gruppo di intervento sono stati sottoposti ad un programma di esercizio fisico combinato (esercizi di tipo aerobico nel primo mese ed esercizi di tipo aerobico e di rinforzo muscolare nel secondo mese) e supervisionato. Il programma di esercizi è stato effettuato per 3 volte a settimana per 2 mesi. I pazienti del gruppo di controllo sono stati incoraggiati a mantenere uno stile di vita fisicamente attivo. La misura di outcome primario è stato il questionario European Organization for Research an Treatment of Cancer Quality of Life-C30 Questionnaire (EORTC QLQ-C30) per la qualità di vita; le misure di outcome secondario sono state il Six Minutes Walking Test (6MWT) per la fitness cardiorespiratoria, la Short Physical Performance Battery (SPPB) per la performance fisica, l’Handgrip Strength Test per la forza muscolare, la Skeletal Muscle Mass Index (SMI) per la massa muscolare, l’Angolo di fase (PhA) per lo stato nutrizionale, la versione italiana della Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS) per la valutazione dello stato di ansia e depressione, Il “Pittsburgh Sleep Quality Index” (PSQI) per la qualità del sonno, e la valutazione delle compicanze post-operatorie. Tali misure sono state valutate prima del programma di EF (T0), 2 mesi (T1) dall’inizio dell’EF, e a 2 (T2) e 4 (T3) mesi dalla fine dell’EF. Risultati Dei pazienti risultati eleggibili, 6 sono stati arruolati nel gruppo di intervento e 5 nel gruppo di controllo. E’ stata rilevata una differenza statisticamente significativa tra il gruppo di intervento ed il gruppo di controllo a favore del gruppo di intervento negli items “Funzione fisica” (p=0.030), “Funzione cognitiva” (p=0.018) e “Fatigue” (p=0.17) dell’EORTC QLQ-C30 a T1; nella “Funzione cognitiva” (p=0.018) e “Fatigue” (p=0.045) dell’EORTC QLQ C-30 a T2; nel Six Minutes Walking Test (6MWT) (p=0.022) a T1; nell’Angolo di fase (PhA) dell’analisi bioimpedenziometrica (BIA) (p=0.022) a T3. Conclusioni Il presente studio pilota suggerisce che la riabilitazione post-operatoria può avere un ruolo nella gestione della fase post-chirurgica dei pazienti con neoplasia del colon-retto attraverso un miglioramento della qualità di vita, della fitness cardiorespiratoria e dello stato nutrizionale. Tali risultati saranno confermati da un RCT con un campione più ampio di pazienti. Bibliografia • Campbell KL, Winters-Stone KM, Wiskemann J, May AM, Schwartz AL, Courneya KS, et al. Exercise Guidelines for Cancer Survivors: Consensus Statement from International Multidisciplinary Roundtable. Med Sci SportsExerc. 2019;51(11):2375–90 • Awasthi R, Minnella E, Ferreira V, Ramanakumar AV, Scheede-Bergdahl C, Carli F. Supervised exercise training with multimodal pre-habilitation leads to earlier functional recovery following colorectal cancer resection. Acta Anaesthesiol. Scand. 2019; 63 (4): 461–467 • Myers JS, Erickson KI, Sereika SM, Bender CM. Exercise as an Intervention to Mitigate Decreased Cognitive Function From Cancer and Cancer Treatment: An Integrative Review. Cancer Nurs. 2018; 41(4):327-343
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Confronto della terapia infiltrativa intra-articolare con Acido Ialuronico, Ossigeno-Ozono ed una combinazione di entrambi nel trattamento dell’osteoartrosi di ginocchio e anca
Valutazione di un programma di riabilitazione post-operatoria nei pazienti sottoposti a chirurgia resettiva per via laparoscopica per neoplasia del colon-retto: uno studio pilota Colonna V1, Nusca SM1, Parisi A2, Mercantini P4, Gasparrini M3, Pitasi F1, Stella G1, Lacopo A1, Cerulli C2, Grazioli E2, Tranchita E2, Santoboni F1, Latini E1, Trischitta D1, Vetrano M1, Visco V5, Pavan A5, Vulpiani MC1 1Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Traslazionale, Unità Operativa di Medicina Fisica e Riabilitativa, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Università «Sapienza» di Roma. 2 Dipartimento di Scienze Motorie, Umane e della Salute, Università degli Studi di Roma “Foro Italico”. ³ Dipartimento di Chirurgia Generale, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Università «Sapienza» di Roma. 4 Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Traslazionale, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Università «Sapienza» di Roma ⁵ Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Università «Sapienza» di Roma Introduzione I pazienti neoplastici sottoposti ad intervento chirurgico e alle terapie anti-tumorali sperimentano spesso un declino fisico e cognitivo con conseguente peggioramento della qualità della vita (QoL). Numerosi studi dimostrano che l’esercizio fisico contrasta gli effetti collaterali delle terapie anti-tumorali. Minori sono gli studi sui suoi effetti nella prima fase post-operatoria dei pazienti. L’obiettivo primario dello studio pilota è stato quello di valutare gli effetti di un programma di riabilitazione post-operatoria sulla QoL dei pazienti affetti da neoplasia del colon-retto, sottoposti a chirurgia resettiva per via laparoscopica, ad 8 settimane dall’inizio dell’esercizio fisico (EF). Gli obiettivi secondari sono stati quelli di valutare lo stato di ansia e depressione, la qualità del sonno, la fitness cardiorespiratoria, la performance fisica, la forza muscolare, la massa muscolare e lo stato nutrizionale ad 8 settimane dall’inizio dell’EF, e a 2 e 4 mesi dalla fine dell’EF. Materiali e metodi In questo studio pilota i pazienti eleggibili che accettavano di partecipare allo studio sono stati assegnati al gruppo di intervento (GI) mentre i pazienti eleggibili impossibilitati ad effettuare il programma riabilitativo per motivi logistici, sono stati assegnati al gruppo di controllo (GC). I pazienti del gruppo di intervento sono stati sottoposti ad un programma di esercizio fisico combinato (esercizi di tipo aerobico nel primo mese ed esercizi di tipo aerobico e di rinforzo muscolare nel secondo mese) e supervisionato. Il programma di esercizi è stato effettuato per 3 volte a settimana per 2 mesi. I pazienti del gruppo di controllo sono stati incoraggiati a mantenere uno stile di vita fisicamente attivo. La misura di outcome primario è stato il questionario European Organization for Research an Treatment of Cancer Quality of Life-C30 Questionnaire (EORTC QLQ-C30) per la qualità di vita; le misure di outcome secondario sono state il Six Minutes Walking Test (6MWT) per la fitness cardiorespiratoria, la Short Physical Performance Battery (SPPB) per la performance fisica, l’Handgrip Strength Test per la forza muscolare, la Skeletal Muscle Mass Index (SMI) per la massa muscolare, l’Angolo di fase (PhA) per lo stato nutrizionale, la versione italiana della Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS) per la valutazione dello stato di ansia e depressione, Il “Pittsburgh Sleep Quality Index” (PSQI) per la qualità del sonno, e la valutazione delle compicanze post-operatorie. Tali misure sono state valutate prima del programma di EF (T0), 2 mesi (T1) dall’inizio dell’EF, e a 2 (T2) e 4 (T3) mesi dalla fine dell’EF. Risultati Dei pazienti risultati eleggibili, 6 sono stati arruolati nel gruppo di intervento e 5 nel gruppo di controllo. E’ stata rilevata una differenza statisticamente significativa tra il gruppo di intervento ed il gruppo di controllo a favore del gruppo di intervento negli items “Funzione fisica” (p=0.030), “Funzione cognitiva” (p=0.018) e “Fatigue” (p=0.17) dell’EORTC QLQ-C30 a T1; nella “Funzione cognitiva” (p=0.018) e “Fatigue” (p=0.045) dell’EORTC QLQ C-30 a T2; nel Six Minutes Walking Test (6MWT) (p=0.022) a T1; nell’Angolo di fase (PhA) dell’analisi bioimpedenziometrica (BIA) (p=0.022) a T3. Conclusioni Il presente studio pilota suggerisce che la riabilitazione post-operatoria può avere un ruolo nella gestione della fase post-chirurgica dei pazienti con neoplasia del colon-retto attraverso un miglioramento della qualità di vita, della fitness cardiorespiratoria e dello stato nutrizionale. Tali risultati saranno confermati da un RCT con un campione più ampio di pazienti. Bibliografia • Campbell KL, Winters-Stone KM, Wiskemann J, May AM, Schwartz AL, Courneya KS, et al. Exercise Guidelines for Cancer Survivors: Consensus Statement from International Multidisciplinary Roundtable. Med Sci SportsExerc. 2019;51(11):2375–90 • Awasthi R, Minnella E, Ferreira V, Ramanakumar AV, Scheede-Bergdahl C, Carli F. Supervised exercise training with multimodal pre-habilitation leads to earlier functional recovery following colorectal cancer resection. Acta Anaesthesiol. Scand. 2019; 63 (4): 461–467 • Myers JS, Erickson KI, Sereika SM, Bender CM. Exercise as an Intervention to Mitigate Decreased Cognitive Function From Cancer and Cancer Treatment: An Integrative Review. Cancer Nurs. 2018; 41(4):327-343
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Efficacia di un trattamento tecnologico abbinato alla terapia con vibrazione muscolare focale nel paziente con CRIMYNE: nuove strategie riabilitative
Efficacia di un trattamento tecnologico abbinato alla terapia con vibrazione muscolare focale nel paziente con CRIMYNE: nuove strategie riabilitative. Letizia Castelli MS1, Vincenza Amoruso MD2,3, Davide Glorioso MD2,3, Augusto Fusco MD, PhD3, Silvia Giovannini MD, PhD 2,4, Luca Padua MD, PhD2,3 1Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento, Neurologiche, Ortopediche e della Testa-Collo, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma; 2Dipartimento di Scienze Geriatriche e Ortopediche, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; 3UOC Neuroriabilitazione ad Alta Intensità, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma; 4UOS Riabilitazione Post-Acuzie, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma Introduzione La Critical Illness Myopathy and Neuropathy (CRIMYNE) è una patologia caratterizzata dalla sovrapposizione di miopatia e degenerazione assonale. Si tratta di una patologia acquisita nelle Unità di Terapia Intensiva durante la malattia critica. Clinicamente, presenta debolezza muscolare, principalmente a carico degli arti inferiori e dei muscoli respiratori, e alterazioni della sensibilità. Data la scarsità di letteratura in merito al trattamento riabilitativo della CRIMYNE, scopo di questo studio è la valutazione dell’efficacia di un programma riabilitativo con terapia robotica per gli arti inferiori con Omego® e vibrazione muscolare focale (EVM) in pazienti con CRIMYNE, ricoverati presso il reparto di Neuroriabilitazione ad Alta Intensità. Materiali e Metodi Si tratta di uno studio pilota, randomizzato, controllato in singolo cieco. 16 pazienti con esiti di Grave Cerebrolesione Acquisita (GCA) con diagnosi di CRIMYNE sono stati randomizzati in due gruppi: il Gruppo Sperimentale (GS) ed il Gruppo di Controllo (GC). I pazienti del GS hanno effettuato un programma di terapia robotica e vibratoria in add-on al trattamento riabilitativo previsto dalla routine clinica, per 3 settimane, 5 giorni alla settimana. In particolare, il trattamento del GS è stato un trattamento ad intensità crescente, ovvero sono state aumentate le tempistiche del trattamento robotico e con EVM tra una settimana e l’altra: per la prima settimana i pazienti del GS sono stati trattati utilizzando l’EVM e la riabilitazione robotica per gli arti inferiori con Omego® per 10 minuti ciascuno (20 minuti totali); la seconda settimana sono stati utilizzati per 30 minuti totali, mentre per la terza sono stati utilizzati complessivamente per 40 minuti. I pazienti del GC, invece, hanno effettuato il trattamento riabilitativo previsto dalla routine clinica. Tutti i pazienti sono stati valuti al baseline (T0) e dopo 3 settimane (T1) con scale per la funzionalità degli arti inferiori (Motricity Index Lower Limb, MI-LL), per il controllo del tronco (Trunk Control Test, TCT), per la disabilità (Disability Rating Scale, DRS), per la qualità di vita (Euro QoL-5D, EQ-5D), per la deambulazione (Functional Ambulation Classification, FAC) e per l’autonomia (modified Barthel Index, mBI). Risultati Tra i due gruppi non vi era una differenza statisticamente significativa (p>0.03). Entrambi i gruppi hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo a T1 rispetto a T0 per le scale di valutazione utilizzate. Inoltre, il GS ha mostrato un miglioramento maggiore per quanto riguarda il TCT (p=0.003), la DRS (p=0.001) e l’EQ-5D (p=0.001). Conclusioni Dall’analisi dei dati emergono dei risultati incoraggianti: a seguito di un trattamento riabilitativo tecnologico (Omego®) e terapia vibratoria (EVM) i pazienti del GS hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo per quanto riguarda il controllo del tronco, la disabilità e la percezione della qualità di vita. Nonostante la scarsa numerosità campionaria, da questo studio pilota si evincono le potenzialità del trattamento riabilitativo tecnologico dei pazienti con CRIMYNE. La disponibilità di nuovi strumenti di trattamento permette di identificare una migliore strategia per questi pazienti per i quali non sembrano, a tutt’oggi, esserci dei programmi riabilitativi ben identificati. Bibliografia – Watanabe S, Iida Y, Ito T et al. Effect of Early Rehabilitation Activity Time on Critically Ill Patients with Intensive Care Unit-acquired Weakness: A Japanese Retrospective Multicenter Study. Prog Rehabil Med. 2018 Mar 9;3:20180003. doi: 10.2490/prm.20180003. PMID: 32789228; PMCID: PMC7365179. – Schmidt SB, Rollnik JD. Critical illness polyneuropathy (CIP) in neurological early rehabilitation: clinical and neurophysiological features. BMC Neurol. 2016 Dec 15;16(1):256. doi: 10.1186/s12883-016-0775-0. PMID: 27978832; PMCID: PMC5160009.
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Valutazione degli effetti dell’agopuntura su pazienti con gonartrosi di grado moderato trattati con infiltrazioni di acido ialuronico. Studio osservazionale prospettico
Studio osservazionale prospettico, che ha come Obiettivo Primario, la valutazione dell’effetto del trattamento combinato acido ialuronico (HA) e agopuntura rispetto al trattamento con solo HA sul dolore, in pazienti affetti da gonartrosi di grado moderato, dopo 5 settimane di trattamento (T1). Obiettivi Secondari: la valutazione dell’effetto del trattamento combinato HA e agopuntura rispetto al trattamento con solo HA sul dolore, in pazienti affetti da gonartrosi di grado moderato, a breve termine (4 settimane dalla fine del trattamento), a medio termine (12 settimane dell’ultimo trattamento) e a lungo termine (24 settimane dall’ultimo trattamento). Valutazione, inoltre, dell’effetto del trattamento combinato con HA e agopuntura rispetto al trattamento con solo HA sul dolore, sulla rigidità e sulla funzione fisica in pazienti affetti da gonartrosi di grado moderato, a breve, medio e lungo termine. Infine, valutazione dell’ effetto del trattamento combinato HA e agopuntura rispetto al trattamento con solo HA sulla qualità della vita in pazienti affetti da gonartrosi di grado moderato, a breve, medio e lungo termine. I materiali e i metodi includevano 38 pazienti con algia da gonartrosi di grado moderato, evidenziabile all’esame radiografico, sottoposti a terapia infiltrativa con acido ialuronico ( HA) a basso peso molecolare (Hyalgan 20 mg/2ml) o a terapia combinata con 8 sedute di Agopuntura e 5 infiltrazioni di HA. Il trattamento combinato agopuntura e HA è risultato maggiormente efficace nella riduzione del dolore, valutato con la scala NRS, dopo 5 settimane di trattamento (T1), rispetto al trattamento con solo HA. Inoltre, è stata osservata una differenza statisticamente significativa anche sulla riduzione del dolore nella scala NRS e sulla valutazione della qualità della vita mediante SF-12 a 4 settimane dal termine del trattamento (T2). L’analisi intergruppo ha evidenziato una differenza statisticamente significativa al tempo T2 e T3 nel gruppo sottoposto al trattamento combinato, rispetto al gruppo trattato con acido ialuronico in termini di riduzione del dolore (p=0,014 e p=0,044) e di qualità della vita al T2 (SF12-PCS; p=0,040). Alla del trattamento, circa la metà dei pazienti trattati (53%), ha riferito un buon livello di soddisfazione in entrambi i gruppi (Grado 1 e 2 secondo scala Roles and Maudsley), percentuale che aumenta al T2 e T3 (70%). Il trattamento combinato con agopuntura e HA è sicuro, ha mostrato essere ben tollerato e avere una maggiore riduzione del dolore a breve termine (T1), rispetto al trattamento con solo HA, nei pazienti trattati per gonartrosi di grado moderato.
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Mucuna Prurienz e riabilitazione. osservazione di un caso
Introduzione La malattia di Parkinson (MdP) a livello iniziale è sempre vista dal paziente come una patologia il cui trattamento farmacologico deve avere una tendenzaverso, soprattutto se il paziente si trova in giovane eta’. Utile sottolineare che la MdP nella sua fase di esordio mostra una componente motoria tale da non indurre il paziente verso un trattamento farmacologico. Pertanto molti di questi pazienti pensano, all’insaputa dello specialista e/o del medico curante di non assumere alcuna terapia specifica e dk rivolgersi alle cosiddette “Medicine complementari e alternative” (CAM). Spesso i pazienti tralasciano di mettere al corrente il proprio medico circa l’utilizzo delle CAM: fra i motivi, l’impressione che i medici non siano preparati sull’argomento, o che abbiano pregiudizi; oppure che non ritengono tali interventi collegati con le terapie mediche, inconsapevoli, specie in caso di utilizzo di prodotti erboristici e/o integratori alimentari del rischio di possibili effetti indesiderati ed interazioni farmacologiche. Tuttavia al di la’ delle scelte farmacologiche opzionate dal paziente, l’utilita’ del processo riabilitativo, gia’ dalle primissime fasi della malattia, rappresenta un fattore importante da associare, oltre che’ universalmente riconosciuto dalla letteratura. All’esordio della malattia il paziente e’piu’ incline a scegliere un trattamento riabilitativo piuttosto che uno farmacologico. Lo scopo di questo lavoro e’ descrivere un caso clinico di un paziente che ha optato per un trattamento CAM associato al trattamento riabilitativo. Materiali e Metodi G.C.F. di anni 49, professione Farmacista, e’ un paziente al quale e’ stata diagnosticata malattia di Parkinson, nel mese di dicembre 2021, esordita con una lombalgia. Giunge al nostro ambulatorio, in seguito a visita neurologica durante la quale viene ipotizzata la patologia in essere, eventualmente confermata da valutazioni strumetali. Il paziente decide di intraprendere un trattamento riabilitativo piu’ CAM (MucunaPruriens), poiche dalle consultazioni web appare sfavorevolmente impressionato dagli effetti collaterali della L-DOPA. Clinicamente il paziente mostrava il coinvolgimento di un emilato a prevalenza rigido-acinetica, bradicinesia, rigidita’, troclea maggiore a destra, facies figee, andatura con ipopendolarismo dell’arto superiore destro, cammino con anteropulsione del tronco, tendenza alla prpulsione, tremore distale all’emilato destro con una fgrequenza<3 Hz, palilalia. Viene stadiato ad uno score di 1,5 alla valutazione della Hohen&Yahr. Sono stati somministrati i seguenti tests:Tinetti Scale, Berg Balance Scale, UnifiedParkinson Disease Rating Scale (UPDRS) parte 3, Time-up & go test (TUG), Six meterwalking test (6 MWT), Test dei quattro quadranti, e previa autorizzazione del paziente seuquenzevideo registrate. Il trattamento farmacologico e’ stato sostituito dal paziente dal CAM attraverso varie formulazioni di MucunaPruriens (MP). Il paziente ha frequentato un programma riabilitativo dal 21/03/2022 al 30/06/2022 con frequenza trisettimanale e durata di 60 minuti Il paziente si e’ autosomministrato una formulazione di 3 compresse giornaliere di estratto di MP (consigliate 2); e 3 cucchiaini pro die di polvere di radice pura di MP. Il paziente e’ stato testato con le scale citate al T0, alla dodicesima seduta T1; alla ventiquattresima seduta T2. Risultati I risultati derivati dai punteggi delle scale somministrate vedono le performances motorie del paziente con un miglioramento da un punto di vista globale ed un peggioramento nei singoli items. Le ultime prestazioni hanno mostrato un netto quadro di peggioramento relativo alla marcia. Il paziente riferisce di aver tratto un grande beneficio dal condizionamento motorio derivante dagli esercizi proposti , lasciando pero’emergere i classici deficit determinati da “dual tasking” , elemento che caratterizzariabilitativamente, la malattia. Conclusioni I risultati negativi finora raggiunti, ci incoraggiano a capire che il trattamento riabilitativo ha accompagnato la storia naturale della malattia, mentre l’associazione con la L-DOPA ci ha fatto osservare nel tempo il contenimento dei dosaggi di somministrazione oltre al beneficio sulle performances psicomotorie I ricercatori della “Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson” stanno ancora studiando gli effetti del trattamento di MP nel lungo termine. Benche’ i riosultati degli studi condotti finora abbiano dato risultati incoraggianti, sono necessarie ulteriori ricerche per confermarne la validita’. Bibliografia - Fothergill-Misbah N; Maroo H; Cham M; Pezzoli G; Walker R; Cilia R Parkinsonism & Related disorders 20-03. - Cilia R; Laguna J; Cassani E; Cereda E; Raspini B; Barrichella M; Pezzoli G. Parkinsonism &Rel;ated disorders, 2018 Apr., vol 49, 60-66. - Cioni M; Amata O, Seminara MR, Marano P, Palermo F, Corallo V, Brugliera L. (2015), J. of Rehab. Medvol. 47, p.824-829,.
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Le lesioni midollari di origine oncologica: nostra esperienza in unità spinale unipolare
LE LESIONI MIDOLLARI DI ORIGINE ONCOLOGICA: NOSTRA ESPERIENZA IN UNITÁ SPINALE UNIPOLARE Di Gregorio Tiziana* , Giuseppina Scandurra**, Maria Giuseppa Onesta * *Unità Spinale Unipolare , Azienda di Riferimento per l’Emergenze Cannizzaro Catania **Unità Operativa di Oncologia , Azienda di Riferimento per l’Emergenze Cannizzaro Catania INTRODUZIONE I tumori midollari si classificano in intramidollari (1) con origine dal tessuto nervoso midollare, extramidollari-extradurali (2) che originano dai tessuti circostanti il midollo, extramidollari- intradurali (3) con origine da leptomeningi, aracnoide, pia madre e radici nervose. I tumori midollari operati in letteratura hanno un più alto tasso di sopravvivenza ma presentano per l’associazione alla lesione midollare un maggiore grado di complicanze. L’incremento dei casi non traumatici nell’epidemiologia delle lesioni midollari, correlato all’aumento dell’età anagrafica, ha aumentato il numero di persone che afferiscono alle Unità Spinali dopo interventi neurochirurgici per tumori primitivi o secondari. Obiettivo di questo lavoro è presentare la nostra casistica e l’importanza della necessità di definire dei percorsi specifici per le persone oncologiche con lesione midollare in progressivo incremento. MATERIALI E METODI E’stato analizzato un campione di 630 persone ricoverate dal 2011 al 2021 presso l’Unità Spinale di Catania. Il 45% dei ricoveri presentava eziologia non traumatica, di cui l’11% conseguente a patologia neoplastica. Sono state analizzate le variabili correlate all’età (sono state calcolate la media, mediana, deviazione standard), al sesso, al quadro neuromotorio (paraplegia / tetraplegia), è stata valutata l’incidenza della tipologia di tumore se primitivo o secondario, il tempo medio di degenza, la modifica dell’AIS (Asia Impairment scale), la destinazione delle persone alla dimissione. RISULTATI Delle 630 persone ricoverate dal 2011 al 2021 presso l’Unità Spinale di Catania, il 45% dei ricoveri presentava una eziologia non traumatica, di cui l’11% conseguente a patologia neoplastica: 8 casi presentavano età < 18 fino ai 29 anni, 7 casi 30-39 anni, 14 casi 40-49 anni, 20 casi 50-59 anni (la percentuale più alta, circa 30%), 14 casi 60-69 anni, 6 casi 70-79 anni. Il 50,7% maschi, 49,3 femmine, 67% tetraplegici, 33% paraplegici, il rapporto maschi e femmine nei tetraplegici era del 39% maschi, 61% femmine, tra i paraplegici 56,5 erano maschi, 43,5 % femmine. La maggior parte delle persone (24) sono rimaste in degenza per un tempo inferiore a 30 giorni (25%), il 15% dai 30-59 giorni con percentuali progressivamente inferiori correlate a vari fattori quali, ad esempio, le terapie oncologiche, la prognosi quo vita e riabilitativa. Circa il 30% delle persone provenivano dalla neurochirurgia dopo la resezione chirurgica e spesso erano in attesa di definizione diagnostica con la biopsia in corso. L’80% dei tumori era di origine primitiva, il 20% secondario. Il 50% della casistica è rientrato al proprio domicilio. Quasi tutte le persone ricoverate hanno presentato un miglioramento dell’Asia Impairment scale (AIS) dall’ingresso alla dimissione. CONCLUSIONI Un approccio cosiddetto “globale” alla persona oncologica, obiettivo primario dell’oncologia moderna, non può prescindere da una fase riabilitativa. Obiettivo della riabilitazione è quello di restituire la persona “guarita” o con lunga prognosi di sopravvivenza, che presenta limitazione neuromotoria o nello svolgimento delle ADL, al massimo grado di recupero ed autonomia possibile, nel limite del danno subito. È auspicale che si definiscano dei percorsi specifici per poter migliorare la presa in carico riabilitativa durante la fase di cure e terapie oncologiche. Risulta altresì necessario instaurare una stretta collaborazione con l’U.O. di oncologia e radioterapia per poter affrontare le problematiche intercorrenti che possono presentarsi ed ottimizzare le risorse fisiche e psichiche della persona oncologica. BIBLIOGRAFIA 1. Ibrahim Hussain 1 , Whitney E Parker 2 , Ori Barzilai 3 , Mark H Bilsky 2 1 Department of Neurological Surgery, Memorial Sloan Kettering Cancer Center, 1275 York Avenue, New York, NY 10065, USA; Department of Neurological Surgery, Weill Cornell Medical College, 525 E. 68th St, New York, NY 10065, USA. Electronic address: ibh9004@nyp.org.2 Department of Neurological Surgery, Memorial Sloan Kettering Cancer Center, 1275 York Avenue, New York, NY 10065, USA; Department of Neurological Surgery, Weill Cornell Medical College, 525 E. 68th St, New York, NY 10065, USA.3 Department of Neurological Surgery, Memorial Sloan Kettering Cancer Center, 1275 York Avenue, New York, NY 10065, USA. . Neurosurg Clin N Am. 2020 Apr. 10.1016/j.nec.2019.12.004 Review 2. Vasilios G Igoumenou 1 , Andreas F Mavrogenis 2 , Andrea Angelini 3 , Riccardo Baracco 3 , Ahmed Benzakour 4 , Thami Benzakour 5 , Martin Bork 1 , Farzam Vazifehdan 1 , Ugo Nena 3 , Pietro Ruggieri 3 1 Spine Center Stuttgart, Diakonie-Klinikum Stuttgart, Stuttgart, Germany.2 First Department of Orthopaedics, National and Kapodistrian University of Athens, School of Medicine, Athens, Greece. afm@otenet.gr.3 Department of Orthopaedics and Musculoskeletal Oncology, University of Padova, Padova, Italy.4 Spinal Surgery Office, Clinique de l' Archette, Olivet, France.5 Zerktouni Orthopaedic Clinic, Casablanca, Morocco. Review2020 Jan;30(1):37-56. doi: 10.1007/s00590-019-02541-0. Epub 2019 Aug 31. 3. Fabio Cofano 1 2 , Carlotta Giambra 3 , Paolo Costa 4 , Pietro Zeppa 1 , Andrea Bianconi 1 , Marco Mammi 1 , Matteo Monticelli 1 , Giuseppe Di Perna 1 , Carola Vera Junemann 1 , Antonio Melcarne 1 , Fulvio Massaro 1 , Alessandro Ducati 5 , Fulvio Tartara 6 , Francesco Zenga 1 , Diego Garbossa 1 Unit of Neurosurgery, University Hospital of the City of Health and Science of Turin, Turin, Italy.2 Ospedale Humanitas Gradenigo, Turin, Italy.3 University of Turin, Turin, Italy.4 Section of Clinical Neurophysiology, Centro Traumatologico Ortopedico Hospital, University Hospital of the City of Health and Science of Turin, Turin, Italy.5 Unit of Neurosurgery, Humanitas Cellini Clinic, Turin, Italy.6 Unit of Neurosurgery, Istituto Clinico Città Studi (ICCS), Milan, Italy. Neurol 2020 Dec 18;11:598619.
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Riabilitazione nei pazienti con Charcot-Marie Tooth: up-to-date, revisione critica della letteratura
RIABILITAZIONE NEI PAZIENTI CON CMT: UP-TO-DATE, REVISIONE CRITICA DELLA LETTERATURA Finocchiaro F1, Giordano S1, Tagliani I1, Cardoni S1, Saglietti C1, Frizziero A1, Costantino C1 1. Università degli Studi di Parma, AOU di Parma, SSD Riabilitazione Ambulatoriale ed Ortogeriatrica Introduzione La Charcot-Marie-Tooth (CMT) è una polineuropatia simmetrica prevalentemente distale di tipo sensitivo-motorio, lunghezza dipendente con andamento cronico-progressivo, appartenente al macrogruppo delle Hereditary Motor and Sensory Neuropathy. Nella nostra area geografica ha una prevalenza stimata di 1/2500 rientrando quindi nel gruppo delle malattie rare. Ad oggi il trattamento riabilitativo ha un ruolo chiave nel ridurre la progressione della malattia e nel prevenire le complicanze. L’obiettivo di questa review è di ricercare ed aggiornare lo stato attuale della presa in carico riabilitativa del paziente con CMT considerando i lavori con maggior valenza scientifica presenti in letteratura. Materiali e metodi Le parole chiave sono state organizzate in due gruppi e combinate secondo operatori booleani: 1- CMT, Charcot Marie Tooth, HMSN; 2- rehabilitation, exercise, physioteraphy, managment; sono stati selezionati gli articoli scientifici pubblicati dal gennaio 2004 fino al giugno 2022. Conclusioni La review conferma che attualmente l’approccio di tipo riabilitativo svolge un ruolo cruciale nel trattamento dei pazienti con CMT; in particolare si trovano maggiori evidenze nel progressive resistance training. La riabilitazione migliora la qualità di vita del paziente, riducendo le complicanze osteoarticolari, ritardando le retrazioni muscolo-tendinee, migliorando la destrezza nella manipolazione, le autonomie nella deambulazione e nelle ADL. Ad oggi mancano studi in grado di migliorare le evidenze scientifiche necessarie per una presa in carico mirata alle esigenze dei pazienti con CMT. Di notevole interesse la recente pubblicazione delle linee guida pediatriche, possibile base da cui partire per disegnare nuovi protocolli ed anche la presenza nel territorio di associazioni come acmt-rete, attive anche nella ricerca scientifica oltre che nella assistenza e guida della persona affetta da CMT. Bibliografia Burns J, Sman AD, Cornett KMD et al. FAST Study Group. Safety and efficacy of progressive resistance exercise for Charcot-Marie-Tooth disease in children: a randomised, double-blind, sham-controlled trial. Lancet Child Adolesc Health. 2017 Oct;1(2):106-113 Pisciotta C, Saveri P, Pareyson D. Challenges in Treating Charcot-Marie-Tooth Disease and Related Neuropathies: Current Management and Future Perspectives. Brain Sci. 2021 Oct 29;11(11):1447 Padua L, Pazzaglia C, Schenone A, Ferraro F, Biroli A, Esposito C, Pareyson D. Rehabilitation for Charcot Marie tooth: a survey study of patients and familiar/caregiver perspective and perception of efficacy and needs. Eur J Phys Rehabil Med. 2014 Feb;50(1):25-30. Epub 2013 Nov 28. PMID: 24285024.
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Trattamento del dolore neuropatico mediante tossina botulinica. Quali sono gli effetti multidimensionali? Una revisione sistematica della letteratura
Trattamento del dolore neuropatico mediante tossina botulinica. Quali sono gli effetti multidimensionali? Una revisione sistematica della letteratura Lorenzo Lippi1,2, Alessandro de Sire3, Arianna Folli1, Lucia Cosenza4, Marco Polverelli4, Enrico Cavallo1, Elisa Grana 5, Stefano Carda5, Alessio Baricich1,6, Marco Invernizzi1,2 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2Medicina Traslazionale, Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione (DAIRI), Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 3Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Catanzaro “Magna Graecia”, Catanzaro 4 Medicina Fisica e Riabilitazione. Dipartimento di Riabilitazione, Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 5Neuropsychology and Neurorehabilitation Service, Department of Clinical Neuroscience, Lausanne University Hospital, 1004 Lausanne, Switzerland 6Medicina Fisica e Riabilitativa, Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità, Novara Introduzione Sebbene la tossina botulinica (BoNT) sia stata suggerita come trattamento efficace per contrastare il dolore neuropatico, le evidenze attualmente disponibili in letteratura si concentrano principalmente sulla valutazione unidimensionale del dolore, con diverse revisioni sistematiche che valutano la Visual Analogue Scale (VAS) o la Numerical Rating Scale (NRS) [1-3]. Al contrario, dato il carico psicosociale e funzionale del dolore neuropatico, è necessaria una valutazione multidimensionale di questa condizione, al fine di promuovere un approccio centrato sulla disabilità correlata al dolore. Tuttavia, per quanto in nostra conoscenza, nessuna revisione sistematica precedente ha studiato l’efficacia multidimensionale di BoNT sulla riduzione del dolore e sul miglioramento della qualità della vita nei pazienti affetti da dolore neuropatico. Pertanto, lo scopo di questa revisione sistematica è stato quello di riassumere le attuali evidenze sull’efficacia del trattamento mediante BoNT per il dolore neuropatico e caratterizzarne l’efficacia multidimensionale al fine di guidare i medici in un approccio olistico del paziente con dolore neuropatico. Materiali e Metodi Il 4 aprile 2022 è stata effettuata una ricerca sistematica su PubMed, Scopus, Web of Science, Cochrane e PEDro per identificare studi randomizzati e controllati che soddisfacessero il seguente modello PICO: 1) Partecipanti: adulti con dolore neuropatico; 2) Intervento: somministrazione di BoNT; 3) Controllo: qualsiasi controllo; 4) Outcome: valutazione multidimensionale del dolore come outcome primario, HR-QoL, livello funzionale, ansia e depressione e qualità del sonno come outcome secondari. La quality assessment degli articoli inclusi è stata valutata mediante Jadad scale. Il rischio di bias è stato valutato mediante Cochrane risk-of-bias tool for randomized trials (RoBv.2). Bibliografia Risultati Su 1688 record identificati dalle cinque banche dati, 12 studi sono stati inclusi nella presente revisione sistematica, per un totale di 522 soggetti. La Figura 1 mostra nel dettagli il processo di screening degli sturi inclusi. I pazienti valutati sono stati sottoposti a trattamento con BoNT-A in undici studi, mentre un solo studio ha valutato gli effetti di BoNT-B. I nostri risultati hanno mostrato un effetto significativo della somministrazione di BoNT in pazienti affetti da dolore neuropatico dovuto a nevralgia posterpetica, lesione midollare, lesione del nervo periferico, neuropatia diabetica, neuropatie post-traumatiche/postoperatorie e sindrome del tunnel carpale. Non sono stati evidenziati risultati positivi in pazienti affetti da sindrome dello stretto toracico. La Figura 2 mostra nel dettaglio il rischio di bias di ciascuno degli studi inclusi. Conclusioni La somministrazione di BoNT potrebbe essere efficacemente introdotta nella gestione integrata del dolore neuropatico. I nostri risultati sottolineano che la causa eziologica del dolore neuropatico sembra strettamente correlata all’efficacia del trattamento. Ulteriori ricerche dovrebbero concentrarsi su protocolli terapeutici ottimali e convenienti per ottimizzare il risultato terapeutico focalizzandosi non solo sull’intensità del dolore ma caratterizzando gli effetti del dolore sulla disabilità del paziente. 1. Finnerup, N.B.; Attal, N.; Haroutounian, S.; McNicol, E.; Baron, R.; Dworkin, R.H.; Gilron, I.; Haanpaa, M.; Hansson, P.;Jensen, T.S.; et al. Pharmacotherapy for neuropathic pain in adults: A systematic review and meta-analysis.Lancet Neurol.2015,14, 162–173 2. Moisset, X.; Bouhassira, D.; Avez Couturier, J.; Alchaar, H.; Conradi, S.; Delmotte, M.H.; Lanteri-Minet, M.; Lefaucheur, J.P.;Mick, G.; Piano, V.; et al. Pharmacological and non-pharmacological treatments for neuropathic pain: Systematic review and French recommendations.Rev. Neurol.2020,176, 325–352 3. Do, T.M.; Unis, G.D.; Kattar, N.; Ananth, A.; McCoul, E.D. Neuromodulators for Atypical Facial Pain and Neuralgias: A Systematic Review and Meta-Analysis Laryngoscope2021,131, 1235–125
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L’efficacia di un allenamento di “core stability” nel migliorare le prestazioni degli atleti e nella prevenzione degli infortuni sportivi: stato dell’arte
L’efficacia di un allenamento di “core stability” nel migliorare le prestazioni degli atleti e nella prevenzione degli infortuni sportivi: stato dell’arte Cardoni S1, Cavajon M1, Frizziero A1, Costantino C1 1-Università degli Studi di Parma, AOU di Parma, SSD Riabilitazione Ambulatoriale ed Ortogeriatrica Introduzione La “core stability” è una tecnica di stabilizzazione dei movimenti del corpo, che si ottiene attraverso l’azione combinata dei due sistemi definiti dalla NASM (National Academy of Sport Medicine): il sistema stabilizzatore, comprendente i muscoli trasverso dell’addome, multifido, obliquo interno, trasverso spinale lombare; e il sistema di movimento, che comprende i muscoli pelvici, retto dell’addome, obliquo esterno, erettore della colonna, quadrato dei lombi, adduttori, quadricipite, ischio-crurali, grande gluteo. Recentemente questa metodica è stata utilizzata allo scopo di migliorare le prestazioni e prevenire gli infortuni sportivi, in aggiunta al normale allenamento, in atleti di diverse discipline come la ginnastica ritmica, il ciclismo, la lotta greco-romana, lo sci, il calcio, il football americano, la pallamano, il judo, la maratona, il kayak, il karate, la pallacanestro, il tennis, il netball ed il nuoto. Questo studio si propone lo scopo di presentare lo stato dell’arte sull’efficacia di un programma di core stability in ambito sportivo. Materiali e metodi La nostra ricerca è stata effettuata utilizzando i database scientifici PubMed, PEDro e Web of Science, combinando due gruppi di parole chiave tramite operatori booleani: sport, players, athletes (gruppo 1); core stability, core training, core stabilization, core exercise, abdominal training, abdominal exercise (gruppo 2). Dei risultati ottenuti abbiamo incluso soltanto gli studi randomizzati controllati, di cui era disponibile il testo completo, pubblicati negli ultimi 5 anni (2017-2022), riguardanti gli atleti sani di livello professionale o semi-professionale. Sono stati invece esclusi i duplicati degli articoli, gli studi riguardanti la popolazione generale o gli atleti con patologie (come la lombalgia cronica), gli studi riguardanti la core stability nello sport praticato a livello amatoriale e quelli riguardanti gli allenamenti che includevano altre metodiche oltre alla core stability (es. pilates, yoga, training neuromuscolare globale). Risultati Applicando i criteri di inclusione abbiamo ottenuto 1262 articoli; dei 21 selezionati abbiamo preso in considerazione soltanto i 10 studi con un PEDro Score ≥ 6/10 (buona qualità). Gli articoli esaminati riguardano sport differenti (calcio maschile e femminile, ginnastica ritmica, nuoto, netball) e si focalizzano su outcome specifici dell’attività sportiva considerata. Dalla maggior parte degli studi (8 su 10) emerge come l’integrazione di un allenamento di rinforzo del core ai normali allenamenti apporti benefici in uno o più dei parametri considerati; sebbene per ogni sport questi parametri differiscano, ciò che accomuna le attività sportive considerate sono i movimenti ed i cambi di direzione rapidi, che prevedono il controllo del tronco e delle catene muscolari annesse. Conclusioni Dall’esame della letteratura si evince come l’integrazione, all’interno della preparazione atletica, di un allenamento di core stability risulti importante sia per prevenire gli infortuni sia per migliorare le prestazioni sport-specifiche degli atleti. Tuttavia, l’efficacia non appare uniforme per i diversi sport, per la serie di esercizi proposti e per le tempistiche di applicazione. Sono necessari ulteriori studi randomizzati controllati sulle singole discipline sportive per confermare l’efficacia e la durata ottimale di un programma di core stability, che deve comunque essere associato al rinforzo della muscolatura sport-specifica per il miglioramento della performance e la prevenzione degli infortuni. Bibliografia Cabrejas C, Solana-Tramunt M, Morales J, Campos-Rius J, Ortegón A, Nieto-Guisado A, Carballeira E. The Effect of Eight-Week Functional Core Training on Core Stability in Young Rhythmic Gymnasts: A Randomized Clinical Trial. Int J Environ Res Public Health. 2022 Mar 16;19(6):3509. doi: 10.3390/ijerph19063509. PMID: 35329194; PMCID: PMC8953477. Brull-Muria E, Beltran-Garrido JV. Effects of a Specific Core Stability Program on the Sprint and Change-of-Direction Maneuverability Performance in Youth, Male Soccer Players. Int J Environ Res Public Health. 2021 Sep 26;18(19):10116. doi: 10.3390/ijerph181910116. PMID: 34639418; PMCID: PMC8507702. Khiyami A, Nuhmani S, Joseph R, Abualait TS, Muaidi Q. Efficacy of Core Training in Swimming Performance and Neuromuscular Parameters of Young Swimmers: A Randomised Control Trial. J Clin Med. 2022 Jun 3;11(11):3198. doi: 10.3390/jcm11113198. PMID: 35683586; PMCID: PMC9181058.
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Survey sulla soddisfazione a lungo termine in pazienti affetti da disordini del movimento congeniti o acquisiti sottoposti a interventi di chirurgia funzionale
SURVEY SULLA SODDISFAZIONE A LUNGO TERMINE IN PAZIENTI AFFETTI DA DISORDINI DEL MOVIMENTO CONGENITI O ACQUISITI SOTTOPOSTI A INTERVENTI DI CHIRURGIA FUNZIONALE Delia C 1, Zerbinati P 2, Petroselli L 1, Galletti M 2, Basini G 2, Rambelli C 2, Bemporad J 2, Mascioli F 2, Merlo A 2, Prati P 2, Vetrano M 1, Vulpiani MC 1, Mazzoli D 2 1 Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Roma; 2 Gait&Motion Analysis Laboratory, Osp. Sol et Salus, Torre Pedrera di Rimini (RN) Introduzione Nei pazienti neurologici, la chirurgia funzionale (CF) è utilizzata per correggere le deformità acquisite degli arti con l’obiettivo di ripristinare o potenziare le funzionalità residue a favore del paziente e del caregiver (1). L’ospedale Sol et Salus riceve ed opera pazienti provenienti da molte regioni. I follow-up valutativi a medio e lungo termine possono essere complessi da attuare con i pazienti provenienti da regioni molto distanti, a causa di limitazioni autorizzative di alcune regioni, e – negli ultimi anni – per il quadro pandemico. Si è quindi condotta una survey per verificare gli esiti ed il livello di soddisfazione nel medio-lungo termine dei pazienti operati presso la nostra struttura. Materiali e Metodi Il campione selezionato includeva pazienti adulti con disordini del movimento congeniti o acquisiti, sottoposti a CF dell’arto superiore e/o inferiore nel triennio 2018-2020 presso l’ospedale Sol et Salus, Torre Pedrera (RN), Italia. I pazienti dovevano aver trascorso almeno 14 giorni di ricovero post-operatorio presso la struttura finalizzati a trattamento riabilitativo precoce (2) ed aver fornito un indirizzo e-mail valido registrato nella cartella clinica. È stato sviluppato un questionario tramite lo strumento di indagine SurveyMonkey®. Gli item indagati sono stati il dolore, il recupero delle attività della vita quotidiana (ADL), l’indipendenza dal caregiver, l’immagine corporea, l’autostima, la capacità di interazioni sociali, la partecipazione a eventi sociali e alle attività del tempo libero, l’utilizzo di ortesi/tutori. Sono state indagate la soddisfazione delle aspettative dei pazienti e la percezione complessiva dei progressi ottenuti. Si sono anche raccolte informazioni sul programma riabilitativo in corso e sulla frequenza settimanale della fisioterapia. La survey prevedeva item con risposta su scala Likert, domande a risposta multipla e domande aperte con possibilità di aggiungere commenti. Il questionario è stato inviato tramite e-mail sulla base degli indirizzi disponibili nel gestionale aziendale. Le risposte sono state raccolte in forma completamente anonima. Risultati La survey è stata inviata a 321 pazienti. Hanno risposto 122 pazienti (38%). Il 76% dei rispondenti era stato operato all’arto inferiore, il 17% all’arto superiore, ed il restante 7% ad entrambi i distretti. Rispetto al dolore, il 69% dei pazienti ha riferito miglioramenti post-intervento, il 23% non ha riscontrato cambiamenti e l’8% ha riportato un peggioramento. Relativamente allo svolgimento delle ADL, alla capacità di uscire di casa e all’indipendenza dal proprio caregiver, è stato riferito un miglioramento– per i diversi items – da una percentuale di pazienti compresa tra il 60 e il 64%; il 31-32% ha indicato abilità invariate rispetto a quelle pre-operatorie, mentre il 4-8% ha lamentato peggioramenti. I cambiamenti della propria immagine corporea e dell’autostima sono stati consistenti fra loro: il 65-66% del campione ha riferito miglioramenti in questi due item. Infine, anche la capacità di interazioni sociali, di partecipazione ad eventi e contesti sociali e l’attività del tempo libero hanno visto un miglioramento: il 49-52% dei rispondenti ha riportato un incremento delle attività svolte, il 40-45% ha mantenuto le competenze invariate, mentre il 6-8% dei pazienti ha lamentato peggioramenti. In seguito alla CF, l’utilizzo dei tutori e delle ortesi si è modificato in maniera rilevante. Metà del campione (51%) ha abbandonato l’ausilio o lo ha sostituito con uno più leggero. Rispetto al livello di soddisfazione delle aspettative dei pazienti, l’83% si è ritenuto soddisfatto, mentre il 17% del campione ha lamentato aspettative non pienamente accontentate. Infine, il 56% dei pazienti risultava ancora inserito in un programma riabilitativo svolgendo una o più attività, prevalentemente al domicilio (45%) o in regime di degenza o ambulatoriale (37%). La frequenza delle sedute riabilitative era prevalentemente bi/tri-settimanale. Conclusioni I risultati del questionario hanno fornito informazioni di carattere qualitativo e quantitativo sugli outcome e sui livelli di soddisfazione dei pazienti, che potranno essere impiegate per monitorare e migliorare l’erogazione del servizio. Una percentuale elevata dei pazienti trattati con CF ha riferito un miglioramento in tutti gli item indagati. Coerentemente ai risultati positivi sulle abilità funzionali e di partecipazione sociale, il livello di soddisfazione è stato elevato. Data l’importanza fondamentale della disponibilità di outcome di esito a lungo termine, è auspicabile superare le limitazioni autorizzative / uniformare a livello nazionale. Lo strumento survey si è dimostrato efficace per raccogliere informazioni altrimenti non ottenibili e merita di essere considerato, visti anche i costi estremamente ridotti resi possibili dalle piattaforme informatiche esistenti. Bibliografia 1. Renzenbrink GJ, Buurke JH, Nene AV, Geurts AC, Kwakkel G, Rietman JS. Improving walking capacity by surgical correction of equinovarus foot deformity in adult patients with stroke or traumatic brain injury: a systematic review. J Rehabil Med. 2012 Jul;44(8):614-23. doi: 10.2340/16501977-1012. PMID: 22729787. 2. Giannotti E, Merlo A, Zerbinati P, Longhi M, Prati P, Masiero S, Mazzoli D. Early rehabilitation treatment combined with equinovarus foot deformity surgical correction in stroke patients: safety and changes in gait parameters. Eur J Phys Rehabil Med. 2016 Jun;52(3):296-303. Epub 2015 Dec 1. PMID: 26629841.
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Livelli di soddisfazione nei caregiver di pazienti pediatrici affetti da disordini del movimento congeniti o acquisiti sottoposti a chirurgia funzionale per la correzione delle deformità degli arti
LIVELLI DI SODDISFAZIONE NEI CAREGIVER DI PAZIENTI PEDIATRICI AFFETTI DA DISORDINI DEL MOVIMENTO CONGENITI O ACQUISITI SOTTOPOSTI A INTERVENTI DI CHIRURGIA FUNZIONALE PER LA CORREZIONE DELLE DEFORMITÀ DEGLI ARTI Petroselli L 1, Zerbinati P 2, Delia C 1, Galletti M 2, Basini G 2, Rambelli C 2, Bemporad J 2, Mascioli F 2, Merlo A 2, Prati P 2, Vetrano M 1 , Vulpiani MC 1, Mazzoli D 2 Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Roma; 2 Gait&Motion Analysis Laboratory, Osp. Sol et Salus, Torre Pedrera di Rimini (RN) Introduzione La chirurgia funzionale (CF) è utilizzata nei pazienti neurologici in età pediatrica per correggere le deformità spastiche degli arti, con l’obiettivo di reintegrare e potenziare le funzionalità residue e ridurre le conseguenze secondarie (1). L’intervento ristabilisce le condizioni più vantaggiose per il benessere dei pazienti e il comfort dei caregiver che li assistono. Sebbene siano previsti specifici follow-up, questi possono essere non sempre realizzabili a causa della distanza della residenza dei pazienti rispetto alla struttura di riferimento. Si è quindi condotta una survey per verificare gli esiti dei pazienti pediatrici operati presso la nostra struttura ed il livello di soddisfazione nel medio-lungo termine. Materiali e Metodi Il campione selezionato includeva pazienti in età pediatrica affetti da disordini del movimento congeniti o acquisiti sottoposti a CF dell’arto superiore (AS) e/o inferiore (AI) nel triennio 2018-2020 e dimessi dall’ospedale Sol et Salus, Torre Pedrera (RN), Italia. I pazienti dovevano avere età maggiore o uguale a 6 anni, aver trascorso almeno 14 giorni di ricovero presso la nostra struttura (2) e aver fornito un indirizzo e-mail valido registrato nella cartella clinica. È stato sviluppato un questionario di facile compilazione tramite lo strumento SurveyMonkey®. La survey prevedeva domande chiuse e modello di risposta su scala Likert, domande a risposta multipla e domande aperte con possibilità di aggiungere commenti. Gli item indagati sono stati il dolore, il recupero delle attività della vita quotidiana (ADL), l’indipendenza dal caregiver, l’immagine corporea, l’autostima, la capacità di interazioni sociali, la partecipazione a eventi sociali e alle attività del tempo libero e al gioco, l’utilizzo di ortesi/tutori. Sono state indagate la soddisfazione delle aspettative dei pazienti e/o dei caregiver e la percezione complessiva dei progressi ottenuti. Sono stati anche indagati la sede di CF, il programma riabilitativo in corso e la frequenza settimanale della fisioterapia. Il questionario, interamente compilabile in forma anonima, è stato inviato tramite e-mail sulla base degli indirizzi disponibili nel gestionale aziendale. Risultati La survey è stata inviata a 143 caregivers e ha ottenuto un tasso di risposta del 37%, per un totale di 53 risposte. Il 90% dei pazienti era stato operato all’AI, il 4% all’AS, ed i restanti ad entrambi i distretti. Rispetto al dolore, il 75% dei pazienti ha riferito miglioramenti post-intervento, il 23% non ha riscontrato cambiamenti e il 2% ha riportato un peggioramento. Nello svolgimento delle ADL, nella capacità di uscire di casa e nell’indipendenza dal proprio caregiver, è stato riportato un miglioramento da una percentuale di pazienti compresa tra il 56 e il 62%; il 34-40% ha riportato abilità invariate rispetto a quelle pre-operatorie, mentre il 4-7% ha lamentato peggioramenti ai vari item. Infine, anche le capacità di partecipare ad eventi, di impiegare il tempo libero e giocare hanno visto un miglioramento: il 55-60% dei rispondenti ha riportato un incremento delle attività svolte, il 32-41% ha indicato abilità invariate, mentre il 4-8% dei pazienti ha lamentato peggioramenti. In seguito alla CF, l’utilizzo dei tutori e delle ortesi si è modificato in maniera rilevante. La maggior parte del campione (40%) ha abbandonato l’ausilio o lo ha sostituito con uno più leggero. Rispetto al livello di soddisfazione delle aspettative dei pazienti riguardo alla CF e quello complessivo rispetto ai risultati, l’88% si è ritenuto soddisfatto, mentre il 12% del campione ha lamentato aspettative non pienamente accontentate. Il 71% dei pazienti risultava ancora inserito in un programma riabilitativo svolgendo una o più attività. Il 49% partecipava a sedute di fisioterapia in regime di degenza o ambulatoriale, il 23% svolgeva attività a domicilio, il 4% seguiva una combinazione dei precedenti, il 11% partecipava a sedute di attività fisica adattata. La frequenza della riabilitazione era fissata a cadenza bi/tri-settimanale. I pazienti rimanenti avevano interrotto la fisioterapia. Conclusione La percentuale di pazienti pediatrici trattati con CF che ha riportato un miglioramento è sovrapponibile a quella riportata negli Outcome Book dei centri internazionali di riferimento. Il livello di soddisfazione è risultato elevato e coerente con i risultati positivi nei quesiti sul recupero delle abilità funzionali. Lo strumento survey si è dimostrato efficace per raccogliere informazioni altrimenti non ottenibili. Dati costi ridotti richiesti per la sua somministrazione, lo strumento merita ulteriori implementazioni anche per incrementare i tassi di risposta. Bibliografia 1.Renzenbrink GJ, Buurke JH, Nene AV, Geurts AC, Kwakkel G, Rietman JS. Improving walking capacity by surgical correction of equinovarus foot deformity in adult patients with stroke or traumatic brain injury: a systematic review. J Rehabil Med. 2012 Jul;44(8):614-23. doi: 10.2340/16501977-1012. PMID: 22729787. 2.Giannotti E, Merlo A, Zerbinati P, Longhi M, Prati P, Masiero S, Mazzoli D. Early rehabilitation treatment combined with equinovarus foot deformity surgical correction in stroke patients: safety and changes in gait parameters. Eur J Phys Rehabil Med. 2016 Jun;52(3):296-303. Epub 2015 Dec 1. PMID: 26629841.
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l’effetto del recupero della corretta stabilità posturale sul dolore vertebrale e sull’efficienza del gesto atletico in un gruppo di tennisti amatoriali
Introduzione Il tennis, uno sport popolare in tutto il mondo, è considerato una delle possibili cause di mal di schiena. Questo perché l’impegno asimmetrico del corpo e l’ampia rotazione del tronco, in soggetti predisposti con disturbi posturali, possono portare a squilibri e disfunzioni muscolari, con conseguente mal di schiena. Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza dell’importanza della statica per la gestione del movimento, in particolare del ruolo stabilizzante dei muscoli profondi del tronco. Studi di diversi autori hanno evidenziato il particolare meccanismo di anticipazione esercitato dal muscolo trasverso addominale, che risulta essere il primo muscolo ad attivarsi in un movimento, indipendentemente dalla direzione dello stesso, per fornire sostegno e stabilità al tronco attraverso un meccanismo di feedforward. È stata anche dimostrata l’importanza del contributo dato dal diaframma, il quale, attivandosi insieme alla muscolatura profonda, ha un ruolo essenziale nella stabilità del tronco sia durante la postura eretta che durante la locomozione. Gli studi hanno dimostrato che una maggiore stabilità del tronco può portare non solo ad un miglioramento qualitativo della funzione, ma può avere un effetto positivo sulla riduzione del dolore nelle persone con mal di schiena cronico. Questo studio si propone di osservare quanto l’allenamento della stabilità posturale influisca sulle prestazioni atletiche di un gruppo di tennisti amatoriali (n=8, età:18-41 anni) e quanto influisca sulla dorsalgia cronica (> 12 mesi). Il programma di esercizi elaborato ha una durata di 4 settimane che prevedono almeno due allenamenti a settimana ed è costituito da esercizi focalizzati sul recupero della corretta attività di diaframma e trasverso dell’addome quali muscoli posturali, esercizi di tonificazione della muscolatura della catena posteriore e della muscolatura addominale, esercizi di mobilità e propriocezione. Materiali e Metodi La stabilità posturale è stata valutata attraverso una serie di segni e test tratti dal lavoro di Pavel Kolar. La velocità del servizio è stata misurata con uno smartwatch dotato di accelerometro, sul quale è stato installato un software di rilevamento della velocità del servizio nel tennis (“SwingVision”). Perché i servizi fossero precisi, sono stati considerati validi solo quelli in cui la palla atterrava nell’area sottorete opposta al lato di tiro. L’intensità del dolore percepito durante l’estensione attiva in posizione eretta del tratto dorsale della colonna vertebrale è stata misurata con la NPRS (Numeric Pain Rating Scale). Risultati Tutti i soggetti hanno mostrato un aumento della velocità nel servizio (tre di questi hanno mostrato un significativo aumento della velocità media in quanto maggiore di 5mk/h) e hanno riferito una riduzione del dolore a livello del tratto toracico della colonna vertebrale (sei di questi hanno riferito una riduzione del valore di NPRS di almeno due punti). Conclusioni L’analisi dei dati mostra che, in questo studio, l’introduzione di un programma di esercizi di stabilità posturale in un gruppo di tennisti amatoriali che soffrono di mal di schiena cronico ha avuto un effetto positivo e desiderato sulle prestazioni sportive: la velocità del servizio è stata influenzata in modo significativamente positivo in tre degli otto soggetti. L’intensità del mal di schiena è diminuita in modo significativo in sei degli otto soggetti, sia durante il movimento di estensione attiva sia durante le attività di vita quotidiana. Gli esercizi e i test di stabilità posturale sono stati scelti per la loro facilità di esecuzione in qualsiasi contesto clinico e per la loro potenziale importanza per le prestazioni di servizio. Tutti i soggetti hanno riferito di aver avvertito cambiamenti nella loro postura e di essere soddisfatti del lavoro svolto, dichiarando che avrebbero continuato ad eseguire gli esercizi proposti anche dopo la fine dello studio. A 60 giorni dallo studio i pazienti sono stati ricontattati per controllare il mantenimento del risultato nel tempo; tutti i pazienti hanno segnalato una situazione stabile nel miglioramento, senza variazioni rispetto all’ultima valutazione. Bibliografia -Pavel Kolar et al. Clinical Rehabilitation, 2013 -Jull G, Richardson C, Hodges P, Hides J, Therapeutic Exercise For Spinal Segmental Stabilization in Low Back Pain – Scientific basis and clinical approach, Churchill Livingstone, 2009. -Tony English, PT, MSEd & Katherine Howe, MSPT “THE EFFECT OF PILATES EXERCISE ON TRUNK AND POSTURAL STABILITY AND THROWING VELOCITY IN COLLEGE BASEBALL PITCHERS: single subject design” Tony English, PT, MSEd & Katherine Howe, MSPT., 2007
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Biomarcatori Molecolari nella Riabilitazione del Cancro della Mammella. Qual è l’Evidenza Attuale? Una Revisione Sistematica di Studi Randomizzati Controllati
Biomarcatori molecolari nella riabilitazione del cancro della mammella. Qual è l’evidenza attuale? Una revisione sistematica di studi randomizzati controllati Lorenzo Lippi,1,2 Emanuele Mones,1 Arianna Folli,1 Alessio Turco,1 Stefano Moalli,1 Antonio Maconi,2 Marco Polverelli,2 Alessandro de Sire,3 Nicola Fusco,4,5 Marco Invernizzi,1,2 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2 Medicina Traslazionale, Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione (DAIRI), Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 3 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Catanzaro “Magna Graecia”, Catanzaro 4Divisione di Patologia, IEO, Istituto Europeo di Oncologia, IRCCS, Milano 5Dipartimento di Oncologia e Onco-ematologia, Milano Introduzione Grazie ai progressi dei trattamenti oncologici, si sta registrando un progressivo aumento della sopravvivenza dei pazienti con carcinoma mammario. L’aumento della prevalenza dei sopravvissuti al cancro ha recentemente enfatizzato la necessità di strategie efficaci per migliorare i sintomi disabilitanti dei pazienti oncologici e la loro qualità di vita (1). In questo contesto, la riabilitazione oncologica gioca un ruolo fondamentale nella gestione a lungo termine degli eventi avversi legati al cancro e ai suoi trattamenti (1,2). In particolare, è stato precedentemente suggerito che la riabilitazione dovrebbe essere strettamente personalizzata sulla base delle caratteristiche e delle necessità individuali di queste pazienti. Sebbene molteplici biomarcatori siano stati proposti per identificare con precisione gli effetti biologici dei trattamenti riabilitativi (3), ad oggi, non ci sono chiare evidenze che supportano la loro integrazione nella gestione clinico-riabilitative delle pazienti sopravvissute a cancro della mammella. Perciò, lo scopo di questa revisione sistematica è stato riassumere le evidenze a supporto del monitoraggio mediante biomarcatori degli effetti biologici della riabilitazione, con l’obiettivo di promuovere un approccio di medicina di precisione nella gestione riabilitativa dei pazienti sopravvissuti al cancro alla mammella. Materiali e Metodi Il 09 marzo 2022, è stata eseguita una ricerca sistematica della letteratura per identificare studi randomizzati controllati (RCTs). I seguenti motori di ricerca sono stati considerati: PubMed, Scopus, Web of Science, Cochrane e PEDro. Sono stati inclusi studi che valutassero gli effetti di interventi riabilitativi in pazienti con tumore mammario. Sono stati valutati biomarcatori molecolari della risposta metabolica, infiammatoria e di funzionalità cardiovascolare. La scala Jadad è stata utilizzata per la valutazione della qualità degli studi inclusi. Risultati In totale 2225 studi sono stati identificati dai 5 database, mentre due studi sono stati identificati da altre fonti; di questi, 22 studi hanno soddisfatto i criteri di eleggibilità e sono stati inclusi in questa revisione sistematica. In totale, sono stati valutati 1479 soggetti (100% di sesso femminile). La Figura 1 mostra la flowchart dello studio in dettaglio. La terapia con esercizio fisico ha mostrato risultati significativi in 15 RCTs in termini di biomarcatori metabolici, inclusi glicemia, profilo insulinico e profilo lipidico (p≤0.05). Allo stesso modo, 12 studi hanno sottolineato effetti significativi nei biomarcatori di risposta infiammatoria e immunitaria, inclusi TNF-α, IL-6, IL-10, proteina C reattiva, leptina e adiponectina (p≤0.05). Al contrario, i biomarcatori cardiaci sono stati valutati in tre studi senza riportare differenze significative dopo esercizio fisico (p=NS). La Figura 2 mostra le modifiche dei biomarcatori nelle diverse modalità di allenamento. 19 RCTs sono stati identificati come studi di alta qualità e tre come bassa qualità. Conclusioni Figura 1. Flow chart dello studio. I nostri risultati hanno mostrato che l’esercizio riabilitativo può indurre variazioni significative di diversi biomarcatori molecolari, suggerendo il loro possibile ruolo nel guidare il fisiatra in una prescrizione sempre più precisa dell’esercizio. Futuri studi potranno chiarire il ruolo dei biomarcatori nel monitorare l’efficacia del trattamento, per ottimizzare strategie riabilitative mirate alle necessità del paziente. Bibliografia 1. Invernizzi M, Lippi L, Folli A, Turco A, Zattoni L, Maconi A, de Sire A, Fusco N (2022). Integrating molecular biomarkers in breast cancer rehabilitation. What is the current evidence? A systematic review of randomized controlled trials. Front Mol Biosci. 8;9:930361. doi: 10.3389/fmolb.2022.930361. 2. Sleight, A.G., Gerber, L.H., Marshall, T.F., Livinski, A., Alfano, C.M., Harrington, S., et al. (2022). A Systematic Review of Functional Outcomes in Cancer Rehabilitation Research. Arch Phys Med Rehabil. doi: 10.1016/j.apmr.2022.01.142. 3. Criscitiello, C., Guerini-Rocco, E., Viale, G., Fumagalli, C., Sajjadi, E., Venetis, K., et al. (2022). Immunotherapy in Breast Cancer Patients: A Focus on the Use of the Currently Available Biomarkers in Oncology. Anticancer Agents Med Chem 22(4), 787-800. doi:678 10.2174/1871520621666210706144112 Figura 2. Modifiche dei biomarcatori nelle diverse modalità di allenamento
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L’impatto della riabilitazione sui biomarcatori di metabolismo osseo in donne con carcinoma mammario non metastatico: una meta-analisi
L’impatto della riabilitazione sui biomarcatori di metabolismo osseo in donne con carcinoma mammario non metastatico: una meta-analisi Lorenzo Lippi,1,2 Alessandro de Sire,3 Nicola Marotta,3 Arianna Folli,1 Stefano Moalli,1 AlessioTurco,1 Antonio Ammendolia,3 Nicola Fusco,4,5 Marco Invernizzi1,2 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2 Medicina Traslazionale, Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione (DAIRI), Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 3 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Catanzaro “Magna Graecia”, Catanzaro 4Divisione di Patologia, IEO, Istituto Europeo di Oncologia, IRCCS, Milano 5Dipartimento di Oncologia e Onco-ematologia, Milano Introduzione L’aumento della sopravvivenza dei pazienti con cancro al seno è un risultato cruciale della medicina moderna. Tuttavia, l’aumento delle pazienti sopravvissute al tumore mammario ha posto davanti ai clinici nuove sfide nella complessa gestione delle complicanze a lungo termine del cancro e dei suoi trattamenti [1,2]. In questo scenario, la perdita di massa ossea è una comune conseguenza dei trattamenti contro il cancro. Numerosi biomarcatori ossei sono stati proposti al fine di monitorare la gestione di questa condizione. Tuttavia, ad oggi, mancano ancora prove a sostegno dell’implementazione dei biomarcatori ossei nell’approccio riabilitativo dei pazienti con cancro al seno [3]. Inoltre, non è chiaro quali siano gli effetti di specifici programmi di esercizio sui biomarcatori di turnover osseo in pazienti affette da tumore mammario. Pertanto, lo scopo di questa revisione sistematica è stato riassumere i biomarcatori di turnover osseo attualmente disponibili e che potrebbero essere potenzialmente integrati nella pratica riabilitativa per promuovere un approccio di medicina di precisione nel trattamento della perdita ossea indotta dai trattamenti oncologici. Materiali e Metodi La ricerca sulla letteratura scientifica è stata condotta nel maggio 2022 sui database PubMed/Medline, Scopus, Cochrane Central Register of Controlled Trials (CENTRAL), Physiotherapy Evidence Database (PEDro) e Web of Science (WoS). Due revisori indipendenti hanno esaminato gli studi per l’eleggibilità. Sono stati presi in considerazione solo gli studi che valutassero pazienti adulti (di età pari o superiore a 18 anni) affetti da tumore mammario non metastatico e sottoposti a un programma di esercizio strutturato. Le modifiche di biomarcatori ossei sono state considerate come outcome primario. Gli outcomes secondari sono stati la densità minerale ossea (BMD) e il trabecular bone score (TBS). Sono stati esclusi tutti gli studi in lingue diverse dall’inglese, gli studi che coinvolgessero animali, gli abstract di conferenze, master o tesi di dottorato. Un metodo quantitativo è stato utilizzato per l’estrazione e la sintesi dei dati. Sia l’estrazione dei dati che la sintesi dei dati sono state eseguite da due revisori in modo indipendente. In caso di disaccordo, è stato chiesto un terzo revisore. Risultati Attraverso la nostra strategia di ricerca, sono stati identificati 352 record dai 5 database. A seguito di screening degli studi sono stati inclusi un totale di dieci RCT. La Figura 1 mostra nel dettaglio il processo di selezione degli studi inclusi. Nella presente revisione, un totale di 873 soggetti sono stati valutati, tutte femmine (100%). I trattamenti contro il cancro ricevuti includevano interventi chirurgici, chemioterapia, radioterapia e terapia ormonale. Gli interventi riabilitativi valutati includevano Resistance Exercise Training (RET), Combined Exercise Training (CET), RET combinato con Impact Exercise Training (IET), Thai Chi Chuan e pedana vibrante. I gruppi di controllo erano invece composti da pazienti con tumore mammario sottoposti a trattamento standard, supplementazione vitaminica orale, trattamento farmacologico, esercizi di stretching e rilassamento e/o terapia di supporto psicologico. I risultati della meta-analisi hanno sottolineato effetti significativi della riabilitazione in termini di livelli ematici di N- telopeptide (NTX) [ES: -11,65 (-21,13, -2,17), p= 0,02)] e fosfatasi alcalina ossea (BSAP) [ES: +6,09 (1,56, 10,62), p=0,008)]. Non sono state riscontrate differenze significative per i NTX urinario, C-telopeptide (CTX) e osteocalcina. La Figura 2 riassume i principali risultati della nostra revisione. Conclusioni Figura 1. Flow Chart del processo di ricerca L’esercizio fisico è uno dei principali interventi non farmacologici per contrastare la perdita ossea indotta dal trattamento del cancro. Tuttavia, i suoi effetti in termini di biomarcatori ossei circolanti non sono mai stati caratterizzati a fondo. Nel loro insieme, i risultati di questa revisione sistematica con meta-analisi hanno evidenziato effetti significativi di un intervento riabilitativo in termini di NTX e BSAP. La ricerca futura dovrebbe chiarire il ruolo del monitoraggio dei biomarcatori ossei nella gestione della perdita ossea indotta dal trattamento del cancro, con l’obiettivo di ottimizzare il ruolo sinergico degli approcci non farmacologici e farmacologici promuovendo la gestione delle donne sopravvissuta al tumore mammario. Bibliografia 1. Invernizzi, M., et al., Quality of Life Interventions in Breast Cancer Survivors: State of the Art in Targeted Rehabilitation Strategies. Anticancer Agents Med Chem, 2022. 22(4): p. 801-810. 2. Invernizzi, M., J. Kim, and N. Fusco, Editorial: Quality of Life in Breast Cancer Patients and Survivors. Frontiers in Oncology, 2020. 10. 3.Nardin, S., et al., Breast Cancer Survivorship, Quality of Life, and Late Toxicities. Front Oncol, 2020. 10: p. 864. Figura 2. Effetti sui biomarcatori di turnover osseo indotti dalle diverse modalità di esercizio.
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Axillary Web Syndrome nelle donne con cancro alla mammella: qual è la strategia di riabilitazione ottimale dopo l’intervento chirurgico? Una revisione sistematica
Risultati Axillary Web Syndrome nelle donne con cancro alla mammella: qual è la strategia di riabilitazione ottimale dopo l’intervento chirurgico? Una revisione sistematica Lorenzo Lippi,1,2 Alessandro de Sire,3 Arianna Folli,1 Stefano Moalli,1 Enrico Cavallo,1 Marco Polverelli,2 Nicola Fusco,4,5 Marco Invernizzi,1,2 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2 Medicina Traslazionale, Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione (DAIRI), Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 3 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Catanzaro “Magna Graecia”, Catanzaro 4Divisione di Patologia, IEO, Istituto Europeo di Oncologia, IRCCS, Milano 5Dipartimento di Oncologia e Onco-ematologia, Milano Introduzione I progressi nel trattamento del carcinoma mammario hanno portato a un complessivo miglioramento della sopravvivenza; per questo negli ultimi anni è cresciuto un interesse sempre maggiore sulla gestione a lungo termine delle pazienti sopravvissute a tumore mammario che possono essere frequentemente affette da disabilità fisiche e psicosociali. L’Axillary Web Syndrome (AWS) è uno dei disturbi più spesso misconosciuti e meno studiati, ma fra quelli con la maggior prevalenza nei pazienti sottoposti a chirurgia mammaria (1-2). La AWS è definita come la comparsa di uno o più cordoni dolorosi palpabili o visibili, con localizzazione sottocutanea a livello ascellare, omolateralmente rispetto al sito di asportazione chirurgica della neoplasia (3). Una recente revisione ha sottolineato che questa condizione può essere associata a severe conseguenze in termini di disabilità e di qualità di vita [3]. Purtroppo, molti dei meccanismi alla base di questa patologia restano ancora da chiarire e mancano ancora chiare indicazioni sulle strategie di prevenzione e sul trattamento clinico ottimale di questa condizione. Pertanto, questa revisione sistematica della letteratura mira a fornire una panoramica dei molteplici interventi riabilitativi proposti in letteratura nel trattamento di questa condizione con il fine di fornire indicazioni pratiche ai clinici per prescrivere un trattamento su misura per i pazienti che soffrono di AWS. Figura 1. Flow chart dello studio in dettaglio. Materiali e Metodi Il 13 gennaio 2022 è stata effettuata una ricerca sistematica della letteratura per identificare studi clinici che valutassero l’approccio riabilitativo in donne affette da AWS in esiti di asportazione di carcinoma mammario. La ricerca è stata condotta sui database PubMed, Scopus, Web of Science, Cochrane e PEDro, includendo pazienti che rispecchiassero il seguente modello PICO: 1) Partecipanti: donne adulte sottoposte ad asportazione chirurgica di carcinoma mammario e che presentassero AWS, identificata sulla base della valutazione clinica o strumentale. 2) Intervento: protocolli riabilitativi comprendenti fisioterapia, esercizio terapeutico, tecniche di rilassamento miofasciale, tecniche di manipolazione della cicatrice, linfodrenaggio manuale e terapie fisiche. 3) Controllo: qualsiasi controllo. 4) Outcome: l’outcome primario è stato il dolore percepito dalle pazienti; gli outcome secondari sono stati la risoluzione della sintomatologia ascrivibile ad AWS, la funzionalità dell’arto superiore e la qualità di vita. Sono stati esclusi studi che comprendessero esclusivamente un approccio farmacologico al trattamento della AWS. La quality assessment è stata condotta sulla base della scala Joanna Briggs Institute Critical Appraisal Checklist for Quasi-Experimental Studies al fine di valutare il rischio di bias. La presenza di uno o più domini della checklist suggestivi di bias è stata considerata come elemento indicativo di un rischio elevato. La ricerca ha identificato un totale 1115 record, dei quali solamente 11 rispettavano i criteri di inclusione ed esclusione. La figura 1 mostra nel dettagli il processo di selezione degli studi inclusi. Sono state valutate un totale di 174 pazienti di età compresa fra i 37 e i 66 anni. Gli interventi riabilitativi valutati comprendevano il linfodrenaggio manuale, terapie fisiche, stretching, training controresistenza, tecniche di mobilizzazione e il kinesio taping. La Figura 2 mostra i possibili trattamenti valutati nel trattaento riabilitativo dei pazienti con AWS. Sono stati riportati miglioramenti in termini di percezione del dolore in 7 studi, risoluzione clinica dell’AWS in 9 studi, miglioramento della funzionalità dell’arto superiore in 10 studi, miglioramento della qualità di vita in 2 studi. La quality assessment ha evidenziato un elevato rischio di bias per tutti gli studi inclusi. Conclusioni Ad oggi, in letteratura sono stati proposti molteplici protocolli riabilitativi per il trattamento della AWS, tuttavia il management clinico ottimale di questa sindrome non è stato ancora completamente delineato. Le attuali evidenze suggeriscono che la riabilitazione possa essere considerata una strategia terapeutica efficace per trattare le pazienti affette da AWS, sebbene siano necessari ulteriori studi di buona qualità per caratterizzare al meglio gli effetti dei diversi trattamenti riabilitativi. Figura 2. Interventi riabilitativi proposti in questa revisione sistematica 1. de Sire A et al. Axillary web syndrome in women after breast cancer surgery referred to an Oncological Rehabilitation Unit: which are the main risk factors? A retrospective case-control study. Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2020 Aug;24(15):8028-8035. 2. Harris SR. AxillaryWeb Syndrome in Breast Cancer: A Prevalent But Under-Recognized Postoperative Complication. Breast Care 2018, 13, 129–132. 3. Agostini F et al. Web Axillary Pain Syndrome-Literature Evidence and Novel Rehabilitative Suggestions: A Narrative Review. Int J Environ Res Public Health. 2021 Oct 2;18(19):10383. doi: 10.3390/ijerph181910383. Bibliografia
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L’utilizzo di modelli di intelligenza artificiale e di automazione raccolta dati per il miglioramento del progetto riabilitativo del paziente con deficit neurologico: studio pilota
L’utilizzo di modelli di intelligenza artificiale e di automazione raccolta dati per il miglioramento del progetto riabilitativo del paziente con deficit neurologico: studio pilota Alberto Loro1,2, Lorenzo Orsini3, Marco Invernizzi2,4, Alessio Baricich1,2 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità, Novara 2 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 3 WearCoach s.r.l., Milano 4 Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria Introduzione Le patologie neurologiche risultano avere un’incidenza sempre maggiore, direttamente proporzionale all’aumento dell’età media della popolazione. L’ictus, nello specifico, è la causa principale di disabilità acquisita a livello mondiale.1 La riabilitazione nelle malattie neurologiche, in particolare nel post-ictus, sta pian piano garantendo quanta più disponibilità nel territorio.2 Il programma riabilitativo offerto, però, differisce molto a seconda della zona geografica, delle disponibilità della struttura e dell’esperienza del medico, portando ad un’eterogeneità del trattamento erogato. L’introduzione di algoritmi specifici, con l’aiuto di programmi di intelligenza artificiale, può essere una soluzione pratica e a costo contenuto per il supporto nei processi decisionali, garantendo un percorso specifico, efficace e più rapido. L’obiettivo del progetto è la realizzazione di prototipo di advisoring artificiale (“Therapy Decision Advisor”) che sfrutti precedenti valutazioni come supporto decisionale sulla tipologia di trattamento riabilitativo da intraprendere. Materiali e Metodi Sono stati analizzati i pazienti ricoverati in Day Hospital presso la Medicina Fisica e Riabilitativa dell’A.O.U. Maggiore della carità di Novara dal 2018 al 2022. È stato poi realizzato un prototipo di “Therapy Decision Advisor” basandosi su tre fattori informatici specifici: • Ingestion del dato: Primo step è stato l’acquisizione e il pre-processing in Python, estraendo input (parametri dei test) e output (terapie consigliate) per ogni dimissione • Modello di machine learning: È stato creato un modello di classificazione supervisionata, al fine di fornire la probabilità per ogni terapia consigliata a valle dei valori quantitativi in input • Cockpit Excel/Applicazione exe: Infine, si è creato uno strumento interattivo che permette di ottenere output terapeutici inserendo i test effettuati. L’algoritmo è stato poi addestrato su una porzione dei dati raccolti (il 20%) a lui sconosciuta, valutando il rateo di concordanza con l’effettiva decisione clinica. Risultati La raccolta dati a partire dalle lettere di dimissione ha prodotto un database iniziale di 1498 pazienti, di cui 1216 correlati a deficit post-ictus. Considerando il numero totale di pazienti, è stata possibile l’estrazione dei seguenti parametri: 10MWT nel 59.9%, 6MWT nel 53.8% dei casi, TUG nel 58.9%, FAC nel 52.4%, Box and Block nel 28.6%. Il volume di dati raccolto si è dimostrato sufficiente per l’addestramento di un algoritmo di IA, che ha dimostrato una buona capacità di decisione artificiale di trattamento o meno per quanto riguarda la terapia fisica convenzionale e il trattamento con BoNT-A. I trattamenti di terapia occupazionale e di logopedia sono stati rilevati, ma con capacità inferiore rispetto ai precedenti. Conclusioni Le potenzialità di utilizzo di algoritmi ed intelligenze artificiali nel mondo clinico sono molteplici. Prima tra tutte, la possibilità di raccogliere, gestire e valutare i dati storici in maniera sicura, anonima, rapida ed efficace. L’implementazione di questi sistemi può poi aiutare il clinico nel suo processo decisionale, rendendolo più efficace, specifico e rapido. Può inoltre essere d’aiuto, all’interno della rete ospedaliera, per valutare la possibilità di gestione del caso in loco o la necessità di inviare il paziente al relativo centro di riferimento. Il sistema, infine, è in continuo apprendimento, e con il tempo, addestrabile con sempre più variabili, in modo da seguire il clinico in maniera sempre più specifica e selettiva sul singolo paziente visitato. Bibliografia 1. Katan M, Luft A. Global Burden of Stroke. Semin Neurol. 2018;38(2):208-211. doi:10.1055/s-0038-1649503 2. Le Danseur M. Stroke Rehabilitation. Crit Care Nurs Clin North Am. 2020;32(1):97-108. doi:10.1016/j.cnc.2019.11.004
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Prevalence of sarcopenia in older patients in rehabilitation wards
PREVALENCE OF SARCOPENIA IN OLDER PATIENTS IN REHABILITATION WARDS BACKGROUND: Le persone affette da sarcopenia sono per lo più inconsapevoli della loro condizione fino a quando il progressivo degrado della massa e della funzione muscolare scheletrica si traduce in una riduzione delle autonomie, con il rischio di esiti avversi come disabilità fisica, scarsa qualità della vita e morte. È importante indagare la prevalenza della sarcopenia per ridurne l’incidenza e prevenirne le complicanze correlate. OBIETTIVO: Lo scopo di questa ricerca è stato quello di determinare la prevalenza della sarcopenia e di studiare i fattori di rischio associati in una coorte di pazienti di età ≥ 65 anni ricoverati. MATERIALI E METODI: Studio osservazionale prospettico monocentrico focalizzato sulla sarcopenia nei pazienti ricoverati nei reparti di riabilitazione neurologica, disturbi cognitivo motori e riabilitazione motoria dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano nel biennio 2019-2021. La sarcopenia è stata diagnosticata seguendo l’algoritmo sviluppato dall’European Working Group on Sarcopenia in Older People. La sarcopenia era la variabile dipendente, mentre le variabili indipendenti erano: – Età; Indice di massa corporea (BMI); Malnutrition Universal Screening Tool (MUST); Il rischio di caduta (scala di Conley); Autonomia di vita (punteggio Barthel); Mini Mental State (MMSE); – Montreal Cognitive Assessment (MOCA) RISULTATI: In questo studio sono stati inclusi 336 pazienti. Il 47,9% del campione (n= 161) presentava una condizione di sarcopenia confermata; il 30,3% (n=105) una condizione di probabile sarcopenia; e il 20,8% (n=70) non presentava sarcopenia. ETÀ: i pazienti con sarcopenia confermata avevano un’età significativamente maggiore rispetto ai pazienti senza sarcopenia (H=(2) =7,57; p= 0,023. IMC «indice di massa corporea»: associazione negativa tra i valori di IMC e prevalenza di Sarcopenia. I pazienti non sarcopenici o con sarcopenia probabile avevano un IMC mediano superiore rispetto a quelli con sarcopenia confermata. MUST «Malnutrition Universal Screening Tool»: non è stata rilevata un’associazione statisticamente significativa tra il rischio di malnutrizione e prevalenza di sarcopenia. Sul totale dei pazienti il 50,6% (n=105) presentava un rischio basso (MUST=0). Scala di Conley: la maggioranza dei pazienti indagati, ossia il 71,4% (n=240) presentava rischio di caduta Indice di Barthel: l’indice di Barthel mediano per i soggetti non sarcopenici era statisticamente più elevato rispetto a i pazienti con sarcopenia probabile e confermata H (2) =8,144; P=0,017. MMSE «Mini Mental State Examinarion»: il 13.5% (n=45) del campione presentava un deterioramento cognitivo da lieve a moderato (r=-,284; p<0,001). MOCA «Montreal-Cognitive Assessment»: il 47% (n=158) del campione ha presentato deterioramento cognitivo CONCLUSIONI: I pazienti sarcopenici tendono a non essere autonomi nella loro vita quotidiana, ad avere un rischio di caduta non trascurabile, a presentare decadimento cognitivo e nello stesso momento ad essere normopeso e con un rischio di malnutrizione tanto basso da non allertare il personale ospedaliero. Queste condizioni che possono essere considerati come fattori di rischio associati alla presenza di sarcopenia possono essere individuati precocemente grazie alla presenza di un team multidisciplinare in grado di valutare approfonditamente il paziente per garantire il migliore trattamento riabilitativo
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Il treatment gap nel paziente con fratture da fragilità
IL TREATMENT GAP NEL PAZIENTE CON FRATTURE DA FRAGILITÀ Gianluca Concardi¹, Ferdinando Ambrosi¹, Alessandra Demontis¹, Emanuela Monica Huci¹, Luca Sanavia¹, Francesca Sovani¹, Laura Vulpio¹, Valentina Zamboni¹, Fabrizio Gervasoni2 1. KOS Group, Dipartimento di Riabilitazione Specialistica e Generale Geriatrica – Polo Geriatrico Riabilitativo, Cinisello Balsamo (MI) 2. U.O. Riabilitazione Specialistica – Ospedale °Luigi Sacco° – ASST Fatebenefratelli Sacco, Milano (MI) Introduzione Nel mondo si stima che 200 milioni di persone soffrono di Osteoporosi, si verificano 8,9 milioni di fratture da fragilità all’anno (1 ogni 3 secondi). In seguito alla prima frattura da fragilità, il rischio di andare incontro a una successiva frattura entro il primo anno è cinque volte superiore e il rischio resta elevato nel corso del tempo. Nel 2015 il report delle Nazioni Unite sull’invecchiamento della popolazione mondiale World Population Ageing ha evidenziato che “tra il 2015 e il 2030, il numero delle persone nel mondo con età superiore ai 60 anni è previsto aumentare del 56%, da 901 milioni a 1,4 miliardi, ed, entro il 2050, la popolazione globale di anziani è prevista più che raddoppiare rispetto al 2015, raggiungendo quasi i 2,1 miliardi.” Considerando la drammatica influenza che questo cambiamento demografico avrà sull’incidenza dell’osteoporosi e delle fratture da fragilità che questa causa è fondamentale sviluppare e implementare una strategia per ridurre il rischio di frattura in particolare nei pazienti già fratturati. Per tale motivo sarebbe auspicabile che i pazienti che hanno avuto una frattura da fragilità femorale e/o vertebrale, una volta dimessi dal reparto per acuti, ricevano un trattamento farmacologico adeguato al fine di ridurre in modo significativo il rischio di nuove fratture. Materiali e Metodi E’ stato condotto uno studio osservazionale retrospettivo monocentrico su una coorte di 68 pazienti (43 donne e 25 uomini) ricoverati presso il Dipartimento di Riabilitazione Specialistica del Polo Geriatrico Riabilitativo di Cinisello Balsamo nel periodo compreso fra il 01 Gennaio e 30 Giugno 2022, presi in carico per un intervento riabilitativo in esiti di osteosintesi per frattura di femore da fragilità. Abbiamo analizzato le prescrizioni farmacologiche presenti nelle lettere di dimissione del reparto per acuti, in particolare abbiamo verificato: -la presenza di farmaci in grado di ridurre il rischio di frattura (bisfosfonati, denosumab, teriparatide) -indicazione all’assunzione di vitamina d -indicazione all’assunzione di calcio Risultati L’analisi dei dati ha messo in evidenza che solo il 2,9 % dei pazienti viene dimesso dal reparto per acuti con la prescrizione di farmaci in grado di ridurre il rischio di frattura, in particolare un solo paziente con indicazione all’assunzione di alendronato e un paziente con la prescrizione di denosumab, a nessuno è stato prescritto il teriparatide. A un paziente è stato prescritto clodronato im (1,5 %); al 2,9 % è stato raccomandato l’uso di calcio/vitamina d e al 14,7 % l’uso di vitamina d (a 9 pazienti colecalciferolo e a 1 paziente calcifediolo). Conclusioni I risultati dello studio, seppur limitato nel tempo, suggeriscono come nella prevenzione delle fratture da fragilità il treatment gap è ancora elevato; la stragrande maggioranza dei pazienti, al momento della dimissione da un reparto per acuti, non riceve indicazioni terapeutiche adeguate. Il treatment gap è maggiore negli individui più anziani per i quali la prevenzione delle rifratture è di fondamentale importanza perché le fratture da fragilità provocano una disabilità significativa e duratura, fanno si che i pazienti si sentano fisicamente vulnerabili nelle loro attività quotidiane; i pazienti possono immobilizzarsi e perdere la propria indipendenza. Per queste persone le attività quotidiane sembrano sempre più spaventose. E’necessario sensibilizzare tutti i medici dei reparti per acuti (in particolare gli ortopedici) alla necessità di essere primi attori nella prevenzione delle rifratture. Bibliografia – International Osteoporosis Foundation. Facts and Statistics. www.iofbonehealth.org/facts-statistics. august 26, 2019. – IOF report: “Broken bones, broken lives – the fragility fracture crisis in six European countries”. 2019 – Life with osteoporosis: the untold story 2021. Royal Osteoporosis Society
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Effetti di una singola seduta di stimolazione elettrica funzionale tramite dispositivo tuta Mollii in un paziente atassico in esiti di emorragia ponto mesencefalica
Introduzione L’ictus è la terza causa di morte più comune e il principale fattore di disabilità negli adulti. [1]. La compromissione della circolazione posteriore può portare a danni in diverse importanti funzioni, come l’equilibrio, la coordinazione, il linguaggio, l’udito, i movimenti oculari e la deglutizione [2]. L’atassia è una sequela importante caratterizzata da perdita di coordinazione, dismetria, disartria, ipotonia e nistagmo. La deambulazione atassica è caratterizzata da un cammino con base d’appoggio allargata e tallonante. La tuta Mollii è un dispositivo che eroga una stimolazione elettrica terapeutica transcutanea tramite elettrodi, la cui attivazione può essere programmata e personalizzata dopo valutazione clinica. La stimolazione elettrica ha lo scopo di stimolare i nervi sensoriali attraverso i fusi muscolari. La tuta è costituita da una giacca, un pantalone e una unità di controllo programmabile. Le applicazioni della tuta Mollii possono avere un impatto sia sulla spasticità che su altre componenti della sindrome del motoneurone superiore (UMNS), sui fenomeni distonici, sul dolore e sulla postura. L’input sensoriale fornito dalla stimolazione elettrica e dall’abito stesso possono avere un impatto sulla sensibilità propriocettiva, essenziale per il controllo motorio nell’attività dinamica e per mantenere il controllo della posizione e dell’equilibrio. Obiettivo dello studio è valutare se una singola seduta di utilizzo della tuta Mollii per un’ora migliora la grave atassia, il deficit di coordinazione, l’andatura, l’autonomia nelle attività di vita quotidiana in un paziente atassico in esiti di emorragia ponto mesencefalica. Materiali e Metodi L.L., paziente di 65 anni affetto da esiti di emorragia ponto mesencefalica (2013). Quadro clinico caratterizzata da grave atassia, deficit della coordinazione, disartria, disfonia, disfagia, emi-ipostenia sx. Il paziente è stato sottoposto a trattamento con tuta Molli. La tuta è un dispositivo indossabile che eroga tramite un massimo di 58 elettrodi una elettrostimolazione con le seguenti caratteristiche dell’onda: frequenza 20 Hz, larghezza d’impulso che varia da 25 to 175 ms e 2 mA di intensità. Al paziente è stata somministrata una batteria di scale di valutazione e analisi del movimento al momento del reclutamento (T0), e dopo la singola seduta con tuta Mollii (T1). La batteria di scale di valutazione comprende: Barthel Index, FIM, Box and block (BBT), Nine Hole Peg Test, test di Jebsen, Scale for the assesment and rating of ataxia (SARA), Trunk Control Test (TCT), analisi del movimento e esame stabilometrico ad occhi aperti, video registrazione di alcune prove di coordinazione. Tutte le valutazioni sono state somministrate prima e dopo una singola seduta con la Mollii suite. Risultati Dall’analisi del cammino si denota solo un lieve aumento della velocità che passa dal 22% altezza/s (T0) al 25% altezza/s (T2). Alla sEMG il retto femorale sinistro passa da un’attività continua ad un segnale prolungato in fase di appoggio singolo, anche il retto femorale di destra risulta in fase. Relativamente al Gastrocnemio mediale sinistro nel post si denota una minore presenza di note cloniche. Dalla valutazione statokinesigramma si evince dopo un’ora di stimolazione una diminuzione della velocità del COP nella componente M-L (T0: 42 mm/s, T1: 27 mm/s), una riduzione del perimetro (T0: 2373 mm, T1: 2128 mm). Si nota un miglioramento nella SARA (T0: 28.5, T1: 27) relativamente agli item 3 e 7. Il TCT passa da 24 a 36. Il NHPT denota un netto miglioramento con una riduzione del tempo del 42% e del 63% rispettivamente sull’arto dominante e non dominante. Il BBT migliora esclusivamente sull’arto non dominante. Il test di Jebsen mostra un miglioramento nei tempi di esecuzioni del 14% e del 18% rispettivamente per l’arto non dominante e dominante. Nella videoregistrazione delle prove si denota un miglioramento del controllo del tronco in statica e dinamica, un miglioramento delle prove di coordinazione degli arti superiori e una riduzione della adiadococinesia. Conclusioni Dopo una singola seduta con tuta Mollii si denota un immediato miglioramento del controllo del tronco e della coordinazione degli arti superiori. Studi futuri saranno effettuati su un campione più ampio di soggetti sia per verificare gli effetti dopo una singola seduta, sia per valutare variazioni al termine del training completo ed in follow up per verificare quali risultati saranno stabilizzati. Bibliografia 1. A. Pennycott, D. Wyss, H. Vallery, V. Klamroth-Marganska, and R. Riener, “Towards more effective robotic gait training for stroke rehabilitation: a review,” Journal of NeuroEngineer- ing and Rehabilitation, vol. 9, no. 1, pp. 65–13, 2012. 2. S. Maeshima, A. Osawa, Y. Miyazaki, H. Takeda, and N. Tanahashi, “Functional outcome in patients with pontine infarction after acute rehabilitation,” Neurological Sciences, vol. 33, no. 4, pp. 759–764, 2012.
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Efficacia, sicurezza e tollerabilità di un protocollo riabilitativo per l’Axillary Web Syndrome
Efficacia, sicurezza e tollerabilità di un protocollo riabilitativo per l’Axillary Web Syndrome Margherita Beatrice Borg1,2, Laura Mittino1,2, Alberto Loro1,2, Marco Battaglia1,2, Daria Cuneo1,2, Laura Lanzotti1, Marco Invernizzi2, Alessio Baricich1,2 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità, Novara 2 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara Introduzione L’Axillary Web Syndrome (AWS) rappresenta una delle più frequenti sequele post-chirurgiche nei pazienti trattati per carcinoma mammario. Si caratterizza per la presenza di cordoncini linfangitici dolenti limitanti l’articolarità dell’arto superiore affetto, riducendo il suo inserimento in attività funzionali e, conseguentemente, impattando sulla qualità di vita dei pazienti. Tali cordoncini sottocutanei possono essere localizzati a livello di cavo ascellare, braccio, gomito, avambraccio e polso dell’arto interessato oppure a livello della parete toracica1. Nonostante l’elevata incidenza di questa condizione, la sua eziologia non è ancora stata precisamente definita ed anche il suo trattamento non è attualmente standardizzato. Tra i trattamenti proposti vi sono terapie manuali quali mobilizzazione dei tessuti molli e linfodrenaggio, mobilizzazione articolare passiva, esercizi di stretching e resistenza2. Lo scopo di questo studio è valutare la sicurezza, la fattibilità ed il numero di sedute necessarie per la risoluzione clinica di uno specifico protocollo riabilitativo in una coorte di pazienti affetti da AWS. Materiali e Metodi Abbiamo condotto uno studio osservazionale retrospettivo su una coorte di pazienti afferenti presso il nostro servizio ambulatoriale di Riabilitazione Oncologica trattati con uno specifico protocollo riabilitativo per l’AWS nel periodo compreso tra gennaio 2021 e giugno 2022. Abbiamo incluso pazienti di età superiore a 18 anni, precedentemente sottoposti a trattamento chirurgico per carcinoma mammario, con diagnosi di AWS. Sono stati considerati criteri di esclusione la presenza di breast cancer related lymphoedema, mancata guarigione della ferita chirurgica, patologie osteo-muscolari e reumatologiche. Le cartelle cliniche dei pazienti sono state consultate al fine di rilevare dati clinici riportati nelle valutazioni specialistiche effettuate prima (T0) e dopo (T1) il trattamento riabilitativo offerto dal nostro centro. Il trattamento era composto da sedute di linfodrenaggio manuale, leggero stretching e mobilizzazione dei tessuti molli e della cicatrice della durata complessiva di 60 minuti. Le sedute venivano svolte a giorni alterni, da fisioterapisti specializzati, fino a risoluzione del quadro clinico o interruzione per eventi intercorrenti. I parametri indagati sono stati: aderenza al trattamento, eventi avversi, numero di sedute riabilitative svolte, presenza ed eventuale persistenza di cordoncini linfangitici, intensità del dolore riportato dai pazienti secondo la scala NRS e limitazione articolare passiva a livello scapolo-omerale (PROM) Risultati Di 168 pazienti inizialmente selezionati, 92 rispettavano i nostri criteri e sono stati inclusi nello studio. Di questi, 87 erano donne e 5 uomini, l’età media era di 56 anni. Il tempo medio intercorso tra l’intervento chirurgico e la prima valutazione fisiatrica (T0) è stato di 97 giorni con una mediana di 32, l’intervento chirurgico è stato una quadrantectomia in 22 pazienti ed una mastectomia in 70. Infine, 61 pazienti hanno effettuato la biopsia del linfonodo sentinella, mentre 31 la dissezione del cavo ascellare. Solo un paziente ha interrotto precocemente il trattamento a causa dell’avvio di radioterapia e non vi sono stati eventi avversi. Il numero medio di sedute riabilitative svolte è stato 9. In 58/91 pazienti i cordoncini linfangitici non erano più rilevabili al T1; in 89/91 l’articolarità dell’arto superiore è risultata completa a fine trattamento ed il dolore si è ridotto in 56/91 pazienti, in particolare è passato da una media al T0 di NRS=4 ad una media al T1 di NRS=2 Conclusioni Il trattamento riabilitativo proposto è risultato essere sicuro e ben tollerato dai pazienti. Inoltre, una media di 9 sedute riabilitative è risultata sufficiente per la risoluzione clinica dell’AWS, con il 98% pazienti che hanno recuperato completamente l’articolarità dell’arto superiore ed il 61% di essi ha vissuto una riduzione dei valori di NRS. Bibliografia 1. Agostini F, Attanasi C, Bernetti A, Mangone M, Paoloni M, Del Monte E, Mammucari M, Maggiori E, Russo D, Marzo RD, Migliore A, Paolucci T. Web Axillary Pain Syndrome-Literature Evidence and Novel Rehabilitative Suggestions: A Narrative Review. Int J Environ Res Public Health. 2021 Oct 2;18(19):10383. doi: 10.3390/ijerph181910383. PMID: 34639683; PMCID: PMC8507961. 2. Lippi L, de Sire A, Losco L, Mezian K, Folli A, Ivanova M, Zattoni L, Moalli S, Ammendolia A, Alfano C, Fusco N, Invernizzi M. Axillary Web Syndrome in Breast Cancer Women: What Is the Optimal Rehabilitation Strategy after Surgery? A Systematic Review. J Clin Med. 2022 Jul 1;11(13):3839. doi: 10.3390/jcm11133839. PMID: 35807124; PMCID: PMC9267329.
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L’utilizzo di medical devices a base di collagene nel trattamento del neuroma di Morton: un case series
L’utilizzo di medical devices a base di collagene nel trattamento del neuroma di Morton: un case series Federico Giarda1, Adele Agostini2, Stefano Colonna1, Davide Dalla Costa1, Rosa Rogliani1, Luciana Sciumè1, Salvatore Ciriolo1, Giovanna Beretta1 1 S.C. Medicina Riabilitativa e Neuroriabilitazione, Dipartimento di Neuroscienze, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Piazza dell’Ospedale Maggiore 3, Milano, Italia. 2 Dipartimento di Scienze biomediche per la Salute, Università di Milano, Milano, Italia. Introduzione Il neuroma di Morton è una neuropatia compressiva del nervo digitale plantare comune. L’approccio conservativo rappresenta la prima opzione di trattamento raccomandata con frequente impiego di terapia infiltrativa a base di etanolo, sclerosanti o cortisonici. (1) Queste ultime in particolare si sono dimostrate efficaci nel ridurre il dolore prevalentemente nel breve termine, con effetti collaterali poco frequenti ma non trascurabili. (2) Lavori precedenti hanno dimostrato la potenzialità dei medical devices a base di collagene nel favorire l’omeostasi e la riparazione tissutale, agendo come scaffold biologico attivo a livello della membrana extracellulare, in assenza di significativi effetti collaterali ad oggi riportati. (3) Non risultano lavori precedenti che descrivano l’utilizzo infiltrativo di collagene di tipo I di origine suina nel trattamento del Neuroma di Morton. Lo scopo di questo case series è stato quello di valutarne l’efficacia nel ridurre il dolore e migliorare la funzione nel breve e medio termine. Materiali e Metodi Sono stati arruolati tre pazienti di sesso femminile, di età compresa tra 51 e 62 anni, affetti da neuroma di Morton sintomatico e radiologicamente dimostrato. I pazienti sono stati sottoposti a tre iniezioni, a intervallo settimanale, di collagene suino di tipo I (2cc) addizionato con 2cc di lidocaina cloridrato 2% mediante ago 26G (13mm). Le infiltrazioni sono state effettuate mediante accesso dorsale, a livello degli spazi intermetatarsali distali, con guida ecografica indiretta (Figura 1). I risultati, in termini di miglioramento della funzione e controllo del dolore, sono stati valutati mediante il questionario AOFAS (American Orthopaedic Foot and Ankle Society) e la scala VNS (Visual Numeric Scale) per il dolore (valutato a riposo e durante attività) somministrati prima, durante (T0, T1 e T2) e fino a 6 mesi dopo il trattamento (T3-5; Tabella 1). Le analisi statistiche sono state eseguite tramite il software PRISM Graphpad 6.0, utilizzando una analisi ANOVA a due vie con il test comparativo di Bonferroni, assumendo come punto di comparazione il tempo di follow-up T0. Sono stati assunti come significativi i valori di p<0,05. Risultati Nel periodo di osservazione, in tutti i pazienti trattati, è stata riscontrata una significativa riduzione della sintomatologia dolorosa a riposo già a una settimana dalla prima seduta, con un miglioramento progressivo, in termini di dolore e di funzione, anche nei follow-up successivi (Figura 2). Il dolore si è ridotto in maniera significativa anche durante attività assestandosi su valori nettamente inferiori rispetto a quelli iniziali (Figura 2). Lo score medio con la valutazione AOFAS è gradualmente incrementato da 58,67/100 a 82,67/100 (T0 vs T3; Figura 2A) mostrando una significatività statistica anche inter-paziente e conservando il miglioramento in termini di funzione a sei mesi (T5: valore medio 85,33/100: CI: 75,00-91,00; p=0.0002; Figura 2A). Lo score medio della VNS a riposo per il dolore è passato da 8,00/10 a 2,33/10 in condizioni di riposo (T0 vs T3; T5: valore medio 3/10: CI: 1,00-3,00; p<0.0001; Figura 2B), e da 9,00/10 a 3,33/10 durante attività (T0 vs T3), fino a ridursi ulteriormente all’ultimo controllo a sei mesi (T5: valore medio 3,00/100: CI: 2,00-5,00; p=0,0004; Figura 2C). Due pazienti hanno manifestato dolore modesto (2/10) solo durane attività e un paziente riferiva dolore di intensità lieve a riposo (3/10) e di intensità media durante attività (5/10). Nessun paziente ha riferito dolore conseguente al trattamento e non sono stati riportati eventi avversi locali o sistemici. Conclusioni L’impiego di dispositivi medici a base di collagene ad uso infiltrativo si propone come un'opzione sicura, efficace e di semplice applicazione nel trattamento di dolore e limitazione funzionale conseguente a neuroma di Morton. Sono tuttavia necessari ulteriori studi su casistiche più numerose e saggi sperimentali in fase preclinica e clinica per meglio comprendere il meccanismo d’azione e confermarne la potenzialità di impiego nelle neuropatie compressive. Bibliografia 1) Bhatia M, Thomson L. Morton's neuroma - Current concepts review. J Clin Orthop Trauma. 2020 May-Jun;11(3):406-409. 2) Brinks A, Koes BW, Volkers AC, Verhaar JA, Bierma-Zeinstra SM. Adverse effects of extra-articular corticosteroid injections: a systematic review. BMC Musculoskelet Disord. 2010 Sep 13;11:206. 3) Randelli F, Sartori P, Carlomagno C, Bedoni M, Menon A, Vezzoli E, et al. The Collagen-Based Medical Device MD-Tissue Acts as a Mechanical Scaffold Influencing Morpho-Functional Properties of Cultured Human Tenocytes. Cells. 2020 Dec 8;9(12):2641.
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Ruolo della scala LCF come indice prognostico di outcome nei pazienti in esiti di trauma cranico
RUOLO DELLA SCALA LCF COME INDICE PROGNOSTICO DI OUTCOME NEI PAZIENTI IN ESITI DI TRAUMA CRANICO N. Mattiuz1, E. Rossato1, E. Verzini1, M. Scandola2, F. Ferrari1, S. Bonadiman1 1 – IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, Dipartimento di Riabilitazione, Negrar (VR), Italia; 2 – Università di Verona, Dipartimento di Scienze Umane, Verona, Italia INTRODUZIONE La disabilità derivante dal trauma cranico (TBI) rappresenta un problema di rilevanza sanitaria e sociale nei paesi industrializzati. Poiché i possibili quadri clinici di TBI sono molteplici, la valutazione clinico-funzionale iniziale dei pazienti è essenziale per una prognosi più accurata, aiutando a sviluppare la strategia riabilitativa appropriata con una giusta allocazione di risorse [1]. Nello specifico, la sfera cognitiva, al pari di quella motoria, risulta condizionare le possibilità di recupero delle autonomie e di reinserimento sociale e/o lavorativo, con ripercussioni anche sulla gestione del paziente da parte dei Caregiver [2; 3]. Scopo dello studio è stato valutare il potenziale ruolo dei livelli di funzionamento cognitivo (LCF) come indice prognostico di outcome nei pazienti con trauma cranico. I livelli di funzionamento cognitivo (LCF), che valutano le prestazioni cognitive, sono stati confrontati con scale più focalizzate sulla misura della disabilità (FIM) e sul livello di recupero funzionale (GOS). MATERIALI E METODI Questo studio retrospettivo monocentrico ha incluso 54 pazienti con esiti di trauma cranico (primo evento). Oltre ai parametri demografici e clinici (età, sesso, GCS all’evento), tutti i pazienti sono stati valutati all’ingresso ed alla dimissione utilizzando le scale: LCF (Levels of Cognitive Functioning), FIM (Functional Independence Measure), GOS (Glasgow Outcome Scale). La scala GOS è stata somministrata anche a 6 mesi (Outcome GOS) e l’LCF due volte alla settimana per tutto il ricovero. Sono state effettuate analisi di regressione multipla, considerando le misure di outcome come variabili dipendenti: DELTA GOS, DELTA FIM, GOS a 6 mesi. Tali misure sono state rapportate ai punteggi LCFa (LCF al momento del ricovero) e LCFaL, ovvero il tempo di mantenimento del medesimo punteggio durante la degenza (valutato in giorni). RISULTATI L’analisi dei dati raccolti ha permesso di evidenziare che: • Il punteggio DELTA GOS (differenza tra GOS alla dimissione ed all’ingresso) è risultato possedere una correlazione statistica significativa con LCFa, LCFaL, l’età, la durata della degenza ed il GCS in acuto. • Inoltre, DELTA FIM si è dimostrato correlare in maniera significativa con l’LCFa, LCFaL, l’età e la durata della degenza. • In aggiunta, è emersa una correlazione statistica significativa tra la misura di outcome GOS ed il punteggio LCFa, LCFaL, così come tra il punteggio GOS e l’età, la durata della degenza e l’interazione tra LCFa e LCFaL. • Dato che un LCFaL più lungo o più breve risultava verosimilmente associato a un esito peggiore o migliore, abbiamo studiato l’interazione tra le due covariate LCFa e LCFaL con OUTCOME.GOS mediante regressione post hoc, dividendo LCFaL in due gruppi. o Se LCFaL era < 15 giorni, il punteggio di outcome GOS è rimasto elevato e stabile; o Se LCFaL risultava >15 giorni, il miglioramento espresso come scala GOS è risultato correlare alla LCFa CONCLUSIONI • La prognosi di questi pazienti può essere correlata all’età, alla durata della degenza e al GCS in acuto; inoltre un valore più basso di LCF all’ingresso, che rappresenta una maggior compromissione cognitiva, corrisponde ad un outcome peggiore sia alla dimissione che a 6 mesi. • È stata inoltre osservata una correlazione significativa tra l’intervallo di tempo LCFaL e l’esito (alla dimissione e dopo 6 mesi). • Pertanto, il punteggio LCF al momento del ricovero potrebbe essere utilizzato come indicatore di prognosi a lungo termine, consentendo di ottimizzare la presa in carico riabilitativa, la durata e le risorse del ricovero, e anche aiutare la programmazione di un’adeguata gestione delle cure da parte dei Caregiver. Bibliografia: [1]. Avesani R, Fedeli M, Ferraro C, Khan SM (2011) Use of early indicators in rehabilitation process to predict functional outcomes in subjects with acquired brain injury. Eur Journal of Physical Rehabilitation Med 47:203–212 [2] Haller CS (2017) Twelve-month prospective cohort study of patients with severe traumatic brain injury and their relatives: coping, satisfaction with life and neurological functioning. Brain Inj 31(13–14):1903–1909. [3] Benedictus MR, Spikman JM, van der Naalt J (2010) Cognitive and behavioral impairment in traumatic brain injury related to outcome and return to work. Arch Phys Med Rehabil 91(9):1436–1441.
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TUG test e stabilometria dinamica Smart Balance Master® nel paziente parkinsoniano: un confronto tra le performance nei due test
TUG TEST E STABILOMETRIA SMART BALANCE MASTER® NEL PAZIENTE PARKINSONIANO: UN CONFRONTO TRA LE PERFORMANCE NEI DUE TEST. Casiraghi C, Calvi C, Bellingardi M., Robecchi Majnardi A, Perucca L. 1 Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano 2 Dipartimento di Scienze Neuroriabilitative, Istituto Auxologico Italiano, IRCCS, Milano MATERIALI E METODI: Sono stati fissati i seguenti criteri di inclusione: Hoen&Yahr tra 2,5 e 4, disturbi dell’equilibrio, deambulazione autonoma e compliance alla testistica. Sono stati sottoposti a TUG test e prove LOS, WBS (slow), sit to stand da cui sono stati estratti EPE, MXE, COG- sway, DCL e velocità. Con un’analisi di regressione lineare, è stata valutata la correlazione tra i dati ottenuti. RISULTATI: Associando i 5 indicatori di stabilometria selezionati e il TUG test, sono stati ottenuti questi valori: TUG vs EPE fwd (R2=0,027); TUG vs MXE fwd (R2=0,115); TUG vs Vel slow (R2=0,014); TUG vs DCL slow (R2= 0,008); TUG vs COG sway (R2= 0,067). Per nessuna delle associazioni è stato documentato un punteggio R2 suggestivo per correlazione tra miglioramento della performance in TUG test e stabilometria dinamica. CONCLUSIONI: Malgrado entrambi i test si applichino al medesimo task motorio, le performance non sembrano tra loro correlabili. L’ipotesi è che essi descrivano aspetti diversi del medesimo task. Alcuni limiti dello studio rendono l’osservazione non definitiva: il frazionamento della performance della stabilometria, che nel tug è unica; la mancata standardizzazione temporale tra l’assunzione della terapia e il momento del test
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Sclerodermia: prevalenza di incontinenza fecale e impatto sulla qualitá della vita. Prospettive di presa in carico riabilitativa personalizzata e multidisciplinare
SCLERODERMIA: PREVALENZA DI INCONTINENZA FECALE E IMPATTO SULLA QUALITÁ Di VITA PROSPETTIVE DI PRESA IN CARICO RIABILITATIVA PERSONALIZZATA e MULTIDISCIPLINARE A.Paterlini¹, F.Zagnoli¹, F.Petraglia₂², G.Anelli², S.Faverzani², A.Ariani³, A.Frizziero¹, C.Costantino¹ INTRODUZIONE La presenza di disturbi gastrointestinali colpisce dal 75 al 90% dei pazienti con sclerosi sistemica (Ssc); tuttavia questi sintomi sono spesso scarsamente indagati e trattati ed il loro reale impatto sulla qualità di vita (QoL) resta tutt’ora sconosciuto, poiché difficilmente separato dalle manifestazioni cliniche che coinvolgono gli altri distretti come cute, sistema respiratorio, apparato urinario e che contribuiscono significativamente alla compromissione della QoL percepita dal paziente. Si ritiene che possano essere coinvolti meccanismi neurogeni e muscolari in un contesto di eccessivo deposito di collagene e conseguente fibrosi. Tra le manifestazioni cliniche l’incontinenza fecale (IF), verosimilmente correlata a disfunzione anorettale è stata documentata, con notevole impatto sulla QoL. Per valutare la presenza di sintomi gastrointestinali in questi pazienti è stato validato il questionario UCLA Scleroderma Clinical Trial Consortium Gastrointestinal Tract (UCLA SCTC GIT), che indaga 7 domini relativi al reflusso gastrointestinale, gonfiore addominale, diarrea, incontinenza fecale, attività sociali, benessere emotivo e stipsi. Il questionario Health Assessment Questionnaire-Disability Index (HAQ-DI), invece, indaga quanto la patologia incida sulla QoL. Scopo principale di questo studio è stato indagare la correlazione tra la presenza di disfunzioni intestinali e la qualità di vita nei pazienti affetti da Ssc. Obiettivi secondari sono stati valutare la QoL percepita in generale, l’interferenza della IF nelle attività sociali e la eventuale correlazione tra il livello di disfunzione intestinale e la gravità della malattia di base. MATERIALI E METODI • Sono stati reclutati 53 pazienti, di cui 5 maschi, affetti da Ssc. • Sono stati raccolti dati demografici, clinici e di laboratorio. • Eseguite prove di funzionalità respiratoria. • Somministrati i questionari UCLA SCTC GIT e HAQ-DI. • È stata rilevata la presenza di fibrosi, come indice di gravità della malattia. • Per l’analisi statistica sono stati utilizzati test di correlazione di Spearman. RISULTATI Dall’analisi statistica, che è stata condotta con test di correlazione di Spearman, dei risultati dei questionari si osserva che la presenza di disfunzioni gastrointestinali impatta significativamente sulla qualità della vita e c’è una moderata correlazione con la gravità della malattia di base. Inoltre si osserva che l’incontinenza fecale interferisce in maniera significativa con le attività sociali. CONCLUSIONI Questo studio fornisce una visione generale della prevalenza del sintomo IF nel nostro campione e della limitazione della QoL percepita dal paziente. Le osservazioni eseguite hanno spinto il gruppo di lavoro a proporre una valutazione selettiva dei muscoli del pavimento pelvico con testing perineale manuale e rilevazione di parametri quali forza fasica e tonica, per valutare l’effettiva compromissione della funzione di supporto in un contesto di fibrosi tissutale, al fine di perfezionare l’inquadramento diagnostico ed il percorso riabilitativo dei disturbi GI ed in particolare di IF nel contesto di una patologia multisistemica. 1. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Parma 2. Unità Operativa Complessa di Medicina Riabilitativa, Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma 3. SS di UOC Medicina Interna e Reumatologia, Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma
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Riabilitazione pre e post chirurgica di pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica: revisione della letteratura e protocollo di fattibilità.
RIABILITAZIONE PRE E POST-CHIRURGICA DI PAZIENTI SOTTOPOSTI A CHIRURGIA BARIATRICA: REVISIONE DELLA LETTERATURA E PROTOCOLLO DI FATTIBILITA’ Sarti E.1, Tadiello L.1, Leoni G.1, Saglietti C.1, Frizziero A.1, Costantino C.1 1. Università degli Studi di Parma, AOU di Parma, SSD Riabilitazione Ambulatoriale ed Ortogeriatrica INTRODUZIONE L’esponenziale incremento del tasso di obesità negli ultimi anni ha fatto emergere il ruolo terapeutico della chirurgia bariatrica, a discapito dell’esercizio terapeutico come prevenzione primaria. L’obiettivo di questo studio è valutare il ruolo dell’attività fisica nel rafforzare gli effetti sulla qualità di vita del soggetto, sul metabolismo muscolare-scheletrico, sull’antropometria, sulla composizione corporea e sul fitness cardiorespiratorio. In letteratura sono presenti numerosi studi che hanno indagato gli effetti dell’esercizio terapeutico associato alla chirurgia bariatrica. I risultati di tali lavori sono spesso eterogenei e non sono ancora presenti linee guida consolidate e condivise. L’obiettivo è quello di creare un protocollo finalizzato a standardizzare i programmi di esercizio, ricercando sia la tipologia di esercizio più efficace, sia la tempistica corretta. MATERIALI E METODI Sono stati utilizzati i motori di ricerca PubMed, PEDro, Scopus e Cochrane. Sono stati selezionati gli articoli che rispondevano alle seguenti parole chiave, combinate tra loro tramite gli operatori booleani AND e OR: “bariatric surgery”, “rehabilitation”, “physical therapy”, “exercise”, “exercise therapy”, “ERAS”. I criteri di inclusione degli articoli sono stati i seguenti: review, review sistematiche e meta-analisi di cui fosse disponibile il full text, articoli scritti in lingua inglese, articoli pubblicati tra il Gennaio 2012 ed il Luglio 2022. Sono stati esclusi tutti gli altri disegni di studio. CONCLUSIONI Nonostante il riscontro di risultati eterogenei negli studi attualmente presenti in letteratura, è possibile dedurre che: • La combinazione di esercizi aerobici e di forza conduce a migliori risultati in termini di riduzione del peso e miglioramento del rapporto tra massa magra e massa grassa, capacità funzionale e resistenza cardiocircolatoria. • Attualmente sono pochi i lavori che valutano gli effetti di una presa in carico sia pre che post-chirurgica. • Nessuno studio che abbiamo analizzato ha ricercato, mediante strumenti baropodometrici, le alterazioni di carico nel paziente bariatrico e la loro modificazione in seguito al trattamento chirurgico e riabilitativo. Protocollo di fattibilità MATERIALI E METODI Partecipanti: 30 partecipanti, sesso maschile e femminile, età>18 anni, BMI>35, candidati al trattamento bariatrico (bypass gastrico, sleeve gastrectomy, bendaggio gastrico regolabile), abilitati all’attività fisica, buon livello di compliance e motivazione (valutazione multidisciplinare). I pazienti sono esclusi se: non ritenuti idonei al trattamento chirurgico, presenza di gravi problemi cardiovascolari, patologie psichiatriche, problematiche muscoloscheletriche. Verranno somministrati sia esercizi aerobici (70-80% HRmax, 50-70% VO2max) utilizzando treadmill, cyclette, stepping sia esercizi di forza muscolare (60-70% della 1RM) utilizzando leg press, leg estension, bench press, elastic bands. Gruppi: • PreC + PostC: il paziente effettua la presa in carico 2 mesi prima dell’operazione. Sessioni da 2vv/sett da 1h ciascuna per 2 mesi, così strutturate: riscaldamento iniziale + esercizi combinati aerobici e di forza + stretching finale. Nuova presa in carico dopo 1 mese dall’operazione: sessioni da 2vv/sett da 1h ciascuna per 3 mesi, con riscaldamento + esercizi combinati aerobici e di forza + stretching. • PostC: presa in carico dopo 1 mese dall’operazione: sessioni da 2vv/sett da 1h ciascuna per 3 mesi, con riscaldamento + esercizi combinati + stretching. • CG: il paziente effettuerà solamente il trattamento chirurgico. Verranno consegnati al paziente consigli per uno stile di vita corretto e attività fisica a basso impatto. Analisi statistica: l’analisi dei dati raccolti verrà svolta tramite il software R da uno statistico esperto e verranno utilizzati gli appositi test per l’analisi dei dati parametrici e dei dati non parametrici. CONCLUSIONI Dall’analisi della letteratura, abbiamo elaborato un protocollo per la presa in carico del paziente bariatrico prima e dopo l’intervento chirurgico. L’obiettivo è quello di migliorare la qualità di vita del paziente riducendo le complicanze postoperatorie ed il tempo di recupero, apportando i benefici dell’esercizio in termini di un’adeguata preparazione fisica, minori recidive e maggiori livello di autonomia. Un obiettivo futuro dovrebbe essere quello di standardizzare i programmi di esercizio, ricercando sia la tipologia di attività più efficace, sia la tempistica corretta. BIBLIOGRAFIA – Schurmans G, Caty G, Reychler G. Is the Peri-Bariatric Surgery Exercise Program Effective in Adults with Obesity: a Systematic Review. Obes Surg. 2022 Feb;32(2):512-535. Epub 2022 Jan 4. – Bellicha A, van Baak MA, Battista F, Beaulieu K, Blundell JE, Busetto L, Carraça EV, Dicker D, Encantado J, Ermolao A, Farpour-Lambert N, Pramono A, Woodward E, Oppert JM. Effect of exercise training before and after bariatric surgery: A systematic review and meta-analysis. Obes Rev. 2021 Jul. Epub 2021 Jun 3. – Carretero-Ruiz A, Martínez-Rosales E, Cavero-Redondo I, Álvarez-Bueno C, Martínez-Vizcaíno V, Gómez Navarro C, Reyes Parrilla R, Ferrer-Márquez M, Soriano-Maldonado A, Artero EG. Impact of exercise training after bariatric surgery on cardiometabolic risk factors: a systematic review and meta-analysis of controlled trials. Rev Endocr Metab Disord. 2021 Dec;22(4):891-912. Epub2021Apr16.
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Il recupero di funzione nel paziente complesso: esiti di politrauma da precipitazione in paziente affetta da disturbo schizoaffettivo. Un case report
«Il recupero di funzione nel paziente complesso: esiti di politrauma da precipitazione in paziente affetta da disturbo schizo-affettivo. Un case report.» Picciau¹ C, Pisanu² P, Palmas² A, Fabriani² S, Contu² N, Vetrano¹ M, Trischitta¹ D, Vulpiani¹ MC, Lucchetti² D ¹Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Facoltà di Medicina e Psicologia, Università degli Studi di Roma – Sapienza ²U.O.C. Riabilitazione e Neuroriabilitazione , MATER OLBIA HOSPITAL – Olbia INTRODUZIONE Politrauma da precipitazione – una delle principali cause di morte e disabilità al mondo tra adolescenti e giovani adulti1-3 – mortalità e comorbidità elevate 2 – pazienti complessi che necessitano di un approccio multidisciplinare integrato – quadro ancor più complesso nel paziente con disturbo psichiatrico pre-esistente MATERIALI E METODI Fig. 1. Principali problematiche attive all’ingresso in reparto e durante la prima fase del ricovero. Fig. 2. Dettaglio problematiche attive dall’ingresso in reparto e durante la prima fase del ricovero. – Paziente di 21 aa – Sesso F – Disturbo schizo-affettivo diagnosticato all’età di 9 aa – Esiti di politrauma da precipitazione – In respiro spontaneo tramite cannula tracheostomica – Alimentata per via enterale con PEG – Portatrice di CV RISULTATI Fig. 3. Scale di valutazione somministrate in ingresso e alla dimissione. CONCLUSIONI 1. Il politrauma da precipitazione nel soggetto affetto da disturbo schizo-affettivo è per il team riabilitativo un’enorme sfida. 2. Il recupero di funzione in questa tipologia di pazienti rappresenta un consistente traguardo umano e sociale. 3. Ottimizzare percorsi di trattamento integrati potrebbe ridurre i tempi di ospedalizzazione e avviare una strategica prosecuzione delle cure riabilitative anche in ambito extra-ospedaliero. Bibliografia 1. Simmen HP, et al. Textbook of Polytrauma Management. Impact of Trauma on Society. Springer Cham. 2022 Pp3-9 2. Faggiani M, et al. Falls from height: orthopaedic and psychiatric evaluation. Acta Biomed 2020, 91(4-S):79–84. 3. Faggiani M. et al. Fall from heights: possible factors influencing the onset of complications. Musculoskeletal Surgery 2021, 1-5
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Neuropatie periferiche post Covid-19: case series
Cod. di riferimento: 127 NEUROPATIE PERIFERICHE POST COVID-19: CASE SERIES. INTRODUZIONE Tra le conseguenze dell’infezione da SARS-CoV-2 è stata descritta da recenti studi la condizione di Cross-reaction causata dall’immunogenicità delle proteine virali, che trovano delle omologie rilevanti in proteine self, tra cui alcune presenti nel sistema nervoso [1]. Questo meccanismo patogenetico sarebbe alla base di alcune poliradicoloneuropatie come la sindrome di Guillain-Barré[2][3] e di altre patologie come la sindrome di Miller-Fisher [2], le meningiti [3], le miositi e le encefaliti [3]. Obiettivo dello studio è descrivere la correlazione che intercorre tra l’infezione da SARS-CoV-2 e l’insorgenza di neuropatia periferica nei casi clinici selezionati. MATERIALI E METODI Sono giunti alla nostra osservazione 5 pazienti che, dopo l’infezione da SARS-CoV-2, hanno manifestato disturbi motori e sensitivi, sono stati sottoposti ad esame elettromiografico. I pazienti erano caratterizzati da astenia generalmente più marcata agli arti inferiori e disestesie distali. RISULTATI Sono state riscontrate alterazioni elettromiografiche disomogenee caratterizzate talvolta da degenerazione assonale, altre volte da denervazione, mentre in un caso il quadro era di tipo misto. CONCLUSIONI La variabilità dei risultati elettromiografici e la scarsa conoscenza delle alterazioni neuro muscolari correlate all’infezione SARS-CoV-2 rende difficile identificare il pattern tipico delle neuropatie post COVID19. È auspicabile che questi risultati ottenuti in via preliminare vengano in futuro ampliati. Bibliografia 1. Lyons-Weiler J. Pathogenic priming likely contributes to serious and critical illness and mortality in COVID-19 via autoimmunity. J Transl Autoimmun 2020;3:100051. 2. Chukhlovina M.L. Polineuropatie nel contesto della pandemia di COVID-19. Giornale di neurologia e psichiatria. SS Korsakov. 2021;121(5):138-143. 3. Valderas, C., Méndez, G., Echeverría, A., Suarez, N., Julio, K., & Sandoval, F. (2022). COVID-19 and neurologic manifestations: a synthesis from the child neurologist’s corner. World Journal of Pediatrics, 1-10.
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Cancer related Fatigue e metabolismo ossidativo muscolare nelle pazienti sopravvissute al Carcinoma Mammario
CANCER RELATED FATIGUE E METABOLISMO OSSIDATIVO MUSCOLARE NELLE PAZIENTI SOPRAVVISSUTE AL CARCINOMA MAMMARIO INTRODUZIONE La Cancer Related Fatigue (CRF) è un sintomo invalidante riscontrabile nel 90% delle pazienti sottoposte a trattamento per Carcinoma della Mammella (CM) e che, in oltre un terzo dei casi, persiste a distanza di anni dal completamento del percorso di cura. Nonostante l’elevata prevalenza, la complessa interazione di meccanismi centrali e periferici della CRF rimane parzialmente sconosciuta. L’alterazione del metabolismo energetico muscolare, a cui contribuiscono i trattamenti chemioterapici, è riconosciuta tra i principali fattori periferici di Fatigue “muscolare”. Inoltre, in vari tipi di tumori solidi, la perdita di efficienza del metabolismo ossidativo è stata osservata fin dagli stadi precoci di disfunzione muscolare nella fase di pre-cachessia. Questo studio ha l’obiettivo di valutare l’efficienza del metabolismo ossidativo muscolare in un gruppo di breast cancer survivors rispetto ai controlli sani. In secondo luogo, lo studio si propone di valutare il contributo delle alterazioni del metabolismo ossidativo muscolare alla severità della CRF nelle pazienti sopravvissute a carcinoma della mammella. MATERIALI E METODI Sono state incluse pazienti di età compresa tra i 25 e gli 85 anni che avevano completato i trattamenti oncologici attivi per CM. L’efficienza del metabolismo ossidativo muscolare è stata valutata, con metodo indiretto, tramite dosaggio seriale dell’acido lattico prima e dopo un esercizio aerobico incrementale sub-massimale su tapis roulant. I valori di acido lattico venivano misurati con prelievo venoso basale, alla fine dello sforzo e a 5, 10, 30 minuti nella fase di recupero. Le pazienti sono state divise in due gruppi in base al punteggio della Fatigue Severity Score: pazienti con fatigue severa (FSS>4,4) e pazienti con fatigue non clinicamente significativa (FSS<4,4). Nei due gruppi sono state confrontate la capacità funzionale, valutata con test del cammino in 6 minuti (6MWT), e l’andamento della curva dell’acido lattico dopo test da sforzo aerobico. RISULTATI Lo studio ha incluso una popolazione di 16 pazienti (età media 52 ± 13,7 anni) con CM afferenti all’ambulatorio di Riabilitazione Senologica dell’Azienda Ospedaliera Pisana. Le pazienti con CM hanno completato in media 6 degli 11 steps di sforzo incrementale previsti dal protocollo. L’analisi ha evidenziato che nel gruppo di pazienti con CM, i valori di acido lattico basali e dei diversi time-points del recupero sono sovrapponibili alla popolazione di riferimento considerata. Nei limiti della bassa numerosità del campione analizzato, questo dato indicherebbe l’assenza di una alterazione del metabolismo ossidativo muscolare nei soggetti che hanno completato i trattamenti oncologici attivi per CM. Stratificando la popolazione in base alla severità della fatigue, si è rilevato, alle scale funzionali, una riduzione statisticamente significativa della distanza percorsa nel 6MWT nel gruppo con fatigue severa (FSS>4,4) rispetto alle pazienti con fatigue non clinicamente significativa (FSS<4,4). Dalla valutazione strumentale del metabolismo ossidativo si è osservato che a parità di steps di sforzo incrementale completati, nel gruppo con fatigue severa i valori di acido lattico dei vari time-points sono più elevati rispetto alle pazienti che non lamentano fatigue clinicamente significativa, pur non raggiungendo livelli di significatività statistica. CONCLUSIONI Le breast cancer survivors reclutate in questo studio presentano una maggiore affaticabilità, come evidenziato dal ridotto numero di steps di sforzo incrementale completati. Tuttavia, sulla base dei dati raccolti non è chiaramente dimostrabile un’ alterazione del metabolismo ossidativo muscolare. Inoltre, nelle pazienti con fatigue severa e ridotta capacità funzionale si osserva, a parità di sforzo, un trend di aumento dei livelli di acido lattico nei vari time points rispetto alle pazienti con fatigue non clinicamente significativa. Ulteriori studi su ampie casistiche di pazienti sarebbero necessari per confermare l’eventuale associazione tra la severità della fatigue riferita dalle pazienti e la ridotta efficienza del metabolismo ossidativo muscolare. Come noto in letteratura la CRF ha una genesi multifattoriale che coinvolge, oltre alle alterazioni metaboliche muscolari, anche modificazioni del SNC e fattori psicologici. L’identificazione dei precisi fattori eziologici della fatigue favorirebbe, infatti, la personalizzazione del trattamento riabilitativo andando a massimizzare il controllo di questo sintomo altamente invalidante e migliorando la Partecipazione e la Qualità di Vita delle pazienti. REFERENZE • Vannorsdall et al. Support Care Cancer. 2021 Apr.: Interventions for multidimensional aspects of breast cancer-related fatigue: a meta-analytic review • Thong et al. Curr Treat Options Oncol. 2020: Cancer-Related Fatigue: Causes and Current Treatment Options • Dalise et al,Eur J Transl Myol. 2020: Muscle function impairment in cancer patients in pre-cachexia stage
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Motor Imagery e Action Observation in neuroriabilitazione: protocollo di studio nei pazienti affetti da Morbo di Parkinson
Motor Imagery e Action Observation in Neuroriabilitazione: un protocollo di studio nei pazienti affetti da morbo di Parkinson. Beatrice Rizzi1, Christian Nuresi2, Claudio Rovacchi1, Massimo Bacchini1, Federica Savi1, Lucia Falco1, Luca Schianchi1, Augusto Scaglioni1, Chiara Ciracì1, Cosimo Costantino2, Giovanni Buccino3,4 INTRODUZIONE L’utilizzo della pratica della Motor Imagery e dell’Action Observation Treatment è sempre più frequente in Neuroriabilitazione così come gli studi che ne documentano l’efficacia nella riabilitazione delle patologie neurologiche (come ad esempio nello stroke e nella paralisi cerebrale infantile). Recentemente alcuni studi si sono posti l’obbiettivo di provare l’efficacia di queste due strategie nei pazienti affetti da malattia di Parkinson con risultati incoraggianti per quanto riguarda l’AOT e contrastanti per la MI. Questa discrepanza è stata indagata recentemente da una revisione sistematica di McInnes et al. (Specific brain lesions impair explicit motor imagery ability: a systemic review of the evidence) che ha messo in evidenza come il coinvolgimento di determinate aree da parte della malattia possa ridurre la capacità del paziente di immaginare l’azione motoria. Su queste evidenze abbiamo pensato di progettare un protocollo per un futuro studio che potesse innanzitutto valutare l’efficacia della MI sul paziente affetto da Parkinson, di confrontarla con quella dell’AOT e di valutare se la combinazione delle due fosse più efficace rispetto alla somministrazione della singola strategia. OBIETTIVI DELLO STUDIO 1) Valutare l’efficacia dell’AOT nel paziente affetto da Parkinson 2) Valutare l’efficacia della MI rispetto all’AOT 3) Valutare l’efficacia delle due strategie combinate rispetto alle singole strategie utilizzate singolarmente (AOT + MI) . OUTCOME PRIMARI: – Functional Indipendence Measurement Scale (scala FIM) – Unified Parkinson Disease Rating Scale (scala UPDRS) OUTCOME SECONDARI: miglioramento dei parametri cinematici temporali e spaziali del cammino misurati tramite il sistema optoelettronico di movimento EL.I.TE. Gli outcome verranno valutati a T0 (ricovero), T1 (dimissione, 4 settimane dopo) e T2 (follow-up ambulatoriale, 2 mesi dopo la dimissione). MATERIALI E METODI PARTECIPANTI I criteri di inclusione • Età compresa tra i 55 e i 75 anni • Diagnosi di malattia di Parkinson • Stadio di malattia secondo Hoehn e Yahr II o III I pazienti saranno esclusi dallo studio se: • Affetti da afasia (valutata tramite Token test) • Affetti da neglect (valutata tramite Line Bisection Test) • Affetti da deterioramento cognitivo (MMSE < 24/30) • Affetti da aprassia motoria (valutata tramite Gesture Imitation Test) • Affetti da depressione maggiore (Beck Depression Inventory) ANALISI STATISTICA E’ stato calcolato che per misurare un effect size di 0,4 con una potenza dell’80% e un alpha di 0,05 (4 gruppi e 3 Time Points), G*Power indica un reclutamento di un minimo di 64 soggetti (16 per ogni gruppo). Con tale calcolo e prevedendo un tasso di dropout di quattro pazienti per gruppo, arruoleremo 80 pazienti (20 per ogni gruppo). L’analisi dei dati raccolti verrà svolta tramite il software R da uno statistico esperto e verrà utilizzata un test ANOVA con correzione Greenhouse-Geisser. GRUPPI 1) AOT: il paziente visiona un filmato di 12 minuti rappresentante un azione motoria complessa (ad esempio preparare la moka) suddivisa in 4 atti motori più semplici di 3 minuti. Al termine della visione di ogni atto motorio semplice, al paziente viene chiesto di ripeterlo per un totale di due minuti. 2) MI: al paziente viene chiesto di visionare un filmato (tra quelli presentati nel gruppo AOT) per qualche secondo, rappresentante un azione motoria. In seguito gli viene richiesto di immaginare per due minuti la stessa azione motoria. Infine gli viene richiesto di ripetere l’azione immaginata. 3) AOT + MI: in questo gruppo i pazienti verranno sottoposti ad una seduta di AOT standard, in seguito gli verrà richiesto di immaginare l’azione motoria appena vista ed infine di ripeterla per 3 minuti. 4) Controlli: al paziente viene richiesto di visionare un video contenente immagini senza contenuto motorio specifico. Al paziente viene richiesto verbalmente di eseguire, al termine della visione, un azione motoria tra quelle presentate nei gruppi AOT e MI. *Trattamento convenzionale: il paziente viene sottoposto ad una seduta di fisioterapia convenzionale. Il trattamento convenzionale verrà somministrato ad ogni paziente, indipendentemente dal gruppo assegnato. CONCLUSIONI Con questo studio speriamo di poter dimostrare come queste strategie cognitive siano efficaci nella riabilitazione del paziente affetto da Parkinson. Inoltre crediamo fortemente che tali strategie e la loro facile applicabilità siano perfette in un contesto sempre crescente di telemedicina e, in questo caso tele riabilitazione. I video creati possono efficacemente essere ritagliati su qualsiasi parte del corpo (anche il movimento delle labbra) e possono essere riprodotti in qualsiasi contesto (ambulatorio, palestra e casa). Speriamo inoltre che questo studio possa aggiungere un contributo al già presente dibattito scientifico su queste due strategie cognitive (il protocollo di studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista Frontiers in Neurology, Rizzi B. et al. Motor imagery and action-observation in neurorehabilitation: A study protocol in Parkinson's disease patients, Front Neurol, 2022 oct 4). 1 Fondazione Don Gnocchi, Centro Santa Maria ai Servi, Parma, 2 Università degli Studi di Parma, Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa 3 Divisione di Neuroscienze, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano 4 IRCCS San Raffaele
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Fattori predisponenti e ruolo della sepsi nel percorso riabilitativo neurologico: uno studio di real-world
Introduzione Le infezioni ospedaliere, e in particolare le batteriemie sintomatiche o sepsi, rappresentano una frequente complicanza nella pratica clinica dei pazienti ospedalizzati nei reparti di riabilitazione intensiva. A differenza dell’attenzione che la sepsi riveste in terapia intensiva, poco si sa dell’impatto delle sepsi nei reparti riabilitativi neurologici, ad eccezione degli studi condotti su pazienti con grave cerebrolesione acquisita (1,2). In setting riabilitativo, episodi sintomatici di shock settico causano un prolungamento dei tempi di degenza media e una riduzione del recupero riabilitativo (2). Tuttavia, anche le sepsi non associate a shock determinano un impatto sul paziente in ambito riabilitativo, ma vi sono pochi dati sull’effetto di un’emocoltura positiva sull’outcome riabilitativo alla dimissione del paziente. Nel presente studio ci proponiamo di investigare quest’argomento. Materiali e Metodi Sono stati analizzati i dati clinici relativi a tutti i pazienti, ricoverati consecutivamente da gennaio a dicembre 2021 presso l’Unità Operativa di Neurologia Riabilitativa dell’IRCCS Santa Maria Nascente, Fondazione don Gnocchi di Milano. Di ogni paziente sono stati isolati i dati demografici e quelli relativi alla presenza di sepsi, alla presenza e al numero di emocolture positive durante il ricovero (ad esclusione di quelle considerate contaminazioni, a giudizio dell’infettivologo) e al numero totale di giorni di antibioticoterapia effettuati. Per quantificare il percorso riabilitativo è stata usata la scala di Barthel modificata (BIM), sia come numero grezzo alla dimissione che come differenza tra la BIM alla dimissione e all’ingresso; outcome secondario la durata del ricovero. Inoltre come variabili abbiamo considerato il numero di neutrofili e linfociti ed il rapporto neutrofili/linfociti all’ingresso, il rapporto neutrofili/linfociti alla prima infezione, l’eventuale colonizzazione ed eventuali comorbidità. I pazienti sono stati divisi in sottogruppi a seconda della presenza o meno di infezioni/sepsi/shock settico. Test di comparazione tra gruppi sono stati eseguiti con test parametrici o non parametrici, a seconda della distribuzione dei dati, calcolata con l’analisi di Shapiro-Wilk; il test di Fisher o il Chi-quadro sono stati usati per le variabili categoriche. Le analisi di correlazione sono state fatte con il test di Spearman o di Pearson a seconda della distribuzione dei dati. Infine un modello multivariato, costruito con la Discirminant Function Analysis (DFA), è stato utilizzato per valutare i predittori di sviluppo di shock settico. Risultati Abbiamo reclutato 75 pazienti nel corso di 12 mesi, di cui 50 uomini. L’età media era di 63,43 ±14,36. Il numero di pazienti con sepsi è stato 12 su 75. Il punteggio BIM medio all’ingresso è stato di 30.88 ±24.63. Il punteggio BIM alla dimissione è stato in media di 68.49 ±30.78. Il delta di miglioramento tra ingresso è dimissione è stato di 37.61. Le sepsi hanno impattato sull’outcome in quanto vi è una correlazione negativa tra il punteggio BIM alla dimissione e il numero dei giorni di terapia antibiotica (rho=-0.41, p=0.002). La variazione del punteggio BIM ha correlato con il numero dei linfociti all’ingresso in maniera negativa (rho=-0.32, p=0.02). Il modello con DFA ha evidenziato la presenza di predittori F(5,47)=16.47, p<0.0001. I predittori sono risultati essere la presenza di emocolture positive, la presenza di batteri MDR nelle emoculture, il sesso, il rapporto NLR all’esordio dell’infezione e il miglioramento del punteggio BIM. Applicando tale modello alla predizione, abbiamo ottenuto una corretta classificazione per 51/53, con una errata classificazione di un falso positivo e un falso negativo (Il modello ha preso in considerazione solo i pazienti con i dati completi). Conclusioni L’impatto delle sepsi sembra condizionare l’outcome riabilitativo, causando un peggioramento della funzionalità globale, espressa in punteggio alla scala di Barthel modificata alla dimissione. Tale impatto è stato direttamente proporzionale ai giorni di terapia antibiotica di cui il paziente ha necessitato ed al numero dei linfociti all’ingresso. Inoltre modelli multivariati sembrano riuscire a indicare predittori di peggioramento. Ulteriori studi prospettici sono necessari a chiarire il ruolo di predittori clinici e di laboratorio routinariamente disponibili nella predizione e management delle infezioni. Bibliografia 1. Rollnik JD, Bertram M, Bucka C, Hartwich M, Jöbges M, Ketter G, et al. Outcome of neurological early rehabilitation patients carrying multidrug resistant bacteria: results from a German multi-center study. BMC Neurol 2017;17:53. 2. Bellaviti G, Balsamo F, Iosa M, Vella D, Pistarini C. Influence of systemic infection and comorbidities on rehabilitation outcomes in severe acquired brain injury. Eur J Phys Rehabil Med. febbraio 2021;57(1):69–77.
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Approccio riabilitativo in parkinsonismo da sospetta neurodegenerazione con accumulo cerebrale di ferro (NBIA): case report
APPROCCIO RIABILITATIVO IN PARKINSONISMO DA SOSPETTA NEURODEGENERAZIONE CON ACCUMULO CEREBRALE DI FERRO (NBIA): CASE REPORT Albertino Valentina, Faletti Sofia, Maffezzoni Teodora, Sottini Caterina U.O.C. Riabilitazione Specialistica, ASST Spedali Civili, Brescia Introduzione La neurodegenerazione con accumulo cerebrale di ferro (NBIA) indica un gruppo eterogeneo di malattie degenerative di origine genetica, caratterizzate dall’accumulo di ferro nei gangli della base; si tratta di malattie rare, accomunate da disturbi quali parkinsonismo e segni piramidali, associati in modo variabile a disabilità intellettiva, turbe neuropsichiatriche, atrofia ottica, degenerazione retinica. Sono descritti casi con esordio in età infantile e rapida progressione e altri diagnosticati in età adulta con segni extrapiramidali, lieve deficit cognitivo e una più lenta evoluzione. La diagnosi si basa sulla clinica e sul neuroimaging, con evidenza di accumulo di ferro a livello cerebrale mediante RMN: patognomonico è il cosiddetto segno “eye-of-the-tiger”, dato da un’area iperintensa circondata da alone ipointenso nelle sequenze T2-pesate a livello del globus pallidus; lo studio genetico permette poi di determinare il gene causativo. Non esiste ad oggi una cura risolutiva: il trattamento è sintomatico; oltre ai farmaci, altri provvedimenti concorrono ad attenuare l’ipertono muscolare, la distonia e altri segni, pur senza modificare significativamente il decorso (DBS, tossina botulinica). Carenti sono i dati relativi all’efficacia di un programma riabilitativo nel breve e nel lungo termine (1,2,3). Materiali e Metodi Presentiamo il caso di una paziente di 39 anni, valutata per la comparsa graduale, da quattro anni, di deficit deambulatorio, emiparesi destra, rigidità dell’arto superiore omolaterale e riduzione dei pendolarismi; una caduta a terra nell’ultimo anno. Operaia, in anamnesi era descritto un lieve ritardo mentale dalla nascita e l’esito di amputazione traumatica delle ultime quattro dita della mano sinistra. Tra gli esami eseguiti, la RMN encefalo mostrava segnale ipointenso a livello della sostanza nera e dei nuclei pallidi bilateralmente, con aumento dei depositi di ferro sospetto per NBIA. Si attende ora conferma definitiva con le analisi genetiche. La paziente a T0 si presentava vigile, collaborante, orientata ed esente da deficit fasici e prassici. Segnalava episodi dubbi per disfagia ai liquidi, non disartria. Visus integro, lieve ipomimia. Coesistenza di segni piramidali ed extrapiramidali: lieve bradicinesia globale; all’emisoma destro ipertono plastico, lieve ipostenia dell’arto inferiore in estensione ginocchio e flesso-estensione piede (MRC 4/5), impaccio nella motricità fine della mano, lieve ipodiadococinesia, segno di Hoffmann positivo. Passaggi posturali autonomi, Romberg negativo. Deambulazione possibile per lunghi tragitti senza ausili, instabile su superfici irregolari; schema del passo asimmetrico con tendenza a piede cadente e propulsione deficitaria a destra, atteggiamento in flessione dell’arto superiore destro e abolizione delle sincinesie pendolari. Percorso scale incerto e possibile con appoggio. È stato programmato trattamento riabilitativo neuromotorio in regime ambulatoriale, con il seguente Progetto Riabilitativo Individuale (P.R.I.): controllo dell’ipertono plastico; miglioramento posturale, dello schema motorio, della coordinazione e della motricità fine; ottimizzazione dello schema del passo, educando la paziente alla prevenzione di cadute e a un programma di esercizi domiciliare. Il ciclo ha previsto dieci sedute fisioterapiche individuali della durata di un’ora, con frequenza trisettimanale e controllo fisiatrico al termine (T1). Sono state compilate a T0 e a T1 le scale di valutazione elencate a seguire, che permetteranno un accurato follow-up. È stata inoltre eseguita valutazione presso il nostro Ambulatorio Disfagia. Risultati A seguire elenchiamo le scale di valutazione utilizzate e i rispettivi punteggi ottenuti a T0 e T1: UPDRS-III (14, 8); Hoehn & Yahr (1.5, 1); Tinetti (27, 27); Barthel Index Modificato (93, 96); Falls Efficacy Scale (2, 1); Mini-BESTest (27, 28); Nine Hole Peg Test (dx) (16s, 16s); Timed Up and Go Test (9s, 9s). Dal punto di vista della deglutizione, la paziente è classificabile secondo la Functional Oral Intake Scale con il massimo punteggio (7) e la valutazione eseguita ha escluso al momento segni di disfagia oggettivabili: sono state quindi impostate due sedute logopediche a scopo educazionale, al fine di prevenire episodi di aspirazione. Conclusioni Il caso presentato, pur con disturbi ad oggi contenuti, esita in una disabilità non trascurabile considerando l’età della paziente. Il miglioramento funzionale al termine del ciclo di rieducazione in analisi è stato modesto: l’obiettivo sarà comunque quello di impostare un follow-up fisiatrico, per monitorare regolarmente l’evoluzione e adeguare le necessità riabilitative nel tempo. Con i limiti intrinseci legati alla natura neurodegenerativa della NBIA, non disponiamo di dati relativi alla risposta ad un programma riabilitativo sia nel breve termine che per quanto riguarda l’outcome funzionale a lungo termine; il P.R.I. deve comunque essere personalizzato sul paziente in esame, trattandosi di una patologia eterogenea e con evoluzione non prevedibile. L’efficacia di un costante intervento riabilitativo nel contenere la disabilità da NBIA potrà, in ogni caso, essere stimata solo ampliando la raccolta di dati, ad oggi carente in letteratura. Bibliografia 1. Hogarth P. Neurodegeneration with brain iron accumulation: diagnosis and management. J Mov Disord. 2015 Jan; 8 (1): 1-13 2. Iankova V, Karin I, Klopstock T, Schneider S. Emerging disease-modifying therapies in neurodegeneration with brain iron accumulation (NBIA) disorders. Front. Neurol. 2021; 12: 629414 3. Hogarth P, Kurian MA, Gregory A, Csányi B, Zagustin T, Kmiec T, Wood P, Klucken A, Scalise N, Sofia F, Klopstock T, Zorzi G, Nardocci N, Hayflick SJ. Consensus clinical management guideline for pantothenate kinase-associated neurodegeneration (PKAN). Mol. Genet. Metab. 2017; 120: 278-287
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Valutazione degli effetti avversi subclinici legati alla diffusione sistemica di tossina Botulinica di tipo A nei pazienti affetti da spasticità post stroke: studio di corte longitudinale
Valutazione degli effetti avversi subclinici legati alla diffusione sistemica di tossina Botulinica di tipo A nei pazienti affetti da spasticità post stroke: studio di corte longitudinale. Marco Battaglia 1,2, Margherita Beatrice Borg 1,2, Lara Torgano 1,2, Daria Cuneo 2,3, Alberto Loro 1,2, Lucia Cosenza 4, Michele Bertoni 5, Alessandro Picelli 6, Andrea Santamato 7, Marco Invernizzi 2,8, Francesca Uberti 9, Claudio Molinari 10, Stefano Carda 11 e Alessio Baricich 1,2 1 SCDU Medicina Fisica e Riabilitativa, AOU Maggiore della Carità, Novara. 2 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara. 3 S.C. Recupero e Rieducazione Funzionale, ASL Vercelli. 4 Unità di Riabilitazione, Dipartimento di riabilitazione, Azienda Ospedaliera “Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”, Alessandria. 5 Struttura Complessa Recupero e Rieducazione funzionale, ASST Sette Laghi – Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi, Varese. 6 Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Scienze del Movimento. Università degli Studi di Verona. 7 AOU Ospedali Riuniti di Foggia. Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Foggia. 8 Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione (DAIRI), Medicina Traslazionale, AO SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria. 9 Fisiologia Umana, Dipartimento di Medicina Traslazionale, Università del Piemonte Orientale, Novara. 10 Fisiologia Umana, Dipartimento per lo Sviluppo sostenibile e la Transizione Ecologica, Università del Piemonte Orientale, Vercelli. 11 Neuropsicologia e Neuroriabilitazione, Dipartimento di Neuroscienze Cliniche, Lausanne University Hospital (CHUV). Introduzione La spasticità è tra le principali cause di disabilità nei pazienti post-stroke. Il trattamento di prima scelta consiste nell’inoculo di tossina botulinica di tipo A (BoNT-A), farmaco di comprovata efficacia e ottimo profilo di sicurezza. Alcuni autori hanno descritto l’insorgenza di debolezza muscolare controlaterale all’emisoma trattato e alterazioni del sistema nervoso autonomo (SNA), imputandole alla diffusione sistemica di BoNT-A [1]. Considerando la popolazione in studio, già gravata da severo impairment motorio e disfunzione vegetativa [2], è di fondamentale importanza prevenire qualsiasi rischio di aggravare tale condizione di disabilità. Lo scopo di questo studio è valutare l’eventuale comparsa di segni subclinici di diffusione sistemica di BoNT-A, rilevando la forza segmentaria dell’arto superiore controlaterale e specifici parametri neurocardiaci, indicatori dell’attività orto e parasimpatica. Materiali e Metodi Studio longitudinale, prospettico e osservazionale. Criteri di inclusione: maggiore età, stroke unilaterale ischemico o emorragico, ipertono spastico di grado ≥2 nella scala Ashworth modificata in almeno un distretto corporeo e indicazione clinica al trattamento con BoNT-A. Criteri di esclusione: presenza di aritmia cardiaca, scompenso cardiaco di classe ≥3 della New York Heart Association, impianto di pacemaker, terapia con betabloccanti, comorbidità neurologiche e retrazioni miotendienee o articolari permanenti. I pazienti sono stati valutati 24 ore prima (T0) e 10 giorni dopo (T1) l’inoculo ecoguidato di BoNT-A, per garantire l’inizio dell’attività farmacologica. In entrambe le sessioni è stata valutata la stenia segmentaria dell’arto superiore controlaterale all’inoculo tramite handgrip strength test (Akern DynEx1) ed è stata effettuata una registrazione ECG con il sistema non invasivo VU University Ambulatory Monitoring System (VU-AMS) al fine di rilevare una batteria di parametri relativi al SNA. Le variabili considerate da VU-AMS hanno compreso tre aree: l’heart rate variability (HRV), il periodo di pre-eiezione ventricolare (PEP) e l’aritmia sinusale respiratoria (RSA). Le modalità di inoculo e il successivo trattamento riabilitativo non si sono discostati dalla normale pratica clinica. Sono state utilizzate le tre formulazioni di BoNT-A disponibili in commercio in Italia. Risultati 15 pazienti hanno completato lo studio. Le rilevazioni a T1 non hanno mostrato variazioni rispetto ai valori pre inoculo in tutte le variabili considerate. In particolare, la stenia controlaterale, la fisiologica oscillazione dell’HRV, i valori di impedenza toracica da cui viene derivata la PEP e la RSA vengono mantenuti sovrapponibili alle condizioni basali [Tabella 1]. I risultati sono stati implementati con un’analisi dei sottogruppi confrontando le variazioni tra T0 e T1 di tali parametri tra pazienti trattati con alte dosi (700-800 UI di OnabotulinumtoxinA o 1500 UI di AbobotulinumtoxinA) e quelli trattati con dosi inferiori. Le due popolazioni non hanno mostrato differenze dose-dipendenti [Tabella 2]. Conclusioni I risultati supportano la recente letteratura [3] riguardo la scarsa entità della diffusione sistemica di BoNT-A e ne confermano il profilo di sicurezza, anche in caso di trattamento con dosi massimali. Gli autori suggeriscono l’utilizzo della guida ecografica all’inoculo. È infatti necessario garantire la somministrazione intramuscolare di BoNT-A con adeguata preservazione delle strutture nervose e vascolari al fine di prevenire il più possibile i fenomeni di diffusione attraverso il circolo sanguigno o per via assonale retrograda. Bibliografia 1 – Ramirez-Castaneda J et al. Diffusion, spread, and migration of botulinum toxin. Mov Disord Off J Mov Disord Soc. 2013;28(13):1775-1783. doi:10.1002/mds.25582 2 – Jimenez-Ruiz A et al. Cardiovascular autonomic dysfunction after stroke. Neurol Sci Off J Ital Neurol Soc Ital Soc Clin Neurophysiol. 2021;42(5):1751-1758. doi:10.1007/s10072-021-05128-y 3 – Baricich A et al. Heart Rate Variability modifications induced by high doses of incobotulinumtoxinA and onabotulinumtoxinA in hemiplegic chronic stroke patients: A single blind randomized controlled, crossover pilot study. Toxicon. 2017;138:145-150. doi:10.1016/j.toxicon.2017.08.027 * Acronimi DS: deviazione standard; HRV: heart rate variability; ICG: impedance cardiography; IBIs: interbeat intervals; SDNN: standard deviation of normal-to-normal intervals; HR SD: heart rate standard deviation; RMSSD: root mean square of successive R-R intervals differences; LF: low frequency; HF: high frequency; LF/HF: ratio of LF-to-HF power; PEP: pre-ejection period; dz/dt min position: posizione del minimo valore di impedenza toracica; dz/dt min value: minimo valore di impedenza toracica; RSA: respiratory sinus arrhythmia; RSA-0: punto in cui RSA=0. Nota Il presente lavoro è stato recentemente pubblicato ed è visionabile come: Battaglia M et al. The Lack of Systemic and Subclinical Side Effects of Botulinum Neurotoxin Type-A in Patients Affected by Post-Stroke Spasticity: A Longitudinal Cohort Study. Toxins (Basel). 2022;14(8):564. Published 2022 Aug 19. doi:10.3390/toxins14080564
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La riabilitazione nella Stiff persone syndrome: case report
LA RIABILITAZIONE NELLA “STIFF PERSONE SYNDROME”: CASE REPORT D. Migliorino, J. Accomando, L. Lauricella, M. Vecchio, G. Letizia Mauro INTRODUZIONE La Stiff Person Syndrome (SPS) è una rara disabilitante patologia neurologica centrale autoimmune; caratterizzata da un aumento del tonotrofismo muscolare con conseguente rigidità e spasmi dolorosi che coinvolgono i muscoli dello scheletro assile e degli arti e progressiva gravità soggettiva. Gli spasmi muscolari possono essere spontanei o innescati da stimoli sensitivi. Se non trattata può progredire fino a causare difficoltà nella deambulazione e nelle attività di vita quotidiana. La SPS è estremamente rara, con un’incidenza di circa 1/1.000.000 nella popolazione generale; si manifesta con più frequenza tra i 30 e i 60 anni e colpisce maggiormente il sesso femminile. L’eziopatogenesi è sconosciuta, talvolta associata ad altre patologie autoimmuni. La produzione di anticorpi contro la decarbossilasi dell’acido glutammico (GAD), proteina delle cellule nervose coinvolta nella sintesi del neurotrasmettitore inibitorio GABA (acido gammaamminobutirrico), svolge un ruolo primario. In alcuni casi sono stati riscontrati anticorpi contro l’amfifisina, proteina coinvolta nella trasmissione del segnale nervoso. La diagnosi si basa su un’accurata valutazione clinica, fondamentali sono i test di screening per la presenza di anticorpi anti-GAD e anti-amfifisina (spesso associati a SPS paraneoplastico) ed un esame elettromiografico che dimostra l’attivazione continua dell’unità motoria muscolare. Il trattamento prevede un approccio eziologico (corticosteroidi, immunoglobuline ev, tossina botulinica) o sintomatico (miorilassanti) sinergizzati dal trattamento riabilitativo. Lo studio si pone come outcome la riduzione della rigidità e della spasticità, nonché il miglioramento dell’autonomia nella attività di vita quotidiana. MATERIALI E METODI Nel mese di gennaio 2022 giunge presso la U.O.C di “Recupero e Riabilitazione Funzionale” dell’A.O.U.P. “P. Giaccone” di Palermo una donna E.P.R. di 69 anni affetta da SPS con anticorpi anti-GAD ad alto titolo; da circa 16 anni in terapia con plasmaferesi e tossina botulinica. In anamnesi patologica remota riferisce: tiroidite di Hashimoto, iperinsulinismo, sindrome di Tako-Tsubo, malattia cerebrovascolare cronica, artrosi diffusa severa. La paziente presenta un quadro clinico caratterizzato da rigidità e ipertono spastico maggiore agli arti inferiori e a destra, deambulazione incerta e a piccoli passi. Dopo valutazione specialistica e firma del consenso informato viene sottoposta ad un progetto-programma riabilitativo di n° 20 sedute, a cadenza inizialmente giornaliera per 5 giorni a settimana e modificata dal ventesimo giorno con n°3 sedute di trattamento a settimana a causa delle condizioni generali della paziente. La terapia ha previsto rieducazione neuromotoria dei quattro arti, addestramento ai passaggi posturali e training del passo e della deambulazione. Al termine delle sedute e dopo rivalutazione fisiatrica, ha proseguito con ulteriori n° 2 cicli di trattamento riabilitativo. Per il subentrare della sintomatologia dolorosa al ginocchio destro e alla spalla sinistra la paziente ha eseguito esami strumentali (RX ginocchio dx, ETG spalla sn) ed intrapreso ciclo infiltrativo con Ac. Ialuronico lineare ad alto peso molecolare (3+3). Sono state somministrate la NRS e la scala Barthel Index, la SF-12 e indice di Ashworth a inizio del trattamento e a termine di ogni ciclo. RISULTATI Dall’analisi dei dati: T0(Inizio del trattamento riabilitativo): NRS=4; Barthel Index = 50, SF-12 = 31, Ashworh Index =13 T1(Dopo 10 sedute riabilitative): NRS=3, Barthel Index=50, SF-12=31, Ashworth Index =13 T2(Dopo 20 sedute riabilitative): NRS=3, Barthel Index = 65, SF-12=29, Ashworth Index=10 T3(Dopo 30 sedute riabilitative): NRS=2, Barthel Index =70 , SF-12=27, Ashworth Index=8 CONCLUSIONI La SPS è una malattia progressiva e invalidante che compromette lo svolgimento delle attività di vita quotidiana (camminare, lavarsi, vestirsi, ect.,). La diagnosi precoce di malattia in sinergismo al progetto-programma riabilitativo, specifico e individualizzato, consente di ridurre la sintomatologia dolorosa, di migliorare il ROM articolare, di ottenere una riduzione della rigidità e della spasticità con un incremento dell’autonomia nello svolgimento delle ADL. La paziente si è mostrata molto compliante ed ha espresso un ottimo grado di soddisfazione per i risultati ottenuti che ha determinato un miglioramento del tono dell’umore. Bibliografia [1] M. B. B., «Stiff-person syndrome,» The neurologist, pp. 10(3), 131–137. [2] «Genetic and Rare Desease Information Center,» National Center for AdvancinTranslational Science,. [3] M. C. Dalakas, M. Fujii, M. Li e B. McElroy, «The clinical spectrum of anti-GAD antibody-positive patients with stiff-person syndrome,» Neurology, pp. 55(10), 1531–1535.
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Trattamento con tossina botulinica in paziente con paraparesi spastica in sindrome di Currarino: descrizione di un caso clinico
Trattamento con tossina botulinica in paziente con paraparesi spastica in Sindrome di Currarino: descrizione di un caso clinico. E. Pisani1, M. Guardiani2, L. Chiodi2, P. Scanagatta2, C.D. Ausenda1, A.M. Previtera3, L. Perucca4. 1U.O.C. Riabilitazione Specialistica, Ospedale San Carlo Borromeo-ASST Santi Paolo e Carlo, Milano. 2Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano. 3Dipartimento Scienze della Salute, Università degli Studi di Milano, U.O. Riabilitazione Specialistica, Ospedale San Paolo, Milano. 4Dipartimento Scienze Biomediche della Salute, Università degli Studi di Milano, IRCSS Istituto Auxologico Italiano, U.O. Riabilitazione Neuromotoria-Auxologico Capitanio, Milano. Introduzione La sindrome di Currarino è una patologia caratterizzata da parziale disgenesia sacrale, massa presacrale (meningocele anteriore, cisti enterica o teratoma) e malformazione anorettale. È una condizione rara con un’incidenza di 1 caso ogni 100 000, spesso associata ad anomalie viscerali [1]. Gli individui che ne soffrono possono sviluppare in adolescenza la sindrome da ancoraggio midollare, cioè la fissazione patologica del midollo spinale alla colonna vertebrale; ne consegue sintomatologia neurologica progressiva che varia dai deficit motori e sensitivi agli arti inferiori fino alla vescica neurologica e all’incontinenza fecale [2]. Il trattamento è chirurgico, associato però a recidiva nel 40% dei casi. Le evidenze in letteratura sulla Sindrome di Currarino e sul trattamento riabilitativo delle complicanze sono limitate e la maggior parte degli autori descrive questi casi solo nel periodo neonatale [3]. Descriviamo il caso clinico di una paziente affetta da sindrome di Currarino con paraparesi spastica da ancoraggio midollare in età adulta. Materiali e metodi Una paziente di 23 anni è giunta alla nostra attenzione per peggioramento della deambulazione progressivamente ingravescente da circa due anni, in seguito a plurimi interventi di disancoraggio midollare. Dalla raccolta anamnestica è emerso che nel periodo perinatale era stata sottoposta a intervento di stomia con correzione di fistola retto-perineale e di lipomeningocele lombare. A 14 anni compariva difficoltà deambulatoria con ipostenia degli arti inferiori associata a fistola sacrale cutanea. A 15 anni nuova fistolizzazione e infezione associata a lombalgia, pertanto veniva sottoposta a primo intervento di disancoraggio midollare. A 16 e a 21 anni, in seguito a progressivo peggioramento nel cammino, veniva sottoposta ad altri due interventi chirurgici di disancoraggio. Alla visita ambulatoriale la paziente è stata sottoposta alle seguenti scale di valutazione: 2 Minutes Walking Test (15 m con bastoni canadesi), Timed Up and Go Test (43 secondi), scala di Ashworth Modificata (ischio-crurali= 2, plantiflessori= 2), scala di Heckmatt Modificata (ischio-crurali= 2, plantiflessori= 3). La paziente è stata quindi sottoposta a trattamento focale della spasticità agli arti inferiori con tossina botulinica di tipo A (abobotulinumtoxinA), sotto guida ecografica, dei seguenti muscoli: bicipite femorale= 200 UI, semimembranoso= 100 UI, semitendinoso= 100 UI soleo= 150 UI, gemello mediale=100 UI, gemello laterale= 100 UI bilateralmente, per un totale di 1500 UI. Il programma riabilitativo comprendeva 12 sedute di fisioterapia a cadenza trisettimanale con esercizi di stretching e di mobilizzazione attivo-assistita dei muscoli inoculati e training del passo con bastoni canadesi e ortesi AFO. Risutati Alla visita di controllo a 1 mese dal trattamento con tossina botulinica, la paziente registrava i seguenti punteggi alle scale di valutazione: 2 Minutes Walking Test (40 m con bastoni canadesi), Timed Up and Go Test (35 secondi), scala di Ashworth Modificata (ischio-crurali=1, plantiflessori=1+), scala di Heckmatt Modificata (ischio-crurali=1, plantiflessori=2). Conclusioni Questo case report descrive la presa in carico riabilitativa di una paziente adulta affetta da sindrome di Currarino, complicatasi con paraparesi spastica ingravescente in ancoraggio midollare ricorrente. L’inoculo di tossina botulinica e il successivo trattamento riabilitativo intensivo hanno determinato una progressiva riduzione dell’ipertono spastico agli arti inferiori con conseguente miglioramento della stabilità e della qualità nel cammino. Bibliografia [1] Caro-Domínguez P, Bass J, Hurteau-Miller J. Currarino Syndrome in a Fetus, Infant, Child, and Adolescent: Spectrum of Clinical Presentations and Imaging Findings. Can Assoc Radiol J. 2017 Feb;68(1):90-95. [2] Cearns MD, Hettige S, De Coppi P, Thompson DNP. Currarino syndrome: repair of the dysraphic anomalies and resection of the presacral mass in a combined neurosurgical and general surgical approach. J Neurosurg Pediatr. 2018 Nov 1;22(5):584-590. [3] AbouZeid AA, Mohammad SA, Abolfotoh M, Radwan AB, Ismail MME, Hassan TA. The Currarino triad: What pediatric surgeons need to know. J Pediatr Surg. 2017 Aug;52(8):1260-1268
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Il ruolo della riserva cognitiva nella Motoric cognitive risk syndrome: i risultati di uno studio pilota
IL RUOLO DELLA RISERVA COGNITIVA NELLA MOTORIC COGNITIVE RISK SYNDROME: I RISULTATI DI UNO STUDIO PILOTA Introduzione La Motoric Cognitive Risk syndrome (MCR) è una sindrome in cui l’anziano presenta riduzione della velocità del cammino e soggettivo deficit cognitivo senza alcuna forma di demenza o disabilità limitante l’autonomia individuale. La riserva cognitiva (RC) è un insieme di risorse accumulate nel tempo attraverso esperienze come istruzione, lavoro e tempo libero e si intende come una forma di resilienza del cervello di fronte ad eventuali patologie o semplicemente l’invecchiamento. Materiali e Metodi Sono stati selezionati 20 soggetti che soddisfacevano i criteri indicati in letteratura per la diagnosi di MCR da una piccola coorte di 85 pazienti osservati in ambulatorio geriatrico; come controllo è stato utilizzato un gruppo di 18 soggetti selezionati in comunità, senza segni di declino cognitivo e/o deficit motori significativi; sottoposti a visita medica completa ed a valutazioni delle funzioni cognitive e motorie, inclusa la velocità del cammino e la forza di presa con la mano. Risultati A valori equiparabili di MMSE nel gruppo MRC si sono riscontrati minori valori di educazione, CRIq e TIB Valori inferiori nei test dei 4 metri e nel test di forza di presa (handgrip) si sono riscontrati nel gruppo MCR. Nel gruppo di pazienti con MRC è stata riscontrata significatività statistica la riserva cognitiva misurata con il CRIq ed il TIB e la forza di presa misurata con handgrip (r = 0.650, p = 0.03; r = 0.487, p = 0.040 rispettivamente) Conclusioni La correlazione positiva tra la riserva cognitiva e l’handgrip consente di ipotizzare che i pazienti con maggiore riserva cognitiva, essendo meno sarcopenici, possano avere una prognosi migliore sulle performance motorie; questo lavoro ci consente esclusivamente di poter affermare che i soggetti con maggiore RC hanno maggiore forza di presa e quindi sono meno sarcopenici dei soggetti con minor RC; tuttavia, servono studi longitudinali per poter dire che la RC sia protettiva nei confronti della funzione motoria.
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Applicazione della classificazione ICF nell’attività di consulenza di una UO di riabilitazione intensiva: primi dati
Introduzione L’ICF rappresenta uno strumento importante in ambito riabilitativo in tutti i setting in quanto consente di seguire in modo ordinato il flusso della presa in carico globale della persona nella sua realtà quotidiana. (1) Materiali e Metodi Nel nostro studio è stata applicata la classificazione ICF nella forma check list SF in pazienti in attività di consulenza nei reparti per acuti (sopratutto pazienti con alterazioni di struttura e funzione conseguente a patoloogia osteoarticolare). Nel periodo compreso tra il 16 Marzo 2022 e il 1 Luglio 2022 sono stati arruolati 10 pazienti ( 6 F e 4 M età compresa 63,44 anni) valutati in UO di Ortopedia . Al momento della valutazione sono stati sottoposti a valutazione delle funzioni semplici, delle funzioni complesse ed è stato somministrato l’ICF (2) Risultati Dalla somministrazione dell’ICF sono stati dedotti risultati importanti sia per quanto riguarda l’area strettamente clinica che per quanto riguarda l’area socio ambientale e l’ICF è stato, nella nostra piccola esperienza, un criterio determinante per l’assegnazione corretta del setting riabilitativo Sempre tramite l’ICF si sono anche notate situazioni socio ambientali complesse in alcuni casi e sono stati attuati in tempo i corretti provvedimenti per il reinserimento sociale della persona Conclusioni La nostra esperienza è sicuramente limitata nel tempo e quindi sicuramente priva della necessaria inferenza statistica ; tuttavia ci consente sicuramente di confermare che anche in ruolo di consulenza fisiatrrica l’ICF rappresenta un perno culturale indispensabile nella vita del fisiatra per fotografare al meglio la realtà della persona presa in carico. Prospettive interessanti per il futuro sarà quello di linkare i dati ottenuti dalla raccolta dell’ICF tramite la SF con quelli ottenuti dal core set dell’Osteoartrosi per evidenziare eventuali differenze (3) Bibliografia 1) Rauch A. et al. How to apply the International Classification of Functioning, Disability and Health for rehabilitation managment in clinical practice Eur. J. Phys.Rehab. Med. 2008 Sept. 44(3);329-42 2) Sykes Cr et al. Remodeling of ICF : A commentary Disability Health J. 2021 Jan.14 3) Madden RH et al. The ICF has made a difference of functioning and disability mesaurement and statistics Disab. Rehabilitation 2019 Jun. 1450-1462
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Teleriabilitazione e trattamento convenzionale nel Neglect cronico: stimolazione e monitoraggio per un aumento delle autonomie a lungo termine
TELERIABILITAZIONE E TRATTAMENTO CONVENZIONALE NEL NEGLECT CRONICO: STIMOLAZIONE E MONITORAGGIO PER UN AUMENTO DELLE AUTONOMIE A LUNGO TERMINE Frattoni M1, Nunziati G2, Costa T3, Belloglio P2, Contrino L4 1 Studente C.d.L. Fisioterapia—Università degli studi di Genova; 2Fisioterapista; 3Neuropsicologo; 4Direttore Riabilitazione Intensiva – 2-5S.C. Medicina Fisica e Riabilitativa – Ospedale di Sestri Levante ASL4 Liguria INTRODUZIONE. La presenza di Neglect o NSU comporta per il paziente un impatto maggiore sulle attività di vita quotidiana (AdL) [1] che può persistere in fase cronica di malattia [2]. In letteratura, non esistono prove certe che dimostrino l’efficacia dei trattamenti presenti in pratica clinica nel migliorare l’indipendenza del paziente nel lungo periodo [3]. OBIETTIVO. identificare un trattamento combinato di terapia convenzionale e di teleriabilitazione che sia efficace nel ridurre l’impatto della NSU sulle AdL e nel mantenere i risultati a lungo termine. MATERIALI E METODI.  Criteri di inclusione: Esiti di ictus emisferico destro in fase cronica (almeno 6 mesi dall’evento). Età>18 anni. Punteggio alla scala Levels of Cognitive Functioning ≥ 6. Movimento attivo residuo nei distretti prossimali dell’arto superiore sinistro (F≥2). Mantenimento del controllo del tronco in posizione seduta per almeno 1’. Neglect unilaterale egocentrico sinistro lieve-moderato con ricadute funzionali nelle AdL. Assenza di emianopsia.  Misure di outcome: Catherine Bergego Scale (CBS), Barthel Index Modificata (BI), Motricity Index (MI) per l’arto superiore sinistro, Cancellazione di Campanelle (CC), Lettura di Frasi (LF), movimenti dell’arto superiore sinistro all’ora con l’Arys™Me (ArmActivities/h).  Valutazione: a T0 (pre-trattamento), a T1 (post-trattamento), a T2 (dopo 1 mese di follow-up) Al termine della valutazione a T0, i 4 pazienti selezionati sono stati suddivisi in due gruppi sulla base dei risultati ottenuti alla CBS: G1 (PZ A; PZ D) i pazienti con CBS≥11 (Neglect moderato) G2 (PZ B; PZ C) i pazienti con CBS<11 (Neglect lieve) Trattamento. Trattamento fisioterapico 20 sedute (durata 1h, frequenza bisettimanale) di esercizi specifici per la NSU: esercizi propriocettivi, Taping Neuromuscolare, esercizi vestibolari, terapia occupazionale, Congruent Movement Training, Bilateral Movement Therapy, Training del passo, Dual Task Training, esercizi di Motor Skills ARYS™ Me un accelerometro che sollecita il movimento dell’arto superiore tramite una vibrazione che viene trasmessa al polso e permette di monitorare il numero di gesti compiuti; utilizzato con frequenza quotidiana. Entrambi i gruppi hanno partecipato al trattamento combinato ma a T1: G1 ha rimosso l’Arys™Me; G2 ne ha continuato l’utilizzo per 1 mese (follow-up). RISULTATI. I pazienti hanno mostrato un alto livello di adesione al trattamento combinato con una percentuale media di utilizzo dell’Arys™Me pari al 91,4% (utilizzo del 100% nel PZ B). L’Arys™Me è stato indossato con una media di 9,7 ore al giorno. DISCUSSIONE. Al termine del trattamento, nonostante non siano stati ottenuti cambiamenti significativi alle prove neuropsicologiche, entrambi i gruppi hanno mostrato una riduzione della NSU (valori inferiori alla CBS) e un aumento degli score alla BI. Ciò dimostra l’efficacia del trattamento combinato nel ridurre l’impatto della NSU (lieve e moderata) sulle AdL, in pazienti in fase cronica di malattia. A T2 tale miglioramento è stato mantenuto (PZ C), se non aumentato (PZ B), nei pazienti che hanno continuato a indossare l’Arys™Me durante il mese di follow-up. Invece, il G1 ha mostrato una parziale perdita dei risultati ottenuti post-trattamento. Ciò dimostra l’efficacia del trattamento combinato nel mantenere un certo grado di miglioramento nel lungo periodo, e in particolare, la capacità dell’accelerometro da polso nel mantenere, se non migliorare, a lungo termine i risultati ottenuti a T1. Inoltre, a T1 quasi tutti i pazienti hanno mostrato un aumento del numero di ArmActivities/h, in associazione a un aumento dei valori ottenuti alla MI. A T2, i pazienti del G2 hanno ottenuto un ulteriore miglioramento dei punteggi ottenuti alla MI, nonostante fosse terminato il trattamento fisioterapico, dimostrando quindi l’efficacia dell’Arys™Me nell’apportare miglioramenti in termini motori all’arto superiore. CONCLUSIONI. I benefici ottenuti, nonostante la cronicità della malattia, ci consentono di ipotizzare che il trattamento combinato sia efficace nell’indurre fenomeni di neuroplasticità. In particolare, in quasi tutti i pazienti, è stato ottenuto un aumento del numero di movimenti spontanei dell’arto superiore sinistro e un migliore reclutamento muscolare. Inoltre, è stata rilevata una riduzione sintomatologica della NSU e un aumento del livello funzionale nella vita quotidiana. Tali risultati sono stati mantenuti, se non aumentati nei pazienti che hanno indossato l’Arys™Me nel periodo di follow-up. Si dimostra quindi l’efficacia dell’accelerometro da polso nel mantenere i risultati ottenuti a lungo termine. PROSPETTIVE FUTURE. L’utilizzo di uno strumento di teleriabilitazione a basso costo, come l’Arys™Me, potrebbe consentire di mantenere i risultati ottenuti da una precedente riabilitazione convenzionale, riducendo i costi sanitari necessari al continuum riabilitativo dei pazienti cronici. [1] Nijboer T, van de Port I, Schepers V, Post M, Visser-Meily A. Predicting functional outcome after stroke: the influence of neglect on basic activities in daily living. Front Hum Neurosci. 2013 May 9;7:182. doi: 10.3389/fnhum.2013.00182. PMID: 23675336; PMCID: PMC3650314. [2] Gammeri R, Iacono C, Ricci R, Salatino A. Unilateral Spatial Neglect After Stroke: Current Insights. Neuropsychiatr Dis Treat. 2020 Jan 10;16:131-152. doi: 10.2147/NDT.S171461. PMID: 32021206; PMCID: PMC6959493. [3] Longley V, Hazelton C, Heal C, Pollock A, Woodward-Nutt K, Mitchell C, Pobric G, Vail A, Bowen A. Non-pharmacological interventions for spatial neglect or inattention following stroke and other non-progressive brain injury. Cochrane Database Syst Rev. 2021 Jul 1;7(7):CD003586. doi: 10.1002/14651858.CD003586.pub4. PMID: 34196963; PMCID: PMC8247630.
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Dall’imaging alla diagnosi: la chiave è la clinica
Dall’imaging alla diagnosi: la chiave è la clinica. Introduzione L’innovazione tecnologica è di notevole supporto in medicina, tuttavia la diagnosi clinica rimane un fenomeno fondamentalmente quantistico nel quale l’anamnesi e l’esame obiettivo sono elementi imprescindibili. A titolo esemplificativo si presenta un caso clinico di recente osservazione in cui l’informazione fornita dalla risonanza magnetica nucleare (RM), l’esame gold standard nella diagnosi della maggior parte delle patologie del sistema muscolo scheletrico, mostra caratteristiche radiologiche simili per due entità nosologiche diverse: l’edema osseo e la riconversione osteomidollare (OM). Materiali e metodi • Dati paziente • Genere: ♀ • Età: 30 anni • Attività sportiva: corsa e apnea/pesca subacquea. Un’atleta è stata valutata in due occasioni presso l’ambulatorio fisiatrico riferendo dolore diffuso irradiato alla coscia destra e relativa impotenza funzionale. Il disturbo è stato riferito insorto gradualmente nel tempo (1a valutazione), ma è peggiorato durante un allenamento di endurance (2a valutazione). I test clinici effettuati non sono risultati dirimenti per una lesione in un sito anatomico specifico. Durante la valutazione clinica del cammino, è stata osservata l’eccessiva pronazione del solo piede sinistro nella fase di carico. La RM ha documentato un’unica e ben delimitata area (estensione cranio-caudale: 36 mm) di ipointensità del segnale nella sequenza T1, iperintensità in T2 e assenza di presa di mezzo di contrasto (CE) in corrispondenza del piccolo trocantere a destra. Il referto concludeva per una possibile riconversione OM in diagnosi differenziale con edema osseo. Risultati Elementi pro RICONVERSIONE OSTEO-MIDOLLARE • Dolore non chiaramente localizzato. • Inizio graduale dei sintomi ingravescenti nel medio periodo. • Negatività dei test clinici muscolari. • Storia di attività sportiva con intenso stress ipossiemico che si ritiene faciliti la riconversione OM che si presenta con plurime localizzazioni con gradiente di distribuzione che va da assiale a periferico e dalla metafisi verso le diafisi. Elementi pro EDEMA OSSEO • Appartenenza a una fascia di popolazione a maggior rischio di fratture da stress. • Sindrome pronatoria prevalente a sin. che determina: intrarotazione di tibia e anca omolaterali → aumento antiversione bacino → riduzione del range di rotazione pelvica. • Necessità quindi di compenso da parte dei flessori dell’anca, in particolare dall’ileopsoas, che si inserisce sul piccolo trocantere. • Presenza di una singola localizzazione. Conclusioni La tecnologia applicata alla medicina, nel nostro caso la diagnostica per immagini, fornisce informazioni molto dettagliate che sono di notevole aiuto nella pratica clinica. Ciononostante la diagnosi clinica è un fenomeno quantistico ed è fondamentale che lo specialista consideri le informazioni strumentali sempre in maniera critica, contestualizzandone l’interpretazione con l’esame obiettivo e la storia – patologica e non – del paziente. Bibliografia S. e. a. Battisti, « Bone Marrow Maturation in Healthy and Diseased States.,» Text-Atlas Skelet. Age Determ. , n. doi:10.1002/9781118692202.ch7, pp. 85-92, 2013. E. A. Arendt, «Stress fractures and the female athlete.,» Clin. Orthop. , n. 372, pp. 131-138, 2000. W. O. I. N. Tateuchi H, «Effects of calcaneal eversion on three-dimensional kinematics of the hip, pelvis and thorax in unilateral weight bearing.» Hum Mov Sci. , vol. III, n. doi: 10.1016/j.humov.2010.11.011, pp. 566-73, 2011.
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Dalla presa in carico riabilitativa alla protesica: uno studio retrospettivo di coorte nei soggetti sottoposti ad amputazione nel 2021
POSTER casistica (indicare SOLO il numero del poster INDICATO DALLA SEGRETERIA) TITOLO DALLA PRESA IN CARICO RIABILITATIVA ALLA FASE PROTESICA: STUDIO RETROSPETTIVO DI COORTE SUI SOGGETTI SOTTOPOSTI AD AMPUTAZIONE NEL 2021 AUTORI Francesca Campignoli MD₁, Stefano Stacchietti MD₂, Michela Tamburini MD₁, Maurizio Ricci MD₂, Marianna Capecci MD PhD₁ 1. Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica Clinica di Neuroriabilitazione AOU delle Marche Università Politecnica delle Marche, Ancona 2. Dipartimento di Chirurgia Generale e Specialistica SOD Medicina Riabilitativa AOU delle Marche Ancona INTRODUZIONE La presa in carico riabilitativa precoce del paziente amputato è una parte fondamentale del processo di guarigione della persona che può portare ad un recupero più rapido delle autonomie e ad un potenziale completo ritorno alle precedenti attività di vita quotidiana (ADL) [1]. La causa più comune delle amputazioni (oltre il 70%) è costituita da patologie vascolari, tipicamente l’ischemia cronica, e circa la metà di questi pazienti sono affetti da diabete mellito [2]. Una recente revisione sistematica ha evidenziato la debolezza delle numerose evidenze nei domini riguardanti la presa in carico pre e post operatoria, l’educazione, il controllo del dolore e la cura dell’arto residuo. La Letteratura altresì concorda nel sottolineare che il paziente amputato dev’essere valutato quanto prima dal Fisiatra, fin dal periodo pre-operatorio, per definire il Progetto Riabilitativo Individuale durante il ricovero e alla dimissione [3]. OBIETTIVO Revisionare la casistica dei pazienti sottoposti a qualsiasi tipo di amputazione c/o l’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche di Ancona nell’anno 2021 presi in carico dal team riabilitativo della SOD Medicina Riabilitativa. MATERIALI E METODI E’ stato condotto uno studio retrospettivo di coorte riguardante i pazienti amputati nella nostra Azienda 2021. È stato creato un database che indagasse le cause dell’intervento, il tipo di amputazione e il reparto in cui erano ricoverati. Si è posta particolare attenzione al tempo di presa in carico riabilitativa, al tempo di trattamento e ai giorni di degenza. Sono stati utilizzati quali indici di outcome il Barthel Index modificato (BI) e la di esso evoluzione percentuale alla dimissione dal reparto per acuti rispetto al punteggio pre-ricovero (delta Barthel), e i seguenti indicatori clinico-funzionali alla presa in carico riabilitativa: il controllo del tronco (TCT), la Numerical Rating Scale (NRS) a livello del moncone, la presenza di arto fantasma e di dolore associato a quest’ultimo. Infine è stato indagato il tipo di protesizzazione con la classe funzionale e l’eventuale necessità di supporto psicologico. RISULTATI: Nel 2021 sono stati operati 31 pazienti (44% donne e 56% uomini) con un’età media di 68 (+18) anni (Tab. 1). La causa principale di amputazione è rappresentata da cause vascolari (66%) nella maggior parte dei casi di tipo diabetico, il restante è rappresentato da cause traumatiche (13%) ed infettive (8%). I soggetti con amputazione post-traumatica sono significativamente più giovani (46 + 18) dei vascolari (p=.007). I reparti che hanno ospitato un maggior numero di pazienti amputati sono la Chirurgia Vascolare (53%) e l’Ortopedia (25%) (Fig. 1). I livelli principali di amputazione sono quelle di gamba (40,6%) e coscia (25%); seguono dita del piede (16%), avambraccio (6%) piede (3%) altri interventi (9%). Il tempo di degenza medio nei reparti è stato di circa 23 giorni in cui si osserva un tempo di presa in carico riabilitativa di circa 7,5 giorni dall’intervento chirurgico con un tempo di trattamento di circa 11 giorni. Il tempo di trattamento ed i giorni di degenza sono maggiori nei pazienti operati per cause infettive. Nel 59% degli interventi non ci sono state complicanze, dei restanti il 70% ha avuto complicanze infettive e il 30% vascolari. Alla dimissione l’autonomia dei soggetti si riduce in media del 60% (+30): il punteggio medio del BI pari a 84/100 in media nel periodo pre-intervento passa a 37/100 successivamente. Si è osservato una correlazione lineare inversa tra il BI pre-ricovero e in dimissione con l’età (p-value 0.0099 e 0.0006): i soggetti più giovani presentano un indice migliore. Il Delta Barthel (= peggioramento funzionale) è minore nei pazienti più giovani (p-value 0.0165) (Fig 2) e meno compromessi funzionalmente all’ingresso (BI minore) (p-value 0.04); inoltre correla con il TCT rilevato alla prima valutazione fisiatrica (p-value 0.003) e con il dolore percepito dal paziente alla dimissione (p-value 0.05). La sensazione di arto fantasma si è manifestata nel 40,6% dei casi e nel 28% di questi si associava a dolore con necessità di terapia antidolorifica. Tra i pazienti operati per cause traumatiche il 63,6% manifestava sensazione di arto fantasma, mentre tra quelli operati per cause vascolari solo il 28,6%. Lo psicologo è stato attivato in solo ¼ dei pazienti. Solo il 40,6% dei pazienti sono stati avviati ad un percorso di protesizzazione durante il ricovero per acuti, e si è osservato che tra le cause vascolari le classi funzionali principali prescritte sono la K1 e K2, mentre tra le cause traumatiche le classi predominanti risultano essere la K3 e K4 (p-value 0.034). Alla dimissione il 25% è stato ricoverato c/o una struttura di riabilitazione intensiva e un altro 25% c/o una struttura di riabilitazione estensiva; il 38% è tornato al proprio domicilio ed il restante ha avuto necessità di trasferimento in reparti a maggior intensità di cura per il peggioramento delle condizioni cliniche. CONCLUSIONI: Dai dati raccolti emerge un quadro eterogeneo meritevole di un approccio integrato multidisciplinare specializzato, precoce e proattivo in ambito riabilitativo considerando che sia condizioni funzionali preesistenti (BI pre-ricovero) che emergenti (controllo del tronco) influenzano l’outcome a breve termine e la destinazione alla dimissione dal reparto per acuti. La definizione di percorsi assistenziali definiti dedicati e caratterizzati da una valutazione fisiatrica anche precedente all’intervento, quando possibile, e una presa in carico durante il ricovero in fase acuta potrebbe essere utile per la gestione del paziente amputato garantendo la prescrizione tempestiva della prima protesi e la continuità assistenziale. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: [1] Pantera E. et al. Patient education after amputation: Systematic review and experts’ opinions, Annals of Physical and Rehabilitation Medicine Volume 57, Issue 3, April 2014, Pages 143- 158 2014. https://doi.org/10.1016/j.rehab.2014.02.001. [2] ISTAT https://www.istat.it/storage/ASI/2021/capitoli/C04.pdf [3] Geertzen Jan, van der Linde H., Kitty Rosenbrand K, et al. Dutch Guideline Amputation and Prosthetics of the Lower Extremity: amputation surgery and postoperative management. Part 1, Prosthet Orthot Int. 2015 Oct;39(5):351-60. : Epub 2014 Jul 24. DOI: 10.1177/0309364614541460
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La valutazione e la presa in carico riabilitativa del paziente con esiti di infezione Sars-Cov2: esperienza di un day service fisiatrico
La valutazione e la presa in carico riabilitativa del paziente con esiti di infezione Sars-Cov2: Esperienza di un Day Service Fisiatrico Boni M, Falossi F, Ieri L, Cialdi B, Mikhaelova S, Milella D, Gelli I, Lange S, Bertuccelli L, Nelli R, Lombardi B SOC Medicina Fisica e Riabilitativa 2, PO Pescia Introduzione Dal giugno 2020 è attivo c/o il Day Service di riabilitazione respiratoria di Pescia un ambulatorio per la valutazione multidisciplinare dei pazienti con esiti di infezione da Sars-Cov2. L’ambulatorio vede al suo interno la presenza congiunta del fisiatra, fisioterapista (esperto in campo respiratorio) ed infermiere ed è in costante collegamento con l’unità operativa di Pneumologia di Pistoia. L’ambulatorio è nato con lo scopo di offrire una valutazione funzionale semplice ma puntuale del paziente con esiti di infezione da Sars Cov-2 al fine di individuare precocemente possibili bisogni riabilitativi. Materiali e Metodi All’ambulatorio sono afferiti pazienti su segnalazione diretta da parte dei reparti per acuti, pneumologo, medico di medicina generale. I pazienti sono stati valutati mediante: Screening di 1° livello: • Anamnesi/esame obiettivo • Sit to stand 1’(STS1’) • Handgrip • mMRC Nei pazienti con impairment respiratorio o riduzione della tolleranza allo sforzo è stata eseguito: Screening di 2° livello: • test del cammino in 6’ (6MWT) • ecografia diaframmatica • Holter metabolico Sulla base della valutazione il paziente è stato indirizzato verso: • auto trattamento • trattamento riabilitativo specifico ambulatoriale. Risultati Dal giugno 2020 al dicembre 2021 sono stati valutati 247 pazienti (116 F e 131M). Nella tabella sono riportati i risultati In 48 pazienti è stato rilevato un impairment respiratorio o un’importante riduzione della tolleranza allo sforzo I 48 pazienti sono stati quindi sottoposti a valutazione di 2° livello. Nella tabella seguente sono riportati i risultati al test del cammino (6’MWT) Dei 48 pazienti: 28 à hanno necessitato di un trattamento ambulatoriale specifico, 20 à hanno eseguito counselling riabilitativo con addestramento all’autotrattamento e impostazione di un esercizio terapeutico dosato Conclusioni Durante la pandemia l’attività del Day service si è rimodulata sul paziente post Covid offrendo una presa in carico valutativa e riabilitativa. I test di valutazione scelti si sono rivelati di pratico utilizzo e soprattutto efficaci al fine di rilevare potenziali bisogni riabilitativi. L’individuazione precoce dei pazienti con impairment respiratorio ha consentito di offrire una rapida presa in carico dei pazienti sia attraverso un programma specifico ambulatoriale, sia attraverso l’educazione all’autotrattamento con programmi di esercizi terapeutici personalizzati. Bibliografia: • 1-Minute Sit-to-Stand Test: systematic review of procedures, performance, and clinimetric properties. Richard W Bohannon et al J Cardiopulm Rehabil Prev. 2019 • COVID-19: Interim Guidance on Rehabilitation in the Hospital and Post-Hospital Phase from a European Respiratory Society and American Thoracic Society-coordinated International Task Force. Spruit MA, et al. Eur Respir J. 2020.
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Misurazione della spasticità dell’arto superiore tramite soglia del riflesso tonico da stiramento in pazienti post-ictus, studio osservazionale pre e post trattamento riabilitativo
MISURAZIONE DELLA SPASTICITÀ DELL’ARTO SUPERIORE TRAMITE SOGLIA DEL RIFLESSO TONICO DA STIRAMENTO IN PAZIENTI POST-ICTUS, STUDIO OSSERVAZIONALE PRE E POST TRATTAMENTO RIABILITATIVO Francesca Panzeri¬¬ 1, Michela Lissoni 1, Miryam Mazzucchelli 1, Diego Longo 2, Maria Angela Bagni 2, Daniele Piscitelli 1, Cecilia Perin 1, Cesare Maria Cornaggia 1 1 Scuola di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano Bicocca, 20126 Milano, Italia 2 Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università degli Studi di Firenze, 50134 Firenze, Italia Introduzione La spasticità è una frequente problematica nei pazienti con danno corticospinale. Secondo la Threshold Position Theory, l’attivazione muscolare volontaria deriva dallo spostamento della soglia del riflesso di stiramento (SRT), definita come l’angolo articolare al quale si sviluppa l’attività muscolare in risposta allo stretching. Il sistema nervoso centrale regola l’attivazione muscolare attraverso la variazione della soglia del riflesso di allungamento tonico (TSRT) su tutto il range articolare. Studi preliminari suggeriscono che il TSRT è compromesso nell’ictus e ciò contribuisce alla spasticità. Ad oggi, nessuno studio ha indagato la modulazione del TSRT pre e post riabilitazione. Il nostro obiettivo è quello di misurare, negli individui post-ictus, il TSRT pre e post riabilitazione dei flessori del gomito. Materiali e Metodi La spasticità dei flessori di gomito è stata valutata in 13 soggetti post-ictus (vedi Tabella 1) utilizzando la Modified Ashworth Scale (MAS) e un dispositivo portatile costituito da un elettromiografo di superficie ed un elettrogoniometro. Il dispositivo ha valutato a quale angolo dell’articolazione del gomito si osservavano le soglie del riflesso dinamico da stiramento (DSRT) ed è stato ricavato, per ciascun soggetto, il TSRT. Le valutazioni erano eseguite prima e dopo un trattamento riabilitativo di 50 minuti. Risultati L’intervallo dei punteggi MAS era 0-3. Nella maggior parte dei pazienti non sono state rilevate modifiche pre- e post- trattamento (Figura 1). In 6 pazienti c’è stato un miglioramento della TSRT dopo il trattamento riabilitativo (gruppo 1), in 3 pazienti non c’è stato alcun cambiamento (gruppo 2), in 4 pazienti c’è stata una leggera diminuzione (gruppo 3) (Figura 2). Conclusioni La spasticità è complessa e multifattoriale e possono esserci diversi patterns di attivazione basati sul coinvolgimento di diversi sistemi discendenti. La misurazione del TSRT può essere utile per chiarire gli effetti della riabilitazione sul controllo motorio e impostare un percorso più efficace e un trattamento personalizzato. Bibliografia Calota A, Feldman AG, Levin MF. Spasticity measurement based on tonic stretch reflex threshold in stroke using a portable device. Clinical Neurophysiology: Official Journal of the International Federation of Clinical Neurophysiology. 2008 Oct; 119(10):2329-2337. DOI: 10.1016/j.clinph.2008.07.215. Feldman, Anatol G. Referent control of action and perception. Challenging Conventional Theories in Behavioral Neuroscience (2015). Levin MF, Selles RW, Verheul MH, Meijer OG. Deficits in the coordination of agonist and antagonist muscles in stroke patients: implications for normal motor control. Brain Res. 2000 Jan 24; 853(2):352-69. DOI:10.1016/s0006-8993(99)02298-2. PMID: 10640634. f.panzeri23@campus.unimib.it
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L’aggiunta di esercizi per il pavimento pelvico migliora i sintomi dell’incontinenza urinaria nelle donne obese sottoposte a un programma di riabilitazione per la gestione del peso: uno studio pilota
L’aggiunta di esercizi per il pavimento pelvico migliora i sintomi dell’incontinenza urinaria nelle donne obese sottoposte a un programma di riabilitazione per la gestione del peso: uno studio pilota randomizzato controllato Lorenzo Lippi1,2*, Alessandro de Sire3, Paolo Capodaglio4,5, Arianna Folli1, Enrico Cavallo1, Marco Invernizzi1,2 1 Physical and Rehabilitative Medicine, Department of Health Sciences, University of Eastern Piedmont, 28100 Novara, Italy; 2 Translational Medicine, Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione (DAIRI), Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, 15121, Alessandria, Italy; 3 Department of Medical and Surgical Sciences, University of Catanzaro “Magna Graecia”, 88100 Catanzaro, Italy. 4 Orthopaedic Rehabilitation Unit and Research Laboratory in Biomechanics, Rehabilitation and Ergonomics, Istituto Auxologico Italiano, IRCCS, 28824 Piancavallo, Italy; 5 Department of Surgical Sciences, Physical Medicine and Rehabilitation, University of Torino, 10126 Torino, Italy; Introduzione L’obesità è una malattia cronica caratterizzata da un indice di massa corporea (BMI) superiore a 30 kg/m2, con una prevalenza in crescita. Ad oggi, oltre 600 milioni di persone nel mondo sono obese e studi epidemiologici hanno evidenziato una crescente prevalenza non solo nei paesi sviluppati ma anche in quelli a basso e medio reddito. Diversi studi hanno riportato che l’obesità porta a un rischio maggiore di morbilità e mortalità con conseguenze dannose sugli esiti sanitari individuali e sui costi socioeconomici [1]. L’incontinenza urinaria (IU) è una condizione molto comune che colpisce un numero crescente di donne in tutto il mondo [2]. L’obesità è strettamente associata all’IU a causa di un aumento delle pressioni sulla vescica e sul pavimento pelvico [3]. L’associazione di IU e obesità è correlata a un significativo deterioramento del benessere fisico, psicologico e sociale con implicazioni cruciali sulla qualità della vita. Tuttavia, l’approccio riabilitativo ottimale per trattare queste condizioni invalidanti è ancora dibattuto. Materiali e Metodi In questo studio randomizzato controllato sono state arruolate 60 donne obese con IU di età compresa tra 30 e 79 anni. La Figura 1 mostra la flowchart dello studio in dettaglio. Le pazienti sono state assegnate in modo casuale al gruppo sperimentale (n=30) o al gruppo di controllo (n=30). Entrambi i gruppi sono stati sottoposti ad un programma dietetico personalizzato associato al trattamento riabilitativo standard. Inoltre, il gruppo sperimentale ha eseguito 15 sessioni di training riabilitativo del pavimento pelvico. L’outcome primario era la gravità dell’IU, valutata con il 1h-Pad Test. Gli outcome secondari erano sintomi urinari (l’International Consultation on Incontinence Questionnaire Short Form – ICIQ-sf), gli effetti percepiti del trattamento (Patient Global Impression of Improvement – PGI-I) e qualità della vita (Incontinence Quality of Life Questionario – I-QOL). Tabella 1. Caratteristiche del campione. Risultati Figura 1. Flow chart del processo di ricerca. Conclusioni Su 93 pazienti valutati per l’idoneità, 60 pazienti hanno soddisfatto i criteri di inclusione e sono stati assegnati in modo casuale al gruppo di intervento (Gruppo A – n: 30) e al gruppo di controllo (Gruppo B – n: 30). Non sono state riscontrate differenze significative nell’analisi intergruppo per tutte le caratteristiche di base valutate. Più in dettaglio, l’età media del gruppo A era 62,30 ± 11,75 anni e il BMI medio era 45,81 ± 6,35 kg/m2, mentre nel gruppo B l’età media era 66,20 ± 9,80 anni e il BMI medio era 45,31 ± 7,06 kg/m2. Le caratteristiche del campione analizzato sono riportate nella tabella 1. Nel gruppo sperimentale, i risultati hanno mostrato una riduzione statisticamente significativa della gravità dell’IU rispetto a tutte le misure di outcome valutate (1h-Pad Test: 9,47 ± 16,24 g vs 2,74 ± 8,43 g; P<0,01; ICIQ-sf: 13,83 ± 4,21 vs 9,00 ± 3,7; P<0,01; I-QoL: 57,09 ± 18,07 vs 75,94 ± 16,83; P<0,01). Sono state rilevate differenze statisticamente significative tra i gruppi per tutti i risultati valutati (1h-Pad Test: 2,74 ± 8,43 vs 5,14 ± 8,60; P<0,01; ICIQ-sf: 9,00 ± 3,7 vs 13,00 ± 4,02; P<0,01; I-QoL: 75,94 ± 16,83 vs 67,36 ± 19,17; P<0,01). Al contrario, non sono state sottolineate differenze significative tra i gruppi in termini di perdita di peso (p: 0,41). D'altra parte, in entrambi i gruppi è stata ottenuta una significativa riduzione del peso (p<0,01). Durante il protocollo di studio non sono stati segnalati eventi avversi maggiori. Gli eventi avversi più comuni riportati sono stati fastidio perineale (n=5) verificatosi nel Gruppo A e un episodio di ipoglicemia-ipoglicemia minore (n=1) verificatosi nel Gruppo B. Ulteriori dettagli sull'analisi degli outcome nei due gruppi considerati sono mostrati in dettaglio nella Tabella 2. Tabella 2. Risultati dell’analisi tra gruppi e tra i diversi timepoints. L'inclusione di esercizi per il pavimento pelvico potrebbe fornire ulteriori vantaggi rispetto al solo trattamento riabilitativo standard nel ridurre la gravità dell'IU nelle donne obese. Questi risultati enfatizzano la necessità di un adeguato screening e un approccio personalizzato nel trattamento riabilitativo delle pazienti obese. Ulteriori studi sono necessari per caratterizzare gli effetti a lungo termine di questo approccio. Bibliografia 1. Chooi YC et al. The epidemiology of obesity. Metabolism. 2019 Mar;92:6-10. 2. Fuselie A et al., Obesity and Stress Urinary Incontinence: Impact on Pathophysiology and Treatment. Curr Urol Rep, 2018. 19(1): p. 10. 3. Norton P. and Brubaker L. Urinary incontinence in women. Lancet, 2006. 367(9504): p. 57-67.
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Colmare il divario tra ospedale e territorio: integrazione della riabilitazione polmonare e progressi tecnologici nella gestione complessa dei pazienti fragili
Colmare il divario tra ospedale e territorio: integrazione della riabilitazione polmonare e progressi tecnologici nella gestione complessa dei pazienti fragili Introduzione Lorenzo Lippi 1,2, Alessandro de Sire 3, Alessio Turco 1, Enrico Cavallo 1, Nicholas Bozza 1, Francesco D’Abrosca 1 , Marco Invernizzi 1,2 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2Medicina Traslazionale, Dipartimento Attività Integrate Ricerca Innovazione, Azienda Ospedaliera “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”, Alessandria 3 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro, Catanzaro La riabilitazione polmonare (PR) è attualmente considerata una pietra miliare nella gestione terapeutica dei pazienti con malattie polmonari croniche [1,2]. Ad oggi, l’evidenza di livello 1 supporta i suoi benefici in questi pazienti, poiché migliora i sintomi, la tolleranza all’esercizio, i problemi fisici e psicosociali, la qualità della vita correlata alla salute e riduce i ricoveri e i costi sociosanitari. Tuttavia, poche evidenze sono ancora oggi disponibili riguardo alla riabilitazione polmonare in pazienti anziani fragili. Alla luce di questa lacuna di conoscenza, questa revisione narrativa mirava a caratterizzare la necessità d PR nei pazienti fragili, evidenziando le prove a sostegno d questo approccio globale per migliorare non solo lo stato di salute funzionale generale, ma anche ridurre i costi sanitari dovuti a patologie polmonari e riospedalizzazione [3]. Abbiamo cercato, inoltre, di proporre strategie sostenibili per superare le barriere all’erogazione di PR e aumentare la consapevolezza sia del caregiver che delle professioni sanitarie, aumentando un’ampia conoscenza trasversale dei bisogni di PR dei pazienti anziani fragili. Figura 1: Percorso terapeutico multidisciplinare per i pazienti che necessitano di riabilitazione respiratoria Risultati Materiali e Metodi La ricerca della letteratura scientifica è stata condotta su PubMed/Medline, Scopus, Cochrane Center Register of Controlled Trials (CENTRAL), Physiotherapy Evidence Database (PEDro) e Web of Science (WoS) utilizzando le seguenti parole chiave: “Pulmonary Rehabilitation”, “Frailty”, “Professional Practice”, “Telemedicine”, “Outpatient”, “Inpatient”, “Physiotherapy”. La ricerca bibiliografica è stata condotta tra Marzo 2022 e Maggio 2022 da due revisori indipendenti. Successivamente, due revisori hanno esaminato indipendentemente gli studi per valutarne l’eleggibilità. Se non c’era consenso tra i due revisori, è stato chiesto a un terzo revisore. Sono stati esclusi tutti gli studi in lingue diverse dall’inglese, studi senza testo disponibile, studi su animali o tesi di dottorato. Per l’estrazione e la sintesi dei dati è stato utilizzato un metodo qualitativo. Sia l’estrazione dei dati che la sintesi sono state eseguite indipendentemente da due revisori. In caso di disaccordo, il consenso è stato raggiunto mediante un terzo revisore. Nel loro insieme, i nostri risultati sottolineano che diversi ostacoli attualmente influiscono negativamente sull’effettiva integrazione della PR nella gestione terapeutica dei pazienti fragili sia in ambito ospedaliero che ambulatoriale. Strategie sostenibili per integrare la PR sono state oggi proposte principalmente in pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Tuttavia, ad oggi, strategie sostenibili sono obbligatorie per migliorare la funzione respiratoria e la qualità della vita dei pazienti anziani fragili ad alto rischio di complicanze respiratorie, non solo per promuovere una corretta gestione ma anche per ridurre i tassi di ospedalizzazione e i costi. L’innovazione digitale e la telemedicina sono state recentemente proposte come soluzioni promettenti per monitorare sistematicamente e migliorare la gestione precoce dei pazienti fragili. Un approccio multidisciplinare che includa diversi professionisti sanitari potrebbe avere un ruolo nella complessa gestione dei pazienti anziani fragili multicomorbidi. Nella Figura 1 abbiamo proposto un modello di percorso terapeutico multidisciplinare dei pazienti fragili affetti da problematiche polmonari. Un nuovo modello organizzativo basato sulla sinergia di ospedale e territorio potrebbe promuovere programmi di PR per pazienti fragili sia in regime di ricovero che ambulatoriale. Conclusioni Il nostro studio enfatizza il ruolo dell’assistenza multidisciplinare, specificamente adattata alle caratteristiche dei pazienti e del territorio. In questo scenario, tecnologie all’avanguardia e soluzioni di telemedicina potrebbero essere considerate strategie sicure e sostenibili per colmare il divario tra strutture ospedaliere e territorio. Sono necessari ulteriori sforzi per aumentare la consapevolezza sia del paziente che del personale sanitario sulla necessita di implementare la riabilitazione polmonare nella gestione convenzionale dei pazienti fragili Bibliografia 1. Lippi, L.; D’Abrosca, F.; Folli, A.; Dal Molin, A.; Moalli, S.; Maconi, A.; Ammendolia, A.; de Sire, A.; Invernizzi, M. Closing the Gap between Inpatient and Outpatient Settings: Integrating Pulmonary Rehabilitation and Technological Advances in the Comprehensive Management of Frail Patients. Int. J. Environ. Res. Public Health 2022, 19, 9150. doi: 10.3390/ijerph19159150 2. Garvey, C.; Bayles, et al. A. Pulmonary Rehabilitation Exercise Prescription in Chronic Obstructive Pulmonary Disease: Review Guidelines. J Cardiopulm Rehabil Prev 2016, 36, 75-83, doi:10.1097/hcr.0000000000000171. 3. Vázquez-Gandullo, E.; Hidalgo-Molina, A.. Inspiratory Muscle Training in Patients with Chronic Obstructive Pulmonary Disease (COPD) as Part of a Respiratory Rehabilitation Program Implementation of Mechanical Devices: A Systematic Review. International journal of environmental research and public health 2022, 19, 5564, doi:10.3390/ijerph19095564.
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Impatto di nutraceutici e integratori alimentari sulle modificazioni mitocondriali nell’invecchiamento: una revisione sistematica di studi randomizzati e controllati
Impatto di nutraceutici e integratori alimentari sulle modificazioni mitocondriali nell’invecchiamento: una revisione sistematica di studi randomizzati e controllati Lorenzo Lippi1,2, Alessandro de Sire3, Lara Torgano1, Arianna Folli1, Alessio Turco1, Francesco d’Abrosca1, Alessio Baricich1,4, Marco Invernizzi1,2 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2 Medicina Traslazionale, Dipartimento Attività Integrate Ricerca Innovazione, Azienda Ospedaliera “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”, Alessandria 3 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro, Catanzaro 4 Medicina Fisica e Riabilitativa, Azienda Ospedaliera Universitaria “Ospedale Maggiore della Carità”, Novara Introduzione Invecchiare in modo sano è un tema discusso nella letteratura attuale, a causa dell’aumento dell’aspettativa di vita e delle patologie che riguardano le persone anziane [1-3]. I cambiamenti legati all’età possono determinare limitazioni nello svolgimento di attività della vita quotidiana con aumento del carico sanitario e dei costi sociali. Perciò risulta importante comprendere i meccanismi biologici alla base dell’invecchiamento; le modificazioni mitocondriali sembrano avere un ruolo chiave in questo senso, per cui sono state proposte come target biologici, ma ad oggi non sono stati totalmente compresi i meccanismi alla base della loro compromissione. Diversi studi si stanno concentrando su nutraceutici con attività antiossidante, ma le interazioni reciproche tra nutraceutici, mitocondri e fattori di stress ambientale non sono ancora state comprese. Per questo motivo, il nostro gruppo di ricerca si è concentrato sul ruolo dell’integrazione con nutraceutici e interventi nutrizionali nella promozione di un invecchiamento sano. Per quanto ne sappiamo, nessuna precedente revisione sistematica ha valutato gli effetti dei nutraceutici sulle modificazioni mitocondriali di anziani sani, quindi questa revisione di studi randomizzati controllati mira a riassumere il ruolo dei nutraceutici e degli integratori alimentari nelle modificazioni dei mitocondri legate all’età, al fine di integrare questi interventi nel complesso quadro di trattamento dei soggetti più anziani. Materiali e Metodi Sono stati ricercati sistematicamente studi clinici randomizzati pubblicati prima del 22 febbraio 2022 su PubMed, Scopus, Web of Science e Cochrane Central Register of Controlled Trials. I criteri di inclusione per gli articoli selezionati sono stati fissati secondo il modello PICO: 1) Partecipanti: anziani sani (età superiore ai 60 anni); 2) Intervento: qualsiasi trattamento nutraceutico somministrato come intervento esclusivo; 3) Controllo: qualsiasi controllo; 4) Outcome: modificazioni mitocondriali valutate da alterazioni plasmatiche o biopsie tissutali. La quality assessment degli articoli inclusi è stata valutata mediante Jadad scale. Il rischio di bias è stato valutato mediante Cochrane risk-of-bias tool for randomized trials (RoBv.2). Risultati Un totale di 8.489 record sono stati identificati e valutati fino all’inclusione di 6 studi, per un totale di 201 soggetti anziani sani (l’età media variava da 67,0 ± 1,0 anni a 76,0 ± 5,6 anni). Gli integratori alimentari valutati sono stati nitrito di sodio, acidi grassi polinsaturi N-3, acqua ricca di idrogeno, riboside di nicotinamide, urolitina A e proteine del siero di latte. Sono stati riportati effetti positivi in termini di capacità ossidativa e antiossidante mitocondriale, volume mitocondriale, capacità bioenergetica e trascrittoma mitocondriale. Più in dettagli, il nitrito di sodio ha mostrato risultati significativi in termini di capacità antiossidante, mentre nicotinamide, urolitina A e proteine del siero di latte influenzano in maniera significativa la capacità bioenergetica mitocondriale. Solamente gli acidi grassi polinsaturi N-3 hanno effetti significativi sulla capacità ossidativa e sul trascrittoma mitocondriale. La valutazione della qualità ha evidenziato che tutti gli studi inclusi erano di buona qualità. La figura 1 mostra in dettaglio le evidenze a supporto della supplementazione con nutraceutici sulle modifiche mitocondriali. Figura 1. L’imagine mostra gli effetti di integratori e nutraceutici sulle modificazioni mitocondriali Conclusioni Negli ultimi anni si è verificato un crescente interesse sulla correlazione tra integratori alimentari, modificazioni mitocondriali e compromissione funzionale legata all’età. Tuttavia, ad oggi, mancano prove a sostegno del ruolo dei singoli integratori alimentari nel prendere di mira una specifica modificazione mitocondriale. I risultati della presente revisione sistematica hanno sottolineato i potenziali effetti di nitrito di sodio, PUFA, NR, urolitina A e proteine del siero di latte nella modulazione di specifiche modificazioni mitocondriali. Un limite di questo lavoro è la presenza di un numero esiguo di studi; sono necessari ulteriori studi per caratterizzare meglio le implicazioni cliniche della prescrizione di integratori alimentari, al fine di agire selettivamente sulle modifiche coinvolte nei processi di invecchiamento cellulare. Bibliografia 1. Lippi L, Uberti F, Folli A, Turco A, Curci C, d’Abrosca F, de Sire A, Invernizzi M. Impact of nutraceuticals and dietary supplements on mitochondria modifications in healthy aging: a systematic review of randomized controlled trials. Aging Clin Exp Res. 2022 Aug 3. Organization WH (2015) World Report on Ageing and Health. https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/186463/9789240694811_eng.pdf?sequence=1 Accessed Acces Date 2022 3. Organization WH (2016) The Global Strategy and ActionPlan on Ageing and Health. https://www.who.int/ageing/global- strategy/en/. Accessed Acces Date 2022
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Efficacia della riabilitazione polmonare sullo svezzamento in pazienti critici ventilati meccanicamente: una meta-analisi di studi randomizzati controllati
Efficacia della riabilitazione polmonare sullo svezzamento in pazienti critici ventilati meccanicamente: una meta-analisi di studi randomizzati controllati Lorenzo Lippi 1,2, Alessandro de Sire 3, Francesco D’Abrosca 1, Alessio Turco 1, Enrico Cavallo 1, Biagio Polla 4 , Nicola Marotta 3, Antonio Ammendolia 3 and Marco Invernizzi 1,2 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2Medicina Traslazionale, Dipartimento Attività Integrate Ricerca Innovazione, Azienda Ospedaliera “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”, Alessandria 3 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro, Catanzaro 4 Riabilitazione Cardiopolmonare, Dipartimento di Riabilitazione, Azienda Ospedaliera “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”, Alessandria Introduzione La ventilazione meccanica (VM) è attualmente considerata un intervento salvavita [1]. Tuttavia, prove crescenti hanno evidenziato che una VM prolungata influisce in modo significativo sugli esiti funzionali e sulla durata della degenza [2]. Sebbene la VM possa svolgere un ruolo chiave in pazienti con insufficienza respiratoria acuta, la VM prolungata potrebbe favorire l’insorgenza di numerose complicanze, tra cui la polmonite associata al ventilatore (VAP), infezioni polmonari e atelettasia. In questo scenario, sono ancora aperte le controversie sulle strategie riabilitative ottimali per migliorare la durata della VM nei pazienti in terapia intensiva. Ad oggi, i benefici della mobilizzazione precoce e della fisioterapia respiratoria sono stati supportati in diverse condizioni patologiche. Tuttavia, l’efficacia degli interventi fisioterapici in pazienti critici senza patologie respiratorie croniche è ancora dibattuta [3]. Pertanto, l’obiettivo di questa revisione sistematica e meta-analisi è stato caratterizzare l’efficacia di un intervento fisioterapico complesso in pazienti critici. Materiali e Metodi Il 22 ottobre 2021, PubMed, Scopus e Web of Science sono stati ricercati sistematicamente per identificare studi randomizzati controllati (RCT) che valutassero pazienti acuti ventilati meccanicamente in terapia intensiva e sottoposti a un intervento riabilitativo. Diversi tipi di interventi riabilitativi sono stati considerati, inclusi posizionamento a letto, tecniche di mobilizzazione precoce, strategie di gestione delle secrezioni bronchiali, di riespansione polmonare, training dei muscoli respiratori e utilizzo di sistemi automatizzati per lo svezzamento da ventilatore. Gli outcomes primari erano la durata della VM, il tempo di svezzamento dal tubo endotracheale e/o dalla ventilazione meccanica. Gli outcomes secondari erano il tasso di successo dello svezzamento, la funzionalità respiratoria, il tasso di dimissione dalla terapia intensiva e la durata della degenza. La quality assessment degli articoli inclusi è stata valutata mediante la scala PEDro, mentre il risk of bias è stato valutato mediante la Cochrane risk-of-bias tool for randomized trials Version 2 (RoB 2). Figura 1. Flow chart. Conclusioni Questa revisione sistematica con meta-analisi mette per la prima volta in evidenza il ruolo fondamentale di un intervento riabilitativo precoce e specifico nel ridurre la durata della VM in pazienti critici senza patologie respiratorie croniche pregresse. Lo sviluppo di strategie riabilitative specifiche è un’esigenza clinica urgente non solo al fine di ridurre i tempi di VM e migliorare gli outcome funzionali, ma anche per prevenire l’insorgenza di gravi complicanze e garantire la sostenibilità di un intervento riabilitativo complesso e specifico in area critica. Sono necessari ulteriori studi per caratterizzare meglio la combinazione ottimale di strategie riabilitative che enfatizzino il raggiungimento di questi obiettivi. Bibliografia 1. Adhikari NK, Fowler RA, Bhagwanjee S, Rubenfeld GD. Critical care and the global burden of critical illness in adults. Lancet. (2010) 376:1339– 46. doi: 10.1016/S0140-6736(10)60446-1; 2. Damuth E, Mitchell JA, Bartock JL, Roberts BW, Trzeciak S. Long-term survival of critically Ill patients treated with prolonged mechanical ventilation: a systematic review and meta-analysis. Lancet Respir Med. (2015) 3:544–53. doi: 10.1016/S2213-2600(15)00150-2; 3. Lippi L, de Sire A, D’Abrosca F, Polla B, Marotta N, Castello LM, Ammendolia A, Molinari C and Invernizzi M. Efficacy of Physiotherapy Interventions on Weaning in Mechanically Ventilated Critically Ill Patients: A Systematic Review and Meta-Analysis. Front. Med. (2022) 9:889218. doi: 10.3389/fmed.2022.889218 Risultati Su 2503 record, 12 studi sono stati inclusi nella revisione. La figura 1 mostra ulteriori dettagli riguardo alla fase di screening degli studi inclusi. La quality assessment secondo la scala PEDro ha evidenziato 9 studi (75%) di buona qualità e 3 studi di qualità moderata. L’intervento riabilitativo maggiormente indagato negli RCT inclusi è stato l’allenamento dei muscoli respiratori, confrontato con la fisioterapia standard o trattamento placebo. Dei 12 RCT inclusi, 6 hanno permesso una meta-analisi i cui risultati hanno evidenziato che un intervento fisioterapico specifico (comprendente posizionamento e mobilizzazione precoce, tecniche di disostruzione bronchiale e riespansione polmonare, allenamento dei muscoli respiratori) determina un miglioramento significativo nella durata della VM (overall effect size: -3,23 giorni; IC 95% = -5,79, -0,67, p = 0,01; Z = 2,47). La figura 2 mostra nel dettaglio i risultati della nostra metanalisi. L’analisi qualitativa degli studi inclusi ha inoltre evidenziato i promettenti effetti della stimolazione elettrica funzionale dei muscoli della parete addominale sulla dipendenza dalla VM (in media: 6.5 vs. 34 giorni; p=0.039). Figura 2. Risultati della nostra metanalisi.
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Abilità motorie e deformità muscolo-scheletriche nella Sindrome di Rett: uno studio pilota su un nuovo strumento valutativo
Introduzione La Sindrome di Rett (RTT) è una patologia neurologica rara dovuta a mutazioni de novo del gene MECP2 situato sul cromosoma X. Colpisce prevalentemente le femmine e si caratterizza per la presenza di alterazioni del tono muscolare, stereotipie manuali, epilessia, disfunzioni autonomiche e deformità muscoloscheletriche, in particolare del piede e del rachide. La presenza di scoliosi è riportata nell’80% dei casi, nella maggior parte dei casi oltre i 40° di Cobb. La patologia si manifesta solitamente con una regressione delle competenze motorie e cognitive con importante impatto sulle autonomie della vita quotidiana. Alcuni studi hanno cercato di identificare la relazione tra l’insorgenza delle deformità e la perdita delle abilità motorie, in particolare del cammino, senza risultati soddisfacenti. In letteratura sono state sviluppate diverse scale per descrivere le abilità grosso-motorie e le deformità muscolo-scheletriche, tuttavia una recente revisione sistematica della letteratura ha evidenziato la mancanza di strumenti standardizzati. Materiali e Metodi Al fine di poter identificare degli elementi caratterizzanti il quadro funzionale e le possibili correlazioni tra di essi, è stata sviluppata una scala di valutazione con 6 item funzionali e 7 item clinici. Gli item scelti descrivono le principali abilità grosso motorie e di manipolazione, i principali segni e sintomi e le deformità muscolo- scheletriche più frequenti come la scoliosi e le deformità del piede. Per ciascun item funzionale è stato stabilito un punteggio di 0, 1 o 2 dove 0 rappresenta il grado di maggior autonomia funzionale e 2 il grado più basso. Per il sintomo e/o segno della malattia è stato dato un punteggio di 0 se assente e di 1 se presente. Per descrivere le deformità muscoloscheletriche è stato assegnato un punteggio di 0 in assenza della deformità, 1 per deformità riducibili o non severe e 2 per deformità gravi e strutturate. Nel caso specifico in presenza di scoliosi, è stato applicato un punteggio con lo stesso criterio al dato radiografico dell’angolo di Cobb. Il punteggio totale della scala varia da 0 a 23. La scala è stata somministrata a completamento della valutazione clinica di routine a 7 bambine con RTT di età compresa tra i 2,8 e i 13 anni, afferenti all’IRCCS Fondazione Stella Maris di Pisa. Risultati I punteggi totali ottenuti rispecchiano la severità del quadro clinico, con valori > 14/23 per quadri severi e <5/23 in bambine con buon funzionamento globale. In particolare, dati preliminari mostrano come le bambine che mantengono la capacità di eseguire il passaggio seduto-eretto e viceversa abbiano in generale un quadro funzionale migliore in assenza di deformità muscoloscheletriche strutturate, mentre in coloro che hanno perso questa capacità, si evidenzia un quadro clinico più severo con deformità strutturate. In queste ultime la scoliosi non sembra correlare con l’età delle pazienti. Conclusioni La scala è stata facilmente applicabile e sembra risultare sensibile nell’identificare il grado di funzionamento dei soggetti reclutati. I dati ottenuti costituiscono uno studio pilota, su un piccolo gruppo di bambine e dovranno necessariamente trovare conferma su un gruppo più ampio. Tuttavia, la scelta degli item ed i punteggi ottenuti mostrano alcuni aspetti interessanti da tenere in considerazione nella valutazione di questi soggetti, anche con possibile valore prognostico. Successivi studi saranno mirati, oltre che ad aumentare il campione per stabilire la validità dello strumento utilizzato, anche allo studio di possibili correlazioni dei pattern clinici con i dati relativi alle diverse mutazioni genetiche. Bibliografia 1. Killian, J. T., Lane, J. B., Lee, H. S., Skinner, S. A., Kaufmann, W. E., Glaze, D. G., ... & Percy, A. K. (2017). Scoliosis in Rett syndrome: progression, comorbidities, and predictors. Pediatric neurology, 70, 20-25. 2. Borst, H. E., Townend, G. S., van Eck, M., Smeets, E., van den Berg, M., Laan, A., & Curfs, L. M. (2018). Abnormal foot position and standing and walking ability in Rett syndrome: an exploratory study. Journal of developmental and physical disabilities, 30(2), 281-295. 3. Romano, A., Caprì, T., Semino, M., Bizzego, I., Di Rosa, G., & Fabio, R. A. (2020). Gross motor, physical activity and musculoskeletal disorder evaluation tools for Rett syndrome: a systematic review. Developmental Neurorehabilitation, 23(8), 485-501.
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La sindrome di Grisel dopo un intervento di adenotonsillectomia: case report
La sindrome di Grisel: una complicanza rara F.D’Auria1, S.Montrasio2, G.A. Rispoli2, L.Schisano3, C.Kiekens2 1. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli studi di Milano 2. Ospedale San Giuseppe, IRCCS MultiMedica, Milano 3. Policlinico di Milano, IRCCS Fondazione Cà Granda, Milano “La sindrome di Grisel dopo un intervento di adenotonsillectomia: case report” Introduzione • La sindrome di Grisel (GS) è una sublussazione atlanto-assiale non associata ad eziologia traumatica o patologia ossea, prodotta dopo un processo infiammatorio, infettivo o postchirurgico della regione del collo superiore1. • 8 anni, femmina, anamnesi negativa, con rotazione antero-laterale destra dell’atlante rispetto all’epistrofeo e conseguente torcicollo dopo un intervento chirurgico di adenotonsillectomia Trattamento e Risultati • All’esame clinico: sospetto di torcicollo post-chirurgico con tenace contrattura della muscolatura cervicale, paravertebrale e del trapezio di destra. Il capo era ruotato a destra con il mento rivolto verso sinistra, senza deviazioni dello sguardo. Non sono stati rilevati deficit neurologici. • Alla TAC cervicale: diagnosi di sublussazione rotazionale dell’atlante di I tipo secondo la scala di Fielding2 (lussazione rotatoria senza lussazione o spostamento anteriore sull’asse del dente dell’epistrofeo). • Antiinfiammatori(ibuprofene), riduzione dell’attività fisica, tecniche di rilassamento muscolare e consigli posturali hanno portato ad un buon risultato con ripristino della corretta postura cervicale e la risoluzione della sintomatologia dolorosa. • Conclusioni • La sindrome di Grisel è rara ma potenzialmente pericolosa. • Una precisa valutazione con la TAC cervicale è fondamentale per definire il grado rotazionale dell’atlante, il trattamento e il relativo outcome clinico3 • Un trattamento multiprofessionale ed interdisciplinare è raccomandato Bibliografia 1. Al-Driweesh T, Altheyab F, Alenezi M, Alanazy S, Aldrees T. Grisel’s syndrome post otolaryngology procedures: A systematic review. Int J Pediatr Otorhinolaryngol. 2020 Oct;137:110225. doi: 10.1016/j.ijporl.2020.110225. Epub 2020 Jun 27. PMID: 32658805. 2. Nakai A, Uehara M, Miyaoka Y, Oba H, Ikegami S, Takizawa T, Munakata R, Hatakenaka T, Kamanaka T, Kurogochi D, Fukuzawa T, Takahashi J. A case of adult-onset Grisel’s syndrome. Br J Neurosurg. 2022 Apr 8:1-3. doi: 10.1080/02688697.2022.2061420. Epub ahead of print. PMID: 35393919. 3. Fernandez Cornejo VJ, Martinez-Lage JF, Piqueras C, Gelabert A, Poza M. Inflammatory atlanto-axial subluxation (Grisel’s syndrome) in children: clinical diagnosis and management. Childs Nerv Syst 2003;19:342-7.
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“Lesione da compressione del plesso brachiale da callo osseo esuberante dopo frattura di clavicola: diagnosi, trattamento e recupero funzionale.” Case report
“Lesione da compressione del plesso brachiale da callo osseo esuberante dopo frattura di clavicola: diagnosi, trattamento e recupero funzionale.” Alessia Incao, Scuola di Specialità di Medicina Fisica e Riabilitativa Università di Verona, Giulia Berto, Reparto di Riabilitazione Casa di Cura Città di Rovigo, Massimo Iannilli, Reparto di Riabilitazione Casa di Cura Città di Rovigo, Paolo Boldrini, Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa SIMFER Introduzione Le lesioni del plesso brachiale (LPB) nell’adulto sono condizioni altamente disabilitanti. La maggior incidenza è nel sesso maschile (93%) e l’etiologia è prevalentemente traumatica (44-70% incidenti stradali, sul lavoro o traumi sportivi) [1]. Le LPB conseguenti a frattura di clavicola sono molto rare e poco documentate in letteratura: i sintomi neurologici correlati possono insorgere subito dopo la frattura, settimane o mesi più tardi, rendendo la diagnosi complessa [2]. A fronte di un trattamento conservativo o chirurgico, ciò che ottiene univoco consenso per favorire il recupero funzionale è un’adeguata riabilitazione multidisciplinare [3]. Presentiamo il caso di un paziente che ha sviluppato paralisi dell’arto superiore sx per compressione del plesso brachiale da parte di callo osseo esuberante di frattura di clavicola. Case Report Uomo, 62 anni. • 25/4/21: politrauma ad alta energia con trauma cranico, ESA silviana sx, ematoma subdurale fronto-parietale sx e fratture multiple (base cranica, vertebre cervicali C2-C7, fratture costali sx, frattura scomposta del terzo distale di clavicola sx)in seguito a sinistro stradale ciclistico. Ricoverato in TI, tracheostomizzato, eseguito intervento di stabilizzazione cervicale con placche cervico- occipitali. • 25/5: trasferito in reparto riabilitativo. Due cadute accidentali nei primi giorni di degenza, senza nuove lesioni traumatiche documentate alla TC. Riabilitazione omnicomprensiva con progressivo recupero motorio. Motricità volontaria e forza conservate ai 4 arti. • 31/5: paralisi improvvisa dell’arto superiore sinistro. Deficit di forza distribuito ai muscoli estensori di gomito e polso, con flessione delle dita normale, flessione di gomito conservata, prono-supinazione di avambraccio conservate ma iposteniche. Non deficit di sensibilità. Manovra di Adson negativa. • TC: esiti di frattura di clavicola con presenza di importante reazione riparativa. Instaurata terapia cortisonica nell’ipotesi di sindrome di Parsonage Turner senza beneficio (paziente peggiorato, con diminuzione della forza sui flessori di gomito e comparsa di parestesie). • EMG: denervazione completa di sottospinoso, deltoide e parziale marcata di brachioradiale, estensore comune delle dita, abduttore breve del pollice e 1° interosseo dorsale. Posta diagnosi di compressione del plesso brachiale e stenosi dell’egresso toracico causata da callo osseo esuberante della frattura di clavicola. Eseguiti visita neurochirurgica, RMN e angioTC, e posta indicazione specialistica a intervento chirurgico di stabilizzazione della frattura di clavicola e decompressione del plesso, eseguito in data 16/9, con asportazione della porzione di osso esuberante, neurolisi del plesso e posizionamento di mezzi di sintesi. • 20/9: inizio nuovo percorso riabilitativo. Situazione post-chirurgica: spalla rigida in elevazione e in abduzione (max 30°) con blocco articolare antalgico strutturato. Ipo-tono-trofia dei gruppi muscolari di cingolo scapolare, deltoide e pettorale. Polso sinistro con atteggiamento flesso e deviato sul piano ulnare, rigido e molto dolente. Mano rigida con deficit di prensione cilindrica e sferica da rigidità articolare strutturata. Recuperata la mobilità attiva delle dita. • Eseguito programma riabilitativo motorio associato a sedute di terapia occupazionale per tre settimane in regime di ricovero, poi in setting ambulatoriale. • Rivalutazione clinica a 10 mesi dall’intervento: recupero pressoché completo di tutti i muscoli esaminati (MRC 5/5 di dentato, romboide, gran dorsale, pettorali, sovraspinato, bicipite, flessori di polso), lieve ipostenia del deltoide (MRC 4/5) per blocco articolare meccanico (presenza clavicolare di placche e fili K). Abduzione di spalla limitata a 70° con precoce rotazione della scapola in elevazione. Flesso-estensione di gomito e prono-supinazione normali. Deficit di flesso-estensione di polso, MCF e IFP <50%, >50% delle IFD, soprattutto 4° e 5° dito. Disestesia lieve nella zona chirurgica infraclaveare e in regione pettorale. Sensibilità tattile conservata nei territori del circonflesso, muscolocutaneo, radiale, mediano e ulnare. Non deficit pallestesici. ROT normali ad eccezione del cubitopronatore, torpido. Nega algie. Reazione neurovegetativa (iperidrosi) recente estesa a tutto il lato sx. Al follow up a distanza di 10 mesi il paziente è autonomo nelle ADL e IADL e ha da poco ricominciato a guidare l’auto. Conclusioni Le lesioni del plesso brachiale legate a compressione dopo frattura di clavicola sono rare ma estremamente invalidanti. La diagnosi può essere complessa, ma dev’essere guidata dalla clinica e dalle giuste tecniche strumentali. Nel caso del nostro paziente il buon recupero funzionale è stato possibile grazie a diagnosi tempestiva, intervento chirurgico precoce (tempi medi in letteratura 7,6 mesi) e, ovviamente, trattamento riabilitativo multidisciplinare pre e post-operatorio. [3] Bibliografia 1. Smania N, Berto G, La Marchina E, Melotti C, Midiri A, Roncari L, Zenorini a, Ianes P, Picelli A, Waldener A, Faccioli S, Gandolfi M. Rehabilitation of brachial plexus injuries in adults and children. EUR J PHYS REHABIL MED 2012;48:483-506 2. Gadinsky NE, Smolev ET, Ricci MJ, Mintz DN, Wellman DS. Two cases of brachial plexus compression secondary to displaced clavicle fractures. Trauma Case Rep. 2019;23: 100219. 3. Dy CJ, Baty J, Saeed MJ, Olsen MA, Osei DA. A population-based analysis of time to surgery and travel distances for brachial plexus surgery. Hand Surg Am. 2016 September ; 41(9): 903–909.e3. doi:10.1016/j.jhsa.2016.07.054.
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Le insidie diagnostiche e terapeutiche delle fratture di polso: un case report
LE INSIDIE DIAGNOSTICHE E TERAPEUTICHE DELLE FRATTURE DI POLSO: CASE REPORT Massimo Centaro1, Federica Tomaino1, Marco Paoletta1, Sara Liguori1, Antimo Moretti1, Francesca Gimigliano2, Giovanni Iolascon1. 1.Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche ed Odontoiatria, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli. 2.Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Preventiva. Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli. Introduzione Le fratture dell’estremità distale di radio hanno un’elevata incidenza nelle donne in postmenopausa (1). Il trattamento chirurgico rappresenta una delle possibili opzioni terapeutiche indicate, principalmente nel caso di fratture scomposte e instabili. Tuttavia, alcuni pazienti possono presentare complicanze di difficile inquadramento e gestione che ostacolano la ripresa funzionale. L’ Algodistrofia, o sindrome dolorosa regionale complessa tipo 1 (CRPS-1), è una condizione rara caratterizzata da un dolore regionale persistente, sproporzionato per gravità ed epoca di comparsa alla causa sottostante. Solitamente si accompagna a sintomi e segni tipici quali alterazioni sensorimotorie, vasomotorie, sudomotorie e trofiche del sito interessato (2). Caso Clinico NS, donna, 62 anni, colf, si è recata presso la UOC di Medicina Fisica e Riabilitazione dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” lamentando un dolore urente, severo e continuo dell’arto superiore sinistro con difficoltà nell’eseguire minimi movimenti. Anamnesi Patologica Prossima Pregressa frattura dell’epifisi distale di radio e ulna a sinistra avvenuta 3 mesi prima, trattata chirurgicamente (osteosintesi con placca e viti) ed immobilizzata con ortesi di polso steccata per 15 giorni. Successivamente, ha intrapreso terapia antinfiammatoria al bisogno e rieducazione motoria con mobilizzazioni passive polso e dita e magnetoterapia. Esame obiettivo Gonfiore polso e mano sn con cute eritematosa, ipotrofia dell’eminenza tenar, riduzione della mobilità di tutto l’arto sn con iperalgesia al pinprick test ed allodinia al light-touch. Scale di valutazione e test -NRS: 8/10 -Handgrip strength: 0 kg -QUICK DASH iniziale: 88.6/100 Esami strumentali esibiti -RX (2020): «Esiti di frattura della metafisi distale del radio trattata chirurgicamente con placca metallica. Capi ossei in buona posizione. Assenti patologiche opacità ai tessuti molli». (Fig.1) Esami richiesti -MOC- DEXA: valori compatibili con diagnosi di osteoporosi -Scintigrafia ossea trifasica tc-99m MDP total body: «iperaccumulo del radiocomposto in corrispondenza di articolazioni scapolo-omerali (più marcato a sinistra), gomito sinistro, polso sinistro, alcune articolazioni delle mani, decorso anteriore della II costa sinistra, alcuni metameri del rachide, articolazioni coxo-femorali, ginocchia e tarsi». -ENMG: negativa -Esami di laboratorio generici: nulla da segnalare. Diagnosi Sindrome algodistrofica dell’arto superiore sinistro (secondo criteri di Budapest) Terapia -Neridronato 100 mg ev (ogni 3 gg x 4 infusioni)* -colecalciferolo 25000 UI FLAC (1 FLAC/settimana x 8 settimane) -calcio-citrato 500 mg (1 stick/die). Fisioterapia 20 sedute (TENS, mobilizzazioni MCF mano sinistra, doccia scozzese, GMI) *Terapia infusiva posticipata di un mese per nuovo trauma fratturativo da fragilità (polso controlaterale trattato con osteosintesi e 1 g di Cebion/die (4) Controllo clinico A 1 mese** rigidità delle metacarpo-falangee mano sinistra, iniziale recupero funzionale dell’arto A 8 mesi** prescritta terapia per osteoporosi con risedronato 35 mg (1cp/settimana) A 10 mesi** rimozione mezzi di sintesi polso sinistro. Prosegue fisioterapia per 1 mese. A 14 mesi** arto non tumefatto, non dolente, non arrossato, persiste limitazione della mobilità delle metacarpo-falangee a sinistra, recupero discreto della funzione globale dell’arto superiore, possibilità di eseguire le ADL. **dall’ultima infusione Scale di valutazione e test -NRS: 2/10 -QUICK DASH finale: 20.5/100 Conclusioni L’algodistrofia rappresenta una temibile conseguenza delle fratture dell’epifisi distale di radio. Ad oggi, tale condizione è ancora misconosciuta con notevoli ritardi nell’inizio di cure appropriate. Il nostro caso clinico evidenzia le difficoltà diagnostiche di tale condizione e sottolinea la necessità di un management multimodale per migliorare il dolore e lo stato funzionale del paziente. BIBLIOGRAFIA 1. Soerensen S, Larsen P, Korup LR, et al. Epidemiology of Distal Forearm Fracture: A Population-Based Study of 5426 Fractures. Hand (N Y). 2022 Jul 20:15589447221109967. 2. Harden RN, McCabe CS, Goebel A, et al. Complex Regional Pain Syndrome: Practical Diagnostic and Treatment Guidelines, 5th Edition. Pain Med. 2022 Jun 10;23(Suppl 1):S1-S53. 3. Harden NR, Bruehl S, Perez et al, Validation of proposed diagnostic criteria (the “Budapest Criteria”) for Complex Regional Pain Syndrome. Pain. 2010 Aug;150(2):268-274. 4. Zollinger PE, Tuinebreijer WE, Breederveld RS, Can vitamin C prevent complex regional pain syndrome in patients with wrist fractures? A randomized, controlled, multicenter dose-response study. J Bone Joint Surg Am. 2007 Jul;89(7):1424-31
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Strategie riabilitative per lo svezzamento dalla ventilazione meccanica in pazienti con lesione del midollo spinale: una revisione sistematica
Strategie riabilitative per lo svezzamento dalla ventilazione meccanica in pazienti con lesione del midollo spinale: una revisione sistematica Lorenzo Lippi1,2, Francesco D’Abrosca1, Arianna Folli1, Alessio Turco1, Marta Formica1, Luca Perrero3, Alessandro de Sire4, Marco Invernizzi1,2 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2 Medicina Traslazionale, Dipartimento Attività Integrate Ricerca Innovazione, Azienda Ospedaliera “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”, Alessandria 3 Dipartimento di Riabilitazione, Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 4 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro, Catanzaro Introduzione Le lesioni midollari (LM) rappresentano una condizione neurologica deleteria che porta ad una compromissione del controllo delle funzioni motorie, sensitive e viscerali. In particolare, è stato riportato che oltre il 90% delle lesioni midollari cervicali traumatiche richiede l’intubazione, mentre più del 40% di questi pazienti necessita di ventilazione meccanica (VM) cronica.1 Sebbene la VM sia un intervento salvavita nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta, la VM prolungata potrebbe influenzare in modo significativo gli esiti clinici dei pazienti con LM, portando ad un rischio di morte più elevato e ad una ridotta sopravvivenza.2 Risulta dunque evidente la necessità di programmi riabilitativi efficaci che ottimizzino lo svezzamento dalla VM nei pazienti con LM, non solo per migliorare la disabilità e promuovere il recupero funzionale, ma anche per ridurre le complicanze cliniche e migliorare l’aspettativa di vita.3 Nonostante lo svezzamento dalla ventilazione meccanica sia uno dei principali obiettivi riabilitativi nei pazienti con lesione del midollo spinale, diverse controversie sull’approccio riabilitativo ottimale sono ancora aperte. Pertanto, questa revisione sistematica si pone l’obiettivo di caratterizzare gli interventi riabilitativi attualmente disponibili per ottimizzare lo svezzamento da VM nei pazienti con LM. Materiali e Metodi Il 12 aprile 2022 è stata eseguita una ricerca sistematica della letteratura in PubMed, Scopus, Web of Science, Cochrane e PEDro, identificando trial clinici che valutano i pazienti con LM ventilati meccanicamente sottoposti a riabilitazione polmonare. Gli outcome primari erano la durata dello svezzamento, la durata della VM e il tasso di successo dello svezzamento. Gli outcome secondari erano la funzionalità polmonare, il tempo di estubazione o decannulazione, la durata della degenza e la sicurezza del trattamento eseguito. La quality assesment è stata eseguita mediante la Joanna Briggs Institute Critical Appraisal Checklist. La revisione è stata precedentemente registrata su Prospero con codice di registrazione CRD42022329678. Risultati Su 413 record identificati, sono stati inclusi 14 studi (2 RCT, 7 studi osservazionali e 5 case report). La Figura 1 mostra nel dettaglio il processo di selezione degli studi inclusi. La maggior parte degli studi valutava un approccio riabilitativo complesso comprendente diverse tecniche riabilitative, tra cui ventilazione con alti volumi, specifiche tecniche di posizionamento del paziente, manovre meccaniche di reclutamento polmonare, strategie di gestione delle secrezioni, rinforzo dei muscoli respiratori ed elettrostimolazione. La quality assesment ha identificato una bassa qualità degli studi inclusi. I risultati di questa revisione sistematica hanno supportato gli effetti di un approccio riabilitativo complesso comprendente diverse tecniche riabilitative che includevano ventilazione ad alti volumi, tecniche di posizionamento, manovre meccaniche di reclutamento polmonare, gestione delle secrezioni, allenamento dei muscoli respiratori e stimolazione elettrica. Nonostante siano stati individuati risultati promettenti, sono necessari studi di buona qualità per caratterizzare meglio gli effetti di specifici interventi riabilitativi riducendo la durata della VM e ottimizzando il processo di svezzamento da ventilatore, al fine di fornire dati utili allo sviluppo di un piano riabilitativo su misura per il paziente basato sull’evidenza. Bibliografia [1] Como JJ, Sutton ER, McCunn M, Dutton RP, Johnson SB, Aarabi B, et al. Characterizing the need for mechanical ventilation following cervical spinal cord injury with neurologic deficit. The Journal of trauma. 2005;59(4):912-6. [2] Goligher EC, Dres M, Fan E, Rubenfeld GD, Scales DC, Herridge MS, et al. Mechanical Ventilation-induced Diaphragm Atrophy Strongly Impacts Clinical Outcomes. Am J Respir Crit Care Med. 2018;197(2):204-13. [3] DeVivo MJ, Krause JS, Lammertse DP. Recent trends in mortality and causes of death among persons with spinal cord injury. Archives of physical medicine and rehabilitation. 1999;80(11):1411-9. Figura 1. Flow chart. Strategie riabilitative specifiche sono necessarie per prevenire gravi complicanze legate alla VM prolungata in pazienti con LM, ma anche per Conclusioni migliorare il recupero funzionale e ridurre i costi di assistenza.
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Training riabilitativo dell’arto superiore nella Malattia di Parkinson: due metodi a confronto (dispositivo tecnologico con realtà virtuale e Action observation therapy). Dati preliminari
Training riabilitativo dell’arto superiore nella Malattia di Parkinson: due metodi a confronto (dispositivo tecnologico con realtà virtuale e Action observation therapy). Dati preliminari. Cira Fundarò, Chiara Ferretti*, Antonio Nardone, Roberto Maestri, Alessandro Magistroni, Antonia Pierobon, Michelangelo Buonocore. *Presenta il poster Introduzione La Malattia di Parkinson (MP) è un disordine cronico del movimento con progressiva compromissione delle abilità manuali fini. Nei malati di Parkinson la problematica di maggior rilievo è il deficit nella capacità di iniziare movimenti volontari sia semplici che complessi oppure ripetere sequenze motorie poliarticolari in maniera rapida seguendo un processo corticale ben organizzato. In particolare il controllo di gesti di reaching e di grasping bimanuali simultanei (cosi come la modulazione della lunghezza del passo o della grafia) risultano difficoltosi in relazione all’incapacità di una regolazione corretta legata all’attività dei gangli della base. A differenza dei soggetti sani che velocizzano l’esecuzione dei movimenti in proporzione alla loro ampiezza i parkinsoniani non riescono ad aumentare la velocità in funzione di questo parametro: il gesto risulta lento con una minore accuratezza e una maggiore percentuale di errore all’aumentare della velocità dell’azione. In campo riabilitativo è nata la necessità di ricorrere a nuovi approcci che hanno come scopo principale la compensazione o la rieducazione di funzioni deficitarie a causa di una patologia mediante la stimolazione di strutture neurali che hanno subito un danno oppure ricercare l’attivazione di neocircuiti o neoconnessioni in grado di vicariare le aree/funzioni deficitarie. Negli anni più recenti sono stati introdotti modelli riabilitativi che si basano su strategie cognitivo-compensatorie, che permettono di intervenire sul deficit nei movimenti ripetitivo-sequenziali. Tra queste: l’action observation therapy (AOT) e la riabilitazione mediante dispositivi tecnologici o robotici. In campo neurofisiologico è stato ampiamente dimostrato che l’osservazione di un’azione che viene eseguita da altri individui induce l’attivazione, nella persona che osserva, delle stesse strutture neurali che vengono reclutate nell’esecutore del gesto. Questo avviene grazie alla presenza del sistema dei neuroni specchio. Numerosi studi hanno dimostrato che l’action observation è un nuovo approccio terapeutico che permette non solo di riconoscere ed imitare un’azione ma anche di stimolare un processo di apprendimento volto a migliorare la performance di specifiche abilità motorie. Il ruolo positivo dell’AOT nella Malattia di Parkinson consiste verosimilmente nel sostegno e nella ri-rganizzazione dei circuiti che collegano la corteccia motoria e i gangli della base (che risultano compromessi nella malattia di Parkinson). In campo neurologico, il training mediante l’uso di dispositivi robotizzati in un primo momento ha riguardato il recupero delle abilità motorie in pazienti colpiti da stroke successivamente è stato adottato nei traumi cranici, lesioni midollari, ma successivamente ha avuto applicazione anche nella malattia di Parkinson. L’impiego nell’arto superiore ha consentito secondo alcuni studi un miglioramento delle funzionalità motorie nell’arto superiore (incremento nella destrezza motoria nel gesto di grasping, reaching e movimenti fini con la mano). Nel nostro studio saranno studiati soggetti parkinsoniani con deficit dei movimenti fini dell’arto superiore che saranno sottoposti ad un trattamento di action observation o ad un training con tecnologico Armeo Spring®. Scopo dello studio è valutare l’efficacia dei due training riabilitativi a confronto. Materiali e Metodi Criteri di inclusione: pazienti con Malattia di Parkinson, tra i 45 e gli 85 anni, Hoehn e Yahr 2-3, MMSE >=24, destrimani. Criteri di esclusione: patologie osteo-muscolari/neurologiche a carico dell’arto superiore, soggetti non collaboranti, gravi deficit visivi e/o acustici, tremore o movimenti involontari di grado rilevante. I partecipanti allo studio sono stati suddivisi in due gruppi in maniera casuale. Un gruppo eseguirà il training con dispositivo tecnologico Armeo Spring® (30 minuti, 5 giorni/settimana/4settimane), l’altro eseguirà il training AOT (uguale frequenza e durata), entrambi un trattamento fisioterapico convenzionale (45 minuti, uguale frequenza). La valutazione clinico-funzionale sarà effettuata prima di iniziare il trattamento (T0) e al termine delle sedute (T1) mediante UPDRS e misure fornite dal dispositivo Armeo Spring® (accuratezza del movimento, percentuale di riuscita dell’esercizio, tempo di esecuzione movimento sul piano verticale e orizzontale, tempo di reazione). Per l’esecuzione del training tecnologico sarà impiegato il dispositivo Armeo Spring®, per l’action observation therapy saranno mostrati dei video con esercizi per l’arto superiore, per il trattamento fisioterapico convenzionale esercizi di mobilizzazione articolare, esercizi di allungamento, rinforzo muscolare, coordinazione e training della deambulazione. Risultati I dati preliminari dello studio riguardano i primi 20 pazienti arruolati, 10 per il gruppo action observation e 10 per Armeo Spring (rispettivamente 6M e 4F, età media 73.1±8.6 anni, Hoehn & Yahr medio 2.6±0.6; 6M e 4F, età media 69.1±6.6 anni, Hoehn & Yahr medio 2.4±0.5 Il campione dello studio è risultato omogeneo. L’analisi di confronto tra i due gruppi ha dimostrato che entrambe le metodiche portano ad un miglioramento nel punteggio della scala UPDRS, ma statisticamente non è emersa una prevalenza di un gruppo rispetto all’altro (p=0,257). Sul piano verticale l’analisi dei risultati della percentuale di completamento dell’esercizio ha raggiunto in entrambi i gruppi al T1 valori prossimi al 100%, per cui non è stata eseguita l’analisi dei dati; il confronto tra i valori delle accuratezze della traiettoria ha determinato un miglioramento nell’accuratezza nel piano verticale, ma non si è evidenziata una prevalenza significativa di un metodo rispetto all’altro (p=0,744). Sul piano orizzontale in entrambe le metodiche si è registrato un miglioramento della percentuale di completamento dell’esercizio, ma nel confronto statistico tra le metodiche non emerge la superiorità di un gruppo rispetto all’altro (p= 0, 966), il confronto tra i dati dell’accuratezza nell’esercizio cattura orizzontale non ha comportato una prevalenza statistica di una strategia rispetto all’altra (p=0,862). La percentuale di completamento dell’esercizio tempo di reazione (TR) in ciascun gruppo ha raggiunto un valore massimale al T1 per cui l’analisi non è stata eseguita; la tempistiche di completamento dell’esercizio TR ha dimostrato un cambiamento statisticamente significativo in entrambi i gruppi; il confronto statistico tra questi dati ha evidenziato cambiamenti significativi verso il trattamento Armeo® (p=0,0042). Conclusioni Si osservano promettenti risultati con entrambe le metodiche, senza evidenziarsi una chiara superiorità di efficacia tra i due interventi. Ulteriori studi con popolazioni più numerose sono pertanto necessari. Bibliografia G. Buccino et al. “Action observation treatment: a novel tool in neurorehabilitation.” Phil. Trans. R. Soc. B 369.1644 (2014). G. Abbruzzese et al. “Rehabilitation for Parkinson’s disease: Current outlook and future challenges.” Parkinsonism & related disorders 22 (2016): S60-S64. C. Fundarò et al. “Upper limb interactive weightless technology-aided intervention and assessment picks out motor skills improvement in Parkinson’s disease: a pilot study”. Front neurol. 2020 Feb 14; 11: 40. Doi: 10.3389/fneur.2020.00040.
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La Sindrome di Parsonage-Turner, dalla diagnosi al trattamento riabilitativo
La Sindrome di Parsonage-Turner: dalla diagnosi al trattamento riabilitativo. L. Lauricella, D. Scaturro, G. Signa, M.T. Emmola, G. Passantino, M. Vecchio, G. Letizia Mauro INTRODUZIONE: La sindrome di Parsonage-Turner (PTS) è una rara sindrome che si può verificare in individui perfettamente in salute con un improvviso e brusco dolore unilaterale alla spalla che può iniziare in modo Insidioso, amplificandosi in severità e intensità. Il periodo di dolore acuto viene nei successivi giorni / settimane sostituito da una progressiva ipostenia/astenia, anormalità del sensorio e dei ROT, con differenti manifestazioni cliniche che possono coinvolgere i muscoli del cingolo scapolare e della regione prossimale dell’arto superiore. Tale condizione è anche nota come Nevralgia Amiotrofica o neurite brachiale, la cui insorgenza può essere determinata da un intervento chirurgico, da uno sforzo intenso, post infettiva o traumatica o post trattamento antibiotico o vaccinale. DESCRIZIONE DEL CASO – Giugno 2021 giunge presso gli ambulatori della U.O.C. di “Recupero e Riabilitazione Funzionale” dell’A.O.U.P. “Paolo Giaccone” di Palermo F.G. uomo, studente di 23 anni, razza caucasica, normopeso, normostrutturato, praticante attività fisica da carico di tipo non agonistico (palestra con sala attrezzi), lamentando limitazione funzionale ed astenia all’arto superiore destro da circa 6 mesi. – Settembre 2020 riferisce episodio acuto di dolore notturno di tipo urente alla spalla destra, irradiato al rachide cervicale omolaterale, cui segue astenia dell’arto superiore destro. Per tale motivo si reca dal proprio MMG che pone diagnosi di cervicobrachialgia destra e imposta una terapia farmacologica con Diclofenac 150mg per os per 5 giorni con scomparsa della sintomatologia algica. Persistono tuttavia impotenza funzionale ed astenia con limitazione nello svolgimento delle ADL e sospensione dell’attività sportiva per diversi mesi. Viene eseguito esame ETG spalla destra che “non evidenza alterazioni tendinee della CDR”. – Marzo 2021 esegue visita ortopedica in cui viene consigliata ripresa dell’attività sportiva e massoterapia decontratturante del muscolo trapezio. All’inizio del trattamento riabilitativo il fisioterapista segnala “una massa di NDD in regione scapolare destra”, che viene trattata con massoterapia e coppettazione (3 sedute) che determinano risoluzione della massa; inoltre viene evidenziata una ipotonotrofia muscolare a livello del m. infraspinato di destra. – Maggio 2021, su suggerimento del MMG, esegue esame EMG/ENG che evidenzia “sofferenza neurogena con segni di denervazione nei territori dipendenti dal n. sovrascapolare di destra prevalente all’infraspinato; aumentata la latenza motoria del n. sovrascapolare dx derivando dal sovraspinato, dx, assente MAP all’infraspinato. Sofferenza neurogena di grado moderato dei mm. dipendenti dai metameti C5-C6 e C8 di dx”. – Giugno 2021, con richiesta di visita Fisiatrica giunge alla nostra osservazione e dopo attenta anamnesi e aver visionato gli esami strumentali si evidenzia: “ROM passivo della spalla destra libero e non dolente su tutti i piani del movimento, ipotonotrofia del m. infraspinato e sottoscapolare di destra, ipostenia nei movimenti di rotazione (maggiore all’extrarotazione) con accenno alla sintomatologia dolorosa contro resistenza. Sensibilità tattile, dolorifica, protopatiche nella norma. ROT AASS normoelicitabili e simmetrici. Presenza di vitiligine 1/3 distale estremità delle dita dell’arto superiore destro”. Vengono somministrate a T0 le seguenti scale di valutazione: NRS (dolore ) – Constant Mureley (funzionalità articolare); DASH (svolgimento delle ADL) – Modified MRC scale (forza muscolare). Viene posto il sospetto diagnostico di “Sindrome da compressione del n. soprascapolare” e vengono prescritti gli esami RMN encefalo, cervico-dorsale e spalla destra e n. 20 sedute di trattamento riabilitativo con sedute giornaliere per 5 giorni la settimana (esercizi di rinforzo dei mm della CDR a durata e intensità crescente secondo tolleranza, prima fuori carico e successivamente contro resistenza; elettrostimolazione con onde triangolari dei mm. sovraspinato e infraspinato di destra). Viene inoltre consigliata terapia farmacologica con Cianocobalamina fl 1000mg intramuscolo, una fl al dì per 10 giorni (sospesa dopo 7 giorni). – Agosto 2021, si prende visione dell’esame RMN spalla destra “ventri muscolati dei tendini sovra ed infraspinato con trofismo nettamente ridotto e interessati da fenomeni edemigeni interfibrillari; non lesioni tendinee o cistiche/solide locoregionali; reperto sospetto per sofferenza muscolare da neuropatia del n. sovrascapolare”. Viene eseguita rivalutazione al termine dei 2 cicli (T1) che evidenzia un quadro sovrapponibile al precedente seppur con lievi miglioramenti in termini di guadagno di forza muscolare (MRC scale). Viene inoltre prescritto esame TC torace e visita neurologica per approfondimento dell’iter diagnostico. Continua il trattamento riabilitativo per altri 2 cicli. All’esame TC “iperdensità del mediastino anteriore come da residuo timico”, inoltre all’esame ematico l’ ab anti-Ach risulta positivo (3.5nmol/L, v.n. < 0.45). - Settembre 2021, torna al controllo fisiatrico con diagnosi neurologica di “Sindrome di Parsonage-Turner”, ed esclusa Miastenia Gravis, continua trattamento riabilitativo. - Novembre 2021, alla rivalutazione fisiatrica (T2), quadro clinico in miglioramento, con recupero parziale della forza muscolare ed miglioramento del tonotrofismo muscolare e dell’autonomia nello svolgimento delle ADL. Si prende visione degli esami RMN encefalo e cervicale che risultano negativi. Al follow up dopo circa un anno (giugno 2022) alla rivalutazione (T3) netto miglioramento del quadro clinico con incremento del tonotrofismo muscolare dei mm. sovra spinato ed infra spinato, del recupero del ROM in assenza di algia in extra ed intrarotazione e dell’esercizio contro resistenza con una netta ripresa nello svolgimento delle ADL. Risultati: la clinica risulta nettamente migliorata a lungo termine per ogni parametro analizzato: dolore, funzionalità, forza, resistenza muscolare nonché ripristino delle ADL. La nostra esperienza dimostra come un’attenta anamnesi e un corretto iter diagnostico siano stati fondamentali la risoluzione della patologia. Un progetto – programma riabilitativo individualizzato e personalizzato ripetuto nel tempo risulta fondamentale non solo per il rispristino della normale funzionalità dell’arto, e per il recupero del gesto specifico. Bibliografia: 1) Feinberg JH, Radecki J. Parsonage-turner syndrome. HSS J. 2010 Sep;6(2):199-205. doi: 10.1007/s11420-010-9176-x. Epub 2010 Jul 30. PMID: 21886536; PMCID: PMC2926354. 2) Mamula CJ, Erhard RE, Piva SR. Cervical radiculopathy or Parsonage-Turner syndrome: differential diagnosis of a patient with neck and upper extremity symptoms. J Orthop Sports Phys Ther. 2005 Oct;35(10):659-64. doi: 10.2519/jospt.2005.35.10.659. PMID: 16294987. 3) Jerath VP, Mahajan VK. Parsonage-Turner syndrome: a firsthand experience of an uncommon malady. Am J Neurodegener Dis. 2021 Aug 15;10(4):34-37. PMID: 34712516; PMCID: PMC8546633.
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Il rimodellamento del femore peiprotesico. L’uso razionale dei disfosfonati e della DEXA periprotesica nel follow-up
IL RIMODELLAMENTO DEL FEMORE PERIPROTESICO. L’USO RAZIONALE DEI BISFOSFONATI E DELLA DEXA PERIPROTESICA NEL FOLLOW-UP D.M.Carlucci; A.Tomasoni *,A. Tottoli*, L. Marini*, F.Andreoli**, D.Gatti*** G. Fata****, A.R.Storelli**** Amb. Fisiatrico ASST-Valcamonica.BS * Radiologia ASST-Valcamonica.Bs ** Direzione Medica di Presidio Ospedale ASST-Valcamonica.BS ***Reumatologia Università Verona **** Medicina Fisica e Riabilitativa Azienda Universo Salute Opera Don Uva Bisceglie. BAT Introduzione Il successo a lungo termine di un impianto protesico è dovuto alla interazione tra osso periprotesico ed impianto protesico. Tale interazione sviluppa una serie di fenomeni biologici che possono essere definiti interazione osso/protesi favorevole. La stabilità protesica è il risultato di diversi fattori: rapporto ottimale tra le componenti protesiche e la stabilità dell’ interfaccia’. E’ noto che la protesizzazione ha lo scopo di abolire il dolore, migliorare la funzione e ristabilire un’accettabile qualità di vita del paziente, creandosi così una condizione anatomo-funzionale articolare parafisiologica,espressione di un adattamento favorevole dell’osso alla nuova condizione biomeccanica. Quando tali adattamenti dell’osso e delle parti molli all’impianto sono abnormi o sfavorevoli si viene a determinare una mobilizzazione asettica della protesi , o meglio il fallimento dell’impianto, a volte difficilmente prevedibile dal punto di vista temporale. La valutazione densitometrica nel follow-up delle sub-regioni di Gruen ci dà la conferma. L’entità del riassorbimento periprotesico misurato con densitometria DEXA, è un ben documentato indice di sopravvivenza degli impianti protesici. La differenza tra la BMD a breve distanza dall’intervento e quella riscontrata nel follow-up appare predire l’entità della migrazione delle componenti protesiche. Il paziente spesso non avendo un importante dolore in sede di protesi non esegue controlli periodici, spesso si tratta di pazienti operati fuori sede. Inoltre poichè spesso la valutazione del radiologo si riduce alla mera constatazione di una protesi in situ, nell’interazione osso-protesi viene a mancare il monitoraggio radiografico per evidenziare eventuali alterazioni osteometaboliche, suscettibili di un trattamento farmacologico di tutela dell’osteointegrazione periprotesica. La terapia farmacologica contribuisce a migliorare la stabilità immediata e non inibisce l’immediata osteogenesi periprotesica, incrementando la BMD attorno allo stelo e alla coppa, riducendo la percentuale delle revisioni. I bisfosfonati (BF) trovano un’indicazione per le proprietà antiriassorbitive, antidolorifiche e antinfiammatorie. Obiettivo Valutare gli outcomes dei pazienti protesizzati trattati con BF dopo un anno dalla frattura seguiti presso l’ambulatorio Fisiatrico (AF) e confrontarli con quelli operati non trattati con BF (GC). Il risultato funzionale e l’entità del dolore risultano indici attendibili per predire la sopravvivenza degli impianti. Materiali e metodo 15 pazienti operati di artroprotesi totale d’anca sn non cementata per frattura post-traumatica, di età > 75 anni, (AF) , in trattamento con bisfosfonati a partire dall’immediato post-operatorio, secondo schema osteoporosi, sono stati confrontati con altrettanti soggetti (GC) non in trattamento per problemi odontoiatrici, dopo 6 e 12 mesi dall’evento fratturativo. Abbiamo valutato gli outcomes mediante valutazioni clinico-stumentali di rapida misurazione: Scala di Womac, Timed Up and Go Test, Harris Hip Score, Scala di Hausen, valutazione dell’osso periprotesico con dexa. Entrambi i gruppi sono stati operati con la medesima tecnica chirurgica, approccio laterale ed hanno seguito lo stesso decorso post-operatorio riabilitativo. Dal punto di vista della composizione dei gruppi in termini di sesso, età e patologia non vi sono differenze statisticamente significative. Risultati Al follow-up a sei mesi, T6, e a 12 mesi, T12, dall’intervento di artroprotesi, il confronto tra il gruppo trattato e il gruppo di controllo mostrava globalmente una significativa differenza, a favore del gruppo trattato, dei fattori predittivi extrascheletrici, tramite le scale di valutazione, di stabilità protesica: migliore funzionalità articolare, ridotto dolore in carico, migliore qualità del cammino, minor uso di ausili e di fattori scheletrici come un ottimale rimodellamento osseo periprotesico. Conclusioni. Poiché il rimodellamento periprotesico precoce, ovvero quello che avviene nei primi 6-12 mesi dall’intervento, condizionerà l’andamento degli anni successivi, la valutazione della ridistribuzione della densità minerale ossea, è un dato clinicamente rilevante nella diagnosi precoce dei processi che condurranno al fallimento protesico. In presenza di outcomes negativi che comportano problemi clinici particolari, spesso espressione di perdita ossea periprotesica che si realizza a breve e a lungo termine, sarà necessario definire strategie capaci di prolungare o facilitare la fase di recupero della massa ossea. La modulazione farmacologica, con l’impiego dei bisfosfonati già nelle prime fasi post-intervento di artroprotesi, sarebbe efficace nel ridurre il riassorbimento periprotesico nel primo anno, tale riduzione viene dimostrata sia tramite le misurazioni DEXA delle sub-regioni di Gruen che con le valutazioni clinico-strumentali, confermata dalla meta-analisi di Bhandari Bibliografia 1-Bhandari M. et al. Effect of bisphosphonates on periprosthetic bone mineral density after total joint arthroplasty. A meta-analysis. J. Bone Joint Surg Am. 2005;87:283-301. 2-Frediani B, Giusti A,Bianchi G, et al. Clodronate in the management of different musculoskeletal conditions. Minerva Med. 2018; 109:300-25. 3-Molfetta L, Palermo A, Cavallari M, et al. Il bone remodeling nelle protesi d’anca non cementate:analisi densitometrica. Giornale Italiano di Ortopedia e traumatologia 1998;24:237-47.
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Le ustioni della mano nel bambino. Esperienza riabilitativa in setting ambulatoriale ospedaliero
Le ustioni della mano nel bambino. Esperienza in setting ambulatoriale ospedaliero *Papa A. ; **Zito R. ; *Nicosia G.; ° Ranno R.°° Onesta MP * Dirigente medico – UOC Unità Spinale Unipolare – AOE Cannizzaro CT ; ** Terapista Occupazionale – UOC Unità Spinale Unipolare – AOE Cannizzaro CT ; ° Direttore UOC Centro Ustioni – AOE Cannizzaro CT ; °°Direttore UOC Unità spinale Unipolare – AEO Cannizzaro CT Introduzione L’ustione rappresenta ancora oggi uno dei più frequenti e pericolosi incidenti che colpiscono i bambini. La risposta però del bambino a un’ustione è del tutto peculiare e differisce dall’adulto per caratteristiche epidemiologiche, anatomo-fisiologiche, psicologiche, percorso di cura e processo di cicatrizzazione delle aree lese. Il Centro Ustioni presente all’interno dell’ Az. per l’Emergenza Cannizzaro di Catania rappresenta il il riferimento per la presa in carico della malattia da ustione dell’adulto e del bambino per la regione Sicilia e Calabria . In ambito ambulatoriale è stato possibile seguire un numero di pazienti pediatrici che presentavano ustioni alla mano . Materiali e Metodi Nel 2020 e 2021 abbiamo preso in carico 8 pazienti in età pediatrica che presentavano esiti di ustioni alla mano . La valutazione multidisciplinare è stata fondamentale al fine di definire gli interventi riabilitativi utili al recupero funzionale . In tutti i casi il trattamento fisioterapico si integrava ad attività ludiche ed occupazionali . La progettazione di ortesi e l’ addestramento dei familiari nella gestione della malattia da ustione ha influito positivamente sul recupero. Risultati Per i piccoli pazienti presi in carico in ambito ambulatoriale è stato attuato un progetto riabilitativo individuale che considerasse l età e le capacità relazionali e di partecipazione . Emergono delle criticità nell’ambito della valutazione oggettiva dei risultati benché per ognuno di essi è stato possibile individuare miglioramenti nell’utilizzo funzionale della mano ustionata e nella integrazione dell’arto superiore leso nelle attività bimanuali e di manipolazione fine . L’ intervento educazionale sulla famiglia ha avuto peso significativo sul progetto. Conclusioni Le ustioni della mano nel bambino ,a seconda del tipo e della sede, necessitano di cure che prevedono l’ospedalizzazione e in casi più complessi, possono rendersi necessari interventi chirurgici minori o maggiori. Il trauma derivante porta nel bambino ad amplificare il danno funzionale sull’arto ustionato . L’ intervento riabilitativo integrato nel percorso di cure , nella nostra esperienza ambulatoriale , ha determinato un esito positivo sul recupero . Bibliografia – Early management in children with burns: Cooling, wound care and pain management. Baartmans MG, de Jong AE, van Baar ME, Beerthuizen GI, van Loey NE, Tibboel D, Nieuwenhuis MK.Burns. 2016 Jun;42(4):777-82. – Occupational Therapy and Physiotherapy for the Patient with Burns: Principles and Management Guidelines, M.; King, S.; Edgar, D.. J. Burn Care Rehabil. 2003, 24, 323-335.
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La stenosi del canale vertebrale nella sindrome post-polio: due case report
Una sfida ancora aperta: la Sindrome Post-Poliomielitica F.D’Auria1, S.Montrasio2, D.Zelko2, D.Bossi2, C.Kiekens2 1. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli studi di Milano 2. Ospedale San Giuseppe, IRCCS MultiMedica, Milano ”La stenosi del canale vertebrale nella sindrome post-polio: due case report ” Introduzione La sindrome post-polio1 è una condizione neurologica caratterizzata dallo sviluppo di sintomi neuromuscolari e sistemici come debolezza muscolare progressiva, dolore osteo-articolare e faticabilità anomala. Materiali e Metodi Abbiamo identificato due pazienti maschi (59 e 73 anni): • Diagnosi di poliomielite nell’infanzia • Riduzione dell’autonomia funzionale per sospetta sindrome post-polio • RMN lombo-sacrale con stenosi del canale lombare (L3-L4-L5) • Deficit motori e sensoriali ai quattro arti • Entrambi sono stati trattati con intervento di decompressione lombare • EMG/ENG: presenza di una marcata sofferenza neurogena cronica, con sovrapposizione di denervazione attiva L4-L5(-S1) e segni di stenosi del canale vertebrale L4-L5. Risultati È stato impostato, per entrambi, un Progetto Riabilitativo2 che integrasse interventi finalizzati al recupero della forza muscolare, della propriocezione e della piena autonomia nella deambulazione e nelle ADL, training con virtual reality system per il potenziamento della manualità fine e colloqui psicologici di supporto. Alla dimissione, il paziente 1 deambulava in autonomia con deambulatore; il paziente 2 deambulava in autonomia senza utilizzo di ausili. Conclusioni • La stenosi spinale può mascherarsi come una sindrome post-poliomielite o come una progressiva polineuropatia sensitivo-motoria3. • Questi pazienti presentavano dolore radicolare, riconosciuto sia dalla sua distribuzione somatica, sia dalla presenza di disestesie associata nella distribuzione dermatomeriche delle radici spinali coinvolte. • Questi due casi indicano che la stenosi spinale può essere più frequente di quanto sia stato riconosciuto finora. Bibliografia 1. Lo JK, Robinson LR. Postpolio syndrome and the late effects of poliomyelitis. Part 1. pathogenesis, biomechanical considerations, diagnosis, and investigations. Muscle Nerve. 2018 Dec;58(6):751-759. doi: 10.1002/mus.26168. Epub 2018 Aug 22. PMID: 29752819. 2. Tiffreau V, Rapin A, Serafi R, Percebois-Macadré L, Supper C, Jolly D, Boyer FC. Post-polio syndrome and rehabilitation. Ann Phys Rehabil Med. 2010 Feb;53(1):42-50. doi: 10.1016/j.rehab.2009.11.007. Epub 2009 Dec 30. PMID: 20044320. 3. Lo JK, Robinson LR. Post-polio syndrome and the late effects of poliomyelitis: Part 2. treatment, management, and prognosis. Muscle Nerve. 2018 Dec;58(6):760-769. doi: 10.1002/mus.26167. Epub 2018 Aug 23. PMID: 29752826.
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Disabilità infantile in epoca Covid19: l’impatto dell’attività ludico-motoria sulla Qualità di vita, mediante la bicicletta adattata, in bambini/adolescenti con disabilità intellettivo-motoria
DISABILITÀ INFANTILE IN EPOCA COVID-19: Impatto dell’attività ludico motoria sulla QoL mediante la Bicicletta Adattata, in bambini/adolescenti con disabilità intellettivo-motoria Giulia Stella1, Marianna Avola2, Gessica Della Bella1, Michele Vecchio2, Enrico Castelli1 1. Dipartimento di Neuroriabilitazione Intensiva e Robotica, U.O.D.: DH Neuroriabilitazione e Attività Sportiva Adattata, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù , Roma 2. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Biomedicina e Biotecnologie, Università degli Studi di Catania Introduzione La pandemia da COVID-19 ha sconvolto la quotidianità di tutta la popolazione mondiale: le misure di isolamento e le restrizioni adottate dai governi hanno determinato un impatto negativo significativo sulla QoL di bambini e adolescenti. In particolare a causa della riduzione dei supporti riabilitativi, assistenziali e ludico-motori (1), bambini e adolescenti affetti da disabilità intellettivo motoria hanno sofferto gli effetti della pandemia. L’attività ludico-motoria è efficace nel migliorare la Qol dei soggetti affetti da disabilità, e in tale contesto, il ciclismo dinamico adattato (ADC) si è dimostrato uno strumento piacevole di integrazione sociale e di esercizio fisico in bambini con disabilità intellettivo-motoria. (2) Da qui nasce l’idea di uno studio osservazionale sull’impatto dell’attività ludico-motoria, eseguita mediante l’impiego della bicicletta adattata (AB), sulla QoL di bambini/adolescenti con disabilità intellettivo-motoria durante l’epoca COVID19. Materiali e Metodi Da dicembre 2020 sono stati arruolati bambini/adolescenti con disabilità intellettivo-motoria, afferenti presso l’U.O.D. DH Neuroriabilitazione e Attività Sportiva Adattata OPBG Palidoro. Le valutazioni sono state effettuate alla consegna della BA (T0) e a 3 mesi di utilizzo (T1). Criteri di inclusione sono: Età 4 > 18 anni, Disabilità Intellettivo-Motoria, non in grado di utilizzare la bicicletta commerciale, Level of Sitting Scale > 4, Gross Motor Function Classification System ⩽ IV. Criteri di esclusione erano: GMFCS > V, Grave ritardo cognitivo (non collaborazione, grave deficit di coordinazione e comprensione), Gravi patologie cardio-vascolari e dispnea, Recenti interventi chirurgici. Misure di Outcome: • Pediatric Quality of Life Inventory 4.0 Short Form (PEDSQL SF15). (3) • Psychosocial Impact of Assistive Devices Scale (PIADS) e Scheda QUEST 2.0 • Colloqui telefonici e un “Diario della Bicicletta” per i pazienti • Livello di controllo del tronco tramite scala LSS (Level of Sitting Scale) Risultati Gli score relativi alla qualità di vita e al controllo del tronco hanno mostrato una differenza statisticamente significativa tra i valori medi di T0 E T1 (p=0,00072 e p=0,0058). La valutazione con scala PIADS ha mostrato un maggior miglioramento negli items «Felicità», «Qualità di Vita», «Capacità di Partecipazione». Conclusioni I risultati preliminari del nostro studio hanno dimostrato che l’Attività Sportiva adattata mediante l’utilizzo BA migliora la QoL del bambino, favorisce, l’outcome funzionale del bambino, il suo sviluppo armonico, le sue capacità di comunicazione e relazione, il suo inserimento sociale e la capacità di partecipazione favorisce il mantenimento di uno stile di vita attivo, contrastando così gli effetti negativi determinati dall’attuale pandemia da Covid-19. Bibliografia 1. Challenges and burden of the Coronavirus 2019 (COVID-19) pandemic for child and adolescent mental health: a narrative review to highlight clinical and research needs in the acute phase and the long return to normality Jörg M Fegert et al. DOI: 10.1186/s13034-020-00329-3 2. Adaptive innovations to provide services to children with developmental disabilities during the COVID-19 pandemic Valsamma Eapen et al. Paediatr Child Health. 2020 Nov 6. doi: 10.1111/jpc.15224. 3PedsQL 4.0: reliability and validity of the Pediatric Quality of Life Inventory version 4.0 Generic Core Scales in healthy and patient populations. Varni JW, Seid M, Kurtin PS. Med Care 2001. 39:800–12. doi:10.1097/00005650-200108000-00006.
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Influenza delle alterazioni tridimensionali della colonna vertebrale sull’equilibrio statico in adolescenti con scoliosi idiopatica.
BACKGROUND Le deformità del rachide nei tre piani dello spazio, che caratterizzano la scoliosi idiopatica adolescenziale, possono generare un’alterazione dei rapporti fra i vari segmenti corporei e, di conseguenza, condizionare la stabilità posturale del giovane paziente. OBIETTIVI In questo studio si è voluto indagare la relazione tra alcuni parametri radiografici, che identificano l’imbalance assiale e frontale del rachide, e l’entità dei disequilibri posturali nei soggetti affetti da scoliosi idiopatica adolescenziale. METODI Sono stati reclutati 18 soggetti con scoliosi idiopatica adolescenziale (età media 14.9±1.6 anni, curva principale 20±7° Cobb) e 18 soggetti sani (età media 15.7± 0.3 anni). Per i soggetti con scoliosi, sono stati misurati i seguenti parametri radiografici: severità della curva in gradi Cobb, Axial Vertebral Rotation-AVR (attraverso il metodo di Nash Moe), Apical Vertebral Translation-AVT, scostamento C7-sacro. E’ stata ottenuta la registrazione della traiettoria del centro di pressione (CoP) durante la posizione ortostatica ad occhi aperti e ad occhi chiusi su pedana di forza ArgoPlus MK1 per 40 secondi. Sono stati poi calcolati il root mean square nelle direzioni antero-posteriore e medio-laterale (RMS-AP e RMS-ML), la lunghezza della traiettoria del CoP (SP), l’area identificata dalla traiettoria del CoP (SA) e l’area dell’ellisse che contiene il 95% dei punti della traiettoria del CoP (EA). Sono state acquisite anche la distanza X e Y del baricentro della traiettoria dal centro della base di appoggio (CBA). RISULTATI I soggetti con scoliosi hanno registrato valori più elevati di SA (p=0.02) e SP (p=0.05) durante l’esame ad occhi chiusi, rispetto ai controlli sani. [Fig. 1] Si sono osservate correlazioni statisticamente significative tra il parametro scostamento C7-sacro e i seguenti dati stabilometrici: distanza Y del baricentro della traiettoria dal CBA, SA, rapporto SA/SP, RMS-ML, RMS-AP, EA. [Tab.1] E’ emersa una moderata correlazione tra il valore di AVT e la distanza Y del baricentro della traiettoria dal CBA (r=0.48, p=0.04). La severità della curva in gradi Cobb e il grado di rotazione vertebrale AVR non hanno dimostrato correlazioni statisticamente significative con alcun parametro stabilometrico. CONCLUSIONI La rotazione vertebrale, per quanto considerata un elemento cardine nella biomeccanica della scoliosi, non è probabilmente in grado di generare perturbazioni di equilibrio così ampie da essere rilevate tramite i test stabilometrici. Al contrario, le asimmetrie del rachide, che sono diretta conseguenza della scoliosi, possono determinare instabilità, quando non adeguatamente compensate da aggiustamenti posturali. BIBLIOGRAFIA 1.Kubat O, Ovadia D. Frontal and sagittal imbalance in patients with adolescent idiopathic deformity. Ann Transl Med. 2020 Jan;8(2):29. doi: 10.21037/atm.2019.10.49. PMID: 32055620; PMCID: PMC6995921. 2.Nault ML, Allard P, Hinse S et al. Relations between standing stability and body posture parameters in adolescent idiopathic scoliosis. Spine (Phila Pa 1976). 2002; 2:1911-1917. 3. Beaulieu M, Toulotte C, Gatto L et al. Postural imbalance in non-treated adolescent idiopathic scoliosis at different periods of progression. European Spine Journal. 2009; 18:38-44
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Organizzazione di un percorso post – acuzie del paziente ustionato. Progetto di integrazione ospedale territorio
Organizzazione di un percorso post – acuzie del paziente ustionato. Progetto di integrazione ospedale territorio . *Papa A. ; **Zito R. ; *Nicosia G.; ° Ranno R.°° Onesta MP * Dirigente medico – UOC Unità Spinale Unipolare – AOE Cannizzaro CT ; ** Terapista Occupazionale – UOC Unità Spinale Unipolare – AOE Cannizzaro CT ; ° Direttore UOC Centro Ustioni – AOE Cannizzaro CT ; °°Direttore UOC Unità spinale Unipolare – AEO Cannizzaro CT Introduzione La persona con malattia da ustione necessita di una presa in carico intrinsecamente multidisciplinare basata sul concetto di riabilitazione. Il trattamento dei pazienti gravemente ustionati deve essere gestito in Centri Specializzati (i Centri ustioni) da équipe multi-specialistiche. Uno dei 17 centri presenti in Italia si trova presso l’ Azienda Ospedaliera per l’ Emergenza Cannizzaro – Ct .Emergono dal confronto criticità riguardo la carenza assistenziale a danno del paziente con esito da ustioni gravi quali la prescrizione/fornitura di presidi elastocompressivi, trattamenti ambulatoriali dell’esito cicatriziale , ripetuti cicli di fisioterapia e altre prestazioni riabilitative. Materiali e Metodi L’obiettivo del progetto si sviluppa nel contesto di questo Ospedale ed è quello di realizzare un percorso di tipo riabilitativo intraospedaliero in continuità con il territorio, che possa essere più appropriato ed efficace nella gestione post acuzie. Tale progetto può essere un’opportunità di interventi sanitari per il paziente con malattia da ustione con esiti auspicabili di riduzione la disabilità fisica e sociale, miglioramento della qualità di vita , prevenzione delle complicanze . Il progetto coinvolge il personale e le risorse di 2 UOC ovvero centro Ustioni e l’Unità Spinale Unipolare a cui fa riferimento UOS di Recupero e Rieducazione funzionale che fornisce su richiesta le cure fisioterapiche in acuto. Il processo prevede di sistematizzare le valutazioni clinico – riabilitative in pre-dimissione dal reparto di degenza, individuare e settorializzare per competenze i bisogni assistenziali, monitorare nel tempo l’esito da gravi ustioni. Risultati In accordo con i Direttori delle rispettive UU.OO.CC. si è convenuto nel creare un gruppo di lavoro .Il cambio di rotta rispetto a quello che già avviene è di attivare con sistematicità la valutazione dei bisogni riabilitativi intraospedalieri , di definire quelli dei pazienti dimessi , di creare una rete di competenze sul territorio e di monitorarne i risultati . La presa in carico prevede la stesura di un progetto con obiettivi minimi che permettano in rientro a domicilio , attraverso un programma che preveda se necessario trattamenti fisioterapici ed interventi di terapia occupazionale. Considerando che alla dimissione in paziente si trova in condizione di stabilità clinica ma in una dimensione di fragilità notevole , è indispensabile che venga seguito nel suo reinserimento domestico e sociale . La multidimensionalità del patologia deve inoltre considerare dei bisogni breve termine che riguardano l’evoluzione delle complicanze e per cui interventi riabilitativi condizionano in senso positivo l’outcome della malattia da ustione che a tutti gli effetti una malattia cronica. Le valutazioni di follow -up si organizzeranno con una cadenza mensile nei primi 3 – 6 mesi dalla dimissione , e successivamente avverranno con cadenza trimestrale sino al raggiungimento dei 2 anni successivi al trauma da ustione . Dalle valutazioni potranno emergere dei bisogni prescrittivi , chirurgici , riabilitativi che saranno canalizzati in specifici percorsi di riabilitazione .In tale ottica vorremmo realizzare una rete di contatti territoriali che possa essere sufficientemente competente per sostenere i percorsi di riabilitazione sul territorio Conclusioni Gli ustionati dimessi dal Centro Ustioni, ma non ancora completamente guariti e affetti da cicatrici immature, devono necessariamente seguire un progetto riabilitativo complesso. Incrementare i rapporti ospedale e il territorio di compentenza in merito al percorso di gestione del post – acuzie ha valore nella visione d’ implementazione dei servizi assistenziali necessari al paziente affetto da malattia da ustione . Bibliografia Allorto, N.; Atieh, B.; Bolgiani, A.; Chatterjee, P.; Cioffi, W.; Dziewulski, P.; de Jong, A.; Gibran, N.; Guerrero, L.; Hanumadass, M.; et al. ISBI Practice Guidelines for Burn Care, Part 2. Burns 2018, 44, 1617-1706. L. Lancerotto, R. Sferrazza, A. Amabile, B. Azzena, Burn care in relation to burn epidemiology in Italy, Burns,Volume 37, Issue 5,2011,Pages 835-841.
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Le stimolazioni elettriche funzionali (FES) nella riabilitazione del cammino
LE STIMOLAZIONI ELETTRICHE FUNZIONALI (FES) NELLA RIABILITAZIONE DEL CAMMINO Pignatelli G., Farì G., Carbotta N., Indellicati A., Tombolini G., Basile F. INTRODUZIONE Le Stimolazioni elettriche funzionali (FES) rappresentano delle ortesi di nuova generazione capaci di correggere un deficit funzionale e di farlo in modo dinamico interagendo con l’individuo. Le FES sono infatti già state utilizzate come ausilio ortesico e terapeutico nella riabilitazione motoria degli arti superiori e inferiori. Hanno evidenziato effetti terapeutici migliorando la forza e la capacità di reclutamento muscolare [1] mentre la ripetitività, mediata dalla stimolazione elettrica, ha mostrato anche la capacità di facilitare il riapprendimento motorio [2]. Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare l’impatto funzionale di un programma riabilitativo svolto attraverso l’applicazione delle FES in pazienti con disturbi della deambulazione che presentassero deficit su base neurologica nella dorsi-flessione della caviglia. In questo studio abbiamo voluto valutare anche gli eventuali effetti sull’endurance, sull’equilibrio e sul pattern del passo più in generale oltre che studiare le evoluzioni elettrofisiologiche di tali applicazioni. MATERIALI E METODI Abbiamo selezionato 4 pazienti con disturbi della deambulazione e deficit della dorsi-flessione della caviglia su base neurologica, in particolare tre pazienti presentavano una diagnosi di SM di tipo RR e un paziente una diagnosi di polineuropatia su base tossico-metabolica. Sono stati inclusi pazienti con età superiore ai 18 anni, che non avessero subito pregressi interventi chirurgici a carico degli arti inferiori, che non presentassero patologie ortopediche che potessero inficiare il pattern deambulatorio, con EDSS uguale o inferiore a 5 per i pazienti SM e che fossero in grado di deambulare senza ausili per i pazienti con altre patologie neurologiche, sono stati esclusi pazienti portatori di PM, che presentassero aritmie cardiache in anamnesi e/o epilessia. Tutti sono stati sottoposti a ciclo riabilitativo con apparecchiatura FES L 300 go (Ottobock) costituita da un corpo stimolatore sulla gamba e uno sulla coscia per l’attivazione della flesso-estensione di ginocchio e la dorsi/plantiflessione di caviglia, comunicanti con un processore attraverso un sistema wireless [3]. Il protocollo riabilitativo utilizzato ha previsto due sedute settimanali di training deambulatorio e del passo indossando l’apparecchiatura FES della durata di 40 minuti per sessione per complessive 4 settimane. I pazienti sono stati valutati al momento dell’arruolamento (T0), a quattro settimane (T1) e a 3 mesi (T2) attraverso esame baropodometrico, somministrazione di scale quali Time Up and Go, 6 minute walking test, scala di Tinetti, scala di Berg, Indice dinamico gait, walking handicap scale ed esame elettromiografico degli arti inferiori. RISULTATI Tutti i pazienti hanno mostrato miglioramenti in termini di velocità, pattern del passo e di equilibrio dinamico valutato mediante esame baro-podometrico, tre pazienti hanno mostrato miglioramenti statisticamente significativi tra il T0 e T1 nelle valutazioni attraverso la scala di Tinetti e di Berg, due anche nel time up and go e 6-MWT. Tutti i pazienti hanno mostrato aumento del reclutamento di unità motorie all’esame elettromiografico, non altre sostanziali modifiche statisticamente significative. Non ci sono stati effetti avversi durante il trattamento. Tre dei quattro pazienti hanno evidenziato riduzioni significative dei miglioramenti ottenuti al T2 rispetto al T1, nell’indice di Berg, time up and go, 6-MWT e nel pattern deambulatorio, pur mantenendo miglioramenti rispetto al T0. CONCLUSIONI Il nostro lavoro conferma quanto già presente in letteratura e cioè che l’utilizzo delle stimolazioni elettriche funzionali è in grado di migliorare l’equilibrio e l’andatura dei pazienti affetti da SM con deficit di dorsi-flessione di caviglia, migliorare la velocità della deambulazione e il controllo propriocettivo del gesto. Va comunque evidenziato il carattere temporale del miglioramento che per essere mantenuto necessità di prosecuzione del training senza intervalli liberi troppo lunghi. Questi dati sono sicuramente interessanti, necessitano di essere ampliati in termine di casistica e di lunghezza del follow up ma aprono interessanti finestre sulle possibilità ortesiche e riabilitative in questi pazienti. BIBLIOGRAFIA T. Yan, C.W.Y. Hui-Chan, and LSW Li, “Functional electrical stimulation improves motor recovery of the lower extremity and walking ability of subjects with first acute stroke: a randomized placebo-controlled trial,” Stroke, vol. 36, No. 1, pp:80-85, 2005 L. R. Sheffler and J. Chae, “Neuromuscular electrical stimulation in neurorehabilitation,” Muscle Nerve, vol. 35, no. 5, pp. 562–590, May 2007. Mangion, D. (2019). Changes in foot clearance patterns with functional electrical stimulation (FES) and ankle foot orthosis (AFO) in the presence of foot drop post-stroke (Bachelor’s dissertation).
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Un nuovo approccio per il trattamento del linfedema primario cronico dell’adulto: inquadramento ecografico e tecarterapia
UN NUOVO APPROCCIO PER IL TRATTAMENTO DEL LINFEDEMA PRIMARIO CRONICO DELL’ADULTO: INQUADRAMENTO ECOGRAFICO E TECARTERAPIA Cinzia Cavone1-2, Federica Fumagalli1-2, Vincenzo Ricci1, Fabrizio Gervasoni1 , Arnaldo Andreoli1 1. Ospedale “Luigi Sacco” – U.O. Riabilitazione Specialistica – Asst Fatebenefratelli Sacco – Milano, Italia. 2. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano, Italia. INTRODUZIONE Il linfedema è definito da recenti linee di indirizzo come: “una patologia cronica degenerativa progressiva che si instaura nell’organismo a causa di una parziale incapacità di trasporto linfatico”. L’evoluzione della definizione di linfedema da “raccolta di liquido” a “patologia”, sposta l’attenzione dalla menomazione alla disabilità e alle sue implicazioni funzionali1. L’edema può derivare dall’aumentata filtrazione capillare, da una lesione della componente macromolecolare fibrillare della matrice extracellulare e/o dalla saturazione del sistema linfatico. In presenza di imbibizione tissutale, il collabimento dei vasi linfatici è impedito da filamenti di ancoraggio specifici di collagene (tipo VII), che vincolano la parete esterna alle macromolecole fibrose della matrice. Grazie alla presenza di canali ionici termosensibili, gli incrementi della temperatura tissutale conferiscono elasticità alle fibre collagene e modificano la frequenza di contrazione delle cellule muscolari linfatiche, stimolando la linfomotricità e modulando il flusso2. In questo studio preliminare, è stato integrato al trattamento riabilitativo linfodrenante per pazienti adulti con linfedema primario, il trattamento con tecarterapia (i.e. HumanTecar HCR 1002), documentando sia la riduzione volumetrica, sia le modificazioni reologiche tissutali (e.g. la localizzazione della componente fluida e/o la variazione della fibrosi tissutale). MATERIALI E METODI Lo studio preliminare è stato condotto presso l’Unità Operativa di Riabilitazione Specialistica dell’Ospedale “Luigi Sacco” (ASST Fatebenefratelli Sacco) di Milano. Previa sottoscrizione di consenso informato, sono state arruolate 10 pazienti di sesso femminile di età compresa tra 36 e 77 anni con linfedema cronico primario degli arti inferiori. Le pazienti sono state sottoposte a inquadramento clinico strumentale per mezzo di valutazione ecografica dei tessuti molli epifasciali con sonda ecografica lineare 12 L-rs da 8 a 13 MHz (dispositivo Versana Premiere Ge Healthcare ultrasound). La valutazione ecografica è stata ripetuta alla quarta e all’ottava seduta di trattamento. Sono stati misurati gli spessori del complesso dermoepidermico e del tessuto sottocutaneo in quattro punti dell’arto inferiore (i.e. coscia, gamba, sovra-malleolare mediale e dorso del piede). Negli stessi punti è stato valutato il pattern sono-istologico3. Le pazienti sono state sottoposte a 8 sedute linfodrenanti secondo il seguente programma riabilitativo individuale (p.r.i.): 1. MISURAZIONE CENTIMETRICA DELLA CIRCONFERENZA ARTUALE MULTILIVELLO 2. LINFODRENAGGIO CON TECARTERAPIA 30 minuti 3. LINFODRENAGGIO MANUALE 4. PRESSOTERAPIA SEQUENZIALE 5. ELASTOCOMPRESSIONE in presenza di indicazione clinica LINFODRENAGGIO CON TECARTERAPIA HumanTecar HCR 1002 Il dispositivo utilizzato per la realizzazione del presente studio pilota lavora con corrente alternata ad alta frequenza stabile (0,447 MHz) con tensione e potenza massima d’uscita dell’elettrodo a bassa impedenza (resistivo) di 150 V/300 W ± 10% e dell’elettrodo ad alta impedenza (capacitivo) di 600 V/450 VA ± 10%. Il trattamento con elettrodo capacitivo è stato effettuato con intensità pari a circa il 15% della tensione erogabile per una durata di 10 minuti (5 minuti all’inizio e 5 minuti alla fine trattamento), intervallati da 20 minuti di trattamento con elettrodo resistivo con intensità pari a circa l’80% della tensione erogabile. RISULTATI In tutte le pazienti è stata documentata una riduzione del quadro linfedematoso, documentato dalle misurazioni centimetriche delle circonferenze artuali multi-livello (differenza tra la somma delle circonferenze multilivello tra la prima e l’ottava seduta in media di 15±1cm). Il segmento prossimale (coscia) ha presentato maggiore risposta al trattamento in termini volumetrici. In corrispondenza dei segmenti distali (gamba, caviglia, piede) è stato possibile ottenere variazioni del pattern sono-istologico e riduzioni degli spessori ecografici del complesso dermo-epidermico e del sottocute. CONCLUSIONI Lo studio ecografico ad alta risoluzione dei tessuti molli a completamento dell’inquadramento clinico del paziente con patologia linfedematosa sembrerebbe fornire una descrizione più dettagliata del paziente, al fine di impostare un trattamento decongestivo fortemente individualizzato, di stimare con maggior precisione la risposta alle sedute linfodrenanti e, in alcuni casi, di giungere a una diagnosi precoce di malattia. In pazienti adulti con linfedema primario cronico, il trattamento con tecarterapia potrebbe rappresentare una nuova opportunità terapeutica, al fine di migliorare l’elasticità tissutale, ridurre gli stati di fibrosi localizzata, modificare il pattern sono-istologico del tessuto e, verosimilmente, stimolarne la linfomotricità. Questi incoraggianti risultati preliminari dovranno essere approfonditi su una casistica più ampia ed eterogenea, al fine di confermare l’efficacia di questa innovativa metodica nel trattamento della patologia linfedematosa. BIBLIOGRAFIA 1. Ricci M. Il linfedema oggi. MR, Giornale italiano di Medicina Riabilitativa. Vol. 35 – N. 1. Marzo 2021. 2. Negrini D. Stato dell’arte nella fisiologia del sistema linfatico. MR, Giornale italiano di Medicina Riabilitativa Vol. 35 – N. 1. Marzo 2021. 3. Ricci V, Ricci C, Gervasoni F, Andreoli A, Özçakar L. From histo-anatomy to sonography in lymphedema: EURO-MUSCULUS/USPRM approach. Eur J Phys Rehabil Med. 2022 Feb;58(1):108-117. doi: 10.23736/S1973-9087.21.06853-2. Epub 2021 Apr 16
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Case report: neuropatia del nervo peroneo comune da presidi elastocompressivi in paziente con esiti di COVID-19
Introduzione La neuropatia del nervo peroneo comune o sciatico popliteo esterno (SPE), è la più frequente neuropatia dell’arto inferiore, la terza più comune dopo quelle a carico del nervo mediano e del nervo ulnare (1). Dal punto di vista eziopatogenetico, si distinguono cause traumatiche, chirurgiche o da compressione estrinseca. La compressione può essere esercitata in corrispondenza dell’epifisi prossimale della fibula da masse occupanti spazio, dal mantenimento di posture fisse, dalla presenza di edema neurale (e.g. nella neuropatia diabetica) o dall’uso di presidi esterni (e.g. calze elastocompressive, ortesi, tutori, bendaggi) (2). Materiali e Metodi Presso l’U.O. di Riabilitazione Specialistica dell’Ospedale “Luigi Sacco” (ASST Fatebenefratelli Sacco) di Milano è giunto in visita un paziente (m, 88 anni) con ipostenia del piede destro, conseguente a infezione da SARS-CoV-2 (COVID-19). In anamnesi erano segnalate: pregressa asportazione di meningioma parasagittale sinistro con conseguente ipoestesia del piede destro; prostatectomia con linfadenectomia per neoplasia, con residuo linfedema bilaterale degli arti inferiori per cui aveva già eseguito linfodrenaggio con prescrizione di monocollant a sinistra (CCL3) e gambaletto (CCL2) a destra. Dal 13/04/2022 al 29/04 è stato ricoverato presso l’U.O. di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco per polmonite da SARS-CoV-2 con necessità di ossigenoterapia in maschera Venturi e High Flow Nasal Cannula, HFNC. Dopo la dimissione ha iniziato a lamentare ipostenia nei movimenti del piede destro. In data 04/05 ha eseguito una TC encefalo: “esito malacico nel distretto rolandico di sinistra per asportazione di noto processo espansivo extra-assiale (meningioma)… sofferenza vascolare cronica sovratentoriale e comparsa di una piccola areola di ipodensità ischemica nel distretto parietale profondo sinistro”. Alla visita neurologica si evidenziava: prevalenza dei riflessi osteo-tendinei (ROT) all’arto inferiore destro, dismetria alla prova di coordinazione tallone-ginocchio bilateralmente, ampie oscillazioni nella stazione eretta con poligono d’appoggio ristretto e immediata retropulsione fino alla retrocaduta all’occlusione visiva. Il paziente era quindi inviato alla nostra attenzione per eseguire una visita Fisiatrica. Risultati Il paziente è giunto in buone condizioni generali; vigile, collaborante, orientato nel tempo e nello spazio. Si confermava linfedema cronico agli arti inferiori per cui utilizzava i presidi compressivi prescritti. All’ispezione della cute si evidenziava un’area di compressione sotto al ginocchio destro (in corrispondenza dell’elastico del gambaletto) e, in prossimità della testa della fibula (lungo il decorso del nervo peroneo comune), si rilevava arrossamento. Alla valutazione ecografica bedside (3) (Versana Premiere GE Healthcare), si documenta aumento della sezione trasversa (CSA) ed edema fascicolare del nervo peroneo comune destro, segni ecografici compatibili con neuropatia compressiva. L’obiettività ha confermato ipoestesia e ipostenia nella dorsiflessione della tibio-tarsica destra. È stato quindi prescritto un Progetto Riabilitativo Individuale (P.R.I.) personalizzato, con trattamento fisioterapico neuromotorio e linfodrenante, attività educazionale per il corretto utilizzo dei presidi elastocompressivi e successivo nuovo confezionamento degli stessi. Conclusioni Il paziente è stato inviato alla nostra attenzione per un evento ischemico cerebrale associato a un deficit stenico al piede destro. Dall’anamnesi del paziente sono stati però raccolti alcuni fattori di rischio per l’insorgenza di neuropatia compressiva del nervo peroneo comune: la storia oncologica, la recente infezione da SARS-CoV-2 (con il possibile neurotropismo virale e i disturbi ipossico-ischemici tissutali), il recente peggioramento del quadro linfedematoso conseguente all’ospedalizzazione e l’utilizzo incongruo di un presidio elastocompressivo prescritto su precedenti rilevazioni centimetriche artuali. L’effetto “laccio” del gambaletto alla testa della fibula, evidente sia all’ispezione della cute sia all’esame ecografico, non ha provocato discomfort al paziente che ha perseverato nell’utilizzo del presidio sottodimensionato. Si è resa quindi necessaria una presa in carico riabilitativa finalizzata alla decongestione con linfodrenaggio e al miglioramento della motilità artuale, dell’equilibrio statico e dinamico e dello schema del passo. È stato sconsigliato l’uso del gambaletto, prevedendo la prescrizione di un monocollant anche a destra, da confezionare dopo la decongestione. Sono stati inoltre prescritti: terapia con L-Acetilcarnitina 500 mg 1 compressa 2 volte die per 2 mesi e calzature terapeutiche con suola biomeccanica. L’inquadramento del paziente con disturbi motori agli arti inferiori deve considerare la possibilità della presenza di una neuropatia periferica, prevedendo, oltre la recupero funzionale, la rimozione della causa compressiva sul nervo peroneo comune. Bibliografia 1. Fortier LM et al. An Update on Peroneal Nerve Entrapment and Neuropathy. Orthop Rev. 2021 Jun 19;13(2):24937. doi: 10.52965/001c.24937. 2. Malhotra K et al. Progressive foot drop caused by below-knee compression stocking after spinal surgery. Oxf Med Case Reports. 2016 Sep 8;2016(9):omw075. doi: 10.1093/omcr/omw075. eCollection 2016 Sep. 3. Grant TH et al. Sonographic evaluation of common peroneal neuropathy in patients with foot drop. J Ultrasound Med. 2015 Apr;34(4):705-11. doi: 10.7863/ultra.34.4.705.
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Efficacia del trattamento combinato di tossina botulinica e fisiochinesiterapia nella Stiff man Syndrome: un case report
50° Congresso Nazionale Simfer 2022 L’innovazione tecnologica e la robotica al servizio della persona Efficacia del trattamento combinato di tossina botulinica e fisiochinesiterapia nella Stiff man syndrome: un case report Raele M.V., Ricciardi M., Coretti B., Farì G., Marvulli R., Ranieri M., Megna M. INTRODUZIONE: la “Stiff-man Syndrome” (SPS) è un disturbo neurologico raro con un’incidenza stimata di un caso su un milione. Interessa prevalentemente individui dai 20 ai 50 anni, colpendo femmine e maschi in rapporto 2:1. Le manifestazioni cliniche della SPS includono caratteristiche quali rigidità muscolare sia assiale che appendicolare, causate dall’attivazione involontaria delle unità motorie. Tipicamente, la rigidità interessa dapprima i muscoli paraspinali toracolombari e gradualmente si estende fino ad includere la muscolatura prossimale degli arti inferiori e della parete addominale, residuando in un’andatura rigida e iperlordosica del paziente, da cui deriva il nome della patologia stessa. Inoltre, le persone affette presentano spasmi muscolari episodici innescati da stimoli esterni. La terapia con benzodiazepine e baclofene per os è considerata ottimale nelle fasi iniziali. Tuttavia, gli effetti avversi maggiori precludono un dosaggio adeguato. I casi refrattari trovano beneficio dall’impiego di immunoglobuline per via endovenosa (IVIG), plasmaferesi e deplezione dei linfociti B con rituximab, sebbene questi possano avere effetti collaterali anche più gravi. Il baclofene intratecale (ITB) può essere utilizzato come terapia di salvataggio per la SPS grave, caratterizzata da spasmi intrattabili. In letteratura è già convalidata la sicurezza e l’utilità delle iniezioni di tossina botulinica, seppur ancora non diffusamente utilizzata in tale disagio. Il case report analizzato ha lo scopo di dimostrare come l’associazione tra trattamento focale dell’ipertonia con iniezioni di tossina botulinica ed esercizio terapeutico possa portare a risultati soddisfacenti anche in pazienti complicati. MATERIALI E METODI: A.P., di 65 anni, con diagnosi di SPS dal 2021. Pregresso trattamento con immunoglobuline endovena per 5 giorni dal 22/07 al 26/07/2021 con lieve miglioramento della sintomatologia ed in trattamento con diazepam dal momento della diagnosi. Per peggioramento delle condizioni cliniche, nel mese di Giugno 2022, si presentava nuovamente all’attenzione medica con spasmi muscolari dolorosi, prevalentemente a livello toracico e veniva pertanto ricoverato presso la clinica neurologica dell’azienda ospedaliera “Policlinico di Bari”. Alla prima valutazione (T0) presentava una severa rigidità nucale con difficoltà nei movimenti di flesso-estensione e lateralità del capo; l’arto superiore destro era atteggiato in flessione di 110° con difficoltà alla mobilizzazione passiva (Modified Ashworth Scale-MAS 2). Riferiva, inoltre, dolore diffuso molto intenso con importante limitazione funzionale (Numeric Rating Scale: 10/10). Durante la degenza, si avviava un ciclo di esercizio terapeutico finalizzato alla modulazione degli spasmi muscolari diffusi (paravertebrali e a livello toracico) e dell’ipertono del muscolo Bicipite Brachiale (BB) di destra. Per favorire la riduzione del tono muscolare del BB, si effettuava trattamento focale ecoguidato con tossina botulinica di tipo A (Incobotulinumtoxin, Merz) con dosaggio di 80 UI. Al momento della dimissione, abbiamo valutato la MAS, il ROM articolare passivo del gomito e la scala NRS. RISULTATI: il paziente ha riferito un netto miglioramento della sintomatologia algica con NRS di 4. Notevolmente ridotti gli spasmi a carico dei muscoli paravertebrali cervicali e toracici che hanno consentito al paziente di migliorare sia l’atteggiamento posturale della testa e del collo sia l’escursione toracica respiratoria. L’arto superiore destro era flesso di 30° con mobilizzazione passiva possibile su tutto il ROM articolare come da ipertono MAS 1+. Gradi di flessione BB MAS NRS T0 110° 2 10/10 T1 30° 1+ 4/10 Fig.1 – T0 Fig.2 – T1 CONCLUSIONI: il trattamento combinato con tossina botulinica di tipo A ed esercizio terapeutico mirato ha determinato un notevole miglioramento sia in termini di percezione soggettiva del dolore che di limitazione funzionale del segmento compromesso. Obiettivo futuro sarà quello di monitorare nel tempo il paziente e prendere in carico gli esiti disabilitanti correlati alla sindrome rara. BIBLIOGRAFIA 1. Esplin NE, Stelzer JW, Legare TB, Ali SK. Difficult to Treat Focal, Stiff Person Syndrome of the Left Upper Extremity. Case Rep Neurol Med. 2017;2017:2580620. doi: 10.1155/2017/2580620. Epub 2017 Oct 25. PMID: 29209545; PMCID: PMC5676382. 2. Conners LM, Betcher A, Shahinian A, Janda P. Utility of Botulinum Injections in Stiff-Person Syndrome. Case Rep Neurol Med. 2019 Oct 7;2019:9317916. doi: 10.1155/2019/9317916. PMID: 31687237; PMCID: PMC6800926. 3. Ortiz JF, Ghani MR, Morillo Cox Á, Tambo W, Bashir F, Wirth M, Moya G. Stiff-Person Syndrome: A Treatment Update and New Directions. Cureus. 2020 Dec 9;12(12):e11995. doi: 10.7759/cureus.11995. PMID: 33437550; PMCID: PMC7793517.
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La prevalenza dei disturbi dell’organizzazione motoria e la sua correlazione con la prematurità in una popolazione di pazienti afferenti ad un ambulatorio di Fisiatria dell’età Evolutiva
LA PREVALENZA DEI DISTURBI DELL’ORGANIZZAZIONE MOTORIA E LA SUA CORRELAZIONE CON LA PREMATURITA’ IN UNA POPOLAZIONE DI PAZIENTI AFFERENTI AD UN SERVIZIO DI FIZIATRIA DELL’ETA’ EVOLUTIVA. EMANUELA DESSI¹, ELISABETTA IDA GARAU², MARIA CRISTINA PIA¹ 1)Specializzanda in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Cagliari 2) Ambulatorio di Fisiatria dell’Età evolutiva, ASL Cagliari, Distretto Cagliari Area Vasta INTRODUZIONE Nel contesto di un servizio territoriale di riabilitazione dell’età evolutiva dell’ASL di Cagliari, a cui afferiscono pazienti provenienti da tutto il territorio regionale, non è sempre possibile effettuare una presa in carico riabilitativa precoce del neonato a rischio di disturbi neuromotori: questo accade non prima del 4° mese di vita in caso di disabilità maggiore, o nei primi anni di vita nelle disabilità minori. Si è voluto valutare con uno studio preliminare, la prevalenza di disturbi dell’organizzazione motoria in una coorte di 679 pazienti afferenti all’ambulatorio di Fisiatria dell’età evolutiva della ASL Cagliari tra Gennaio 2021 al Giugno 2022 e la sua correlazione con la nascita pretermine nell’ottica di migliorare la comunicazione con i servizi di neonatologia e al fine di realizzare interventi di precoce presa incarico abilitativa dei neonati a rischio di deficit neuroevolutivo. OBIETTIVI Valutare la prevalenza dei disturbi dell’organizzazione motoria: tetraplegia, diplegia, doppia emiplegia, emiplegia, triplegia, monoplegia e paraparesi. Valutare sul totale dei pazienti la percentuale dei nati prematuri e la correlazione tra la nascita prematura e le patologie maggiormente rappresentate. RISULTATI La prevalenza dei disturbi dell’organizzazione motoria è stata del 29% sul totale (Grafico 2): 78 le tetraplegie (39%), 61 le emiplegie (31%) e 42 le diplegie (21%). Sul totale dei pazienti abbiamo riscontrato un 23% di prematuri (Grafico 1), i quali risultano essere prevalenti nel gruppo dei diplegici (54,8% del totale) rispetto al gruppo dei tetraplegici (37,2% del totale) e dei pazienti emiplegici (31,1% del totale). Il numero di pazienti nati prematuri sul totale dei pazienti affetti da patologie neuromuscolari è 2 (8,3%), sul totale dei pazienti con sindromi genetiche è 23 (25%), sul totale dei pazienti affetti da patologie di minima del neonato (plagiocefalia, torcicollo miogeno, piede torto, paralisi ostetrica e lussazione congenita dell’anca) è 20 (25,6%) e sul totale dei pazienti affetti da disturbi motori e comportamentali (equinismo funzionale, disturbo dello spettro autistico, ADHD e ritardo psicomotorio) è 16 (22,8%) [Grafico 3]. Dal raffronto tra la percentuale di prematuri riscontrata tra i pazienti con disturbo dell’organizzazione motoria e le altre diagnosi emerge in tutti i casi una differenza statisticamente significativa (con valori di p e OR rispettivamente: per il raffronto con il gruppo di pazienti neuromuscolari p<0,0041 e OR 6,71, per il gruppo dei pazienti sindromici p<0,03 e OR 1,83; per il raffronto con il gruppo dei pazienti con disturbo motorio e comportamentale p<0,0225 e OR 2,06). Non si è dimostrato significativo il raffronto tra la percentuale di prematuri del gruppo dei disturbi dell’organizzazione motoria e quello dei pazienti affetti da patologia di minima del neonato. CONCLUSIONI La popolazione dei pazienti prematuri risulta essere fortemente rappresentata tra i pazienti che ricevono diagnosi di disturbo dell’organizzazione motoria, tra cui si riscontra più frequentemente la diplegia, in linea con i dati che emergono dalla letteratura¹. Nell’ambito territoriale servito dall’ambulatorio sede di studio non esiste un percorso strutturato e condiviso con i servizi di Terapia Intensiva Neonatale, si propone quindi un percorso di follow-up condiviso con il servizio di TIN e neonatologia che permetta una presa in carico precoce per le disabilità maggiori ed un follow-up strutturato volto a favorire la maturazione delle competenze motorie e cognitive, individuare tempestivamente patologie neuroevolutive, disturbi motori e sensoriali, cognitivi e attentivi e migliorare gli outcomes a breve e lungo termine attraverso un programma abilitativo personalizzato e l’invio quando necessario presso i servizi specialistici di competenza. BIBLIOGRAFIA: 1) Hagberg B, Hagberg G, Beckung E, Uvebrant P (2001) Changing panorama of cerebral palsy in Sweden. VIII. Prevalenceand origin in the birth year period 1991-94. Acta Paediatr 90(3):271-277.
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Teleriabilitazione in soggetti con malattia di parkinson: risultati dello studio “ricominciare”
50° CONGRESSO NAZIONALE S.I.M.F.E.R. La Teleriabilitazione nei pazienti Parkinson ai tempi del COVID 23-26 ottobre 2022 TELERIABILITAZIONE IN SOGGETTI CON MALATTIA DI PARKINSON: RISULTATI DELLO STUDIO RICOMINCIARE F.A. BARBINI1, R. CIMA1, M.E. LEOMBRUNI1, A. MANTOAN2, S. LAI2, S. GRILLI2, R. FAVA2, F. SERNISSI2, M HIBEL1, R IZZO1, P. CASOLI1, M.G. CERAVOLO1, M. CAPECCI1 1 Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ancona, Italia. 2 Camlin Italy Srl, Divisione Health, Parma, Italia. INTRODUZIONE La malattia di Parkinson (MP) è una malattia neurodegenerativa cronica che comporta una progressiva disabilità, correlata all’evoluzione di sintomi motori e non motori, che può essere attenuata da esercizio fisico e riabilitazione. Tuttavia, l’accesso alle cure specialistiche non è ovunque garantito e sufficiente. La teleriabilitazione è oggi un’opzione praticabile per la gestione dei pazienti che necessitano di un approccio continuativo e di lunga durata, ma pochi sono gli studi che ne hanno indagato gli effetti. ARC intellicare (ARC) è un dispositivo mobile costituito da 5 sensori inerziali (4 sugli arti e uno sul tronco), un tablet con applicazione dedicata e una base di ricarica. ARC consente una riabilitazione domiciliare continua, personalizzata e monitorata, per un recupero funzionale motorio e respiratorio, grazie ad un’ampia libreria di esercizi [2] e all’integrazione di un modulo di Intelligenza Artificiale (AI). OBIETTIVI ‘Ricominciare’ è uno studio pilota monocentrico, non controllato, prospettico, pre- e post-intervento, volto a verificare la fattibilità e la sicurezza di ARC nella riabilitazione domiciliare di persone affette da disabilità lievi-moderate motorie e respiratorie anche dovute a MP. Obiettivo secondario è monitorare l’evoluzione della condizione clinico funzionale dei pazienti nel periodo di follow-up. SOGGETTI E METODI SOGGETTI Sono stati arruolati soggetti affetti da MP con indicazione all’esercizio fisico o riabilitazione domiciliare per l’ottimizzazione della funzione motoria o respiratoria, presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria «Ospedali Riuniti» di Ancona dal 26/03/2022 al 30/04/2022, rispettando i seguenti criteri di inclusione: • dispnea moderata (Barthel dispnea ≤55), • difficoltà nel cammino, • difficoltà nell’uso dell’arto superiore, • Walking Handicap Scale (Perry e Garrett ’95) ≤ 5. METODI Nel giorno dell’arruolamento, ogni partecipante è stato sottoposto a valutazione clinico-funzionale, test di usabilità e addestramento all’uso di ARC, ricevendo in dotazione un’unità ARC da usare autonomamente a domicilio nelle successive 4 settimane. Il protocollo di studio prevedeva 45 minuti/die (per 5 giorni/settimana) di riabilitazione respiratoria e motoria (di cui una seduta supervisionata in telepresenza dal terapista). Misure di outcome primari sono state: usabilità (System Usability Scale, SUS), aderenza al programma riabilitativo domiciliare (% sessioni effettuate/prescritte), monitoraggio degli eventi avversi. Sono stati inoltre valutati pre- e post trattamento (outcome secondari): indice di Barthel modificato (mBI), indice di Barthel-Dispnea (BI-D), 2 minutes walking test (2MWT), Brief Fatigue Inventory (BFI), Beck Depression Inventory (BDI), Beck Anxiety Inventory (BAI), Health Related Quality of Life (HQoL-HS 0-100), Unified Parkinson Disease Rating Scale (UPDRS), King’s Scale (KS) and Parkinson’s Disease Sleep Disorders Scale (PDSS). RISULTATI Sono stati arruolati 18 soggetti affetti da MP. Al momento del reclutamento, i soggetti arruolati avevano in media 66 (±5) anni [range: 57-76], con un Indice di Massa Corporea di 26 (±4) Kg/m2 , 13 erano uomini e 5 donne. La media di anni di studio era di 12 (±4) anni e il 22% ha avuto bisogno di supporto per l’uso del dispositivo. (Tabella 1) In media, l’aderenza dei pazienti alle prescrizioni di esercizi è risultata superiore all’81% (±14) se si considerano gli accesi giornalieri e del 77% se si considerano le singole ripetizioni degli esercizi; Il punteggio medio totale SUS era pari a 71/100 (±14) e, dopo i 30 giorni di trattamento, rimaneva stabile (p> 0,05); Per quanto riguarda la condizione clinico-funzionale, dopo il trattamento: • l’autonomia migliorava (z=-2.3; p=.03); • i metri percorsi al 2MWT aumentavano (z=-2.1; p=.03); (Fig.2) • la dispnea, valutata mediante la BI-D, diminuiva (z=-2.3; p=.01); (Fig.1) • la sensazione di fatica nelle ADL diminuiva (BFI; z=2.8; p=.005); • l’ansia diminuiva (z=2.8; p=.007); • la qualità di vita aumentava (% Health Status: z=2.8; p=.005). (Fig.3) In merito alle misure malattia-specifiche, la UPDRS part II (ADL) diminuiva (z=3.0; p=.002) così come la parte III (funzioni motorie) (z=2.1; p=.04). Il dolore alla KS diminuiva (z=-2.1; p=.03). Non sono stati riportati eventi avversi severi, né correlati all’uso del dispositivo. Sono stati rilevati alcuni malfunzionamenti non critici del sistema relativamente ad aspetti software e di collegamento dei sensori. CONCLUSIONI ARC è risultato accettabile e usabile. L’aderenza media oltre la soglia del 70% è clinicamente rilevante [3]. I dati preliminari sull’effetto clinico-funzionale sono risultati statisticamente significativi e promettenti sull’efficacia dei protocolli riabilitativi proposti ai soggetti con MP. REFERENZE BIBLIOGRAFICHE [1] VELLATA C, ET AL. FRONT NEUROL. 2021 AUG 26;12:627999. [2] CAPECCI M, ET AL. LA RIPRESA DELLE ATTIVITÀ DOPO COVID-19, PUBLISHED ONLINE, ANCONA, 2020. [3] BROOKE J. SUS: A QUICK AND DIRTY USABILITY SCALE, TAYLOR AND FRANCIS, LONDON, 1996.
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Effetti benefici dell’ippoterapia nei pazienti affetti da demenza
50° Congresso Nazionale Simfer 2022 L’innovazione tecnologica e la robotica al servizio della persona Effetti benefici dell’ippoterapia nei pazienti affetti da demenza Farì G., Raele M.V., Dell’Anna L., De Paola C., Marvulli R., Ranieri M., Megna M. INTRODUZIONE: la demenza è una patologia cronica degenerativa caratterizzata da deficit cognitivi e disturbi del comportamento, con conseguente perdita dell’autonomia e dell’autosufficienza. Essa costringe i pazienti a vari gradi di disabilità e a una sempre più stretta dipendenza dagli altri. Tale patologia, in crescente aumento nella popolazione generale, è definita secondo il Rapporto OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e ADI (Alzheimer Disease International) del 2012 una “priorità mondiale di salute pubblica”. Essendo l’età avanzata il fattore di rischio più importante, infatti, con l’aumento della vita media, la demenza risulta uno dei problemi più rilevanti in termini di sanità pubblica, con implicazioni notevoli anche in ambito socio-economico. Le strategie terapeutiche attualmente disponibili sono di tipo farmacologico, psicosociale e di gestione integrata per la continuità assistenziale. Poiché le attuali terapie farmacologiche non sono ancora risolutive, è bene puntare su programmi di gestione integrata con lo scopo di ottenere un miglioramento dello stato di salute del paziente e ottimizzare l’utilizzo delle risorse umane ed economiche adottando strategie sempre più mirate. È utile, quindi, prevedere interventi riabilitativi rivolti a persone con demenza con finalità di recupero, mantenimento e, ove possibile, potenziamento delle abilità cognitivo-comportamentali, psicosociali e funzionali residue. In linea con questo modello, l’attività assistita da equini (o ippoterapia) è una forma di attività fisica adattata capace di migliorare il benessere psicofisico di pazienti e famiglie e può rappresentare un utile strumento riabilitativo. MATERIALI E METODI: analisi descrittiva della letteratura scientifica sulle strategie di riabilitazione con ippoterapia dei pazienti affetti da demenza prendendo in considerazione gli articoli indicizzati su Pubmed dal 1980 ad oggi. RISULTATI: studi trasversali e studi clinici randomizzati suggeriscono influenze positive dell’attività fisica sulla struttura e sulla funzione cerebrale. L’esercizio fisico persistente, infatti, aumenta l’espressione di geni codificanti diverse neurotrofine cerebrali, come il fattore neurotrofico BDNF ed il fattore di crescita nervosa (FCN), esplicando effetti neuroprotettivi, stimolando la crescita e lo sviluppo di nuovi neuroni e garantendo protezione contro il danno cerebrale. Nello specifico, l’ippoterapia viene definita come intervento diretto in cui un animale, il cavallo, è parte integrante del processo di trattamento. Fick et al. nel 1993 hanno dimostrato come nei soggetti anziani affetti da demenza, la collaborazione con animali da terapia risulti utile per ridurre agitazione, ansia e comportamenti aggressivi, oltre ad essere estremamente benefico per l’aumento dell’interazione sociale. Negli stessi anni, MacKinnon et al. descrivevano i benefici psicosociali per soggetti giovani con sviluppo di fiducia in loro stessi, interesse nell’apprendimento, miglioramento della capacità di attenzione, di concentrazione e di ascolto, oltre che di sviluppo di abilità verbali. Una recente revisione sistematica ha rilevato come le terapie assistite da animali, all’interno delle residenze sanitarie assistenziali (RSA), possano incrementare significativamente la qualità di vita dei residenti affetti da demenza, aiutandoli ad occupare meglio il loro tempo e a utilizzare le loro capacità residue nel compiere attività per loro significative al fine di apportare un’esperienza utile nell’incrementare il benessere emotivo: è importante ricordare, infatti, che, anche se caratterizzati da declino cognitivo e di altre capacità funzionali, nei soggetti affetti da demenza, permane il bisogno innato di impegnarsi in attività per loro rilevanti. Importante è anche la “spinta” ambientale che i soggetti affetti da demenza ricevono all’interno delle RSA, con riferimento all’interazione degli stessi con qualsiasi contesto fisico e sociale, utile a suscitare l’espressione di alcuni comportamenti e la soppressione di altri. È inoltre dimostrato che durante l’attività assistita da equini esiste una tendenza dei pazienti verso elevati livelli di vigilanza generale ed una maggiore propensione ad utilizzare il fisico, aspetti necessari per sviluppare e mantenere le capacità utili a camminare. CONCLUSIONI: la terapia assistita da equini contribuisce dunque al rallentamento della progressione della demenza ed è un’efficace terapia riabilitativa. Inoltre, i fattori ambientali esplicano un ruolo cruciale nell’ulteriore compromissione della qualità di vita dei soggetti affetti e, quindi, in tale contesto l’ippoterapia riveste estrema importanza al fine di implementare il benessere fisico e cognitivo, offrendo un’importante opportunità di interazione sociale e uomo-natura. BIBLIOGRAFIA 1. Farì G, Lunetti P, Pignatelli G, Raele MV, Cera A, Mintrone G, Ranieri M, Megna M, Capobianco L. The Effect of Physical Exercise on Cognitive Impairment in Neurodegenerative Disease: From Pathophysiology to Clinical and Rehabilitative Aspects. Int J Mol Sci. 2021 Oct 27;22(21):11632. doi: 10.3390/ijms222111632. PMID: 34769062; PMCID: PMC8583932. 2. D’Cunha NM, Isbel S, McKune AJ, Kellett J, Naumovski N. Activities outside of the care setting for people with dementia: a systematic review. BMJ Open. 2020 Oct 6;10(10):e040753. doi: 10.1136/bmjopen-2020-040753. PMID: 33028565; PMCID: PMC7539570. 3. Chung JCC. Activity Participation and Well-Being of People with Dementia in Long-Term—Care Settings. OTJR: Occupation, Participation and Health. 2004;24(1):22-31. doi:10.1177/153944920402400104.
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Valutazione integrata clinico-strumentale dei pazienti con esiti di trapianto d’organo. Implicazioni riabilitative
Valutazione integrata clinico-strumentale dei pazienti con esiti di trapianto d’organo. Implicazioni riabilitative Autori: Beatrice Forcato 1,2, Daniele Coraci 1,2, Lucrezia Tognolo 1,2 , Manuele Lucangeli 1,2, Chiara Ferraretto 1,2, Giorgia Accordi 1,2 e Stefano Masiero 1,2 1, UOC Riabilitazione Ortopedica e Neurologica, Azienda Ospedaliera di Padova 2, Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Padova, Padova INTRODUZIONE Il trapianto d’organo è un intervento salvavita per gli stadi avanzati delle insufficienze d’organo, tuttavia presenta rischi e complicanze sia in acuto che nel lungo termine. In particolare l’intervento chirurgico e il successivo prolungato allettamento sono comunemente associati all’insorgenza di neuropatie periferiche, sarcopenia e danni ai muscoli scheletrici. Data l’importanza delle complicanze post-trapianto un’accurata valutazione del paziente risulta fondamentale. Il sistema neuromuscolare può essere studiato sotto diversi punti di vista: attraverso la valutazione clinica, lo studio neurofisiologico e con l’imaging. L’integrazione di queste tecniche permette una reale definizione dei deficit. CASE REPORT Paziente di 66 anni sottoposto a trapianto epatico per cirrosi HBV-relata giungeva alla nostra attenzione per sindrome ipocinetica e deficit della dorsiflessione del piede bilateralmente. Il paziente è stato sottoposto a valutazioni cliniche, elettrofisiologiche ed ecografiche ambulatorialmente. Sono stati analizzati forza, sensibilità tattile e attraverso l’ecografia e lo studio elettromiografico il nervo peroneo, i nervo tibiale e i muscoli dorsiflessori della caviglia bilateralmente. RISULTATI Il paziente presentava ipotonotrofia muscolare generalizzata, ipostenia e deficit di estensione del ginocchio. La deambulazione era consentita ma con piede cadente bilateralmente. L’esame elettrofisiologico ha rilevato un grave danno assonale del nervo peroneo destro e sinistro. L’ecografia muscolare ha evidenziato una sostituzione fibrotica generale del muscolo tibiale anteriore, ma con alcune zone ad ecostruttura conservata. È stato somministrato un protocollo riabilitativo volto alla prevenzione delle comorbidità legate all’allettamento e al recupero delle autonomie residue, è stata applicata elettrostimolazione dei muscoli dorsiflessori. CONCLUSIONI L’associazione dello studio elettrofisiologico con l’imaging ecografico è fondamentale per definire le reali condizioni del paziente, permettendo di impostare il trattamento più idoneo in base alla prognosi riabilitativa e un iter riabilitativo personalizzato.
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Valutazione ecografica di una neuropatia post-chirurgica: quando l’esame clinico non basta per “risolvere il caso”
Valutazione ecografica di una neuropatia post-chirurgica: quando l’esame clinico non basta per “risolvere il caso” G. Accordi1,2; D. Coraci1,2 ; L. Tognolo 1,2 ; B. Forcato1,2; C. Ferraretto1,2; M. Lucangeli1,2; S. Masiero1,2 1. UOC Riabilitazione Ortopedica e Neurologica, Azienda Ospedaliera di Padova 2. Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Padova, Padova INTRODUZIONE La frattura distale del radio è una delle più comuni fratture dell’adulto. Alcuni pazienti sottoposti a stabilizzazione cruenta mediante apposizione di placche e viti possono sviluppare un quadro sovrapponibile a quello della sindrome del tunnel carpale (STC). Nel sospetto di sofferenza nervosa, la diagnosi viene eseguita mediante elettromiografia (EMG) con studio della conduzione del nervo mediano; l’ecografia può essere di aiuto nell’escludere altre cause di compressione nervosa e per valutare l’aumento dell’area trasversale del nervo ed eventuali altre sue anormalità. IL CASO Donna di 58 anni, in esiti di frattura di radio distale sinistro. sottoposta a riduzione cruenta della frattura e osteosintesi con placca e viti. È stata valutata ambulatorialmente a tre mesi di distanza dall’intervento, a causa del peggioramento di parestesie a carico di primo e secondo dito della mano sinistra e limitazione funzionale di polso e dita: presentava infatti ipostenia agli estensori ed abduttori del I dito (3/5 MRC) ed una limitazione in estensione di polso. È stata valutata mediante EMG, con valutazione della conduzione motoria e sensitiva del nervo mediano ed esame ad ago del muscolo deficitario. Inoltre, veniva eseguita ecografia del polso sinistro. EMG Il quadro elettromiografico era compatibile con mononeuropatia del nervo mediano sinistro a carattere prevalentemente assonale. ECOGRAFIA Alla valutazione ecografica, il n. mediano, a 3.5 cm dalla piega del polso, si presentava di dimensioni aumentate (cross sectional area pari a 15 mm2) con perdita della struttura fascicolare. Tale reperto si associava a presenza di ipoecogenicità perineurale da riferire ad esito cicatriziale in assenza di contatto di nervo del nervo con i mezzi di sintesi. Nei restanti tratti il n. mediano appariva nei limiti di norma. CONCLUSIONI Attraverso un’integrazione di EMG ed ecografia, si può comprendere meglio l’entità di un danno nervoso, la sede e la tipologia della sofferenza nervosa. L’ecografia infatti può: – Escludere danni diretti del nervo da parte dei mezzi di sintesi e della procedura chirurgica – Evidenziare un danno dovuto al rimaneggiamento tissutale della sede di intervento. L’esempio qui esposto sottolinea l’importanza di studiare in modo multidimensionale un deficit di funzione, al fine di risolvere il caso e definire la gestione del paziente più adeguata. BIBLIOGRAFIA Rosenauer R, Pezzei C, Quadlbauer S, Keuchel T, Jurkowitsch J, Hausner T, Leixnering M. Complications after operatively treated distal radius fractures. Arch Orthop Trauma Surg. 2020 May;140(5):665-673. doi: 10.1007/s00402-020-03372-z. Epub 2020 Mar 19. Coraci D, Giovannini S, Erra C, Santilli V, Padua L. Morphological evaluation of median nerve: why ultrasound? Rheumatol Int. 2017 Sep;37(9):1593-1595. doi: 10.1007/s00296-017-3766-6. Epub 2017 Jul 8.
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Il supporto della diagnostica strumentale nel progetto riabilitativo in pazienti neurochirurgici: il ruolo dalla gait analysis
Testo interno al poster dal titolo La diagnostica strumentale nel progetto riabilitativo in pazienti neurochirurgici: il ruolo dalla gait analysis Gli interventi neurochirurgici sull’encefalo sono gravati da importanti di comorbilità nel post-intervento, tuttavia, in letteratura, sono presenti poche evidenze sugli effetti del trattamento riabilitativo, anche per mancanza di metodiche oggettive di indagine. La gait analysis, grazie a sistemi computerizzati, permette di supportare la gestione clinico-riabilitativa del paziente con dati oggettivi, sia in prima valutazione, che nel follow-up. Il caso Paziente di 38 anni veniva a visita per difficoltà nella deambulazione in seguito ad asportazione di un emangioma cavernoso (Sede frontale sinistra). Veniva valutato prima ambulatorialmente analizzando la sensibilità tattile superficiale, la propriocezione, la forza, i ROM articolari, l’ipertono e la spasticità; poi tramite il sistema di gait analysis Vicon Nexus 2, con il programma Plug-In Lower Body (16 marcatori). Unendo i dati clinici e strumentali si sviluppava un progetto riabilitativo ad hoc per il miglioramento dell’equilibrio, della propriocezione e della marcia. Prima del trattamento si rilevava: ipertonia e deficit di sensibilità a carico dell’arto inferiore destro, all’analisi del passo era aumentata l’escursione articolare del bacino sul piano frontale, si evidenziava un recurvato del ginocchio sinistro ed una marcata riduzione del ROM del ginocchio destro, associati ad una scarsa generazione di potenza di caviglia bilateralmente. Dopo il trattamento, l’ipertonia si era ridotta e la stabilità durante la marcia era migliorata; all’analisi del passo si evidenziava la riduzione delle escursioni articolari del bacino, un miglioramento del recurvato del ginocchio sinistro e l’aumento della generazione di potenza di caviglia sinistra. Conclusioni La gait analysis è uno strumento clinico utile per sviluppare trattamenti personalizzati e valutarne quantitativamente gli effetti nel follow-up. È importante che i futuri studi clinici in ambito riabilitativo propongano misure di outcome quantitative ottenute con metodiche facilmente riproducibili: questo gap può essere colmato dalla gait analysis. Contatti e bibliografia Lucangeli Manuele, Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Neuroscienze, Scuola di Medicina Fisica e Riabilitazione: manuele.lucangeli@studenti.unipd.it Ferroli P et. al, Predicting functional impairment in brain tumor surgery: the Big Five and the Milan Complexity Scale. Neurosurg Focus. 2015 Dec; Immagine: Case courtesy of Dr Ali Abougazia, Radiopaedia.org, rID: 22902; Vargo M. Brain tumor rehabilitation. Am J Phys Med Rehabil. 2011 May; Syczewska M et. al Gait pathology assessed with Gillette Gait Index in patients after CNS tumour treatment. Gait Posture. 2010 Jul
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Linfedema primario cronico di arto inferiore e insufficienza venosa pelvica: case report
LINFEDEMA PRIMARIO CRONICO DI ARTO INFERIORE E INSUFFICIENZA VENOSA PELVICA: CASE REPORT Michela Andrani1, Elisa Rizza3, Marisa Megna1, Maurizio Ranieri1, Cristina M. Del Prete2, Fabrizio Ciullo2, Manuela Sciuscio2 1)Scuola Di Specializzazione In Medicina Fisica E Riabilitativa Policlinico Di Bari, Dipartimento Di Scienze Mediche Di Base, Neuroscienze E Organi Di Senso, Bari, Italia; 2) U.O.C. Sovradistrettuale Della Riabilitazione, Dipartimento Di Medicina Fisica E Riabilitazione Asl Lecce, Lecce, Italia; 3) U.O.C. Di Medicina Nucleare- Centro PET, Ospedale “Vito Fazzi”, Lecce, Italia. Introduzione Il Linfedema è una patologia vascolare cronica evolutiva e invalidante del sistema linfatico in cui si osserva una particolare forma di edema che si distingue dalle forme similari per l’incremento della consistenza tissutale, determinato da una elevata concentrazione di proteine che si realizza nello spazio interstiziale. E’ considerata una malattia cronica, naturalmente progressiva e degenerativa, soggetta a complicanze e riacutizzazioni cliniche. Nel Mondo si contano circa 300 milioni di casi; in Italia si stima che circa 150.000 persone siano affette dalla forma primaria, oltre 250.000 da quella secondaria per lo più a patologia neoplastica. Il linfedema viene classificato in primario e secondario a seconda dell’eziopatogenesi. Le forme primarie, su base genetica, sono determinate da un incompleto o abnorme sviluppo del sistema linfatico locale; possono essere presenti alla nascita, insorgere nella prima decade di vita, o, più tardivamente, fino alla sesta, settima, spesso a seguito di un evento traumatico, anche lieve e misconosciuto al paziente, sufficiente a slatentizzare la predisposizione costituzionale. Le forme secondarie insorgono a seguito di asportazione chirurgica di stazioni linfoghiandolari, di radioterapia o di traumi. Possono inoltre comparire in seguito a neoplasie o metastasi che coinvolgono il sistema linfatico. Assistiamo oggi a notevoli progressi nell’ambito della ricerca scientifica potendoci avvalere della genetica e dell’imaging soprattutto mediante l’esame linfoscintigrafico ed ecografico dei tessuti molli per una diagnosi sempre più tempestiva e dettagliata. Talvolta però, soprattutto in assenza di dati anamnestici che orientino verso una forma piuttosto che l’altra, può risultare difficoltosa la diagnosi di linfedema primario. Materiali e Metodi Paziente di 26 anni, C.V., giungeva alla nostra attenzione per riferita comparsa, da alcuni mesi, di edema nel terzo prossimale della coscia sinistra con progressiva estensione alla gamba e una sola volta in regione perimalleolare interna omolaterale. La paziente riferiva inoltre, in concomitanza con l’esordio dell’edema di coscia, riscontro di adenopatia inguinale bilaterale per cui aveva eseguito ecografie, TC addome e pelvi con mdc, RMN coscia (che confermavano imbibizione edematosa delle strutture sovrafasciali), molteplici visite specialistiche tra cui quella chirurgica vascolare e ginecologica con riscontro di Varicocele pelvico a sin. All’atto della prima valutazione fisiatrica/linfologica, la paziente presentava edema di coscia di consistenza teso-elastica soprattutto nei piani più declivi, meno di gamba, assenza di segno di Stemmer-Kaposi e di pitting test. Pertanto, alla luce di una clinica dubbia, si richiedeva approfondimento diagnostico con angioTC addome e pelvi, esami ematici (risultati poi negativi) e linfoscintigrafia che la paziente puntualmente eseguiva. Nonostante la linfoscintigrafia mostrasse un rallentamento del circolo linfatico superficiale (quello profondo non era stato testato) la paziente si sottoponeva a scleroembolizzazione di varicocele pelvico sin. Alla visita di controllo successiva raccontava come fosse apparso dopo qualche settimana dall’intervento un edema esteso a coscia e gamba e da una sola settimana un edema al piede di consistenza progressivamente incrementata. Riportava di aver eseguito visita di chirurgia vascolare e giungeva alla nostra attenzione con un bendaggio vascolare di gamba che, rimosso, mostrava evidente riduzione volumetrica dell’edema di gamba, meno di quello di piede. Permaneva però edema di coscia, di consistenza teso-elastica, del dorso piede e perimalleolare di consistenza morbida con pitting test +++, segno di Stemmer-Kaposi +++ a sin. A questo punto, nel sospetto clinico di un linfedema primitivo, si richiedeva un nuovo esame linfoscintigrafico con studio di circolo superficiale e profondo. La paziente veniva avviata comunque a TDC con 20 sed di BG multistrato con bende a corta estensibilità, 20 sed di DLM arto inferiore sin. Risultati Alla nuova visita di controllo, prendevamo visione della linfoscintigrafia che mostrava rallentamento di circolo superficiale e profondo. Confermavamo quindi la primitività del linfedema, inserivamo la paziente nel Registro della Malattia Rara del linfedema primario cronico (RGG020), consigliavamo di proseguire la TDC in corso. Prescrivevamo altresì terapia topica e per os con gammabenzopironi. Programmavamo inoltre, al termine della fase intensiva di BG, di realizzare un tutore elastocontenitivo (calza alla coscia standard in trama piatta e calotta piede in trama piatta, su misura, II classe di compressione terapeutica). Ritenevamo inoltre necessario consigliare alla paziente un consulto psicologico alla luce della labilità emotiva che la diagnosi le aveva procurato. Conclusioni Il linfedema è una patologia rara la cui diagnosi può risultare complessa e fuorviata dall’anomalo quadro clinico e dalle molteplici comorbidità del paziente. E’ buona norma non escludere a priori la possibilità di una forma primaria anche quando anamnesi ed esame obiettivo indirizzino verso una forma secondaria. Bibliografia Bonetti G, Paolacci S, Samaja M, Maltese PE, Michelini S, Michelini S, Michelini S, Ricci M, Cestari M, Dautaj A, Medori MC, Bertelli M. Low Efficacy of Genetic Tests for the Diagnosis of Primary Lymphedema Prompts Novel Insights into the Underlying Molecular Pathways. Int J Mol Sci. 2022 Jul 3;23(13):7414. doi: 10.3390/ijms23137414. PMID: 35806420; PMCID: PMC9267137. Michelini S. “Vivere e partecipare con il linfedema”, Siracusa, Sebastiano Monieri Editore, 2019. Lee BB, Andrade M, Antignani PL, Boccardo F, Bunke N, Campisi C, Damstra R, Flour M, Forner-Cordero I, Gloviczki P, Laredo J, Partsch H, Piller N, Michelini S, Mortimer P, Rabe E, Rockson S, Scuderi A, Szolnoky G, Villavicencio JL; International Union of Phlebology. Diagnosis and treatment of primary lymphedema. Consensus document of the International Union of Phlebology (IUP)-2013. Int Angiol. 2013 Dec;32(6):541-74. PMID: 24212289
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