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Effetto della pandemia COVID-19 sulla salute mentale degli operatori sanitari impegnati nei setting riabilitativi intensivi e sub intensivi
* Effetto della pandemia COVID-19 sulla salute mentale degli operatori sanitari impegnati nei setting riabilitativi intensivi e sub intensivi Posa Daniela; Giorgio Vincenzo; D’Alesio Eleonora Maria; Indellicati Antonia Maria; Modugno Boris; Riccardi Mariagrazia; Caforio Laura; Farì Giacomo; Ranieri Maurizio; Megna Marisa Dipartimento di Scienze Mediche di Base, Neuroscienze e Organi di Senso. Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” INTRODUZIONE L’epidemia da SARS-CoV-2, diffusasi in tutto il mondo a partire dalla fine del 2019, caratterizzata da elevata velocità di diffusione del contagio ed estrema gravità del quadro clinico, ha causato un parziale collasso del sistema sanitario in molti Paesi. Infatti si è determinato uno squilibrio tra le richieste di salute della popolazione e le risorse del sistema sanitario in termini di personale, materiali d’uso e posti letto, soprattutto in terapia intensiva. Per far fronte all’emergenza è stata richiesta agli operatori sanitari, sia di prima che di seconda linea, una modifica di ritmi e modalità di lavoro. Da questo cambiamento è derivato lo stress associato a fatica per aumento del carico di lavoro e intensificazione dei turni. Ad esso si è inoltre sommato lo stress causato da carenza di adeguati dispositivi di protezione individuale, la paura del contagio per sé stessi e per i propri congiunti, ed in alcuni casi la preoccupazione legata alla precarietà organizzativa delle strutture di lavoro. MATERIALI E METODI Nel presente studio abbiamo misurato l’effetto dello stress lavorativo legato all’emergenza COVID-19 in 68 professionisti sanitari (medici, medici specializzandi, infermieri, operatori sanitari sociali). Ciascun partecipante è stato sottoposto ad un’autovalutazione dei propri livelli percepiti di umore e di stress nei momenti T0 (periodo pre-COVID) e T1 (durante la pandemia) mediante la compilazione dei seguenti questionari: 1) 2) 3) PHQ 9 – Patient Health Questionnaire 9 per la valutazione dello stato depressivo (1) GAD 7 – General Anxiety Disorder 7 per la valutazione dell’ansia (2) MBI – Scala di Maslach Burnout Inventory, versione italiana, per la valutazione del livello di burnout (3) RISULTATI Dal confronto dei dati dal questionario PHQ 9 al tempo T1 e T0, è emerso un incremento di circa il doppio nel numero di operatori con punteggi superiori al cut-off. Infatti il numero di soggetti che hanno mostrato livelli di depressione clinicamente significativi è aumentato dal 22,1% nel periodo pre-COVID al 47,1% nel periodo successivo (p<0,0001). L’impatto dell’emergenza sulla salute mentale degli operatori è emersa in modo ancor più evidente confrontando i punteggi ottenuti nella valutazione dell’ansia – GAD 7: il numero di operatori che hanno mostrato livelli di ansia superiori al cut-off clinico è triplicato, passando da 16,2% nel periodo pre-COVID a 48,5% durante la pandemia (p<0,0001). Si è evidenziata inoltre una differenza statisticamente significativa nel confronto tra le medie dei punteggi ottenuti al tempo T0 e T1 sia nella scala PHQ 9 che nella GAD 7 (p<0,0001). Il confronto fra i punteggi ottenuti nella scala per la valutazione del burn out – MBI ha mostrato un incremento della componente “esaurimento emotivo”. In particolare il 50% degli operatori esaminati ha ottenuto un punteggio superiore al cut-off durante l’emergenza COVID-19, rispetto al 33,8% in fase pre-COVID (p<0,0001). Inoltre analizzando la componente “ depersonalizzazione” il 38,2% degli esaminati ha ottenuto punteggi superiori al cut-off in T1, rispetto al 32,4% in T0 (p<0,0001). Anche nella scala MBI, si è evidenziata una differenza significativa nel confronto tra le medie dei punteggi ottenuti al tempo T0 e T1 nei fattori “esaurimento emotivo” e “depersonalizzazione” (p<0,0001). * * Tabella 1 * * p<0,0001 * * Tabella 2 *p<0,0001 * * * BIBLIOGRAFIA R L Spitzer, K Kroenke, J B Willliams. Validation and utility of a self-report version of PRIME-MD: the PHQ primary care study. Primary Care Evaluation of Mental Disorders. Patient Health Questionnaire. JAMA 1999; 282: 1737-44 R L Spitzer, K Kroenke, J B Williams, B Loewe. A brief measure for assessing generalized anxiety disorder: the GAD-7. Arch Intern Med. 2006; 166: 1092-7 C. Maslach, S. Jackson “Maslach burnout inventory”, ed. Organizzazioni Speciali, Firenze, 1993, pag 4. CONCLUSIONI La salute mentale degli operatori è fondamentale per il corretto funzionamento del sistema sanitario, oltre che per il benessere individuale. Il peggioramento dello stato di salute mentale osservato durante l’emergenza COVID-19 indica l’utilità di interventi migliorativi in tal senso. I risultati del presente studio suggeriscono l’esigenza di assistenza psicologica continua per gli operatori sanitari, utile già in condizioni di lavoro ordinario, particolarmente necessaria in condizioni di emergenza, come la pandemia. 49° Congresso Nazionale SIMFER Milano 28-31 Ottobre 2021
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Iperala: un nuovo nutraceutico nel trattamento della lombalgia cronica
IPERALA: UN NUOVO NUTRACEUTICO NEL TRATTAMENTO DELLA LOMBALGIA CRONICA A. ALBANESE°, E. BATTISTI°, F. FILIPPI#. °DSFTA Università di Siena Italia # Fisiomed, Sanimedica Vicenza Italia Introduzione: La lombalgia è una patologia che colpisce soprattutto dalla terza alla quinta decade di vita. Scopo dello studio è valutare il miglioramento nel dolore percepito, nelle attività funzionali e la diminuzione degli analgesici in pazienti affetti da lombalgia cronica trattati con IPERALA un nutraceutico associazione di acido alfa-lipoico, PEA (Palmitoiletanolamide), beta-cariofillene e Vit.D3 in confronto con Nicetile (L-acetilcarnitina), un altro nutraceutico già usato nel trattamento della lombalgia cronica. MATERIALI E METODI: Sono stati arruolati 60 pazienti affetti da lombalgia cronica, di natura non infiammatoria o autoimmunitaria, 48 (80%) uomini e 12 (20%) donne, con età media 52±10.3 anni e con età di malattia di 40,3 ±13.7 mesi. La diagnosi di malattia è stata eseguita tramite i criteri clinici e radiologici dell’ACR. La stadiazione della malattia è stata basata sul sistema radiografico di Kellgren e Lawrence Tutti i pazienti, dato il consenso informato, sono stati divisi random in 2 gruppi omogenei e oltre ad utilizzare analgesici venivano trattati per 40 giorni, il primo con IPERALA 2cp/die per os e il secondo con Nicetile 500 2 cp/die per os. I controlli sono stati effettuati al basale, dopo 15 giorni di trattamento, al termine del trattamento dopo 40 giorni e un controllo finale dopo ulteriori 20 giorni. Per la valutazione sono stati utilizzati il questionario della disabilità Rolland e Morris, la scala del dolore Pain Rating Scale e sono stati registrati l’uso concomitante di farmaci analgesici e gli eventi avversi (tollerabilità). Sono state calcolate le differenze tra i vari time point dello studio per i punteggi dei due questionari e per il consumo di analgesici. Per la valutazione statistica è stato utilizzato il test del chi quadro. RISULTATI: Al controllo a 15 giorni 6 pazienti con IPERALA riferivano miglioramento della sintomatologia dolorosa e della funzionalità e avevano sospeso gli analgesici,, mentre solo 1 paziente con Nicetile riferiva analogo miglioramento. Al controllo dopo 40 giorni solo 10% dei pazienti trattati con IPERALA ricorreva ancora all’uso di analgesici contro il 40% dei pazienti trattati con Nicetile. Riguardo ai questionari di autovalutazione abbiamo osservato nei pazienti con Iperala un miglioramento significativo a livello statistico p<0.05 sia per il dolore percepito sia per le disabilità funzionali; il dolore è migliorato dopo 40 giorni di trattamento e il miglioramento è stato significativo sia statisticamente (p<0.05) sia clinicamente. Tali risultati rimanevano invariati al controllo finale dopo ulteriori 20 giorni. Non sono stati registrati effetti avversi nè intolleranze. CONCLUSIONI: Abbiamo valutato l’efficacia e la tollerabilità della formulazione orale di un nutraceutico IPERALA, associazione di acido alfa-lipoico, PEA (Palmitoiletanolamide), beta-cariofillene e Vit.D3 per 40 giorni, che potrebbe risultare utile nel trattamento del dolore lombare cronico. Lo studio ha mostrato che tale formulazione riduce l’uso di analgesici migliorando la sintomatologia dolorosa e la funzionalità, risultando di facile assunzione e senza induzione di effetti avversi. Tale risultati persistono e sono statisticamente significativi alla fine del trattamento e al controllo successivo. Si può ipotizzare che il trattamento orale con IPERALA agisca riducendo lo stress ossidativo che è riconosciuto come una delle cause che intervengono nel danno al nervo nel dolore neuropatico. Studi clinici con casistica più ampia e confronto con altre terapie già in uso, saranno condotti per confermare i risultati ottenuti. Bibliografia  Battisti E, Albanese A, Guerra L et Al. Alpha lipoic acid and superoxide dismutase in the treatment of chronic low back pain. Eur J Phys Rehabil Med 2013; 5:659-664  Lee F H, Raja S N Complementary and alternative medicine in chronic pain. Pain 2011; 152: 28-30  Tomassoni D et al. Treatment with acetyl-L-carnitine exerts a neuroprotective effect in the sciatic nerve following loose ligation: a functional and microanatomical study. Neural Regen Res 2018; 13(4): 692-698
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Nuove strategie per il controllo del dolore nelle neuropatie periferiche (esperienza con neurassial dol®)
IPERALA: UN NUOVO NUTRACEUTICO NEL TRATTAMENTO DELLA LOMBALGIA CRONICA A. ALBANESE°, E. BATTISTI°, F. FILIPPI#. °DSFTA Università di Siena Italia # Fisiomed, Sanimedica Vicenza Italia Introduzione: La lombalgia è una patologia che colpisce soprattutto dalla terza alla quinta decade di vita. Scopo dello studio è valutare il miglioramento nel dolore percepito, nelle attività funzionali e la diminuzione degli analgesici in pazienti affetti da lombalgia cronica trattati con IPERALA un nutraceutico associazione di acido alfa-lipoico, PEA (Palmitoiletanolamide), beta-cariofillene e Vit.D3 in confronto con Nicetile (L-acetilcarnitina), un altro nutraceutico già usato nel trattamento della lombalgia cronica. MATERIALI E METODI: Sono stati arruolati 60 pazienti affetti da lombalgia cronica, di natura non infiammatoria o autoimmunitaria, 48 (80%) uomini e 12 (20%) donne, con età media 52±10.3 anni e con età di malattia di 40,3 ±13.7 mesi. La diagnosi di malattia è stata eseguita tramite i criteri clinici e radiologici dell’ACR. La stadiazione della malattia è stata basata sul sistema radiografico di Kellgren e Lawrence Tutti i pazienti, dato il consenso informato, sono stati divisi random in 2 gruppi omogenei e oltre ad utilizzare analgesici venivano trattati per 40 giorni, il primo con IPERALA 2cp/die per os e il secondo con Nicetile 500 2 cp/die per os. I controlli sono stati effettuati al basale, dopo 15 giorni di trattamento, al termine del trattamento dopo 40 giorni e un controllo finale dopo ulteriori 20 giorni. Per la valutazione sono stati utilizzati il questionario della disabilità Rolland e Morris, la scala del dolore Pain Rating Scale e sono stati registrati l’uso concomitante di farmaci analgesici e gli eventi avversi (tollerabilità). Sono state calcolate le differenze tra i vari time point dello studio per i punteggi dei due questionari e per il consumo di analgesici. Per la valutazione statistica è stato utilizzato il test del chi quadro. RISULTATI: Al controllo a 15 giorni 6 pazienti con IPERALA riferivano miglioramento della sintomatologia dolorosa e della funzionalità e avevano sospeso gli analgesici,, mentre solo 1 paziente con Nicetile riferiva analogo miglioramento. Al controllo dopo 40 giorni solo 10% dei pazienti trattati con IPERALA ricorreva ancora all’uso di analgesici contro il 40% dei pazienti trattati con Nicetile. Riguardo ai questionari di autovalutazione abbiamo osservato nei pazienti con Iperala un miglioramento significativo a livello statistico p<0.05 sia per il dolore percepito sia per le disabilità funzionali; il dolore è migliorato dopo 40 giorni di trattamento e il miglioramento è stato significativo sia statisticamente (p<0.05) sia clinicamente. Tali risultati rimanevano invariati al controllo finale dopo ulteriori 20 giorni. Non sono stati registrati effetti avversi nè intolleranze. CONCLUSIONI: Abbiamo valutato l’efficacia e la tollerabilità della formulazione orale di un nutraceutico IPERALA, associazione di acido alfa-lipoico, PEA (Palmitoiletanolamide), beta-cariofillene e Vit.D3 per 40 giorni, che potrebbe risultare utile nel trattamento del dolore lombare cronico. Lo studio ha mostrato che tale formulazione riduce l’uso di analgesici migliorando la sintomatologia dolorosa e la funzionalità, risultando di facile assunzione e senza induzione di effetti avversi. Tale risultati persistono e sono statisticamente significativi alla fine del trattamento e al controllo successivo. Si può ipotizzare che il trattamento orale con IPERALA agisca riducendo lo stress ossidativo che è riconosciuto come una delle cause che intervengono nel danno al nervo nel dolore neuropatico. Studi clinici con casistica più ampia e confronto con altre terapie già in uso, saranno condotti per confermare i risultati ottenuti. Bibliografia  Battisti E, Albanese A, Guerra L et Al. Alpha lipoic acid and superoxide dismutase in the treatment of chronic low back pain. Eur J Phys Rehabil Med 2013; 5:659-664  Lee F H, Raja S N Complementary and alternative medicine in chronic pain. Pain 2011; 152: 28-30  Tomassoni D et al. Treatment with acetyl-L-carnitine exerts a neuroprotective effect in the sciatic nerve following loose ligation: a functional and microanatomical study. Neural Regen Res 2018; 13(4): 692-698
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Bisogni riabilitativi nel recupero funzionale dopo trattamento chirurgico delle fratture sopracondilari dell’omero nel bambino: case series
Bisogni riabilitativi nel recupero funzionale dopo trattamento chirurgico delle fratture sopracondilari dell’omero nel bambino: case series. Moriconi S.1; Stacchietti S. 2; Seneca P.2; Sablone G.2; Massetti D.3; Gigante A.P.4; Marinelli M.4 Ricci M.2; Capecci M.1 1) Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ancona 2) S.O.D. Medicina Riabilitativa, AOU Ospedali Riuniti di Ancona, Ancona 3) S.O.D. Ortopedia e Traumatologia, AOU Ospedali Riuniti di Ancona, Ancona 4) S.O.D. Clinica di Ortopedia adulta e pediatrica, AOU Ospedali Riuniti di Ancona, Ancona 5) S.O.S. Ortopedia Salesi, AOU Ospedali Riuniti di Ancona, Ancona INTRODUZIONE • Le fratture sovracondiloidee dell’omero rappresentano la più comune frattura di gomito in traumatologia pediatrica, con picco massimo di incidenza tra i 5 ed i 7 anni e prevalenza nel sesso maschile (M/F: 6/4) • Le fratture scomposte (Gartland 2 e 3) richiedono solitamente riduzione incruenta e “pinning” con fili di Kirschner, seguiti dall’applicazione di valva gessata per 3-4 settimane • Alcuni studi hanno dimostrato un recupero spontaneo totale del ROM attivo e della performance entro un anno dal trauma anche nei pazienti che non eseguivano trattamenti specifici, tanto da spingere molti ortopedici a sconsigliare l’indicazione al trattamento riabilitativo • Inoltre un’errata mobilizzazione potrebbe essere responsabile di mictrotraumatismi ripetuti e microsanguinamenti, fattori predisponenti la creazione di calcificazioni eterotopiche a carico dei tessuti molli OBIETTIVI Valutare i bisogni riabilitativi di bambini di età compresa tra 6 e 16 anni sottoposti a chirurgia di fratture scomposte sopracondilari di omero e descrivere la disabilità emergente e l’evoluzione del recupero articolare, funzionale e dell’autonomia nelle ADL in funzione del processo assistenziale osservato MATERIALI E METODI Studio prospettico della durata di 6 mesi CRITERI DI INCLUSIONE • Bambini di età compresa tra 6 e 16 anni • Presenza di frattura sovracondiloidea di omero scomposta (Gartland 2 o 3) trattata chirurgicamente CRITERI DI ESCLUSIONE • Fratture sovracondiloidee di omero esposte, composte (Gartland I) o multiple (politraumi) • Lesioni nervose periferiche o vascolari associate • Ritardo dello sviluppo psicomotorio RISULTATI (Vedi testo tabelle) CONCLUSIONI • Alla rimozione del gesso, nel 100% dei casi sono presenti problemi meritevoli di una presa in carico riabilitativa: alterazione della cute, limitazione del ROM del gomito, dolore, edema, limitazione della funzione del braccio e della performance • La riabilitazione ha richiesto un numero medio di quasi 20 sedute per soddisfare gli obiettivi previsti • Il processo di recupero è avvenuto senza complicanze, in particolare non si sono verificate calcificazioni eterotopiche • A fine trattamento, i ROM recuperano, così come l’indipendenza funzionale nelle ADL, a sei mesi dall’intervento REFERENZE: – Spencer HT, Wong M, Fong YJ, et al. Prospective longitudinal evaluation of elbow motion following pediatric supracondylar humeral fracture. J Bone Joint Surg Am. 2010;92:904-910. – Zionts LE, Woodson CJ, Manjra N, et al. Time of return of elbow motion after percutaneous pinning of pediatric supracondylar humerus fractures. ClinOrthopRelat Res. 2009;467:2007-2010.
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Effetti riabilitativi di un’ortesi passiva d’anca sulla velocità di cammino in pazienti affetti da patologie neurologiche
Effetti riabilitativi di un’ortesi passiva d’anca sulla velocità di cammino in pazienti affetti da patologie neurologiche F. Menegazzo1, S. Razzolini2, M. Jimenez Lopez2, A. Gerardi2, F. Gervasoni3, G. Marcolin1, F.A. Panizzolo4 1 Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova, Italia 2 Centro Medico di Fisioterapia, Padova, Italia 3 Ospedale Luigi Sacco, Asst Fatebenefratelli Sacco, Milano, Italia 4 Moveo s.r.l., Padova, Italia Introduzione Patologie neurologiche quali sclerosi multipla, malattia di Parkinson e ictus colpiscono il sistema nervoso del paziente, determinando un impatto negativo sul cammino e sulle attività di vita quotidiana [1]. Il processo riabilitativo riveste un ruolo fondamentale nel migliorare il cammino di questi pazienti, sia nella fase acuta, sia in quella cronica [2]. L’obiettivo di questo lavoro è valutare l’effetto di un dispositivo ortesico passivo [3] per l’assistenza della flessione d’anca sulla velocità di cammino in pazienti affetti da patologie neurologiche, dopo un protocollo riabilitativo di 10 sedute. Materiali e metodi I pazienti sono stati divisi in due gruppi (EXO e CON) omogenei per caratteristiche antropometriche e patologie e hanno effettuato 10 sedute riabilitative. Le sedute comprendevano 20 minuti di cammino, 40 minuti di mobilizzazione passiva e 20 minuti di esercizi dinamici per l’equilibrio e la correzione posturale. I 20 minuti di training del cammino sono stati effettuati su tapis roulant (Walker View, TecnoBody, Bergamo, Italia) indossando il dispositivo ortesico passivo ExoBand (Moveo srl, Italia) nel gruppo (EXO) e senza indossare il dispositivo (CON). Gruppo EXO: (8 uomini e 5 donne; età 57,2 ± 13,1 anni; altezza 169,5 ± 10,1 cm; massa 72,5 ± 15,6 kg) affetti dalle seguenti patologie: ictus (6), sclerosi multipla (4), malattia di Parkinson (3). Gruppo CON: (4 uomini, 9 donne; età 56,2 ± 12,1 anni; altezza 169,0 ± 6,7 cm; massa 68,7 ± 12,9 kg) affetti dalle seguenti patologie: ictus (5), sclerosi multipla (7), malattia di Parkinson (1). Valutazione iniziale (seduta 1) e valutazione finale (seduta 10). Parametri rilevati: velocità di cammino spontanee, sia con ExoBand (Exo_on_1, Exo_on_10), sia senza (Exo_off_1, Exo_off_10). Valutazione alla seduta 1 e alla seduta 10 della velocità di cammino. Al termine della seduta 10 è stato somministrato un questionario ai pazienti e ai fisioterapisti che avevano utilizzato ExoBand, per valutare la propensione all’utilizzo durante la propria vita quotidiana e le sedute riabilitative. Le velocità di cammino sono state confrontate per mezzo di un t-test a campioni appaiati per entrambi i gruppi (p<0,05). Risultati I pazienti di entrambi i gruppi hanno riportato un aumento significativo della velocità di cammino al termine delle 10 sedute riabilitative. I pazienti del gruppo EXO hanno riportato un aumento del 14,3% della velocità di cammino al termine del percorso riabilitativo mentre i pazienti del gruppo CON hanno riportato un aumento del 9,1%. Al termine del percorso riabilitativo è stato somministrato un questionario da cui è emerso che il 70% degli utenti del gruppo ExoBand farebbe uso del dispositivo anche al di fuori del contesto riabilitativo. Conclusioni I risultati dello studio hanno evidenziato come l’introduzione di un’ortesi passiva possa permettere di aumentare la velocità di cammino in pazienti affetti da patologie neurologiche. Inoltre, i risultati ottenuti indicano come un trattamento riabilitativo che comprenda sessioni in cui viene utilizzata l’ortesi, permette un maggiore recupero della velocità di cammino rispetto a un protocollo di trattamento che non prevede l’utilizzo dell’ortesi. Bibliografia 1. Esquenazi, A., Talaty, M., & Jayaraman, A. (2017, January 1). Powered exoskeletons for walking assistance in persons with central nervous system injuries: A narrative review. PM and R, 9(1), 46–62. 2. Bowden, M.G., Woodbury, M.L., & Duncan, P.W. (2013). Promoting neuroplasticity and recovery after stroke: Future directions for rehabilitation clinical trials. Current Opinion in Neurology, 26(1), 37–42. 3. Panizzolo, F.A., Cimino, S., Pettenello, E., Belfiore, A., Petrone, N., & Marcolin, G. (2021). Effect of a passive hip exoskeleton on walking distance in neurological patients. Assistive Technology. Ringraziamenti Gli autori desiderano ringraziare tutti i pazienti coinvolti e il personale del centro medico dove si è svolta la raccolta dati (CEMES Synlab) che ha favorito lo svolgimento dello studio.
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Un’ortesi passiva d’anca migliora il range articolare e la velocità di cammino di pazienti ortopedici
Un’ortesi passiva d’anca migliora il range articolare e la velocità di cammino di pazienti ortopedici G. Gallina1, J. Elizalde2, A. Piccolo2, E. Savegnago2, E. Vettorato2, A. Gerardi2, F. Gervasoni3, G. Marcolin1, F.A. Panizzolo4 1 Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova, Italia 2 Centro Medico di Fisioterapia, Padova, Italia 3 Ospedale Luigi Sacco, Asst Fatebenefratelli Sacco, Milano, Italia 4 Moveo s.r.l., Padova, Italia Introduzione La corretta biomeccanica del passo richiede un’adeguata mobilità dell’articolazione dell’anca. Pazienti affetti da patologie che limitano il range articolare di quest’articolazione possono presentare uno schema del passo alterato [1]. Obiettivo del presente studio è valutare gli effetti dell’utilizzo di un’ortesi passiva indossabile che assiste i flessori della coscia durante il cammino [2, 3] in soggetti affetti da patologie ortopediche all’anca. Materiali e metodi Sono stati coinvolti 27 pazienti con le seguenti problematiche croniche: coxartosi, sindrome del grande trocantere, lombalgia, pregresso intervento di artroplastica d’anca con impianto protesico. Pazienti suddivisi in 2 gruppi omogenei per caratteristiche fisiche e patologie: il primo ha eseguito la riabilitazione con l’ausilio dell’ortesi passiva (EXO) e il secondo senza (CON). EXO (10 donne e 2 uomini, età 67,5 ± 10,2 anni, altezza 164 ± 8 cm, massa 71,7 ± 17,0 kg); gruppo CON da 15 soggetti (12 donne e 3 uomini, età 65,5 ± 14,9 anni, altezza 163 ± 6 cm, massa 71,7 ± 16,7 kg). Protocollo riabilitativo di 10 sedute. Le sedute riabilitative comprendevano: 20 minuti di training del passo, 20 minuti di mobilizzazione passiva e 20 minuti di mobilizzazione attiva assistita, esercizi di rinforzo muscolare e di equilibrio statico e dinamico (Fig. 1). Durante tutte le sedute riabilitative il gruppo EXO ha svolto il training del passo (che includeva l’addestramento alla salita e discesa dalle scale e il cammino con diverse andature) indossando l’ortesi passiva ExoBand (Moveo srl, Padova, Italia), mentre il gruppo CON ha svolto le medesime sessioni senza indossare l’ortesi. Valutazione alla seduta 1 e alla seduta 10 dei seguenti parametri: massima flessione ed estensione d’anca dell’arto affetto da patologia cronica, tramite Gyko (Microgate, Bolzano, Italia). Test del cammino su 10 metri [4]. Alla seduta 10 è stato inoltre somministrato un questionario ai pazienti che avevano utilizzato ExoBand, per valutarne la possibile d’uso durante la propria vita quotidiana. La velocità di cammino e la massima escursione articolare d’anca sono state confrontate per mezzo di un t-test a campioni appaiati per entrambi i gruppi (p<0,05). Risultati I pazienti del gruppo CON hanno riportato un aumento significativo (+6,2%) nella massima flessione d’anca tra l’ultima e la prima seduta ma non hanno riportato cambiamenti significativi nella massima estensione d’anca o nella velocità di cammino. I pazienti del gruppo EXO hanno riportato un significativo incremento della massima flessione (+13,1%) ed estensione (+32,0%) d’anca tra l’ultima e la prima seduta. Hanno inoltre riportato un significativo aumento nella velocità di cammino (+34,7%). Al termine del percorso riabilitativo, l'83% degli utenti ha indicato che farebbe uso di ExoBand anche al di fuori del contesto riabilitativo. Conclusioni I risultati dello studio hanno evidenziato come l’introduzione di un’ortesi passiva possa contribuire sensibilmente al miglioramento della velocità di cammino e al miglioramento del range articolare in pazienti affetti da patologie croniche all’anca. ExoBand sembra pertanto essere un valido ausilio da utilizzare nella riabilitazione di questa tipologia di pazienti. Bibliografia 1) Polkowski, G.G., Clohisy, J.C. (2010). Hip Biomechanics. Sports Medicine and Arthroscopy Review. 2) Panizzolo, F.A., Bolgiani, C., Di Liddo, L., Annese, E. & Marcolin, G. (2019). Reducing the energy cost of walking in older adults using a passive hip flexion device. Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation. 3) Panizzolo, F.A., Cimino, S., Pettenello, E., Belfiore, A., Petrone, N., & Marcolin, G. (2021). Effect of a passive hip exoskeleton on walking distance in neurological patients. Assistive Technology. 4) Peters, D.M., Fritz, S.L., & Krotish, D.E. (2013). Assessing the reliability and validity of a shorter walk test compared with the 10-Meter Walk Test for measurements of gait speed in healthy, older adults. Journal of Geriatric Physical Therapy Ringraziamenti Gli autori desiderano ringraziare tutti i pazienti coinvolti e il personale del centro medico dove si è svolta la raccolta dati (CEMES Synlab) che ha favorito lo svolgimento dello studio.
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Sindrome opsoclono mioclono associata ad infezione da Covid19, descrizione di un caso clinico
SINDROME OPSOCLONO MIOCLONO ASSOCIATA AD INFEZIONE DA COVID-19 DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO Brambilla Rossana, Cavone Cinzia, Mailland Enrico, Pisani Edoardo, Pellizzaro Michele, Rivolta Valeria, Laiosca Laura, Previtera Antonino Michele, Perucca Laura, Ausenda Carlo Domenico (Milano) INTRODUZIONE: La sindrome Opsoclono-Mioclono (OMS) è una rara condizione osservata in età pediatrica e adulta, con origine paraneoplastica (Neuroblastoma nel 50% dei casi nel bambino, carcinoma polmonare a piccole cellule nell’adulto), post-infettiva (HCV, malattia di Lyme, EBV, Streptococco, HIV, Coxsackie-B, M.Pneumoniae e Rotavirus) o idiopatica. Si presenta con opsoclono, mioclono, atassia, disturbi comporta-mentali e del sonno. L’opsoclono è un disturbo oculare caratterizzato da saccadi spontanee, aritmiche, co-niugate in tutte le direzioni dello sguardo senza un intervallo. Il mioclono è caratterizzato da brevi movimenti involontari causati da contrazioni muscolari. Il mioclono negativo è una perdita temporanea del tono musco-lare. Le cadute e l’atassia sono spesso il primo sintomo. Recentemente sono stati descritti casi dove il mioclono e l’atassia, talora associati a opsoclono, sono correlati temporalmente con l’infezione da SARS-CoV21, 2, 3. MATERIALI E METODI: Paziente di 62 anni ricoverato nel nostro Reparto di Riabilitazione con diagnosi di atas-sia, difficoltà motoria in OMS e recente guarigione da polmonite virale da SARS-CoV2. Affetto da COVID19 in trattamento a domicilio si recava in Pronto Soccorso per tremore diffuso e mioclonie ingravescenti insorti da 3 giorni. Obiettivamente erano presenti opsoclono, mioclono ai quattro arti con difficoltà nei movimenti volontari e atassia. Esclusa la genesi paraneoplastica, il quadro clinico è stato ritenuto compatibile con OMS da patologia infiammatoria post-infettiva da COVID19. Il paziente è stato trattato con terapia steroidea e immunoglobuline senza beneficio sui disturbi del movimento. Introdotti levetiracetam e benzodiazepine per episodio comiziale tonico-clonico. All’ingresso in Riabilitazione presentava funzioni corticali integre, umore depresso, assenza di nistagmo, disartria, oscillazione e scarso controllo del tronco, mioclonie ai quattro arti, incoordinazione motoria, ipostenia generalizzata, presenza di tutti i movimenti segmentari, ROT vivaci con prevalenza agli arti inferiori, ipotrofia muscolare è impossibilità alla stazione eretta. Il Paziente è stato sottoposto a RMN MDC, EMG, PESS e consulenza neurologica. Per il controllo delle mioclonie è stato trattato con Acido Valproico e Levetiracetam, associando un trattamento neuromotorio riabilitativo intensivo e multidisciplinare (fisioterapista neuromotorio, respiratorio, terapista occupazionale, logopedista e psicologo). RISULTATI: Il progetto riabilitativo individuale ha previsto il recupero della stenia globale, dell’autonomia dei passaggi posturali, dei trasferimenti, della stazione eretta, della sic e autonomia nella deambulazione con e successivamente senza ausili. Il programma riabilitativo neuromotorio ha previsto esercizi di coordinazione neuromotoria globale. Il programma riabilitativo respiratorio ha previsto esercizi per recupero della tolleranza allo sforzo. Il paziente è stato sottoposto a terapia occupazionale per il recupero dell’autonomia nelle ADL, valutazione logopedica ed esercizi di respirazione e colloqui psicologici. In dimissione risultavano migliorati la disartria con eloquio più fluido e comprensibile, le mioclonie ai quattro arti, il controllo del tronco da seduto, l’autonomia nei passaggi posturali e trasferimenti con supervisione, la tolleranza allo sforzo. Il cammino era moderatamente atassico ed erano necessari l’ausilio di un walker 2R/2P con supervisione, una carrozzina per esterno e assistenza nelle ADL più complesse. Il paziente ha proseguito il trattamento riabilitativo a domicilio. Nelle seguenti rivalutazioni neurologiche ambulatoriali, il mioclono era regredito, permaneva un lieve tremore posturale e d’azione delle mani e una minima atassia. Erano recuperati l’equilibrio, la deambulazione autonoma e una discreta autonomia nelle ADL. Migliorate la scrittura e la capacità di correre. La terapia con anticomiziali è stata progressivamente sospesa. CONCLUSIONI: Nell’80% dei pazienti ospedalizzati per infezione da COVID19 si descrivono complicanze neurologiche. La terapia con corticosteroidi e anticomiziali associata a un precoce e intensivo trattamento riabilitativo multidisciplinare sono stati fondamentali per il progressivo recupero neuromotorio e funzionale del paziente, valutato con Barthel Index migliorato da 16/100 all’ingresso a 69/100 alla dimissione. BIBLIOGRAFIA 1- Rábano-Suárez P, Bermejo-Guerrero L, Méndez-Guerrero A, et al. Generalized myoclonus in COVID-19. Neurology 2020; 95:e767. 2- Chan JL, Murphy KA, Sarna JR. Myoclonus and cerebellar ataxia associated with COVID-19: a case report and systematic review. J Neurol 2021 Feb 22 ;1-32. 3- Emamikhah M et al. Opsoclonus‐myoclonus syndrome, a post‐infectious neurologic complication of COVID‐19: case series and review of literature. J Neurovirol 2021 Feb;27(1):26-34.
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L’importanza di un’associazione tra valutazione clinica e linfoscintigrafica per la diagnosi e trattamento precoce del linfedema dopo dissezione ascellare: Case Report.
L’importanza di un’associazione tra valutazione clinica e linfoscintigrafica per la diagnosi e trattamento precoce del linfedema dopo dissezione ascellare: Case Report Vanzulli E, De Vivo A, Sigari C, Caraceni A. T. S.C. Cure Palliative, Terapia del Dolore e Riabilitazione, Istituto Nazionale dei Tumori, IRCCS, Milano Il linfedema secondario dell’arto superiore è una complicanza frequente del trattamento chirurgico del carcinoma della mammella, soprattutto dopo dissezione linfonodale ascellare. La linfoscintigrafia rappresenta il “gold standard” per la diagnosi del linfedema. Un rapido trattamento di tale complicanza è indispensabile per prevenirne il peggioramento e per contenere la conseguente disabilità funzionale e psicologica. MATERIALI E METODI Viene presentato il caso di una signora sottoposta a mastectomia destra con dissezione linfonodale ascellare, seguita da radioterapia locoregionale e chemioterapia adiuvante presso l’Istituto Nazione dei Tumori di Milano. La paziente ha eseguito periodicamente valutazioni fisiatriche e linfoscintigrafiche degli arti superiori, in quanto a rischio di sviluppare il linfedema dell’arto. L’obiettivo di questo case report è quello di sottolineare l’importanza di un follow-up clinico-strumentale dei pazienti sottoposti a dissezione linfonodale, in quanto fondamentale nella diagnosi precoce di un rallentamento del flusso linfatico. RISULTATI La prima linfoscintigrafia eseguita dalla paziente mostrava un normale funzionamento del sistema linfatico, confermato anche dall’esame obiettivo, in quanto non vi era evidenza di edema dell’arto superiore. Negli anni successivi la linfoscintigrafia ha iniziato a evidenziare dei segni di stasi linfatica, nonostante clinicamente non si apprezzasse alcun ristagno linfatico. Quattro anni dopo l’intervento chirurgico l’esame linfoscintigrafico ha mostrato un severo linfedema dell’arto superiore destro dovuto a uno stop parziale. Alla valutazione clinica si iniziava ad apprezzare un lieve edema localizzato esclusivamente al gomito e la paziente avvertiva un senso di tensione e pesantezza dell’arto superiore destro. CONCLUSIONI Sintomi come pesantezza o senso di tensione dell’arto non devono mai essere sottovalutati dal medico, che anche in assenza di linfedema oggettivabile clinicamente, potrà decidere di approfondire il quadro con valutazioni strumentali. L’esame linfoscintigrafico può infatti evidenziare un rallentamento del flusso linfatico già prima che compaiano le manifestazioni cliniche. Ciò può risultare utile per iniziare un trattamento precoce di tale complicanza, necessario per contenerne la gravità e disabilità conseguente. BIBLIOGRAFIA [1] Campisi C, Zilli A, Macciò A, Schenone F, Da Rin E, Eretta C, et al. Prevention of lymphoedema secondary to the treatment of breast cancer: a case report and proposal for a prevention protocol. Chirurgia Italiana 2004;56(3):419-24. [2] Levenhagen K, Davies C, Perdomo M, Ryans K, Gilchrist L. Diagnosis of Upper-Quadrant Lymphedema Secondary to Cancer: Clinical Practice Guideline From the Oncology Section of the American Physical Therapy Association. Rehabilitation Oncology 2017;35(3):E1-E18. [3] Maccauro M, Villa G, Manzara A, Follacchio G A, Manca G, Tartaglione G, et al. Lymphoscintigraphy for the evaluation of limb lymphatic flow disorders: report of technical, procedural standards from an Italian Nuclear Medicine expert panel. Revista Española de Medicina Nuclear e Imagen Molecular 2019;38:335-340.
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Gli infortuni correlati alla pratica del surf: un’analisi retrospettiva su una coorte di surfisti italiani.
49° Congresso Nazionale in modalità digitale LE RADICI DEL FUTURO GLI INFORTUNI CORRELATI ALLA PRATICA DEL SURF: UN’ANALISI RETROSPETTIVA SU UNA COORTE DI ATLETI ITALIANI Dario MACCHIAROLA1, Giacomo FARI’1,2, Dario SANTAGATI1, Roberta CIPRIANO1, Adriano TOTARO1, Michela ANDRANI1, Maurizio RANIERI1, Marisa MEGNA1. 1.Dipartimento di Scienze mediche di base, neuroscienze ed organi di senso, Università degli Studi di Bari, Bari, Italia 2.Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali (DiSTeBA), Università del Salento, Lecce, Italia Introduzione Nonostante la pratica del surf stia guadagnando sempre più popolarità nel mondo, rimangono non sufficientemente indagate l’epidemiologia degli infortuni connessi a questo sport e le relative strategie di prevenzione. Il surf comprende in realtà più discipline, ognuna con caratteristiche specifiche e quindi con potenziali rischi di infortunio diversi. L’obiettivo di questo studio è stato di indagare l’incidenza degli infortuni in una coorte di surfisti amatori italiani, distinguendo tra infortuni traumatici e lesioni da overuse ed evidenziando le differenze tra le varie discipline dei water board sport. Materiali e Metodi ‘The Great Wave off Kanagawa’. Katsushika Hokusai. 1830. E’ stato condotto uno studio retrospettivo osservazionale. Un gruppo di surfisti, membri di associazioni sportive italiane, ha ricevuto e compilato per via telematica un questionario. Sono state raccolte le seguenti informazioni: dati demografici, informazioni riguardanti la pratica del surf come numero di sessioni effettuate annualmente e anni di esperienza nella pratica della disciplina e la storia personale di infortuni. Risultati Il campione era composto da 126 surfisti non professionisti praticanti 4 diverse discipline: Surf, kitesurf, windsurf e stand-up paddle L’incidenza degli infortuni traumatici è risultata significativamente più alta rispetto a quella degli infortuni da overuse nelle 4 discipline prese in esame (es. nel surf, 81% trauma vs. 27% overuse, con una differenza del 55% , P<0.0001). Si è evidenziato inoltre un effetto statisticamente significativo del numero di sessioni svolte per anno sull’incidenza tanto degli infortuni traumatici (W=6.36, P=0.0117) quanto degli infortuni totali (traumi + overuse; W=4.30, P=0.0381), con un aumento del rischio di 12 volte nei surfisti che avevano svolto più di 80 sessioni per anno. Infine è emerso che il rischio di lesioni da overuse era maggiore negli atleti praticanti il surf da più di 4 anni (P=0.0193). Table I – Incidence of trauma and overuse injuries for the four water sports. Table III – Odds Ratio (OR) for the risk factor “Number of sessions/years” for trauma + overuse injuries. The value “<12 session” was used as reference. Trauma SURF 61/75 (81%) KITE 17/20 (85%) SUP 9/11 (82%) WINDSURF 15/20 (75%) Overuse 20/75 (27%) 10/20 (50%) 3/11 (27%) 6/20 (30%) Difference (95% CI) % P-value N° of SESSIONS <12 12-24 24-50 50-80 >80 0-24 >24 Trauma+ Overuse NO/YES 4/7 7/21 9/45 1/10 1/21 11/28 11/76 OR 1.73 2.86 5.74 12 2.71 Trauma + Overuse Wald 0.31 1.89 0.36 0.62 4.30 0.00 CI 95% 1.93 – 7.66 0.69 – 11.84 0.52 – 62.66 1.14 – 126.13 1.05 – 6.96 P-value 0.5753 0.1687 0.5475 0.4325 0.0381 0.9499 P-value 0.3684 0.1417 0.1553 0.0325 0.0331 54% (39 – 65 %) < 0.0001 35% (6 - 57 %) 0.0196 55% (13 - 76 %) 0.0114 45% (14 - 65 %) 0.0049 Table II – Risk factor analysis for trauma, overuse and trauma + overuse injuries SEX 0.14 AGE 1.49 BMI 0.56 yrs of PRACTICE 0.13 N° of SESSIONS 6.36 PERCEIVED CAUSES 0.03 Conclusioni 0.7129 2.00 0.1568 0.2227 0.03 0.8634 0.4527 2.31 0.1289 0.7143 2.72 0.0990 0.0117 0.27 0.6005 0.8687 0.72 0.3968 Trauma Overuse Wald P-value Wald P-value In tutte le discipline prese in esame gli infortuni traumatici sono risultati più frequenti di quelli da overuse, come era attendibile in considerazione delle caratteristiche dei gesti specifici del surf, che è uno sport estremamente esposto a cadute e collisioni. Il rischio di infortunio cresce con l’aumentare delle sessioni effettuate annualmente e con gli anni di pratica sportiva, dimostrando che l’esperienza non è un fattore protettivo e che la prolungata esposizione rappresenta sicuramente un fattore di rischio. Dovrebbero dunque essere adottate nuove strategie di prevenzione degli infortuni basate su programmi di preparazione fisica al gesto atletico, giacchè tradizionalmente i surfisti amatoriali non seguono training specifici e sono dunque più esposti al rischio di lesioni e conseguente interruzione dell’attività, anche prolungata. Bibliografia 1. McArthur K, Jorgensen D, Climstein M, Furness J. Epidemiology of Acute Injuries in Surfing: Type, Location, Mechanism, Severity, and Incidence: A Systematic Review. Sports (Basel). 2020 Feb 20;8(2). pii: E25. 2. Furness J, Hing W, Walsh J, Abbott A, Sheppard JM, Climstein M. Acute injuries in recreational and competitive surfers: incidence, severity, location, type, and mechanism. Am J Sports Med. 2015 May;43(5):1246-54. 3. Pikora TJ, Braham R, Mills C. The epidemiology of injury among surfers, kite surfers and personal watercraft riders: wind and waves. Med Sport Sci. 2012;58:80-97 duzione
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Valutazione dell’efficacia della rieducazione robotica del cammino con l’esoscheletro Lokomat per il recupero dell’autonomia dei pazienti emiplegici affetti dagli esiti di stroke: la nostra esperienza
Poster 37 Valutazione dell’efficacia della rieducazione robotica del cammino con l’esoscheletro Lokomat per il recupero dell’autonomia dei pazienti emiplegici affetti dagli esiti di stroke: la nostra esperienza INTRODUZIONE Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse per l’utilizzo di dispositivi robotici ai fini del recupero del cammino nei pazienti affetti dagli esiti di ictus cerebri. I dati della letteratura sembrano essere incoraggianti, anche se non c’è attualmente evidenza scientifica di una superiorità di efficacia del trattamento robotico rispetto al trattamento tradizionale. I dispositivi esoscheletrici garantiscono una ripetitività dello schema del passo corretto che il trattamento tradizionale non è in grado di garantire, se non con un utilizzo di risorse superiore. OBIETTIVO DELLO STUDIO Valutare l’efficacia del trattamento con l’esoscheletro Lokomat (Hocoma) sui pazienti affetti dagli esiti di stroke in fase subacuta, in relazione alla distanza totale percorsa su Lokomat e al tempo intercorso tra l’evento acuto e l’inizio del trattamento con dispositivo robotico. MATERIALI E METODI – Pazienti emiplegici con esiti di stroke ischemico o emorragico ricoverati presso il nostro reparto tra novembre 2019 e aprile 2021 – 2 sedute di trattamento quotidiane, di cui una con l’esoscheletro Lokomat e una di trattamento tradizionale, per 6 giorni a settimana. -Scale di misura somministrate all’inizio e alla fine del trattamento: Modified Ashworth Scale (MAS), Berg Balance Scale (BBS), Time Walking Test (TWT), Functional Ambulation Classification (FAC), Functional Independence Measure (FIM), Barthel Index (BI). -Studio della variazione media osservata a seguito del trattamento. -Ulteriore suddivisione dei pazienti in due sottogruppi in base alla distanza totale percorsa su Lokomat (≤ 10 km o >10 km) e in base al tempo trascorso dall’evento acuto (≤ -45 giorni o > 45 giorni); è stata quindi confrontata la differenza di variazione delle scale di misura somministrare nei diversi sottogruppi di pazienti. -Per l’analisi statistica è stato utilizzato il test U di Mann-Whitney a campioni indipendenti. RISULTATI: -É stato possibile misurare il TWT su jn totale di 10 pazienti su cui non è stata osservata una variazione statisticamente significativa -Non variazioni statisticamente significative di MAS e BBS -Variazioni statisticamente significative su FAC, FIM, BI -Sottogruppi comparati omogenei per età, Motricity Index arti inferiori, Barthel Index -I pazienti che hanno effettuato più di 10 km su Lokomat hanno avuto una crescita di FAC, FIM e BI statisticamente superiore rispetto ai pazienti che hanno percorso una distanza inferiore o uguale ai 10 km -Trend statistico favorevole in BI e FIM con miglior prognosi in chi ha intrapreso il trattamento entro i 45 giorni dall’evento acuto. L’aumento della casistica ci permetterà con buona probabilità di dimostrare la significativita statistica di tale trend. Conclusioni: Limiti dello studio: mancanza di un gruppo di controllo; scarsa numerosità del campione che non ha permesso di effettuare comparazioni statistiche incrociando i dati relativi ai sottogruppi ‘distanza percorsa’ e ‘tempo trascorso dall’evento acuto’. •Il trattamento robotico con Lokomat sembra influire positivamente sul miglioramento dell’autonomia nel cammino e dell’indipendenza dei pazienti affetti dagli esiti di stroke, senza determinare variazioni significative a livello di spasticità e di equilibrio dei pazienti. •La distanza totale percorsa su Lokomat risulta essere un fattore influente sul recupero delle autonomie dei pazienti, così come anche la precocità dell’inizio del trattamento robotico. •Per confermare i dati è necessario proseguire con la nostra ricerca, in modo da ottenere una numerosità campionaria più ampia e poter relazionare tra loro i dati relativi ai sottogruppi distanza percorsa – tempo dall’evento acuto.
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Malaria cerebrale e sequele neurologiche: case report
MALARIA CEREBRALE E SEQUELE NEUROLOGICHE: CASE REPORT Rivolta V*, Martinelli L§*, Pisani E*, Cavone C§*, Perin Sç, Brambilla R*, Laiosca L*, Ausenda C*, Previtera AM°, Perucca L+. *U.O.C. Riabilitazione Specialistica, Ospedale San Carlo Borromeo-ASST Santi Paolo e Carlo, Milano §Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano çU.O.C. Microbiologia e Virologia, Ospedale San Carlo Borromeo-ASST Santi Paolo e Carlo, Milano °Dipartimento Scienze della Salute, Università degli studi di Milano, UO Riabilitazione Specialistica, Ospedale San Paolo, Milano +Dipartimento Scienze Biomediche della Salute, Università degli studi di Milano, IRCSS Istituto Auxologico Italiano, UO riabilitazione neuromotoria-Auxologico Capitanio, Milano INTRODUZIONE L’interessamento cerebrale nell’infezione severa da Plasmodio Falciparum si manifesta prevalentemente con una compromissione severa dello stato di coscienza. Lo spettro di manifestazioni neurologiche in fase acuta è tuttavia estremamente vario. In una discreta percentuale di casi inoltre tali manifestazioni compaiono successivamente alla risoluzione dell’infezione, configurando così la sindrome neurologica post-malaria1. Questo lavoro descrive l’approccio riabilitativo adottato in un paziente che ha sviluppato tale sindrome con prevalenti manifestazioni atassiche. MATERIALI E METODI Si descrive il caso clinico di un uomo di 60 anni, al rientro in Italia dopo soggiorno prolungato in Costa d’Avorio, cui viene posta diagnosi di malaria severa con coinvolgimento cerebrale. Durante il ricovero, dopo trattamento antimalarico specifico, si evidenzia una progressiva normalizzazione del quadro neurologico. Nel periodo seguente la negativizzazione della parassitemia si assiste tuttavia allo sviluppo di atassia statica e dinamica2. Il paziente viene in seguito ricoverato presso il reparto di Riabilitazione Specialistica, dell’Ospedale San Carlo Borromeo di Milano. All’ ingresso è stato valutato il rischio di caduta mediante scala di Tinetti (punteggio: 4/28) e il grado di indipendenza funzionale mediante indice di Barthel modificato (punteggio: 42/100). Viene quindi impostato un percorso riabilitativo focalizzato al massimo recupero funzionale. Gli interventi riabilitativi adottati hanno incluso principalmente esercizi di training dei passaggi posturali e dei trasferimenti in sicurezza, esercizi propriocettivi per l’equilibrio in stazione eretta e l’impostazione del corretto schema del passo con strategie anti caduta. La durata del trattamento riabilitativo è stata di quattro settimane con sedute giornaliere effettuate sei giorni su sette. RISULTATI Il trattamento riabilitativo intensivo adottato ha determinato un progressivo miglioramento della coordinazione motoria, dell’equilibrio statico e dinamico, dell’autonomia nelle attività di vita quotidiana con successivo ritorno all’attività lavorativa. Alla dimissione, il paziente ha registrato i seguenti punteggi alle scale di valutazione somministrate: indice di Barthel modificato 100/100, scala di Tinetti 28/28. CONCLUSIONI La corretta valutazione fisiatrica specialistica e la compilazione di un adeguato Progetto Riabilitativo Individuale hanno permesso il completo recupero funzionale in un paziente con disturbi atassici sviluppatisi in seguito a infezione malarica da Plasmodio Falciparum. Riferimenti bibliografici Figura. Globuli rossi infettati dal parassita malarico. Sono riconoscibili trofozoiti immaturi con aspetto caratteristico ad anello. 1. Tamzali Y, Demeret S, Haddad E, et al. Post-malaria neurological syndrome: four cases, review of the literature and clarification of the nosological framework. Malar J 2018;17:387. 2. Sakaria AK, Mahajan SK, Desai RR, Shah KB. Delayed cerebellar ataxia: A rare self limiting complication of plasmodium falciparum malaria. Adv Biomed Res 2013; 2:27.
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Il ruolo dell’assistenza riabilitativa in un servizio di cure domiciliari: l’esperienza del distretto sanitario 48 ASLNA3SUD
CURARE A CASA: DIRITTI, DOVERI ED ESIGENZE DI CIVITA’. SCIENZA E COSCIENZA NELLE CURE DOMICILIARI. PROSPETTIVE ED ESPERIENZE DEL DISTRETTO 48 ASLNapoli3SUD AnnaMaria Rivignani Vaccari(*); Chiara Catalano(*); Giuseppe Esposito (*);A. Tavella A*; Antonio Ciccone(*); Vincenzo Perna (*) Maddalena Giugliano (□) Maurizzio Barrella (□□) ; Maddalena Giugliano (□□), e collaborazione di Filomena Rossi(*), Filomena Ianniello(*), Veria Arvonio(*). * ASL Napoli3Sud; (□□) Azienda Ospedaliera dei Colli Napoli; □ Asl Napoli1; (□) L’occasione di ripensamento complessivo dell’organizzazione della rete dei servizi sanitari e socio-sanitari a seguito della pandemia Covid-19, così come enunciato nel cosiddetto “Decreto Rilancio” (decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020, articoli 1 e 2), non può essere perduta e deve condurre a una riflessione condivisa tra e con tutti i professionisti che operano a favore della salute dei cittadini. Si sta cercando di far fronte a nuovi modelli assistenziali con programmazione sanitaria regionale al fine di intensificare l’assistenza territoriale e nello specifico nelle cure domiciliari. MATERIALI E METODI Soggetti promotori: Dirigenti Medici Ospedalieri e territoriali del DS 48 e Fisioterapista dipendente Risorse professionali: 1 Fisioterapista, 2 Fisiatri, MMG dei relativi assistiti, PLS dei relativi assistiti, UU.OO. per fascia di età, 1 amministrativo Sede operativa: locali del presidio di Somma V.na del DS48 e domicilio dei pazienti Orario: 5 giorni a settimana, orario da definire secondo le esigenze dell’utente e del personale che effettua la prestazione. Durata: 18 MESI Materiali: utenti 18-65 e <18 e >65 in collaborazione con le altre U.U.O.O. afferenti per fascia di età. Metodo di studio: MMG per le patologie croniche e/o patologie acute postoperatorie, medici ospedalieri per dimissioni protette di natura ortopedica (fratture), di natura neurologica (ictus, sclerosi multipla), di natura oncologica. Risultati: Reports ogni 6 mesi e valutazione dei risultati. il gradimento dell’intervento lla qualità attesa (outcomes). Lo studio è iniziato ad ottobre 2019 periodo in cui alla UOAR è stata assegnata una fisioterapista dipendente.  ° Test della mobilità articolare ° Scala di Tinetti ° ° Geriatric Depression Scale ° ADL/IADL nella versione abbreviata, FIM ° Autovalutazione funzionale COOP/WONCA CHARTS VALUTAZIONE delle Competenze motorie e cognitive CONCLUSIONI La nostra proposta è quella di organizzare un progetto di educazione alla salute psico-fisica di persone che invecchiano in modo da contenere gli effetti dell’involuzione motoria fisiologica. Indurre modificazioni nello stile di vita della popolazione adulta rappresenta un compito di estrema importanza nell’ambito delle politiche sanitarie. Per raggiungere tale obiettivo sono necessari una serie di interventi con l’interazione di più figure professionali. BIBLIOGRAFIA Riabilitare la persona anziana M.Baccini,M Paci, R Bemabei, N Marchionni. Elsevier 2011 Invecchiamento e politiche per la non autosufficienza. Bertin, G. 2009. Il management in sanità. III edizione di Master in Management in Sanità di Maria Triassi. MCM. 2007 Invecchiamento e politiche per la non autosufficienza. Erikson, 2004;
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Riabilitazione precoce del paziente amputato di arto inferiore nell’azienda ospedaliero-universitaria ospedali riuniti di ancona: proposta di miglioramento della presa in carico in fase pre-protesica
RIABILITAZIONE PRECOCE DEL PAZIENTE AMPUTATO DI ARTO INFERIORE NELL’AZIENDA OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA OSPEDALI RIUNITI DI ANCONA: PROPOSTA DI MIGLIORAMENTO DELLA PRESA IN CARICO IN FASE PRE-PROTESICA StacchiettiStefanoMD,RicciMaurizioMD. S.O.D.MedicinaRiabilitativa,DipartimentodiChirurgiaGeneraleeSpecialistica,AOUOspedaliRiunitidiAncona,TorrettediAncona • Il Team riabilitativo multi-professionale della SOD Medicina Riabilitativa dell’Azienda Ospedali Riuniti di Ancona da anni presta la propria attiva collaborazione al trattamento fisioterapico del paziente ricoverato per amputazione. • La continua volontà di miglioramento dell’approccio riabilitativo post-operatorio precoce non sempre viene supportato dai dati della letteratura scientifica. Non esistendo infatti vere e proprie Linee Guida generali relative alla presa in carico del paziente amputato, in quanto esistono tante diverse cause di amputazione e ancor più numerose variabili sia cliniche sia protesiche, ancora più povera appare la trattazione della fase acuta post amputazione, cruciale per la successiva protesizzazione. • E’ proprio questa la fase, delle 4 identificabili in letteratura (pre-operatoria, post-operatoria, protesica, follow-up) rispetto la quale ci sono meno evidenze in letteratura, ma è anche la fase in cui siamo attivati come team riabilitativo e molto spesso rappresenta l’unica fase in cui possiamo seguire quotidianamente il paziente amputato, avendo la nostra Azienda una mission chirurgica-traumatologica, un’alta rotazione dei posti letto e un’utenza regionale allargata anche alle regioni limitrofe, con conseguente difficoltà nel seguire longitudinalmente il paziente fino all’eventuale riabilitazione in protesi. • Una recente revisione sistematica delle Clinical Practice Guidelines sugli amputati ha evidenziato la debolezza delle pur numerose evidenze nei domini riguardanti la presa in carico pre e post operatoria, l’educazione, il controllo del dolore e la cura dell’arto residuo. Alcuni aspetti appaiono lacunosi, come l’educazione ad indossare il liner o al bendaggio. Se l’obiettivo generale del medico fisiatra (coordinatore del team riabilitativo) è la restituzione della massima funzionalità e indipendenza al paziente amputato, l’obiettivo specifico del presente lavoro è il miglioramento della presa in carico precoce ospedaliera di tale paziente, nella fase post-operatoria pre-protesica. Partendo dall’esperienza quotidiana e analizzando il caso clinico di un paziente in particolare (B.E), il progetto punta a far emergere le criticità e i punti di forza del contesto lavorativo attuale, al fine di delineare le basi per un futuro percorso di ottimizzazione delle attività di presa in carico riabilitativa precoce in un’ottica bio-psico-sociale secondo ICF. E’stata costruita ad hoc e posta in sperimentazione dal mese di marzo 2021, una scheda di valutazione fisiatrica del paziente amputato che funge da traccia per tutti i componenti del team multidisciplinare e multiprofessionale, selezionando tutti gli aspetti specialistici peculiari: dati anagrafici, anamnestici e di contesto socio-familiare, livello funzionale pre-ricovero, valutazione clinico-funzionale attuale del paziente, valutazione dettagliata del moncone. Prognosi riabilitativa e possibilità di protesizzazione/necessità di ausili, scelta della sanitaria e informazione al caregiver, continuità terapeutico riabilitativa alla dimissione. • La Letteratura concorda nel sottolineare che il paziente amputato dev’essere valutato quanto prima per definire il Progetto Riabilitativo Individuale durante il ricovero e alla dimissione: tutti i 10 pz valutati da marzo a settembre sono stati presi in carico e dimessi con il PRI. • E’ stata proposta una precoce attivazione della SOD Medicina Riabilitativa alle colleghe della SOD Medicina e Chirurgia Vascolare per valutare in team, quando possibile nel pre- operatorio, in alternativa nell’immediato post-operatorio, le caratteristiche dei pazienti candidati all’amputazione in elezione. • La sistematica raccolta dati mediante la nuova scheda dedicata ha velocizzato il coinvolgimento precoce dei Tecnici Ortopedici e del servizio di Psicologia e Assistenza Sociale ospedaliera nel team riabilitativo, con precoce fornitura al paziente dei dispositivi di bendaggio del moncone e supporto per l’iter burocratico di presentazione della domanda di invalidità civile/aggravamento. • Si sono ridotti i tempi di trasferimento presso strutture di riabilitazione/domicilio. -Dopo attenta analisi dei punti di forza e di debolezza della consueta valutazione e presa in carico dell’amputato B.E., le correzioni apportate nella nuova scheda dedicata sembrano indicare una precoce e più efficace presa in carico riabilitativa nella piccola casistica analizzata fino ad oggi, -Lo sviluppo nel medio termine sarà la redazione e validazione di un PDTA aziendale per il paziente amputato, da implementare e aggiornare periodicamente in tutti gli aspetti (normativi, organizzativi, tecnici, clinico-riabilitativi, ecc..) che contempli anche il monitoraggio del paziente nel lungo periodo mediante valutazioni periodiche del team multi professionale. IDENTIFICAZIONE DEI BISOGNI DEL PAZIENTE e redazione del Progetto Riabilitativo Individuale RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI • -Heyns A, Jacobs S, Negrini S, et al. Systematic review of clinical practice • • guidelines for individuals with amputation: identification of best evidence for rehabilitation to develop the WHO’s package of interventions ofrehabilitation. Arch Phys Med Rehabil 2021. https://doi.org/10.1016/j.apmr.2020.11.019. – VA/DoD Clinical Practice Guideline for Rehabilitation of Lower Limb Amputation, The Department of Veterans Affairs (VA) and The Department of Defense (DoD), version 2.0 – 2017. – Santilli V. a cura di “Linee Guida ed Evidenze Scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa” Centro Stampa La Sapienza, Rome Rehabilitation 2017.
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Uso congiunto della riabilitazione assistita da robot e della stimolazione cerebrale non invasiva in pazienti con paresi dell’arto superiore in esiti di stroke: revisione sistematica della letteratura
BACKGROUND: L’uso della terapia robotica in riabilitazione favorisce il ripristino di determinate competenze sensorimotorie tramite stimolazione periferica e promuove, indirettamente, il meccanismo di plasticità sinaptica a livello centrale. In tal senso, l’uso congiunto di differenti metodiche di stimolazione centrale e periferica, come per esempio l’applicazione della stimolazione cerebrale non invasiva (NIBS) con la riabilitazione assistita da robot, produce un effetto sinergico sull’induzione di plasticità sinaptica e sul recupero sensorimotorio. MATERIALI E METODI: Il protocollo di revisione è stato redatto secondo i criteri PRISMA. I seguenti database sono stati usati: Pubmed, Cochrane CENTRAL, Web of Science e IEEE Xplore. Gli studi presi in considerazione sono revisioni sistematiche, RCTs e studi prospettici o di coorte. Le pubblicazioni vagliate in questa revisione sono databili fino a settembre 2021, scritte in lingua inglese. I criteri di eleggibilità sono: adulti con paresi dell’arto superiore in esiti di ictus corticale o subcorticale in fase subacuta o cronica (P); l’uso combinato di protocolli di NIBS prima, durante o dopo la riabilitazione robotica (I); riabilitazione assistita da robot preceduta, seguita o durante protocolli sham di NIBS (C); uso di scale motorie (per esempio l’Upper Extremity Fugl-Meyer Assessment) e valutazione di parametri cinematici (O). Infine, la valutazione del rischio di bias e della qualità delle evidenze, è stata valutata tramite il Cochrane Handbook for Systematic Reviews of Interventions. RISULTATI:La strategia di ricerca con operatori booleani ha portato alla selezione di 409 articoli. Di questi, sono stati esclusi 213 articoli, perché non conformi ai criteri di inclusione suddetti. Un articolo è stato identificato tramite ricerca manuale. Gli articoli inclusi nella seguente revisione sono in totale 14 (3 revisioni sistematiche, 10 RCTs, 1 studio di coorte) con un totale di 361 pazienti (62.8+-7.2 anni, 204M/157F). La neuromodulazione di aree motorie primarie (M1), in combinazione con la riabilitazione robotica, non ha portato a miglioramenti statisticamente significativi di scale funzionali o parametri cinematici rispetto alla riabilitazione convenzionale. CONCLUSIONI: Non esiste alcuna evidenza che supporti l’ipotesi che gli effetti della terapia robotica possano essere migliorati dall’uso della NIBS. Tale risultato è spiegabile dalla enorme variabilità della popolazione in studio, in considerazione pure dell’eterogeneità di protocolli di stimolazione usati. Ulteriori studi dovranno essere eseguiti in futuro per chiarire quali siano i possibili risvolti clinici dell’utilizzo congiunto delle suddette metodiche. BIBLIOGRAFIA: Micera S, Caleo M, Chisari C, Hummel FC, Pedrocchi A. Advanced Neurotechnologies for the Restoration of Motor Function. Neuron. 2020;105(4):604-620. Reis SB, Bernardo WM, Oshiro CA, Krebs HI, Conforto AB. Effects of Robotic Therapy Associated With Noninvasive Brain Stimulation on Upper-Limb Rehabilitation After Stroke: Systematic Review and Meta-analysis of Randomized Clinical Trials. Neurorehabil Neural Repair. 2021;35(3):256-266. Schwarz A, Kanzler CM, Lambercy O, Luft AR, Veerbeek JM. Systematic Review on Kinematic Assessments of Upper Limb Movements After Stroke. Stroke. 2019;50(3):718-727.
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Neoplasia della mammella e problemi riabilitativi post chirurgici : efficacia di un intervento educazionale precoce
Neoplasia della mammella e problemi riabilitativi post chirurgici : efficacia di un intervento educazionale precoce 1Ricotti S., 1 Petrucci L., 1Da Ros C., 2De Silvestri A., 3Varrone G., 3 Donati F., 1Lisi C. 1 UOSD Medicina Fisica e Riabilitazione, IRCCS Fondazione Policlinico San Matteo Pavia, Italia; 2 Unità di Epidemiologia e Biometria Clinica, IRCCS Fondazione Policlinico San Matteo Pavia; 3 Scuola di specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitazione Università degli Studi di Pavia Con il miglioramento dell’ outcome nelle pazienti trattate per tumore della mammella vi è maggiore attenzione alla qualità di vita. Al trattamento primario possono seguire esiti invalidanti: dolore/limitazione articolare alla spalla o al braccio, deficit di gran dentato, linfedema, linfangiosclerosi. Nel trattamento multidisciplinare dell’operata al seno sono stati introdotti protocolli di riabilitazione precoce e di follow up almeno nel primo anno. Gli studi hanno mostrato risultati migliori con percorsi riabilitativi precoci piuttosto che posticipati; gli interventi educazionali e di esercizio autogestito danno risultati inferiori rispetto alla fisioterapia assistita. Presso la UOSD Medicina Fisica e Riabilitazione della Fondazione Policlinico S. Matteo di Pavia è attivo un ambulatorio di Riabilitazione oncologica inserito nella Breast Unit. Vi accedono sia pazienti operate al seno sottoposte nell’immediato postoperatorio a un intervento educazionale sulla corretta gestione dell’arto superiore con consegna di opuscolo illustrato (Fig 1) a cui viene programmato un controllo a 40 giorni dall’intervento (Pazienti E- PE), sia pazienti che non hanno ricevuto l’intervento educazionale (Pazienti I-PI) inviate successivamente da altri specialisti della Breast Unit. PERCORSO RIABILITATIVO Pazienti E (PE) 40 giorni dall’intervento SI I° visita fisiatrica ambulatorio senologico Pazienti I (PI) ≥ 40 giorni dall’intervento NO Valutazione fisiatrica Postoperatoria immediata Entro 72 ore SI INTERVENTO EDUCAZIONALE Valutazione fisiatrica a distanza Inviate da specialisti Breast Unit NO INTERVENTO EDUCAZIONALE Dolore, Disestesia Limitazione ROM Deficit Gran Dentato Linfedema, Linfangite Web Axillary Syndrome (WAS) Trattamento riabilitativo ambulatoriale Visita fisiatrica fine ciclo Visita fisiatrica di FU 3/6/12 mesi secondo indicazioni cliniche Scopo: valutare se si verificano differenze significative tra le pazienti che hanno usufruito dell’ intervento educazionale (PE) e le pazienti che non ne hanno usufruito (PI) riguardo alla prevalenza di problemi postoperatori (dolore, disestesia, limitazione del ROM, deficit del dentato anteriore, linfedema, linfangite, web axillary syndrome – WAS) nonché all’outcome dopo trattamento riabilitativo. Fig 1 1° VISITA E (55) 1° VISITA I (37) DOPO FKT E (20) DOPO FKT I (15) FOLLOW UP E(15) FOLLOW UP I (12) ETA’ 54,73 59,17 53,9 53,2 52,5 54,25 DISESTESIA N (%) 32 (58) 20 (54) 8 (40) 5 (33) 1 (7) 2 (17) DOLORE N(%) 37 (67) 21 (57) 12 (60) 5 (33) 6 (40) 8 (67) DEFICIT G. DENTATO N (%) 12 (22) 6 (16) 2 (10) 3 (20) 1 (7) 2 (17) LIMITAZIONE ROM IN FLESSIONE N (%) 38 (69) 28 (76) 4 (20) 5 (33) 1 (7) 2 (17) LINFEDEMA N (%) 9 (16) 5 (14) 1 (5) 1 (7) 5 (33) 0 WAS N (%) 14 (25) 7 (19) 0 0 0 0 LINFANGITE N (%) 0 2 (5) 0 0 0 0 Fig 2: Prevalenza dei tipo di intervento chirurgico nelle pazienti che presentano problemi riabilitativi Fig 3 Prevalenza dei tipo di intervento Fig 4: Variazione dell’articolarità in flessione in gradi e del dolore in punti VAS dopo il trattamento chirurgico nelle pazienti trattate e al follow up Tab. 1: Prevalenza di problemi riabilitativi nelle pazienti prima e dopo il trattamento e al follow up Risultati: Sono state valutate 95 PE (età media 54 anni) e 41 PI (età media 59 anni) a 40 giorni in media dall’intervento chirurgico. Nell’analisi sono state considerate solo le pazienti con problemi riabilitativi: 55 PE (età media 54 anni), 37 PI (età media 59 anni). I Gruppi sono risultati omogenei per età, tipo di intervento chirurgico (Fig 2-3), prevalenza di linfedema, WAS, linfangite, disestesia, dolore e deficit di gran dentato (Tab. 1). Le PE presentano a 40 giorni dall’intervento un range articolare medio superiore rispetto alle PI (ROM in flessione 146° e 127 ° rispettivamente). Il trattamento riabilitativo è stato prescritto a 27 PE (rieducazione motoria) e a 16 PI (per 14 rieducazione motoria, per 1 linfodrenaggio manuale, per 1 entrambi). 20 PE e 15 PI hanno effettuato il controllo a fine ciclo: entrambi i gruppi presentano un miglioramento del ROM; le PI presentano un guadagno articolare in gradi statisticamente significativo (p=0,0355), senza raggiungere il ROM delle PE (Graf.2), che risulta maggiore. Al follow up effettuato su 15 PE (in media a 6,5 mesi) e su 12 PI (in media a 7 mesi) vi è un ulteriore miglioramento del ROM statisticamente significativo in entrambi i gruppi (p=0,0355 PI, p=0,0181 PE), ma le PI non raggiungono il ROM delle PE (158° per le PI, 173° per le PE). Le PE ottengono una riduzione significativa dell’intensità del dolore sia alla prima visita dopo la fisioterapia (p=0,0304) che al follow up ( p=0,006, VAS media 1,33), mentre nelle PI il dolore non diminuisce e si assesta su valori di VAS tra 5 e 6 (Fig 4). Conclusioni: Le pazienti sottoposte a un intervento educazionale nel postoperatorio immediato e successivamente prese in carico per la riabilitazione hanno limitazioni articolari all’arto superiore omolaterale all’intervento meno gravi rispetto a quelle non educate e ottengono un recupero articolare e un controllo del dolore maggiori al termine della fisioterapia e al follow up. Il gruppo di PI non è rappresentativo della popolazione delle pazienti operate, il che ci impedisce di generalizzare il risultato. L’intervento educazionale proposto nel postoperatorio immediato è risultato efficace ai fini dell’outcome funzionale, anche se la modesta numerosità dei gruppi non consente di trarre conclusioni definitive. I risultati ottenuti sono di stimolo per continuare a proporlo e ad acquisire ulteriori dati.
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Modifiche mitocondriali negli anziani. quali sono gli effetti muscolari delle diverse modalità di esercizio? una revisione sistematica
Introduzione Modifiche mitocondriali negli anziani. Quali sono gli effetti muscolari delle diverse modalità di esercizio? Una revisione sistematica Lorenzo Lippi1, Alessandro de Sire2, Arianna Folli1, Alessio Turco1, Manuela Desilvestri3, Manuela Marchioni3, Luca Perrero3, Marco Invernizzi1,4 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Catanzaro “Magna Graecia”, Catanzaro 3 Neuroriabilitazione, Dipartimento di Riabilitazione, Azienda Ospedaliera SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 4 Medicina Traslazionale, Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione (DAIRI), Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria I mitocondri svolgono un ruolo chiave nelle vie ossidative, nella biogenesi dell’adenosina trifosfato (ATP), nel metabolismo cellulare, nella mitofagia e nella morte cellulare [1]. Precedenti studi hanno dimostrato che le modifiche mitocondriali sono strettamente correlate all’invecchiamento cellulare, caratterizzato da un declino della dinamica, della quantità, dell’integrità e dell’efficienza bioenergetica a causa di mutazione del mtDNA, della risposta infiammatoria e dello stress ossidativo che caratterizzano il processo cellulare di senescenza [2-3]. L’esercizio fisico è stato proposto come un trattamento efficace e sicuro per migliorare la qualità e la densità dei mitocondri muscolari, tuttavia, gli effetti dei diversi programmi di allenamento nei soggetti anziani non sono ancora del tutto noti. Pertanto, lo scopo di questa revisione sistematica è stato valutare gli effetti delle diverse modalità di allenamento sulle modifiche mitocondriali di soggetti anziani. Materiali e Metodi Il 20 Marzo 2021 è stata condotta una ricerca sistematica in cinque database (PubMed, Scopus, Web of Science, Cochrane e PEDro) ricercando studi randomizzati controllati (randomized controlled trials – RCT) che trattavano le modifiche mitocondriali in una popolazione di soggetti anziani sani. Come tipo di intervento è stato considerato l’allenamento aerobico (endurance training – ET), l’allenamento di forza (resistance training – RT) e l’allenamento combinato (combined training – CT). Sono stati valutati come outcomes la qualità mitocondriale, la densità, la dinamica, la capacità ossidativa e antiossidante. La qualità degli studi inclusi è stata valutata mediante la scala PEDro, mentre il rischio di bias è stato valutato mediante Cochrane’s critical bias assessment tool. Risultati Figura 1. Flow chart del processo di ricerca. Su 2497 risultati della ricerca, sono stati inclusi un totale di 6 studi, pubblicati tra il 2001 e il 2019; due valutavano l’ET, uno l’RT, uno il CT e uno sia l’ET che l’RT. La Figura 1 mostra la flowchart dello studio in dettaglio Centosessantaquattro soggetti anziani sani (età: da 69,2 ± 0,6 a 73,8 ± 2,3; maschi/femmine: 73/91) sono stati inclusi nella presente revisione sistematica. I gruppi di controllo erano composti sia da soggetti anziani sani che da giovani adulti sani. L’allenamento aerobico consisteva in camminare, andare in bicicletta o correre. La durata dei protocolli variava dalle 8 alle 24 settimane, con una frequenza di 3 – 5 sedute/settimana. La durata della singola sessione variava da 5 a 60 minuti. L’allenamento di forza è stato eseguito con esercizi a corpo libero e pesi. La durata dei protocolli variava da 8 a 24 settimane, con una frequenza di 2 – 4 sessioni/settimana. Il volume dell’esercizio variava da 3 a 5 serie da 4-15 ripetizioni a sessione. L’allenamento combinato era composto da un programma che includeva sia attività aerobiche che allenamento di resistenza. L’intensità dell’esercizio è stata adattata alle caratteristiche del soggetto, in base al consumo massimo di ossigeno, mentre l’intensità dell’allenamento di resistenza non è stata chiarita. Il programma di esercizi era composto da 50 minuti 4 volte a settimana più 60 minuti una volta a settimana. L’esercizio aerobico ha mostrato effetti significativi in termini di capacità ossidativa (CS, +46% P<0.001) Al contrario, dopo RT sono stati ottenuti promettenti miglioramenti sul contenuto mitocondriale (Pgc1-α, da +36±9% a +55%, con una P da < 0,001 a < 0,05). Inoltre, l’RT sembra la modalità di esercizio che più stimola la dinamica mitocondriale negli anziani (Mfn1, p < 0.04). Infine, l'allenamento combinato potrebbe migliorare sia la capacità ossidativa (OXPHOS, con una P da P<0.01 a P<0.05) che la biogenesi mitocondriale Figure 2. Risk of bias summary of the included studies. (Pgc1-α, +58±29%; p=NS). In accordo con la scala di Pedro, la qualità degli studi inclusi ha mostrato 1 studio di buona qualità e 5 studi di qualità scarsa. I risultati della Cochrane's critical bias assessment tool sono invece mostrati nella Figura 2. Conclusioni Tutte le diverse modalità di allenamento potrebbero indurre specifiche modifiche dei mitocondri muscolari in termini di qualità mitocondriale, densità, dinamica, capacità ossidativa e antiossidante, con differenze tra gli allenamenti eseguiti in soggetti di età superiore ai 65 anni. Questi risultati supportano le precedenti evidenze che riportano l’esercizio fisico come trattamento efficace nel contrastare l’aging, anche attraverso meccanismi di modifica mitocondriale riconosciuta essere una delle componenti dell’aging cellulare. Inoltre, i nostri risultati potrebbero supportare la ricerca futura nel caratterizzare le variabili dell’esercizio fisico in funzione di alterazioni cellulari alla base di numerose patologie, fornendo il punto di partenza per cucire su misura del paziente il tipo di trattamento più efficace. Tuttavia, ad oggi, non esistono ancora evidenze forti a supporto dei nostri risultati, pertanto, sono necessari ulteriori studi di buona qualità per definire le specifiche modificazioni mitocondriali indotte dalle diverse tipologie di allenamento nei soggetti anziani. Bibliografia Estebanez et al. 2019 Frank et al. 2016 Irving et al. 2015 Johnson et al. 2015 Short et al. 2003 Jubrias et al. 2001 1. Petkovic, M. et al. Interorganelle communication, aging, and neurodegeneration. Genes Dev, 2021. 35(7-8): p. 449-469. 2. Boengler, K., et al., Mitochondria and ageing: role in heart, skeletal muscle and adipose tissue. J Cachexia Sarcopenia Muscle, 2017. 8(3): p. 349-369. 3. Kauppila, T.E.S. et al. Mammalian Mitochondria and Aging: An Update. Cell Metab, 2017. 25(1): p. 57-71. Figura 2. Risk of bias degli studi inclusi. Random sequence generation (selection bias) allocation concealment (selection bias) blinding of participants and personnel (performance bias) blinding of outcome assessment (detection bias) incomplete outcome data (attrition bias) selective reporting (reporting bias) other bias
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Trattamento riabilitativo personalizzato in esiti di Malattia di Hirschsprung
TRATTAMENTO RIABILITATIVO PERSONALIZZATO IN ESITI DI MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG: CASE REPORT A.Paterlini 1, F.Mordini 1, C.Costantino 1, A.Frizziero 1 , F.Petraglia 2, G.Anelli 2, L.Lombardi 3 INTRODUZIONE La malattia di Hirschsprung è caratterizzata dell’assenza del plesso sottomucoso e mioenterico in un tratto del canale alimentare e causa una sintomatologia ostruttiva. Diverse tecniche chirurgiche sono descritte come efficaci per il trattamento, tuttavia, a prescindere dalla tecnica utilizzata, più del 60% dei pazienti lamenta prolungati disturbi, tra cui incontinenza fecale e stipsi, a volte associati a distensione addominale, vomito, ed enterocolite. Spesso nell’adolescenza i sintomi si autorisolvono fino alla continenza completa, ma non in tutti i casi con conseguenti effetti negativi sulla vita del paziente e della sua famiglia. L’obbiettivo primario di questo case-report è stato valutare l’efficacia di un trattamento riabilitativo personalizzato intensivo sulla sintomatologia e sulla qualità di vita percepita, attraverso scale di misura e questionari specifici. Outcome secondario è stato individuare un protocollo di scale e questionari che valutasse in maniera completa e ripetibile la disabilità legata alla patologia. Indice socio-economico T0 T1 T2 Hollonshead index Incontinenza fecale 19 19 19 Rintala score 8 15 15 Wexner score Bristol for children 16 6 10 4 44 Qualità della vita PedsQL Children Parents 67,39 76,09 76,09 68,48 82,61 86,96 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 Wexner T0 T1 T2 Paziente : G.S. , di anni 8. CASE REPORT In maggio 2013, G.S. è stata ricoverata presso l’U.O. Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale Maggiore di Parma per episodi di vomito nei primi giorni di vita associati a persistente difficoltà nell’evacuazione e nell’alimentazione. A seguito di diagnosi di malattia di Hirschsprung è stata sottoposta ad intervento chirurgico da parte dell’équipe di Chirurgia Pediatrica. Negli anni successivi è stata periodicamente rivalutata dalla stessa équipe. In gennaio 2021, all’età di 7 anni, è stata richiesta valutazione fisiatrica per persistenza di incontinenza fecale ed urinaria. Alla valutazione del pavimento pelvico emergeva una scarsa capacità di contrazione del nucleo fibroso centrale ed utilizzo di compenso addominale e dei muscoli adduttori durante la contrazione, assenza di deficit di sensibilità e buona riposta alla richiesta motoria. Al colloquio con i familiari emergevano importanti difficoltà di gestione degli episodi di encopresi ed enuresi soprattutto durante la notte con necessità di risvegli programmati. G.S. è stata presa in carico dall’UO di Medicina Riabilitativa ed è stato impostato un progetto riabilitativo personalizzato con sedute della durata di 1 ora e mezza, una volta a settimana, per 8 settimane. Il programma prevedeva la compilazione di bowel diary, diario alimentare ed esercizi attivi finalizzati al miglioramento della forza fasica e dell’endurance del pavimento pelvico, impostati sotto forma di gioco. Inoltre un programma di home-training quotidiano è stato costruito attraverso una scheda personalizzata. E’ stata valutata la QoL attraverso PEDsQL (Pediatric Quality of Life Inventory), la sintomatologia intestinale attraverso le scale Rintala, Wexner incontinenza e Bristol for children, l’incontinenza urinaria con ICIQ-CLUTS (International Consultation on Incontinence Questionnaire-Pediatric Lower Urinary Tract Symptoms). Il CBCL (Child Behaviour CheckList) è stato somministrato ai genitori per l’inquadramento comportamentale; lo stato socio-economico è stato valutato con l’Indice di Hollinshead. La scale e i questionari sono stati somministrati all’inizio (T0), al termine del trattamento (T1) ed al follow-up ad 1 mese (T2). Al termine del trattamento riabilitativo (T1) è stato osservato un miglioramento in tutti i domini indagati che si è mantenuto anche al follow-up (T2), sia per il bambino che per il genitore. Questo ha avuto un effetto positivo sulla QoL, come evidenziato al PEDsQL con correlati miglioramenti del quadro comportamentale evidente al CBCL. 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 Rintala T0 T1 T2 CONCLUSIONI Il trattamento riabilitativo personalizzato, in esiti di chirurgia per M. di Hirschsprung in età pediatrica sembra essere efficace per migliorare la QoL del paziente e della famiglia, in linea con la letteratura. Il protocollo di valutazione proposto prevede questionari e scale già validati in letteratura e di facile reperibilità, è completo poichè indaga tutti i domini interessati dalla patologia, risulta di facile esecuzione e comprensione per il paziente pediatrico e per la sua famiglia, inoltre è facilmente riproducibile. Data d’inizio Evacuazione e tipologia di feci perdita Farmaci Quali? Si o no? Perdita urina (giorno/no tte) Mal di pancia Si /no commenti seduto WC spontanea macchia striscia LUNEDI Data MARTEDI Data MERCOLEDI Data GIOVEDI Data Venerdi Data SABATO Data DOMENICA Data Bowel diary 1 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Parma 2 Unità Operativa Complessa di Medicina Riabilitativa, Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma 3 Unità Operativa di Chirurgia Pediatrica, Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma
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Approccio riabilitativo individualizzato nel post trattamento chirurgico del tendine di Achille
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO PAOLO GIACCONE DIPARTIMENTO DI “RIABILITAZIONE, FRAGILITA’ E CONTINUITA’ ASSISTENZIALE” Direttore: Prof.ssa Giulia Letizia Mauro U.O.C. DI “RECUPERO E RIABILITAZIONE FUNZIONALE” Direttore: Prof.ssa Giulia Letizia Mauro Approccio riabilitativo ersonalizzato nel post-chirurgico del Tendine d i Achille L.Lauricella, V.Di Pasquale, D.Lo Nardo, C.D.Spitale, M.Vecchio, G.Letizia Mauro p Il trattamento riabilitativo post-chirurgico delle lesioni del tendine d’Achille è finalizzato alla riduzione del dolore e dell’edema, al recupero del ROM,del tonotrofismo muscolare e al ripristino della deambulazione con un corretto schema del passo. Le attuali evidenze in letteratura suggeriscono che la mobilizzazione precoce con carico graduale crescente permette di ottenere risultati funzionali migliori, consentendo così al paziente di tornare a un normale stile di vita in tempi più brevi. Lo scopo del nostro studio clinico, retrospettivo monocentrico, è stato valutare il trattamento riabilitativo precoce e personalizzato sul paziente in regime ambulatoriale per un recupero più rapido e duraturo nel tempo. MATERIALI E METODI Presso l’U.O.C. di “Recupero e Riabilitazione Funzionale” del Policlinico P. Giaccone di Palermo abbiamo arruolato n.3 pazienti sottoposti a intervento chirurgico di ricostruzione del Tendine d’Achille per lesione completa traumatica recente. Obiettivi del trattamento: ridurre la sintomatologia dolorosa, recuperare il ROM e il corretto schema del passo. Il programma riabilitativo ha previsto: terapia fisica (magnetoterapia, Laser C02), rieducazione funzionale e propriocettiva, training del passo e della deambulazione.Criteri di inclusione: intervento chirurgico entro 30 giorni prima della visita fisiatrica.Criteri di esclusione: patologie oncologiche, presenza di pacemaker.Tutti i soggetti sono stati sottoposti a valutazione a T0 (visita fisiatrica basale), a T1(al termine di 10 sedute di FKT) e T2 (dopo 20 sedute di riabilitazione), mediante NRS, Barthel Index, Leppilahti Scale. INTRODUZIONE T0 T1 T2 In tutti i pazienti dopo 10 sedute di trattamento (T1) si è osservato un miglioramento della sintomatologia algica ed un aumento del ROM di caviglia. A T2 abbiamo riscontrato anche una ripresa graduale dello schema del passo con svezzamento da un bastone canadese. Al termine dello studio abbiamo ottenuto un miglioramento della NRS in media da 5 a 3, della Barthel Index da 65 a 80 e della Leppilhati Scale da 60 a 90 (vedi grafici). 100 80 60 40 20 0 BARTHEL INDEX Paziente 1 Paziente 2 Paziente 3 T0T1T2 T0= valutazione iniziale T1= valutazione dopo 10 sedute FKT T2= valutazione dopo 20 sedute FKT RISULTATI 10 5 0 NRS SCALE 6544 54 323 CONCLUSIONI Alla luce dei risultati ottenuti, si può affermare che una riabilitazione precoce e personalizzata nelle lesioni del tendine d’Achille determini un Paziente Paziente Paziente 123 T0 T1 T2 LEPPILHATI SCALE 100 50 0 T0 T1 T2 Paziente 1 Paziente 2 Paziente 3 completo recupero del ROM, della forza muscolare, del corretto schema deambulatorio anche su terreni accidentati, sebbene in un numero esiguo di pazienti. Bibliografia -Randomized controlled trial of accelerated rehabilitation versus stand -Accelereted rehabilitation following Achilles tendon repair after acute ard protocol following surgical repair of ruptured Achilles tendon. Porter MD, Shadb rupture – Development off an evidence-based treatment protocol. Mareen Brumann olt B ANZ J Surg. 2015 May; 85(5):373-7.) et all. Injury int. J 2014
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Trattamento Riabilitativo e kinesiotaping nella spondilite anchilosante: nostra esperienza
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO PAOLO GIACCONE DIPARTIMENTO DI “RIABILITAZIONE, FRAGILITA’ E CONTINUITA’ ASSISTENZIALE” Direttore: Prof.ssa Giulia Letizia Mauro U.O.C. DI “RECUPERO E RIABILITAZIONE FUNZIONALE” Direttore: Prof.ssa Giulia Letizia Mauro Trattamento Riabilitativo e Kinesiotaping nella Spondilite Anchilosante: Nostra esperienza L. Lauricella, D. Scaturro, G. Signa, V. Di Bella, G. Passantino, M. Vecchio, G. Letizia Mauro INTRODUZIONE MATERIALI E METODI La spondilite anchilosante (SA) è una malattia infiammatoria cronica che colpisce principalmente la colonna vertebrale e le articolazioni sacro-iliache, con eventuale coinvolgimento delle periferiche. La SA, con l’artrite reattiva, la psoriasica, le associate a malattie infiammatorie intestinali (morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa) e le spondiloartriti indifferenziate costituiscono il gruppo delle spondiloartropatie (SpA). Ha un’incidenza > 3 nel sesso maschile; esordisce in pazienti di età compresa tra i 20 e i 40 anni ed è 10-20 volte più frequente in parenti di primo grado, rispetto alla popolazione generale. L’eziologia rimane a tutt’oggi sconosciuta. La presenza dell’aplotipo HLA B27 (human leukocyteantigens) è strettamente associato alla malattia; da solo non causa la patologia e solamente il 5% sviluppa la SA. Un ruolo centrale nella patogenesi della malattia sembra essere un allele del locus HLA-B nella regione di classe I complesso maggiore di istocompatibilità (MHC). Lo scopo dello studio è stato verificare gli effetti del kinesiotaping in pazienti con SA in trattamento riabilitativo. Presso l’U.O.C. di “Recupero e Riabilitazione Funzionale” dell’A.O.U.P. Paolo Giaccone di Palermo è stato avviato uno studio osservazionale monocentrico, validato dal comitato etico, in cui sono stati arruolati 12 pazienti (7 uomini e 5 donne) tra settembre 2020 e marzo 2021 di età tra 55-70 anni, con diagnosi di spondilite anchilosante secondo i criteri ASAS (2011), in trattamento farmacologico con biologici. I soggetti sono stati sottoposti a visita fisiatrica con successiva firma del consenso informato. Sono stati randomizzati in 2 gruppi: A) 6 pazienti(rieducazione funzionale + kinesiotaping) e B)6 pazienti (rieducazione funzionale). Il percorso ha previsto 20 sedute di trattamento riabilitativo, con incontri bisettimanali (1 h), consistente in stretching dei muscoli antigravitari e stabilizzatori del tronco, ginnastica respiratoria, esercizi posturali e di rinforzo dei muscoli paravertebrali ed addominali e magnetoterapia delle articolazioni sacroiliache. Al termine di ogni seduta ai soggetti veniva applicata in regione lombosacrale il “taping” con tecnica endogena antalgica, rimosso prima della successiva seduta. Tutti i pazienti sono stati valutati mediante NRS, indice funzionale di Dougados, Basfi, Basdai, Basmi, Short portable mental status questionnaire, a tempo T0 (visita fisiatrica basale), T1 (dopo 10 sedute riabilitazione) e T2 (dopo 20 sedute FKT). Criteri di inclusione: NRS ≥7, rx rachide in toto 2 P, diagnosi di SA da almeno 3 anni. Criteri di esclusione: patologie oncologiche, pace-maker. GRUPPO A GRUPPO B RISULTATI In tutti i pazienti è stata rilevata una riduzione del dolore, il miglioramento dell’articolarità rachidea e dello svolgimento delle normali ADL (vedi grafici). Tuttavia non abbiamo riscontrato per il gruppo A l’aspettata efficacia dall’impiego del tape. I pazienti hanno inoltre espresso un ottimo gradimento nel rapporto con il team riabilitativo secondo GSQ. CONCLUSIONI Una costante e individuale rieducazione funzionale e le corrette abitudini posturali sono parte integrante nella gestione terapeutica del dolore e della rigidità nella SA. L’esercizio fisico svolto anche al proprio domicilio, nelle tardive, permette di stabilizzare la postura, incrementare la funzione e contribuire a ridurre il dolore e migliorare le ADL. Il kinesiotaping è stato utilizzato allo scopo di ridurre il dolore, migliorare il ROM e l’affaticamento muscolare da eccessiva tensione. In particolare il posizionamento dal distale al prossimale del muscolo con tensione del nastro al massimo del 25% e il conseguente stiramento dovrebbe avere, come da letteratura scientifica, una funzione antalgica, e quindi essere un valido supporto alla terapia farmacologica e alla riabilitazione. Tuttavia nei soggetti arruolati non abbiamo ottenuto il risultato sperato per cui si è deciso di ampliare la casistica selezionando i pazienti più giovani e maggiormente motivati, nonché effettuare un follow-up più a lungo termine. . Bibliografia 1) Physiotherapy for Ankylosing Spondylitis: Systematic Review and a Proposed Rehabilitation Protocol.Curr Rheumatol Rev. 2017;13(2):121-125 2) Short termeffects of kinesiotaping on pain and functional disability in young females with menstrual low back pain: A randomised control trial study. J Back Musculo skelet Reha 3) Nelson NL. Kinesio taping for chronic low back pain: A systematic review. J Bodyw Mov Ther. 2016 Jul;20(3):672-81 bil 2016 Nov 21;29(4):709-715
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Il piede piatto infantile: sinergismo d’azione tra trattamento riabilitativo e ortesi
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO PAOLO GIACCONE DIPARTIMENTO DI “RIABILITAZIONE, FRAGILITA’ E CONTINUITA’ ASSISTENZIALE” Direttore: Prof.ssa Giulia Letizia Mauro U.O.C. DI “RECUPERO E RIABILITAZIONE FUNZIONALE” Direttore: Prof.ssa Giulia Letizia Mauro Il piede piatto infantile: sinergismo d’azione tra trattamento riabilitativo e ortesi L. Lauricella, L.G. Tumminelli, S. Morgano, G. Iozzia, M.Vecchio, G. Letizia Mau INTRODUZIONE Alterazioni posturali nella gonartrosi: sinergismo di azione tra trattamento riabilitativo, farmacologico e infiltrativo Il piede piatto è una deformità frequente nell’infanzia, caratterizzato morfologricoamente da una riduzione della volta plantare e da un valgismo del retropiede e funzionalmente da uno stato di prevalente o persistente pronazione, durante le fasi del cammino. Distinguiamo un piede piatto flessibile da uno rigido: il primo (I-II grado) è caratterizzato da un arco plantare normale in assenza di carico e piatto durante la statica con possibile sintomatologia algica e retrazione del T. d’ Achille; il secondo (III-IV grado) ha una riduzione costante dell’arco plantare. Lo scopo dello studio è valutare in pazienti con piede piatto flessibile i risultati del trattamento riabilitativo individuale associato all’utilizzo di ortesi. MATERIALI E METODI È stato condotto uno studio osservazionale retrospettivo su un campione di n° 20 pazienti, n°12 di sesso maschile (60%) e n°8 di sesso femminile (40%), con età media di 6 anni e con diagnosi di piede piatto flessibile di grado I e II, trattati presso la U.O.C. di “Recupero e Riabilitazione Funzionale” dell’A.O.U. P. Paolo Giaccone di Palermo nel periodo compreso tra gennaio 2018 e gennaio 2021. Criteri di inclusione: età del paziente (5-9 anni), assenza di altri dismorfismi, piede piatto flessibile I-II grado. Criteri di esclusione: piede piatto secondario, patologie neurologiche infantili. I pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi, A (4 pazienti con piede piatto di I grado e 6 di II grado) ha utilizzato esclusivamente l’ortesi plantare con relativa scarpa ortopedica e B (7 soggetti con piede piatto di I grado e 3 di II grado) ha associato all’ortesi plantare il trattamento riabilitativo. Si è quindi avviato un follow-up semestrale, per un periodo complessivo di 2 anni, basato sulla valutazione di parametri clinici e strumentali; nello specifico è stata effettuata l’analisi di caduta dell’arco mediale e di protrusione astragalica mediante podoscopio a trans-illuminazione e baropodometria, la misurazione goniometrica dell’angolo di valgismo del retropiede nonché la manovra di correggibilità o Jeck test, la rilevazione radiologica degli angoli di Meary e Costa-Bertani nelle proiezioni latero-mediale e dorso-plantare, in carico, infine somministrata la scheda AOFAS. RISULTATI Dall’analisi dei dati, la scala AOFAS ha fornito una media di 95,8 punti per il gruppo A e di 96,7 per il gruppo B; in particolare i pazienti con ortesi plantare e trattamento riabilitativo (rieducazione funzionale e propriocettiva, training della deambulazione con corretto schema del passo) hanno avuto una valutazione eccellente e soltanto 1 soggetto, sufficiente. I soggetti del gruppo B hanno presentato un miglioramento dell’angolo di valgismo del retropiede e dell’appoggio dell’arco plantare sul podoscopio. Il campione iniziale (20 pazienti) presentava un piede piatto lieve (I-II grado) sia mediante rilevazione di angolo di Costa-Bertani che di Meary; al termine dello studio i pazienti trattati hanno evidenziato una buona risoluzione della deformità, soltanto un soggetto ha mostrato un progressivo aggravamento della patologia con conseguente indicazione al trattamento chirurgico. CONCLUSIONI L’utilizzo, precoce e costante, di plantari ortopedici correttivi associato a protocolli riabilitativi specifici ed individualizzati mirano a favorire lo sviluppo eumorfico e funzionale del piede, a potenziare l’apparato legamentoso e muscolare degli arti inferiori (muscoli supinatori e cavizzanti), a migliorare l’equilibrio mono-podalico e infine a consentire un corretto schema del passo e della deambulazione. Tale approccio costituisce una valida opzione terapeutica sia nel trattamento conservativo del piede piatto infantile che nella prevenzione di patologie sovra- podaliche secondarie, oltre che procrastinare l’eventuale intervento chirurgico correttivo. Bibliografia 1 Diagnosis and treatment of pediatric flatfoot – The Journal of Foot and anckle surgery – 2004 2 Giannini S, Ceccarelli F, Coppola G, Il piede piatto – 2008 3 Uden H, Scharfbillig R, Causby R – The typically developing paediatric foot: how flat should it be? A Systematic review. J Foot Ankle Res. 2017
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Paralisi del nervo sciatico popliteo esterno in pazienti post-covid: qual è il ruolo dell’ortesi tibio-tarsica durante la riabilitazione del paziente post covid?
Paralisi del nervo sciatico popliteo esterno in pazienti post-covid: qual è il ruolo dell’ortesi tibio-tarsica nella riabilitazione del paziente post covid? Lippi Lorenzo1, de Sire Alessandro2, Sulceni Erinda1, Polla Biagio3, Pizzorno Marco3, Desilvestri Manuela4, Marchioni Manuela4, Invernizzi Marco1 ,5, Perrero Luca4 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Catanzaro “Magna Graecia”, Catanzaro 3 Riabilitazione Cardiorespiratoria, Dipartimento di Riabilitazione, Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 4 Neuroriabilitazione, Dipartimento di Riabilitazione, Azienda Ospedaliera SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 5 Medicina Traslazionale, Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione (DAIRI), Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria Introduzione Il Coronavirus Disease-2019 (COVID-19) è un’infezione sistemica caratterizzata da importanti sequele disabilitanti [1]. La riabilitazione è un elemento fondamentale nel percorso terapeutico dei pazienti con COVID-19, con evidenze che supportano effetti positivi nel recupero della funzionalità respiratoria, nel miglioramento della performance fisica e nell’indipendenza nelle Activity of Daily Living (ADL) [2-3]. Tuttavia, al meglio della nostra conoscenza, nessuno studio precedente ha valutato gli effetti del trattamento riabilitativo in pazienti con paralisi del nervo sciatico popliteo esterno (SPE). Pertanto, lo scopo di studio è stato di valutare gli effetti di un trattamento riabilitativo in pazienti con paralisi di SPE riscontrata in seguito a ricovero in terapia intensiva per infezione severa da SARS-CoV-2. Materiali e Metodi Abbiamo reclutato pazienti afferenti presso il Dipartimento di Riabilitazione del presidio Borsalino dell’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo tra giugno 2019 e giugno 2020. I pazienti sono stati ricoverati in seguito a COVID-19 diagnosticato mediante tampone nasofaringeo e real-time polymerase chain reaction (RT-PCR) positiva per SARS-CoV-2, in associazione con sintomi clinici. Tutti i pazienti provenivano da reparti di terapia intensiva ed erano affetti da paralisi di SPE accertato mediante elettromiografia (EMG). I pazienti sono stati sottoposti a un programma riabilitativo specifico che includeva rinforzo muscolare, mobilizzazione, propriocezione e la rieducazione al cammino (Fig.1). Per favorire il recupero del cammino, è stata immediatamente utilizzata una ortesi dinamica tibio tarsica (Ankle Foot Orthosis – AFO) (Fig.2). Inoltre, i pazienti hanno ricevuto l’elettroneurostimolazione del muscolo tibiale anteriore 5 giorni a settimana una volta al giorno per 30 minuti per 3 settimane. Gli outcomes funzionali valutati sono stati: a) Test muscolare manuale (Manual muscle test – MMT) dei muscoli dorsiflessori di caviglia; b) 6 minutes walking test (6MWT); c) Short Physical Performance Battery (SPPB); d) Fatigue Severity Scale (FSS). Risultati Figura 1. Trattamento riabilitativo pazienti post covid. Abbiamo reclutato 8 pazienti (età: 59,13 ± 10,77 anni; maschi/femmine: 6/2; BMI: 23,75 ± 3,28 kg/m2). Tra questi, tre pazienti erano affetti da paralisi bilaterale dello SPE. La media della durata del ricovero nelle unità di terapia intensiva è stata di 39 ± 7,63. giorni, mentre la ventilazione meccanica è stata eseguita per una media 33,88 ± 9,07 giorni. L’EMG ha dimostrato una neuropatia assonale per tutti i pazienti inclusi (n: 8; 100%). Dopo il trattamento riabilitativo, a distanza di 3 settimane, il MMT dei dorsiflessori di caviglia è variato da 0,38 ± 0,52 a 1,13 ± 0,99 (p=NS). Tuttavia, il miglioramento della forza è stato registrato in 4 pazienti (50%). Inoltre, è stato registrato un miglioramento in termini di performance fisica (6MWT: 162,11 ± 118,13m a 289,77 ± 152,27m; p=0,043), funzionalità (SPPB; 3,5 ± 1,19 a 7,5 ± 4,66; p=NS) e fatigue (FSS; 38,16 ± 17,40 a 32,25 ± 17,45; p=NS). La Fig. 3 riassume i risultati delle principali misure di outcome. Non si sono registrati effetti avversi durante il trattamento riabilitativo. Figura 2. Esempio di dynamic Ankle Foot Orthosis Conclusioni I nostri risultati sono in accordo con le precedenti evidenze che sottolineano il ruolo di un protocollo di trattamento integrato nel recupero funzionale dei pazienti post- COVID-19. Nonostante le dimensioni ridotte del campione compromettano la forza dei risultati, i nostri dati preliminari suggeriscono che l’utilizzo precoce dell’AFO potrebbe determinare vantaggi sulla rieducazione alla deambulazione, fondamentale per il recupero funzionale e la prevenzione delle complicanze legate alla malattia. Pertanto, si raccomanda un’immediata diagnosi del piede cadente e una gestione precoce mediante ortesi tibio-tarsica al fine di ottimizzare il percorso riabilitativo di questi pazienti favorendo il recupero funzionale e la performance fisica. Bibliografia Figura 3. Differenze in MMT (Manual Muscle Test), 6MWT (Six Minutes Walking Test, SPPB (Short Physical Performance Battery, FSS (Fatigue Severity Scale) dopo il trattamento. T0: Baseline, T1: dopo il trattamento. [1] Carda S, Invernizzi M, Bavikatte G, Bensmaïl D, Bianchi F, Deltombe T, Draulans N, Esquenazi A, Francisco GE, Gross R, Jacinto LJ, Moraleda Pérez S, O’dell MW, Reebye R, Verduzco-Gutierrez M, Wissel J, Molteni F. COVID-19 pandemic. What should Physical and Rehabilitation Medicine specialists do? A clinician’s perspective. Eur J Phys Rehabil Med. 2020 Aug;56(4):515-524. [2] de Sire A, Andrenelli E, Negrini F, Patrini M, Lazzarini SG, Ceravolo MG; International Multiprofessional Steering Committee of Cochrane Rehabilitation REH-COVER Action. Rehabilitation and COVID-19: a rapid living systematic review by Cochrane Rehabilitation Field updated as of December 31st, 2020 and synthesis of the scientific literature of 2020. Eur J Phys Rehabil Med. 2021 Apr;57(2):181-188. [3] Curci C, Negrini F, Ferrillo M, Bergonzi R, Bonacci E, Camozzi DM, Ceravolo C, DE Franceschi S, Guarnieri R, Moro P, Pisano F, Sire A. Functional outcome after inpatient rehabilitation in postintensive care unit COVID-19 patients: findings and clinical implications from a real-practice retrospective study. Eur J Phys Rehabil Med. 2021 Jun;57(3):443-450.
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Effetti della diatermia ad alta frequenza combinata al trattamento fisioterapico: studio pilota caso-controllo in pazienti in esiti di frattura di polso
Picelli Aa, Bernacchi Ma, Perini Ea, Di Censo Ra, Bacciga Ma, Guerrazzi Fb, Filippetti Ma, Smania Na. a Centro di Ricerca in Riabilitazione Neuromotoria e Cognitiva, Sezione di Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento, Università degli Studi di Verona, Verona, Italia. b UOC Recupero e Riabilitazione Funzionale, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Italia. INTRODUZIONE Gli esiti di fratture di polso (fratture epifisi distale di ulna, radio e/o carpali) rappresentano una frequente causa di limitazione funzionale passibile di intervento riabilitativo volto al miglioramento di articolarità, stenia, edema e dolorabilità. SCOPO DELLO STUDIO Lo scopo del seguente studio caso-controllo è stato quello di confrontare, in un campione di pazienti con frattura di polso trattata in maniera conservativa o chirurgica, gli effetti di un trattamento riabilitativo convenzionale associato o meno a diatermia ad alta frequenza, primariamente su dolore e funzionalità e secondariamente su edema, forza e articolarità attiva e passiva. MATERIALI E METODI Gruppo studio (GS) 2 applicazioni da 7,5 minuti di ProNexibus Plus (4MHz; potenza 50-70%) una sul lato dorsale l’altra sul Gruppo controllo (GC) 40 minuti di fisioterapia convenzionale lato volare del polso ++ 30 minuti di fisioterapia convenzionale + 15 minuti di terapia occupazionale Esclusi (n=11) • Criteri di elezione (n=7) • Rifiutano (n=4) Gruppo sperimentale (n=8) Interruzione (n=0) Analizzati (n=8) CONCLUSIONI Dai dati emerge come entrambi i trattamenti proposti siano risultati sicuri e ben tollerati dai pazienti. In particolare viene messo in luce come l’associazione di diatermia ad alta frequenza e fisioterapia convenzionale mostri un effetto superiore rispetto al solo trattamento convenzionale nella riduzione di dolore, edema e nel miglioramento della funzionalità dell’arto superiore affetto. Ulteriori studi su un campione di soggetti più numeroso risultano tuttavia necessari per confermare questi risultati preliminari. BIBLIOGRAFIA [1] Al-Mandeel, M. M., & Watson, T. (2010). The thermal and nonthermal effects of high and low doses of pulsed short wave therapy (PSWT). Physiotherapy research international : the journal for researchers and clinicians in physical therapy, 15(4), 199–211. [2] Masiero, S., Pignataro, A., Piran, G., Duso, M., Mimche, P., Ermani, M., & Del Felice, A. (2020). Short-wave diathermy in the clinical management of musculoskeletal disorders: a pilot observational study. International journal of biometeorology, 64(6), 981–988. Pazienti valutati (n=27) Arruolamento Randomizzati (n=16) Allocazione Follow-up Analisi Gruppo di controllo (n=8) Interruzione (n=0) Analizzati (n=8) 20 minuti di terapia occupazionale Criteri di inclusione ▪ Età > 18 anni; ▪ Ambo i sessi; ▪ Recente frattura di polso (max. 8 settimane da intervento chirurgico o frattura trattata conservativamente) Criteri di esclusione ▪ Instabilità clinica; ▪ Paresi arto superiore; ▪ Neglect; ▪ Lesioni nervose periferiche; ▪ MMSE < 21; ▪ Inclusione in altri studi riabilitativi; ▪ Gravidanza; ▪ Tumori maligni attivi; ▪ Device elettromedicali impiantati. ✓ Sedute 2-3/settimana, durata di 1 ora ciascuna fino ad un massimo di 20 totali; ✓ Valutazioni cliniche: baseline (T0), ad un mese (T1) e a due mesi (T2) dalla conclusione. ✓ Misura di outcome primaria: Patient Rated Wrist/Hand Evaluation (PRWHE), per dolore e funzionalità. ✓Misure di outcome secondarie: circonferenza al polso, cinconferenza a 7 e 14 cm prossimalmente allo stiloide radiale, circonferenza a 10 e 20 cm distalmente all’acromion (edema); “handgrip” e “pinch-meter” (forza), flesso/estensione di polso e gomito (articolarità). RISULTATI T1-T0 T2-T0 P < 0.05 P <0.05 PRWHE GS 0.156 0.036 GC Edema polso GS 0.002 0.003 GC Edema polso + 7 cm GS 0.072 0.040 GC Edema polso + 14 cm GS 0.065 0.021 GC Edema acromion - 20 cm GS 0.008 0.013 GC Edema acromion - 10 cm GS 0.399 0.027 GC aROM estensione GS 0.874 0.873 GC pROM estensione GS 0.832 0.669 GC aROM flessione GS 0.957 0.593 GC pROM flessione GS 0.524 0.671 GC ✓Reclutati sedici soggetti randomizzati equamente in due gruppi risultati omogenei per le principali variabili clinico-demografiche [GS 8 pz, età media 60 anni, M/F 2/6, trattamento conservativo/chirurgico 3/5; GC 8 pz, età media 64.9 anni, M/F 2/6, trattamento conservativo/chirurgico 3/5]. ✓ La tabella a fianco riporta i dati inerenti al confronto tra gruppi. ✓Al confronto intra-gruppo entrambi i trattamenti hanno dimostrato una significatività al confronto fra T2-T0 per tutte le misure di outcome eccetto che per l’edema a 20 cm dall’acromion e per l’articolarità passiva. Test di Mann-Whitney, SPSS 20
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Implementazione delle LG ISOSPREAD nella presa in carico riabilitativa post-ictus in fase acuta presso un’azienda ospedaliera
IMPLEMENTAZIONE DELLE LG ISOSPREAD NELLA PRESA IN CARICO RIABILITATIVA POST V. Bonci, M. Coccia, V. M. Scandali, R. Carlino, M. Gennuso, F. D’Ercoli, E. M. Magiera, L. Villani, M. Bartolini, M. Silvestrini, M. G. Ceravolo. – INTRODUZIONE La riabilitazione è il quarto pilastro tra gli approcci previsti dall’OMS, è imprescindibile ai fini di una presa in carico globale della persona. La tempestività e l’appropriatezza della gestione riabilitativa fin dalla fase acuta dopo ictus sono fondamentali per massimizzare il recupero dell’autonomia. Le LG ISOSPREAD da tempo definiscono tutte le fasi della gestione riabilitativa e guidano la realizzazione a livello locale dei PDTA. Questi sono gli elementi cardine per implementare il percorso post-ictus in fase acuta attraverso la valutazione dell’aderenza alle indicazioni. La latenza media per la presa in carico riabilitativa è stata di 3,62 giorni. Il 55% dei pazienti del gruppo R inizia la riabilitazione entro 48 ore dall’evento acuto in accordo alle LG ISO-SPREAD e il 70% entro le 72 ore come richiesto dal PDTA aziendale. Potenziale di recupero 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 24h 48h R 33% 55% superiore 70% 60% 50% bilancio funzionale PRI 40% 30% L’aderenza alle raccomandazioni nel Gruppo B, per gli items più rilevanti nella categoria IRC, è stata: pari al 14% per presa in carico logopedica per afasia, 21% per mobilizzazione entro le 24h, 63% per screening disfagia entro le 24h; screening disfagia prime 24h SNG valutazine logopedica dell’afasia attività riabilitative nelle prime 24h posizionamento variazione decubito stazione seduta ADL trattamento del dolore prevenzione cadute terapie fisiche ICP Per la l’aderenza è stata del 43% e del 61% rispettivamente per le esigenze del paziente (partecipazione) e contesto socio sanitario (fattori ambientali), del 60% per stato nutrizionale, efficienza cognitiva ed eminattenzione che vengono rilevate solo nel gruppo R. CONCLUSIONI tono muscolare fattori ambientali 100% 90% 80% partecipazione 70% 60% 50% 40% 30% rischio caduta 20% controllo sfinterico deficit motori emi-inattenzione controllo del tronco disabilità Rankin lo stato di coscienza TIME & TEAM ARE BRAIN STROKE CORE SET ICF AUDIT E BENCHMARKING Lo studio ha mostrato una migliore aderenza alle LG nel gruppo R La presa in carico riabilitativa assieme alla tempestività della stessa risultano essere i principali fattori su cui intervenire per garantire maggiore aderenza alle LG e l’appropriatezza degli interventi riabilitativi. 0% 20% 40% 60% 80% 100% 120% ICTUS IN FASE ACUTA PRESSO UN’AZIENDA OSPEDALIERA 72h >72h 70% 100% triage riabilitativo addestramento care- giver definiti obiettivi SMART dimissione precoce con team multidisciplinare Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica Clinica di Neuroriabilitazione AOU Azienda Ospedali Riuniti Università Politecnica delle Marche, Ancona 49° Congresso Nazionale SIMFER METODI – Studio osservazionale retrospettivo su una popolazione di pazienti afferiti all’AOU Ospedali Riuniti di Ancona per ictus acuto nel I bimestre 2020 e individuati attraverso l’analisi del flusso SDO utilizzando indicatori del sistema di monitoraggio del PDTA aziendale. – 90 pazienti arruolati (Gruppo A) – ictus ischemico (53%), emorragico (47%). – 67 pazienti afferiti alla SOD Cl. Neurologica (Gruppo B) e, nell’ambito di questa, è stato analizzato il gruppo di soggetti che viene preso in carico dalla Cl. di Neuroriabilitazione e inizia la riabilitazione durante la degenza ospedaliera: n=40 (Gruppo R). – È stata redatta una cheklist composta da 52 item derivati dalle raccomandazioni selezionate dalle LG ISO-SPREAD per la corretta gestione della fase riabilitativa e dai criteri di appropriatezza per il setting di dimissione indicati dal PDTA aziendale. – È stata valutata l’aderenza alla check list attraverso la consultazione delle cartelle cliniche. – Principale misura di Outcome è stata la % di aderenza alla check-list divisa in 4 domini: R avvenuta presa in carico riabilitativa e latenza della stessa; IRC Interventi Riabilitativi e la gestione delle Complicanze; VM Valutazione Multidimensionale; PRU Prognosi e Organizzazione dell’Assistenza. RISULTATI Exitus 3% Altro reparto 9% Spoke 21% Domicilio 24% Per la definizione del percorso riabilitativo (PRU) l’aderenza è stata rispettivamente del 40% e 61% per addestramento e supporto del care-giver, del 42% per la trasportabilità, del 60% per la compliance al trattamento intensivo, del 21% per il livello di disabilità FIM e mBI, del 100% per Rankin prem.; il PRI è stato effettuato nel 15% dei casi. ALTRO REPARTO 11% PS 64% Provenienza Dimissione RI Cod 75 15% RIE Cod 56a 2% REE Cod 56c 1% RE Cod 60 1% RE Amb o Dom 24% valutazione arto SPOKE 25% La pazienti del stata di 9 giorni; il 25% dei pazienti proveniva da Spoke. I pazienti con triage riabilitativo e identificazione del setting di dimissione appropriato nel gruppo B sono stati il 53%, nel gruppo R l’88%. Dei soggetti dimessi a domicilio il 50% del gruppo B e l’ 89% del gruppo R ha avuto una dimissione supportata dal team interdisciplinare e multiprofessionale. degenza media Gruppo dei è B categoria VM OBIETTIVI 1. Descrivere le azioni intraprese presso l’AOU Ospedali Riuniti di Ancona in base a quanto previsto dal PDTA; 2. Valutare l’applicabilità delle raccomandazioni relative alla riabilitazione, presenti nelle LG- ISOSPREAD; 3. Evidenziare le possibili azioni di miglioramento per ottimizzare i percorsi riabilitativi dell’ictus in fase acuta Determinati Items non sono stati rilevati a causa della Al fine di favorire l’ampliamento e la standardizzazione della VM è necessario includere strumenti per la sfera mancanza di strumenti idonei per la loro valutazione cognitiva, la partecipazione e i fattori contestuali, che abbiano come schema concettuale di riferimento l’ICF[1]. L’utilizzo della checklist potrebbe essere Garantire una maggiore aderenza alle LG si associata ad outcome migliori[3], è opportuno implementarle nei PDTA per mantenere implementato nella pratica assistenziale un’adeguata qualità dei servizi sanitari [2] attraverso la conduzione di audit clinici e lo sviluppo di strumenti per il benchmarking . BIBLIOGRAFIA [1] Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion, VIII edizione Ictus cerebrale: linee guida italiane di prevenzione e trattamento Raccomandazioni e Sintesi, 2016 Luglio. [2] Cecchi F, et al Development and implementation of a stroke rehabilitation integrated care pathway in an Italian no profit institution: an observational study. Eur J Phys Rehabil Med. 2020 Dec;56(6):713-724 [3] Duncan PW et al Adherence to postacute rehabilitation guidelines is associated with functional recovery in stroke. Stroke. 2002 Jan;33(1):167-77. rischio di decubiti stato nutrizionale efficienza cognitiva 10% 0% deglutizione PRI 100% 90% 80% Livello di disabilità FIM o Barthel Esigenza di assistenza medico-infermieristica… compliance al trattamento intensivo… Supporto del care-giver Disabilità prem (RANKIN) Trasportabilità (barriere architettoniche, ausili) Setting di dimissione registrato in cartella 20% 10% 0%
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Complessità in riabilitazione: esiti di asportazione di medulloblastoma (MB) in corso di neurofibromatosi di tipo 1 (NF1), un case report.
Introduzione La neurofibromatosi di tipo 1 (NF1), o Malattia di Von Recklinghausen, rappresenta tra le facomatosi del sistema nervoso centrale quella di più frequente riscontro. Pur trattandosi di una condizione genetica rara infatti, ricorre nella popolazione generale con una prevalenza di circa 1 individuo ogni 3000 abitanti ed un’incidenza di circa 1 soggetto su 2500-3300 persone a livello globale, seguendo una modalità di trasmissione autosomica dominante [1,2]. La mutazione responsabile della malattia è a carico del gene NF1 che codifica per la neurofibromina, una proteina impegnata nella regolazione negativa del pathway di trasduzione del segnale del ligando RAS. Il mancato funzionamento di NF1 ha effetti prooncogeni su diverse linee cellulari con aumento della sopravvivenza ed incremento della proliferazione delle cellule stesse. L’aploinsufficienza di questo gene determina quindi, rispetto alla popolazione generale, una maggiore predisposizione allo sviluppo di numerose forme tumorali soprattutto a carico dei tessuti di origine neuroectodermica [1]. Ne deriva una riduzione dell’aspettativa di vita dei soggetti affetti di circa 10-15 anni rispetto ai soggetti sani, dovuta principalmente alle complicanze oncologiche eventualmente subentranti [1,2]. La conferma diagnostica del sospetto di NF1 si ha in presenza di almeno 2 dei criteri diagnostici stabiliti dal National Institute of Health: 1) almeno 6 macchie color caffelatte di diametro superiore ai 5 mm se evidenziate in epoca prepuberale, di diametro maggiore di 15 mm se diagnosticate in età postpuberale; 2) almeno 2 neurofibromi di qualunque tipo oppure 1 neurofibroma unico, plessiforme; 3) lentiggini in sede inguinale o ascellare; 4) almeno 2 noduli di Lisch; 5) glioma delle vie ottiche; 6) riscontro di una lesione ossea caratteristica, come la displasia dell’ala sfenoidale o l’assottigliamento della porzione corticale delle ossa lunghe, con o senza pseudoartrosi; 7) parente di primo grado (genitore, fratello o sorella, figlio) con diagnosi di NF1 confermata dai criteri di cui sopra [1]. Come suggerito anche dai suddetti criteri diagnostici le neoplasie intracraniche di più frequente riscontro nei pazienti con NF1 sono i gliomi delle vie ottiche (optic pathways gliomas OPG) e quelli del tronco dell’encefalo (brainstem gliomas) [1-3]. Piuttosto infrequente è lo sviluppo di altre forme tumorali quali, appunto, il medulloblastoma [1,2]. Il comportamento dei tumori non ottici del sistema nervoso centrale in corso di NF1 non è facilmente prevedibile [2]. La gestione di un paziente con NF1 che sviluppa una delle temibili complicanze sopramenzionate, è inevitabilmente complessa: sia per la necessità di un approccio multidisciplinare che coinvolge più figure specialistiche nelle varie fasi di malattia, sia perché il paziente si trova spesso in età pediatrica e questo impone senza dubbio un’attenzione particolare in ogni momento del processo diagnostico e terapeutico. L’obiettivo principale del seguente case report è quello di descrivere il percorso riabilitativo compiuto sulla base dei deficit funzionali emersi dal trattamento intensivo di eradicazione di medulloblastoma in corso di neurofibromatosi di tipo 1.   Materiali e Metodi Presentiamo il caso di una paziente quindicenne di razza caucasica, affetta da neurofibromatosi tipo 1 (NF1), displasia della valvola mitrale, aortica e tricuspide, polineuropatia assonale motoria e sensitiva ai quattro arti. A gennaio 2020 per il persistere di cefalea ingravescente, scarsamente responsiva ai comuni trattamenti farmacologici, veniva eseguito approfondimento diagnostico con risonanza magnetica dell’encefalo che mostrava lesione occupante spazio in corrispondenza del verme cerebellare inferiore. A febbraio 2020 la paziente veniva sottoposta ad intervento neurochirurgico di asportazione completa della suddetta lesione espansiva vermiana, successiva definizione istologica di medulloblastoma con anaplasia focale severa, non-WNT, non-SHH di grado IV sec. WHO. Sulla base di tale tipizzazione della lesione stessa, la paziente veniva indirizzata verso due ulteriori step di trattamento mirati alla eradicazione totale del processo tumorale ed alla prevenzione di eventuale ripresa di malattia: un ciclo di protonterapia cranio-spinale da marzo ad aprile 2020, ed un ciclo di chemioterapia conclusosi a luglio 2020. Ad ottobre 2020 la risonanza magnetica encefalica di stop therapy non evidenziava segni di recidiva locale né a distanza. Contestualmente si escludeva disseminazione microscopica della neoplasia tramite puntura lombare che risultava negativa per cellule neoplastiche. Veniva inoltre studiato il genoma della paziente con tecnica Multiplex Ligation-Dependent Probe Amplification (MLPA) che metteva in evidenza la delezione completa del gene NF1 [1]. A Novembre 2020, la paziente giungeva presso il nostro Day Hospital Riabilitativo dell’Ospedale San Giovanni Addolorata – Roma, inviata dall’oncologo curante per iniziare il percorso riabilitativo del caso. All’ingresso in reparto la paziente si presentava vigile, orientata e collaborante. Si prendeva nota dei principali parametri antropometrici: peso 46,8 kg, altezza 1.72 m, con riscontro di un BMI pari a 15,8 kg/m2. La cute si caratterizzava per una suggestiva distribuzione ubiquitaria di neurofibromi multipli, macchie color caffelatte e lentiggini soprattutto in sede ascellare ed inguinale. L’eloquio risultava nella norma ad eccezione di qualche sfumata nota disartrica. Si documentavano: grave ipotrofia muscolare diffusa associata ad ipostenia globale e facile faticabilità. Si repertava inoltre deficit bilaterale della dorsiflessione di caviglia (F=4/5 sec. MRC). Alle prove antigravitarie: oscillazione e sottoslivellamento senza caduta dell’arto superiore sinistro e lo stesso reperto si confermava ad entrambi gli arti inferiori. Le prove di coordinazione indice-naso e calcagno-ginocchio mostravano dismetria, frenage e tremore telecinetico bilateralmente. All’esame della motilità oculare si apprezzava l’insorgenza di nistagmo bilaterale in posizione di sguardo laterale sia verso destra che verso sinistra. I passaggi posturali venivano compiuti dalla paziente con discreta autonomia, ma con stretta supervisione. Il controllo del tronco era soddisfacente da seduta; risultava tuttavia inefficiente in stazione eretta a causa delle numerose oscillazioni pluridirezionali e di una persistente tendenza alla retropulsione, entrambe compensate dalla paziente con qualche passo di recupero ed un ampliamento della base d’appoggio. L’andatura appariva francamente atassica, incerta, a base allargata e risultava possibile solo con contatto fisico dell’accompagnatore ed appoggio bilaterale a tutta pianta del piede. I riflessi osteotendinei non erano evocabili ai quattro arti. Non si repertavano grossolani deficit a carico della sensibilità tattile superficiale, né della pallestesia. Per un migliore inquadramento generale della paziente venivano somministrati il Mini Mental State Examination Test che risultava nella norma (MMSE= 30/30), la Modified Cumulative Illness Rating Scale (MCIRS) con un indice di severità di 1,61, un indice di comorbidità di 2 ed un punteggio totale di 22/70. Per meglio definire la funzione motoria globale e l’atassia di arti e tronco si valutavano: il Motricity Index per l’arto superiore destro 76/100, per l’arto superiore sinistro 64/100, per l’arto inferiore destro e quello sinistro 63/100; il Trunk Control Test 36/100; la Scale for Assessment of Rating Ataxia (SARA) 23/40. Sulla base di queste premesse il progetto riabilitativo individuale (PRI) iniziale prevedeva: 1. riallineamento posturale, 2. miglioramento della dinamica diaframmatica e scapolo-toracica, 3. propriocezione di tronco ed arti inferiori, 4. biofeedback per la flessione dorsale di caviglia, 5. riattivazione globale, 6. esercizi di coordinazione, 7. rieducazione ai corretti passaggi posturali, 8. training deambulatorio e del passo con assistenza ed ausili, 9. esercizi di rinforzo per la core stability, 10. miglioramento dell’autonomia nelle attività di vita quotidiana (AVQ) semplici e complesse. Il termine iniziale del progetto era stato posto a 30 giorni dall’ingresso, veniva tuttavia prolungato per ulteriori 30 giorni. Al fine di supportare globalmente la paziente, vista l’obiettività clinica ed il basso valore di BMI si richiedeva consulenza dietologica al fine di migliorare l’equilibrio nutrizionale e metabolico, fortemente indebolito dai trattamenti oncologici in generale ed in particolare dai cicli di chemioterapia. Durante il ricovero venivano eseguiti controlli periodici di routine e la paziente proseguiva il follow-up presso l’oncologo di riferimento. Risultati In corrispondenza della dimissione dal nostro reparto avvenuta circa 60 giorni dopo il ricovero, risultava migliorata la coordinazione, la tolleranza allo sforzo fisico e all’esercizio. Si apprezzava inoltre una maggiore sicurezza nella deambulazione con uso di rollator in ambiente protetto. D’altro canto però, persistevano pressoché invariati il deficit di dorsiflessione bilaterale di caviglia e l’ipotrofismo muscolare diffuso. Il controllo del tronco da seduta appariva migliorato rispetto all’ingresso, ma risultava ancora inefficace durante la stazione eretta a causa del persistere delle oscillazioni multidirezionali e della lieve tendenza alla retropulsione. Le modifiche nutrizionali e dietetiche determinavano solo un modico incremento del peso corporeo pari a 47,6 kg alla dimissione, con un BMI finale di 16,09 kg/m2. Complessivamente, si evidenziava una maggiore autonomia nelle AVQ semplici e complesse ed un miglioramento globale delle performance della paziente. A conclusione dell’iter riabilitativo venivano risomministrate le scale di valutazione con i seguenti risultati: il Motricity Index per l’arto superiore destro 76/100, per l’arto superiore sinistro 70/100, per l’arto inferiore destro e quello sinistro 75/100; il Trunk Control Test 49/100; la Scale for Assessment of Rating Ataxia (SARA) 18,5/40. Il percorso riabilitativo veniva quindi proseguito in regime ambulatoriale. Conclusioni La neurofibromatosi di tipo 1 si associa frequentemente a due forme di tumori intracranici: i gliomi delle vie ottiche e quelli del tronco dell’encefalo. Al contrario, raramente in letteratura viene segnalata l’insorgenza di medulloblastoma in corso di NF1. Ancor più rara è la caratterizzazione delle problematiche di pertinenza riabilitativa che possono emergere in seguito alle cure del processo neoplastico. Il quadro clinico che può progressivamente delinearsi rappresenta una vera sfida anzitutto per il paziente, la cui fragilità va costantemente tenuta in considerazione, ma anche per il team riabilitativo la cui presenza deve essere garantita durante tutto l’iter terapeutico ed in particolare nelle fasi successive al trattamento medico-chirurgico. Il caso descritto rappresenta un chiaro esempio di come i postumi di un trattamento eradicante di neoplasia debbano essere affrontati con una definizione pragmatica e realistica degli obiettivi raggiungibili dal paziente in modo da non costruire false aspettative di recupero di funzioni inemendabili, né determinare una rassegnazione assoluta alle conseguenze della malattia. Pertanto, l’intervento riabilitativo deve essere sempre più intagliato sulla prognosi funzionale del paziente, considerando fin da subito tutti gli elementi che concorrono oppure ostacolano il recupero, coinvolgendo il più possibile il paziente ed il care-giver al fine di instaurare un’alleanza terapeutica indispensabile per la reintegrazione familiare e sociale dell’individuo affetto. Bibliografia 1. Ranalli M., Boni A., Caroleo AM., et al. “Molecular Characterization of Medulloblastoma in a Patient with Neurofibromatosis Type 1: Case Report and Literature Review”. Diagnostics 2021, 11, 647. 2. Santoro C., Picariello S., Palladino F., et al. “Retrospective Multicentric Study on Non-Optic CNS Tumors in Children and Adolescents with Neurofibromatosis Type 1”. Cancers 2020, 12, 1426. 3. Gross AM, Widemann BC. “Clinical trial design in neurofibromatosis type 1 as a model for other tumor predisposition syndromes”. Neurooncol Adv. 2020 Jun 25;2(Suppl 1):i134-i140.
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Funzione e equilibrio nella riabilitazione della sclerosi multipla: revisione sistematica della letteratura sulla relazione durata-efficacia clinica negli studi clinici randomizzati e controllati
MOBILITÀ ED EQUILIBRIO NELLA RIABILITAZIONE DELLA SCLEROSI MULTIPLA: REVISIONE SISTEMATICA E RELAZIONE DOSE RISPOSTA IN STUDI RANDOMIZZATI CONTROLLATI Gloria Perini1, Chiara Corrini1, Elisa Gervasoni1, Carola Cosentino2, Martina Putzolu2, , Elisa Pelosin2, Luca Prosperini3, Davide Cattaneo1,4Angelo Montesano1 1 IRCSS Fondazione Don Carlo Gnocchi, Via Capecelatro 66 – 20148 Milano, Italia; 2 Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia,Genetica e Salute Materno infantile,Università di Genova, Genova, Italy ; 3Centro di Sclerosi Multipla , Unità di Neurologia S.Camillo-Forlanini Hospital C.ne Gianicolense 87,00152 Roma 4 Dipartimenti di Patofisiologia e Trapianto, Università di Milano 20100, Milano, Italia INTRODUZIONE Comprendere quale sia la dose ottimale di un intervento terapeutico è utile al fine di implementare una pratica basata sulle evidenze e incrementare l’effetto degli interventi di equilibrio in soggetti affetti da Sclerosi Multipla. MATERIALI E METODI Strategia di ricerca : Revisione della letteratura fino a Giugno 2020 su MEDLINE, Embase, Co- chrane Library, Scopus, Web of Science, PEDro CRITERI DI INCLUSIONE Popolazione: soggetti affetti da Sclerosi Multipla Intervento: intervento specifico di equilibrio Confronto: nessun intervento o inter- vento di equilibrio aspecifico Outcomes: scale cliniche la cui area di valutazione è l’equilibrio Disegno di studio: Studi randomizzati con- trollati (RCTs) e cross-over RISULTATI CARATTERISTICHE DEGLI STUDI Dur: settimane Freq: sedute settimanali Int: durata delle sessioni Figura 3: B: Dose (Dur: Durata, Freq: Frequenza; Int: intensità); C: Setting META-REGRESSIONE OBIETTIVI  Valutare l’efficacia dell’intervento riabilitativo in soggetti affetti da Sclerosi Multipla;  Valutare la relazione tra dose ed effetto della riabilitazione sull’equilibrio in soggetti affetti da Sclerosi Multipla.  Registrazione del Protocollo: International Prospective Regi- ster of Systematic Reviews—PROSPERO CRD42020187247  Stesura: Preferred Reporting Items for Systematic Reviews and Meta-Analyses (PRISMA2020) statement CATEGORIE DI INTERVENTO Figura 1: classificazione degli interventi di equilibrio RISCHIO DI BIAS Abbiamo valutato la qualità metodologica degli studi tramite la revised Cochrane risk-of-bias tool for randomized trials (RoB 2). SINTESI DEI DATI E ANALISI Tutti gli studi inclusi (n=71) sono stati considerati in una sintesi qualitativa ; n=24 studi sono stati inclusi nella meta-analisi e nella meta-regressione. DIAGRAMMA DI FLUSSO Figura 2: Prisma 2020 META-ANALISI Tabella 1: Meta-analisi RISCHIO DI BIAS Figura 6: ROB 2.0 P I C O s Figura 4: Bubble plot (n=24 studi) Tabella 2: Meta-regressione CONCLUSIONI Figura 5: Studi (n=18) con BBS come outcome primario BIBLIOGRAFIA I risultati di questa revisione forniscono evidenze di classe 1 sugli effetti della riabiltazione in favore del tratta- mento di equlibrio. Inoltre, un’alta dose di intervento riabilitativo somministrato in poche settimane, effettuato in regime di ricovero e di una durata di almeno 40 minuti dovrebbe essere proposto per migliorare l’equilibrio e ottenere un miglioramento clinicamente significativo (BBS>3points ) in soggetti affetti da Sclerosi Multipla. Dijkers MP, Hart T, Tsaousides T, et al. Treatment taxonomy for rehabilitation: past, present, and prospects. Arch Phys Med Rehabil 2014;95(1 Suppl):S6-16. doi: 10.1016/j.apmr.2013.03.032. PMID: 24370326 Gervasoni E, Jonsdottir J, Montesano A, Cattaneo D. Minimal Clinically Important Difference of Berg Balance Scale in People With Multiple Sclerosis. Arch Phys Med Rehabil. 2017 Feb;98(2):337- 340.e2. doi: 10.1016/j.apmr.2016.09.128. Epub 2016 Oct 24. PMID: 27789239.
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Follow-up a medio-lungo termine dopo terapia ad onde d’urto focalizzate per fibromatosi plantare (malattia di Ledderhose): case-series
FOLLOW-UP A MEDIO-LUNGO TERMINE DOPO TERAPIA AD ONDE D’URTO FOCALIZZATE PER FIBROMATOSI PLANTARE (MALATTIA DI LEDDERHOSE): CASE-SERIES E. Carlisi1,2 G. Paoletti 2, G. Di Natali1,2, C. Lisi1,2 1 UOSD Medicina Fisica e Riabilitazione Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo Pavia, 2 Università di Pavia Introduzione: La Fibromatosi Plantare (Morbo di Ledderhose) è caratterizzata dalla formazione di noduli fibromatosi iperproliferativi nell’ambito della fascia plantare ad eziologia non ancora definita, determinante dolore locale e limitazione funzionale. La scelta di terapie conservative viene indicata come preferibile nella gestione iniziale della patologia: i pochi lavori disponibili in letteratura riguardo l’impiego di terapia ad onde d’urto focalizzate (ESWT) suggeriscono un buon outcome clinico (miglioramento della sintomatologia algica). Materiali e metodi: Monitoraggio a medio-lungo termine, clinico ed ecografico di due pazienti con noduli palpabili ed ecograficamente rilevabili a carico della fascia plantare associati ad algia subacuto-cronica da almeno quattro settimane con diagnosi di fibromatosi plantare, sottoposti a terapia ad onde d’urto focalizzate Macchinario: piezoelettrico di onde d’urto focalizzate (PIEZOSON 100PLUS, Richard Wolf®), Fig 1 Sito di trattamento: decubito prono, individuazione palpatoria ed ecografica dei noduli Ciclo di trattamento: tre sedute a distanza di una settimana l’una dall’altra con dosaggio di1500 impulsi per seduta, frequenza 4 Hz, densità media di flusso d’energia 0.18 mJ/mm2 Valutazione dell’Outcome: – scala Likert (5 item) sottoposta a 2 e 12 mesi dal ciclo di ESWT: A. Regressione completa della sintomatologia algica; B. Moderato miglioramento della sintomatologia algica; C. Lieve miglioramento della sintomatologia algica; D. Sintomatologia algica stazionaria; E. Sintomatologia algica peggiorata. – valutazione ecografica eseguita dal servizio di Radiologia a tempo 0 e a 12 mesi dal trattamento Risultati: CASO 1: F 56 aa: Algia plantare da circa dodici mesi alla prima visita • ECO pre-ESWT: singolo nodulo (15mmAPx7,5mmLL) fascia plantare sx • A due mesi :Likert B • A dodici mesi dall’ESWT: Likert A, ECO: dimensioni invariate • A quattro anni: stabilità clinica Fig 1 CASO 2: F 56 aa: Algia plantare ad esordio subacuto da un mese • ECO pre-ESWT: singolo nodulo (dimensioni: 20mmAPx29mmLL) della fascia plantare dx. • A due mesi :Likert C • A dodici mesi dall’ESWT: Likert C, ECO: singolo nodulo ridotto (18 mmAPx 6mmLL) Fig 2. Conclusioni: Fig 2 La nostra esperienza indica come il trattamento con onde d’urto focalizzate possa determinare miglioramento della sintomatologia algica plantare nei casi di fibromatosi plantare, con risultati stabili nel medio e lungo termine e possibile riduzione delle dimensioni ecografiche dei noduli. Bibliografia: 1] Veith NL, Tschernig T, Histing T. Plantar fibromatosis-Topical Review. Foot&Ankle Int 34(12):1742-46. [2] Knobloch K, Vogt PM. High-energy focussed extracorporeal shockwave therapy reduces pain in plantar fibromatosis (Ledderhose’s disease). BMC Research Notes 2012, 5:542.
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Efficacia dell’ortesi plantare sensori-motoria PRO-STEP sull’equilibrio ed i parametri del cammino in soggetti con malattia di Parkinson idiopatica
“Efficacia dell’ortesi plantare sensori-motoria PRO-STEP sull’equilibrio ed i parametri del cammino in soggetti con malattia di Parkinson idiopatica” Fazio R1, Monteleone S1, Pollet J1, Buraschi R1, Zucchini F2, Galeri S1, Falso MV1 1Fondazione Don Carlo Gnocchi, Centro Spalenza , Rovato (BS) 2Poliortopedia, Brescia Introduzione I soggetti con Malattia di Parkinson (PD) presentano disturbi nel processo di integrazione sensorimotoria ed un’aumentata soglia di risposta rispetto alla sensibilità periferica, che influenzano negativamente la performance motoria. In letteratura alcuni studi hanno utilizzato ortesi plantari con la finalità di indurre una stimolazione plantare attraverso trame specifiche, stimolazione meccanica o stimolazione vibratoria. L’utilizzo di ortesi plantari, nel tentativo di migliorare le alterazioni sensorimotorie che affliggono i soggetti con PD, sono state al momento valutate solo in un limitato numero di studi. OBIETTIVO valutare l’effetto immediato e a distanza sull’equilibrio e sulla cinematica del passo di un’ortesi plantare con scocca in fibra di vetro PRO-STEP® e rivestimento in EVO rispetto ad un’ortesi plantare pro- ergonomica in EVO tradizionale in soggetti con PD. Materiali e Metodi In questo Studio Randomizzato Controllato in triplo cieco. Nello studio verranno reclutati soggetti con malattia di Parkinson idiopatica. I soggetti inclusi in questo studio verranno randomizzati in due gruppi, allocati tramite buste chiuse: Gruppo Sham a cui viene fatta utilizzare, all’interno della loro abituale calzatura, un’ortesi plantare tradizionale pro-ergonomica in materiale EVO; Gruppo Experimental di soggetti a cui viene fatta indossare l’ortesi custom-made, PRO-STEP. Dimensione campionaria 42 soggetti Rivalutazione al termine del ciclo riabilitativo 1. Conte A, Khan N, Defazio G, Rothwell JC, Berardelli A. Pathophysiology of somatosensory abnormalities in Parkinson disease. Nat Rev Neurol. dicembre 2013;9(12):687–97; 2. Jenkins ME, Almeida QJ, Spaulding SJ, van Oostveen RB, Holmes JD, Johnson AM, et al. Plantar cutaneous sensory stimulation improves single-limb support time, and EMG activation patterns among individuals with Parkinson’s disease. Parkinsonism Relat Disord. novembre 2009;15(9):697–702; 3. Mirelman A, Bonato P, Camicioli R, Ellis TD, Giladi N, Hamilton JL, et al. Gait impairments in Parkinson’s disease. Lancet Neurol. 2019;18(7):697–708. Centro E. Spalenza della Fondazione Don Gnocchi di Rovato (BS) Scale di Baseline Visita Fisiatrica e arruolamento • • • • Valutazione con e senza ortesi Tinetti Fall Efficacy Scale UPDRS parte III Mini-Mental State Examination Mini Best Test Ad entrambi i gruppi viene eseguito un calco plantare su schiuma fenolica, che verrà poi utilizzato per creare l’ortesi PRO-STEP. Outcome • BBS • TUG • Parametri spazio- temporali • 10MWT • SF-12 • Likert [0-4] per gradimento ortesi Trattamento riabilitativo 20 sedute di riabilitazione (60’ di FT e 30’ di TO) 2 vv/sett per 6 settimane Esercizi domiciliari Esercizi domiciliari e attività fisica giornaliera e ortesi 6 ore/die Utilizzo dell’ortesi per un minimo di 6 ore/die Bibliografia T0 T1 T2 rivalutazione a 6 settimane Risultati attesi Questo studio vuole fornire informazioni riguardo il possibile effetto sull’equilibrio ed i parametri spazio-temporali del cammino nell’uso di una ortesi plantare custom-made con scocca base in fibra di vetro resinata (PRO-STEP) in soggetti con malattia di Parkinson. Conclusioni I risultati che si attendono dallo svolgimento di questo studio vogliono fornire una base scientifica a quella che è una osservazione clinica sul miglioramento dell’equilibrio dinamico e dei parametri spazio-temporali del cammino, osservato in soggetti affetti da PD con preservata autonomia nella deambulazione. rfazio@dongnocchi.it
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Un raro caso di stroke emorragico dello splenio del corpo calloso: case report.
Un raro caso di stroke emorragico dello splenio del corpo calloso: case report. Recubini E., Liotti V., Cantarella C., Alderighi A., Lolli A, D’Aurizio C. UOC Medicina Fisica e Riabilitazione , PO Popoli, ASL Pescara. Introduzione Il corpo calloso (CC) è una grande struttura di sostanza bianca che collega i due emisferi cerebrali; riveste un ruolo fondamentale durante il trasferimento di informazioni, in particolare durante i processi che richiedono la cooperazione interemisferica. È tuttavia incerto come il CC regoli il trasferimento delle informazioni e la comunicazione. Alcuni studi suggeriscono un ruolo inibitorio del CC, altri un ruolo eccitatorio. L’attività inibitoria permette l’attivazione cerebrale monolaterale per l’esecuzione di compiti semplici; questo fenomeno è noto come meta-controllo e si basa sull’idea che l’integrazione delle informazioni tra gli emisferi richiede tempo ed energia e può essere più efficiente, in alcuni casi, utilizzare un solo emisfero. La teoria principale alla base del modello eccitatorio, invece, si basa sulla necessità di integrare le informazioni provenienti da ciascun emisfero durante compiti con un alto livello di complessità. L’emorragia isolata del corpo calloso è considerata un evento raro; in letteratura sono riportati casi isolati da aneurisma dell’arteria comunicante anteriore o dell’arteria cerebrale anteriore distale, da malformazioni artero-venose, da malattia emorragica dei piccoli vasi. Riportiamo il caso clinico di una paziente con emorragia isolata del CC. Caso clinico Donna di 59 anni ricoverata in data 29.12.19 presso la Stroke Unit Asl di Pescara per episodio sincopale associato ad emiparesi destra e deviazione della rima buccale. Alla TAC encefalo eseguita in urgenza si riscontrava iperdensità ematica intraparenchimale a livello dello splenio del corpo calloso. In data 16.1.20 eseguiva angio RMN che mostrava parziale riassorbimento della quota ematica segnalata. In data 24.1.20 la pz veniva trasferita presso il reparto di Medicina Fisica e Riabilitazione cod 56 dell’ospedale Santissima Trinità di Popoli Asl di Pescara. All’ingresso la paziente si presentava vigile, parzialmente orientata e collaborante. Buono il controllo del capo, assente il controllo del tronco. Grave emiparesi destra (F 2 sec MRC) con iniziale ipertono a carico del pettorale e dei flessori delle dita (MAS 1+). La paziente necessitava di completa assistenza nei passaggi di postura e nei trasferimenti. Impossibile l’ortostatismo. La pz è stata sottoposta ad un programma riabilitativo intensivo (3 ore die) per 2 mesi circa costituito da : – trattamento logopedico dei disturbi neuropsicologici riscontrati; – terapia occupazione: Motore, Amadeo, training ADL; – training neuromotorio. In data 26.3.20 eseguiva controllo RMN encefalo che mostrava ulteriore evoluzione della lesione con esiti a carattere emosiderinici del focolaio emorragico. In dimissione (27.03.21) la pz si presentava vigile, orientata e collaborante. Discreto il controllo del tronco. Buona la collaborazione nei passaggi di postura e trasferimenti con aiuto di 1 operatore. Incrementate le quote motorie a carico dell’emisoma di destra con F 3 all’AI e F 3+ all’AS sec MRC. Ridotto il dolore a carico della spalla destra, persisteva lieve ipertono a carico dei flessori dell’AS (MAS1+). Verticalizzazione possibile con aiuto, deambulazione per brevi tratti con girello con antibrachiali e sostegno dell’operatore. Necessità di aiuto nelle principali ADL. INGRESSO DIMISSIONE Standig Test 0 1 FAC 0 1 Motricity Index 42AS, 23AI 50AS, 42AI Fugl Meyer 24/66 32/66 Trunk Control Test 0 48 FIM 54/126 66/126 MODA 65/100 85/100 MMSE 22/30 28/30 Test delle Prassie nella norma nella norma Conclusioni Il percorso riabilitativo effettuato ha portato ad un discreto recupero neuromotorio e funzionale della paziente. Da sottolineare come una lesione isolata della sostanza bianca ha determinato una clinica da danno corticale. Molti aspetti del funzionamento congiunto degli emisferi cerebrali e delle funzioni del corpo calloso rimangono ancora sconosciuti; importante per il futuro è approfondire tali studi anche tramite le nuove metodiche di RMN funzionale. Bibliografia – Delayed Massive Traumatic Hematoma in the Corpus Callosum : two case reports with literature review. Yanli Du et al. NMC Case Report Journal 2014; 1:37-41 – Arteriovenous malformations of the corpus callosum : pooled analysis and systematic review of literature . Aqueel H et al. Surg Neurol Int . 2016 Apr 1;7(Suppl 9): S228-36. – Hematoma in the splenium of the corpus callosum in the subacute stage of subarachnoid hemorrhage–three case reports. Takatoshi Sorimachi. Neurol Med Chir (Tokyo) 2010;50(3):209-12.
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Integrazione ospedale/territorio: RIABILITACOVID-19 percorsi territoriali
RIABILITACOVID-19: PERCORSI TERRITORIALI 49° Congresso Nazionale in modalità digitale LE RADICI DEL FUTURO 28-31 ottobre 2021 Autori: Giuseppina Franzone, Maria Claudia D’Amico, Enrico Marini, Marino Iommarini, Anna Ceci, Dino Macera, Antonella Iacone, Giovanna Fortuna, Nadia Pisciella, Marcella Del Papa, Naide Marcattili, Pamela Romani, Tiziana Guagnozzi. Introduzione I long termine post Covid 19, hanno necessità di trattamento riabilitativo una volta dimessi. Essi hanno dimostrato, severe limitazioni nelle ADL (evidenze dimostrate nei 6WT dell’ingresso effettuati ai pazienti). Nell’ambito della Riabilitazione Respiratoria, vengono quindi a delinearsi diversi percorsi a seconda del grado di limitazioni funzionali presenti. Nel presente progetto, sono stati creati tre diversi percorsi, che abbracciano i pazienti nella fase acuta, sub-acuta, fino al trattamento riabilitativo ambulatoriale (percorso verde) svolto nelle sedi di U.O.S.D. M.F.R. di Atri, Giulianova, Roseto e Montorio. Obiettivi: Obiettivo principale della riabilitazione respiratoria-motoria ambulatoriale è quello di migliorare la dinamica respiratoria a “lungo termine/ mantenimento”, ottimizzare lo stato funzionale, aumentando nel contempo la partecipazione delle famiglie nel processo di riabilitazione/rieducazione con miglioramento al fine di migliorare la qualità della vita. Materiali e Metodi I trattamenti riabilitativi calibrati sulla complessità assistenziale-clinico-riabilitativa, tengono conto delle indicazioni nazionali e regionali e sono descritti all’ interno di procedure e protocolli specifici contenuti nella delibera n. 0607 del 15/04/2020 secondo i seguenti percorsi: 1) Percorso Rosso: presa in carico riabilitativa Ospedaliera; 2) Percorso Giallo: isolamento fiduciario domiciliare; 3) Percorso verde: ambulatoriale e /o domiciliare. Il presente lavoro, sottolinea i risultati ottenuti con i pazienti sottoposti al percorso “verde” ambulatoriale: il paziente long covid con difficoltà motoria, respiratoria, neurocovid; previo follow-up e aggiornamento PRI, viene inserito nei percorsi ambulatoriali. Per i pazienti che non possono essere seguiti in ambulatorio, il Fisiatra, prevede altri percorsi come ADI, residenziali estensivi ecc. Il percorso Verde, ambulatoriale, di MFR si occupa: – Della presa in carico ambulatoriale presso la UOSD di MFR su prescrizione fisiatrica con allegato PRI. – Delrecuperofunzionalerespiratorio. – Delrecuperofunzionale,ovepresentidisabilità,dellefunzionineurologiche. – Del recupero funzionale motorio ( Post intensive care syndrome ) . – Della valutazione disabilità residue mediante la somministrazione di scale di valutazione specifiche 6.W. Test, Borg. Conclusioni Sono stai presi in esame 90 pazienti trattatati con il percorso Verde Ambulatoriale. Tutti I pazienti sono stati sottoposti al 6 Walking-test alla presa in carico e alla dimissione La media dei metri percorsi alla presa in carico è di n. 374 (sotto I 400 metri, che rappresenta il cut off), alla dimissione, la media dei metri percorsi è n. 579 (ben al di sopra dei 400 metri), si rileva quindi, un incremento medio di n. 205 metri percorsi. Il valore di saturazione medio dei pazienti alla presa in carico è di 93.1, alla dimissione abbiamo registrato un valore medio di 94.6, con un incremento di 1.5 punti in percentuali. Per la scala di Borg abbiamo valore all’ingresso 4.8 e 2.6 come valore medio alla dimissione con decremento della dispnea di 2.2 punti. Bibliografia • • • Raccomandazione di gestione ottimale dei pz COVID” in Riabilitazione Società Scientifica Riabilitazione (S.S.R.). Milano, 31 marzo 2020. “Gestione pneumologica dei pazienti con infezione respiratoria da COVID-19”. ITS (Italian Thoracic Society), AIPO (Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri), SIP (Società Italiana Pneumologia). Versione 08 Marzo 2020. “Indicazioni per la fisioterapia respiratoria in pazienti con infezione da Covid-19”. AIR (Associazione Riabilitatori dell’Insufficienza Respiratoria) AIFI (Associazione Nazionale Fisioterapisti Italiani). Aggiornato al 16/03/2020.
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Efficacia ed efficienza delle terapie fisiche strumentali nella Sindrome dolorosa regionale complessa di tipo I (CRPS I): scoping review
EFFICACIA ED EFFICIENZA DELLE TERAPIE FISICHE STRUMENTALI NELLA SINDROME DOLOROSA REGIONALE COMPLESSA TIPO I (CRPS I): SCOPING REVIEW Di Palma Aurelio, Giliberti Federica, Iannucci Daniele, Liguori Sara, Moretti Antimo, Gimigliano Francesca, Iolascon Giovanni Dipartimento Multidisciplinare di Specialità Mediche, Chirurgiche ed Odontoiatriche, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli INTRODUZIONE La CRPS-I è una condizione caratterizzata da dolore cronico (sproporzionato rispetto all’evento scatenante ipotizzato [1]), spontaneo o evocato, che può avere alla base numerosi fattori fisiopatologici e manifestarsi con diversi scenari clinici (dalla forma calda alla forma fredda). Tra le possibilità terapeutiche le terapie fisiche strumentali sono spesso utilizzate nella pratica clinica per il trattamento della CRPS I. Non è ancora chiaro quali siano i protocolli di terapia e la reale efficacia di tale approccio. Lo scopo della nostra revisione è esaminare le attuali conoscenze sull’efficacia e le modalità degli agenti fisici per il trattamento dei pazienti con CRPS-I. MATERIALI E METODI E’ stato definito un panel di esperti che ha organizzato una strategia di ricerca su PubMed con una stringa di ricerca ad hoc con parole chiave selezionate per la CRPS. Abbiamo eseguito una scoping review secondo il modello PRISMA-ScR. Abbiamo selezionato articoli scientifici pubblicati fino al 31 ottobre 2020 e includendo solo quelli in lingua inglese. RISULTATI Sono stati selezionati 209 articoli e di questi 10 (pubblicati tra il 1983 e il 2018) sono risultati idonei per essere inseriti nell’attuale revisione di scoping. Tre documenti valutano l’efficacia e sette l’efficienza delle terapie fisiche nella CRPS. I nostri risultati suggeriscono che l’utilizzo di terapie fisiche, in particolare la stimolazione nervosa elettrica transcutanea (TENS) [2] e la terapia con campi elettromagnetici pulsati (CEMP) [3], possono contribuire a ridurre il dolore e migliorare la funzione nei pazienti con CRPS-1. In particolare la TENS riduce il dolore agendo sul meccanismo del gate-control, favorendo il rilascio di endorfine e modulando il tono vasale dei distretti interessati. CONCLUSIONI La complessità fenotipica e patogenetica della CRPS I rende difficile la definizione di un approccio operativo facilmente applicabile nella pratica clinica. Per prevenire il rischio di gravi complicazioni che possono portare a dolore cronico, limitazioni funzionali e disabilità, dovrebbe essere avviato, all’inizio dei sintomi, un tempestivo e appropriato intervento. Tre le terapie non farmacologiche, la nostra scoping review suggerisce che l’inserimento delle terapie fisiche, come TENS e CEMP, nei programmi di riabilitazione, può contribuire a ridurre il dolore e migliorare la funzione nei pazienti con CRPS-I. Tuttavia, ricerche future dovrebbero fornire dettagli adeguati sui parametri e tempi delle diverse modalità di terapia fisica per fornire un protocollo clinico standardizzato. BIBLIOGRAFIA [1] Harden R.N. et al.; Complex regional pain syndrome: Are the IASP diagnostic criteria valid and sufficiently comprehensive? Pain 1999, 83, 211–219. [2] Bodenheim R. et al.;Reversal of a Sudeck’s atrophy by the adjunctive use of transcutaneous electrical nerve stimulation. A case report. Phys. Ther. 1983, 63, 1287–1288. [3] Durmus A.et al.;The efficiency of electromagnetic field treatment in Complex Regional Pain Syndrome Type I. Disabil. Rehabil. 2004, 26, 537–545.
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Il linfedema al tempo del Covid
IL LINFEDEMA AL TEMPO DEL COVID P. Campitelli, E. Sordoni – Fondazione Don Carlo Gnocchi Falconara Introduzione Il Chronic Care Model (CCM) è un modello assistenziale che non porta più il paziente verso l’ospedale, ma il sistema salute verso il cittadino attraverso la ramificazione dei servizi sul territorio, l’impiego di strutture come le case della salute, la maggiore erogazione di prestazioni da parte dei distretti sanitari, la forte presenza dei medici di base e l’introduzione di figure come l’infermiere di famiglia ed il case manager. Il linfedema è considerata una malattia cronica e ingravescente che non coinvolge soltanto i tessuti cutanei ma anche i muscoli, le ossa, i nervi, le articolazioni e gli organi interni determinando quadri più o meno severi di disabilità, che si instaura nell’organismo a causa di una parziale incapacità di trasporto linfatico ed il conseguente accumulo di fluido ad alto contenuto proteico nello spazio interstiziale. Il linfedema è definito come una malattia nella Classificazione Internazionale delle malattie (IDC) dell’OMS. La cronicità di questa malattia pone una importante sfida legata alla prevenzione e stratificazione del rischio, al trattamento in fase precocissima. La prevenzione nel linfedema riveste infatti un ruolo fondamentale mirato al suo contenimento già al primo stadio di edema reversibile per scongiurare l’evoluzione irreversibile data dall’organizzazione fibro-adiposa della matrice. Il gold standard del trattamento riabilitativo del linfedema è la terapia decongestiva combinata (Foeldi) che consta di quattro pilastri: cura della cute, drenaggio linfatico manuale, bendaggio elastocompressivo e attivazione della pompa muscolare con esercizio fisico. Materiali e metodi In quest’ottica abbiamo reclutato 5 donne con linfedema secondario a carcinoma mammario seguite secondo il CCM nel quale il self care e l’empowerment sono i fondamenti dell’autocura dei lungoviventi. Le pazienti sono state sottoposte a un ciclo di trattamento riabilitativo in modalità tele riabilitazione con frequenza bisettimanale, comprendente esercizi di ginnastica isotonica, esercizi di auto drenaggio e di stretching, esercizi di rieducazione posturale, addestramento alle strategie comportamentali e alle norme igieniche da adottare per prevenire complicanze, colloqui di sostegno psicologico. All’inizio e al termine del trattamento riabilitativo sono state somministrate le seguenti scale di valutazione, alcune delle quali richiedono la disponibilità di una applicazione per smartphone e la collaborazione di un’ altra persona: misure perimetriche dell’arto superiore, ROM tramite APP Gonionmeter, NRS, questionario DN4 per la valutazione del dolore cronico neuropatico, FIM e SF-36 per la valutazione della qualità della vita. Risultati Il trattamento in modalità tele riabilitazione si è dimostrato efficace nel contenere l’edema dell’arto superiore, recuperare il ROM articolare della spalla, ottimizzare la postura. Inoltre le pazienti hanno mostrato un’ottima compliance al trattamento. Dalle scale di valutazione di gradimento del trattamento in tele riabilitazione emerge un buon livello di soddisfazione da parte delle pazienti. Conclusioni Questa modalità di trattamento può rappresentare una valida strategia per incrementare la consapevolezza e la partecipazione attiva delle pazienti al proprio progetto di cura, prevenendo le complicanze e promuovendo il proprio benessere. Tuttavia l’esiguità del campione non consente di giungere a conclusioni definitive. E’ quindi necessario poter coinvolgere un maggior numero di pazienti per poter generalizzare i risultati ottenuti. Bibliografia – Linee di Indirizzo sul linfedema ed altre patologie correlate al sistema linfatico 15/09/2016. – Breast cancer treatment-related lymphedema self-care: education, practies, symptoms, and quality of life – Sheila H Ridner, Mary S Dietrich, Nancy Kidd – May 2011 – Quality of life and a symptom cluster associated with breast cancer treatment-related lymphedema. Ridner SH. Support Care Cancer. 2005 Nov.
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La transizione ai nuovi fenotipi della atrofia muscolare spinale nell’era delle terapie geniche: descrizione di un caso
LA TRANSIZIONE AI NUOVI FENOTIPI DELLA ATROFIA MUSCOLARE SPINALE NELL’ERA DELLE TERAPIE GENICHE: DESCRIZIONE DI UN CASO Oliva Maria Carmela1, Lucarelli Elisabetta1, Gallo Ivana1, Perrino Tonia2, Peluso Pierpaolo3, Calamia Teresa2, Trabacca Antonio1 1 Unità per le Disabilità gravi dell’età Evolutiva e Giovane Adulta – IRCCS E. Medea – Associazione la Nostra Famiglia di Brindisi 2 UOC di Farmacia Ospedaliera – ASL Brindisi 3 UOC di Anestesia e Rianimazione del Presidio Ospedaliero “A. Perrino” di Brindisi INTRODUZIONE L’Atrofia Muscolare Spinale (SMA) è una patologia neuromuscolare autosomica recessiva causata dalla mutazione del gene SMN1. A partire dal 2017 accanto a un’adeguata presa in carico dei pazienti, che ha permesso di migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita, nuovi approcci terapeutici si stanno dimostrando efficaci nel modificare sensibilmente la storia naturale e spesso il decorso di questa patologia. Nusinersen è una terapia di tipo genico approvata da AIFA nel 2017, che prevede una iniezione intratecale del farmaco (tramite puntura lombare) con un’azione diretta a livello del midollo spinale. Agisce modificando lo splicing del gene SMN2, incrementando la trascrizione della proteina SMN completa, compensando la perdita di funzione del gene SMN1. CASE REPORT: Bambina di 26 mesi con diagnosi di SMA 2 (delezione in monozigosi degli esoni 7 e 8 del gene SMN1 e 3 copie di SMN2). Insorgenza dei sintomi entro i 18 mesi. Avviata terapia con Nusinersen fl 12mg/5ml secondo il protocollo previsto: 4 dosi di carico ai giorni 0, 14, 28 e 63 e successive dosi di mantenimento, una volta ogni 4 mesi. Alla terapia genica è stato associato regolare trattamento neuroriabilitativo secondo gli Standard of Care (SOC) esistenti per i pazienti “sitter”. Effettuate le seguenti valutazioni funzionali al T0 (prima della 1° dose) e al T1 (a 4 mesi dalla 4° dose di carico): valutazione neurofisiatrica; Medical Research Council (MRC); Hammersmith Functional Motor Scale per SMA (HFMSE); valutazione funzione respirazione. RISULTATI: La MRC agli AAII risultava 2/5 al T0 e 3/5 al T1. Il punteggio totale della HFMSE era 27/66 al T0 e 36/66 al T1. I miglioramenti più significativi, con un punteggio aumentato da 0 (assente) a 2 (possibile senza compensi) si riscontravano negli items che prevedevano aumento della forza muscolare dei muscoli addominali e estensori di capo, tronco e bacino. Invariati, con punteggio pari a 0, gli items sul mantenimento della stazione eretta, sulla deambulazione, sul salto e utilizzo di scale e sui passaggi posturali alti. In accordo con i vigenti SOC, al T0 venivano prescritti tutore TH-KAFO e stabilizzatore/deambulatore tipo Tommy-RUN, per l’esercizio della statica eretta e dello spostamento in autonomia in ambiente intradomiciliare, e carrozzina superleggera ad autospinta, per lo spostamento in autonomia in ambiente extradomiciliare. Non risultava possibile la deambulazione con utilizzo di ausili e ortesi. Al T1 venivano rimossi il supporto di tronco al tutore TH–KAFO e prescritto tutore AFO per l’esercizio della deambulazione autonoma con deambulatore a portata posteriore. La valutazione della funzione respiratoria evidenziava al T0 forma del torace nella norma; espansione toracica di 1 cm; forza del pianto buona; tosse non valutabile; assenza di segni di distress respiratorio e SpO2 96%. Al T1 vi era un aumento dell’espansione toracica da 1 a 3 cm e costanza dei restanti parametri. DISCUSSIONE: A differenza di quanto previsto dai SOC per i sitter, l’ortesi di tronco risultava non più necessaria, al pari dei walker, rispetto ai quali risultava invece necessario l’utilizzo di ortesi e ausili per la deambulazione, se pur differenti da quelli normalmente consigliati per questa classe di pazienti SMA. La bambina quindi, pur rimanendo, secondo l’attuale classificazione, una sitter, si collocava di fatto in una categoria fenotipica intermedia tra quelle dei sitter e dei walker necessitando anche un adattamento dei SOC. La nuova funzione acquisita, la deambulazione ausiliata, non si traduceva in un aumento del punteggio alla HFMSE negli items sulla stazione eretta, deambulazione e passaggi posturali verticali, con score invariato a 0. La transizione verso nuove categorie fenotipiche conseguente alle nuove possibilità terapeutiche è argomento di discussione da tempo. È noto, infatti, che i pazienti SMA 2 che acquisiscono la capacità di deambulare autonomamente conservino un maggior rischio di retrazioni miotendinee e di scoliosi e sviluppino un’andatura differente rispetto ai walker. Anche per quanto concerne la funzione respiratoria, l’aumentata probabilità di scoliosi nei pazienti SMA 2 deambulanti rispetto ai walker, come la minor efficacia del Nusinersen sul rinforzo dei muscoli espiratori, fanno ipotizzare anche in quest’ambito la necessità di adeguare i SOC di questi pazienti alle nuove competenze acquisite, senza poter completamente uniformarli a quelle dei walker. CONCLUSIONI: L’introduzione delle terapie geniche, come nel nostro caso il Nusinersen, sta cambiando in maniera significativa la storia naturale della SMA in termini di sopravvivenza e migliore funzione motoria raggiunta, creando nuovi fenotipi neuroriabilitativi. Emerge la necessità di individuare e di rivedere gli strumenti valutativi e classificativi che fino oggi abbiamo utilizzato al fine di adeguarci alla transizione verso i fenotipi emergenti. Così come appare necessario adeguare i SOC vigenti sia in termini di monitoraggio clinico che di approccio neuroriabilitativo. Eugenio Mercuri et al. Diagnosis and management of spinal muscular atrophy: Part 1: Recommendations for diagnosis, rehabilitation, orthopedic and nutritional care. Neuromuscular Disorders 28 (2018) 103–115 Mercuri E, Pera MC, Scoto M, Finkel R, Muntoni F. Spinal muscular atrophy – insights and challenges in the treatment era. Nat Rev Neurol. 2020 Dec;16(12):706-715. Gómez-García de la Banda M, Amaddeo A, Khirani S, Pruvost S, Barnerias C, Dabaj I, Bénézit A, Durigneux J, Carlier RY, Desguerre I, Quijano-Roy S, Fauroux B. Assessment of respiratory muscles and motor function in children with SMA treated by nusinersen. Pediatr Pulmonol. 2021 Jan;56(1):299-306.
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Efficacia del trattamento con Laserterapia Intra nella riduzione del dolore e nel recupero funzionale nella sindrome da impingement della spalla
49° CONGRESSO NAZIONALE SIMFER Efficacia del trattamento con Laserterapia Intra nella riduzione del dolore e nel recupero funzionale nella sindrome da impingement della spalla A.RUSSO(1) – S.SPINA(1) – A.PAOLICELLI(1) – P.MARCOGIUSEPPE(1)- M.DELLI BERGOLI(1) – P.FIORE(2) – A.SANTAMATO(1) S.C. DI MEDICINA FISICA E RIABILITATIVA UNIVERSITARIA, OO.RR. DI FOGGIA, FOGGIA, ITALIA (1) S.C. DI MEDICINA FISICA E RIABILITATIVA E USU, IRCSS MAUGERI, BARI, ITALIA (2) Introduzione La sindrome da impingement1 è un quadro clinico caratterizzato dalla presenza di dolore nella regione della spalla e limitazione funzio- nale dovuto ad un conflitto/intrappolamento dei tessuti molli nell’articolazione della spalla. Essa rappresenta la terza causa di dolore muscoloscheletrico2. Le opzioni di trattamento sono molteplici e includono le terapie fisiche; le evidenze sull’efficacia e i protocolli di trattamento con terapie fisiche sono ancora contrastanti. Una recente metanalisi ha evidenziato che la terapia con laser e con onde d’urto si è dimostrata superiore a nessun trattamento3. Scopo dello studio è valutare l’efficacia di un trattamento innovativo e di recente sviluppo con il dispositivo Laser AG08 Intra che per- mette l’erogazione della radiazione laser in situ in termini di riduzione del dolore e miglioramento della funzionalità articolare nei pa- zienti con sindrome da impingement. Materiali e Metodi Sono stati reclutati 6 pazienti afferenti alla nostra S.C. di Medicina Fisica e Riabilitazione OORR (4M/ 2F; età media ) con diagnosi di sin- drome da impingement da più di 4 settimane senza precedenti trattamenti. Tutti i pazienti, previa valutazione fisiatrica, venivano sottoposti a 3 sedute di trattamento a cadenza settimanale con Laser Intra durante il quale l’energia laser di biosimolazione (lun- ghezza d’onda 640-904 nm) veniva erogata per 60 secondi attra- verso una fibra ottica di 400 μm introdotta direttamente a livello peritendineo con tecnica infiltrativa ad ago e sotto guida ecografi- ca. Le scale di valutazione SPADI , Constant Murley (CM) e NRS sono state somministrate alla baseline (T0) e ad una settimana dal termine del trattamento (T1). Risultatii I risultati ottenuti hanno mostrato che i valori iniziali registrati al T0 di NRS (9) SPADI (66.78±29) CM (19.63±9.85) sono migliorati in maniera statisticamente significativa (p<0.5) dopo il trattamento (T1) : NRS (6.5) SPADI (38.07±15.32) CM (43.93±6.65) Il miglioramento registrato post trattamento è stato maggiore della MCID (differenza minima clinicamente importante ) in 5 pazienti su 6 in tutte le valutazioni effettuate. Conclusioni Questi risultati preliminari suggeriscono che il Laser intra-articolare è una valida opzione di trattamento nei pazienti con sindrome da impingment per quanto riguarda la riduzione del dolore la limitazione funzionale. Tuttavia è necessario proseguire lo studio e reclutare un campione di soggetti più ampio per confermare i risultati ottenuti. Bibliografia 1 Pieters L, Lewis J, Kuppens K, Jochems J, Bruijstens T, Joossens L, Struyf F. An Update of Systematic Reviews Examining the Effectiveness of Conservative Physical Therapy Interventions for Subacromial Shoulder Pain. J Orthop Sports Phys Ther. 2020 Mar;50(3):131-141. doi: 10.2519/jospt.2020.8498. Epub 2019 Nov 15. PMID: 31726927. 2Garving C, Jakob S, Bauer I, Nadjar R, Brunner UH. Impingement Syndrome of the Shoulder. Dtsch Arztebl Int. 2017;114(45):765-776. doi:10.3238/arztebl.2017.0765 3 Steuri R, Sattelmayer M, Elsig S, et al. Effectiveness of conservative interventions including exercise, manual therapy and medical management in adults with shoulder impingement: a systematic review and meta-analysis of RCTs. Br J Sports Med. 2017;51(18):1340-1347. doi:10.1136/bjsports-2016-096515
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Efficacia dell’esercizio terapeutico e dell’idrochinesiterapia nella plessopatia traumatica lombosacrale: case report.
Efficacia dell’esercizio terapeutico e dell’idrochinesiterapia nella plessopatia traumatica lombosacrale: case report. Belardo V.1, Sodano L.2, Del Gaudio G.2, De Falco F.1, D’Onofrio C.2, Terracciano M.2, Attianese G.2, Di Tuccio L.2, Matuozzo S.2, Piazzolla C.1, Scalzone M.1, Liguori S.1, Paoletta M.1, Iolascon G.1 1 Dipartimento Multidisciplinare di Specialità Medico Chirurgiche e Odontoiatriche – Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” 2 Casa di Cura “S. Maria del Pozzo” Somma Vesuviana (Na). INTRODUZIONE La plessopatia lombosacrale traumatica (PLST) è una sindrome caratterizzata da dolore, debolezza muscolare e parestesie agli arti inferiori nei territori di distribuzione dei nervi otturatori, glutei, tibiali e peroneale comune (Fig.1). Il trattamento riabilitativo della PLST prevede fisiochinesiterapia per il recupero di ROM e forza, cui può associarsi elettrostimolazione1. L’idrochinesiterapia (Fig.2) rappresenta un valido strumento riabilitativo2; infatti l’ambiente microgravitario acquatico fornisce un elevato potenziale nel recupero delle lesioni neurologiche acute e delle patologie croniche3. In letteratura non sono presenti studi riguardanti l’utilizzo della idrochinesiterapia nel recupero da PLST. Pertanto scopo del nostro caso clinico è stato valutare l’efficacia di un protocollo riabilitativo comprensivo di fisiochinesiterapia e idrochinesiterapia in un paziente politraumatizzato affetto da PLST. Figura 1. Plesso lombosacrale. MATERIALI E METODI Il paziente F.L. di anni 37 e BMI 26,23 Kg/m2, giunge alla nostra osservazione con diagnosi di “esiti di politrauma con deficit della deambulazione”, a seguito di incidente stradale. Il paziente è stato sottoposto al seguente protocollo: esame obiettivo includendo il ROM articolare, la forza muscolare con Daniels and Whortingham Manual Muscle Testing (DW-MMT) e la sensibilità tattile, termica e dolorifica; il dolore secondo la Numerical Rating Scale (NRS); valutazione della disabilità con la Modified Rankin Scale (MRS); la deambulazione con la Functional Ambulation Categories (FAC – Figura 3); l’autonomia nelle Activities of Daily Living (ADLs) con Barthel Index Modified (BIM – Figura 4). Tale protocollo è stato somministrato al baseline (T0) e a fine trattamento (T1). Il paziente è stato sottoposto ad un trattamento riabilitativo personalizzato della durata complessiva di 100 giorni suddiviso in due fasi: 40 giorni in cui il paziente ha eseguito 45 minuti di trattamento fisiochinesiterapico a cadenza bis in die, ed una seconda fase della durata di 60 giorni, in cui il paziente ha effettuato 30 minuti di fisiochinesiterapia e 30 minuti di idrochinesiterapia al giorno. RISULTATI Tutti gli outcomes valutati hanno mostrato un miglioramento a T1, come dimostrato nella Tabella 1. Figura 2. Idrochinesiterapia. Figura 4. Modified Rankin Scale. Tabella 1. Outcome a T0 e T1. CONCLUSIONI Figura 3. Functional Ambulation Categories Figura 4. Barthel Index Modified Alla luce dei dati presenti in letteratura, si conferma la validità del trattamento fisiochinesiterapico nel trattamento della PLST1, dell’ idrochinesiterapia come strategia riabilitativa2, e del suo corretto impiego in varie condizioni acute e croniche di pertinenza neurologica. Il trattamento riabilitativo proposto si è rivelato efficace nel miglioramento di tutti gli outcome analizzati, suggerendo una possibile implementazione dell’ idrochinesiterapia nel trattamento della plessopatia traumatica lombosacrale. Tuttavia, i dati limitati relativi ad un solo paziente e la scarsa letteratura scientifica, non sono sufficienti per confermare la validità del trattamento proposto. BIBLIOGRAFIA 1.Kao CL, Yuan CH, Cheng YY, Chan RC, Lumbosacral plexus injury and brachial plexus injury following prolonged compression, J Chin Med Assoc. 2006 Nov;69(11):543-8. 2.Furnari A, et al, Is hydrokinesitherapy effective on gait and balance in patients with stroke? A clinical and baropodometric investigation, Brain Injury, 2014, 28:8, 1109-1114. 3.Barassi et al. Rehabilitation of Neuromotor Disabilities in Aquatic Microgravity Environment. Adv Exp Med Biol 2019; 1113: 61-73 DOI: 10.1007/5584 2018 164
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Evoluzione clinico-funzionale in soggetti con la malattia di Parkinson durante la pandemia da SARS-COV2
EVOLUZIONE CLINICO-FUNZIONALE IN SOGGETTI CON LA MALATTIA DI PARKINSON DURANTE LA PANDEMIA DA SARS-COV2 Baldini Nicolò1, Campignoli Francesca1, Lombardo Lorenzo Pasquale 1, Andrenelli Elisa1, Capecci Marianna1,2, Ceravolo Maria Gabriella1,2 1. Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ancona, Italy 2. Clinica di Neuroriabilitazione, Azienda Ospedali Riuniti di Ancona, Ancona, Italy CONGRESSO NAZIONALE SIMFER 2021 “Le radici del futuro” 28-31 OTTOBRE 2021, MILANO INTRODUZIONE La recente pandemia ha rappresentato un test da stress per il sistema sanitario che ha dovuto fronteggiare l’enorme carico assistenziale richiesto dai pazienti COVID19, rinunciando contemporaneamente ad erogare prestazioni diagnostiche terapeutiche e riabilitative ai soggetti con patologie emergenti o croniche [1]. L’impatto di questi cambiamenti è stato particolarmente sentito da soggetti affetti da patologie neurodegenerative come la Malattia di Parkinson (MP) [2]. OBIETTIVI L’obiettivo del nostro studio è valutare l’evoluzione clinico-funzionale in soggetti affetti da MP nel periodo compreso tra il 2018 e il 2021, confrontando il trend degli indici di severità di malattia osservato dopo l’inizio della pandemia, rispetto a quello rilevato nel biennio 2018-2019. IPOTESI DI RICERCA Ø CRITERI DI INCLUSIONE: Ø Uomini e Donne Ø Diagnosi di MP secondo i criteri della Movement Disorder Society Ø Pazienti afferiti consecutivamente nel periodo 1 gennaio 2018- 31.12.2018 all’ambulatorio dedicato alla diagnosi, cura e riabilitazione dei disordini del movimento e valutati da allora regolarmente a cadenza almeno semestrale, fino al 30.6.2021 ØCRITERI DI ESCLUSIONE: Ø Parkinsonismi Atipici Ø Diagnosi di Demenza Ø MISURE DI OUTCOME: Ø UPDRS I, II, IV Ø UPDRS III: On Med Ø Non Motor Symptom Scale (NMSS) Ø Schema teraputico Ø dosaggio della terapia antiparkinsoniana (Levodopa Equivalent Daily Dose – LEDD) METODI DISEGNO DELLO STUDIO Studio di coorte retrospettivo Analisi comparativa per dati appaiati non parametrici (Wilcoxon Rank Test): confronto tra le variazioni tra i punteggi delle scale di misura registrati tra il 2018-2019, 2019-2020 e 2020-2021. Analisi di regressione logistica delle seguenti variabili (età, durata di malattia, punteggio UPDRS II, III e totale, LEDD) come fattore predettivo di outcome pari a peggioramento di almeno 4 punti alla UPDRS–parte II (ADL) (superiore alla Minimal Clinically Important Difference (1.8-2.3[3]) . •Ipotizziamo che la diminuzione dell’offerta assistenziale specialistica e riabilitativa, unitamente alla restrizione dell’attività fisica e della frequentazione sociale abbiano determinato un peggioramento clinico- funzionale nei soggetti più fragili. 75 casi, di cui 30 donne • • Età media 73±9 anni [51-90] durata di malattia 14±7 anni [4-38] RISULTATI Tra il 2019 ed il 2020 è emerso un peggioramento statisticamente significativo dei punteggi della UPDRS parte II e parte III e della Non-Motor Symptoms Scale (NMSS) . Nel 2021 la condizione rimaneva tendenzialmente stabile o in lieve peggioramento. Il 32% dei soggetti presentava, nel 2020, un peggioramento dell’UPDRS II maggiore o uguale a 4 punti, indipendente da età e durata di malattia ma correlato ad un valore basale maggiore dell’UPDRS parte II rispetto a coloro che conservavano il livello funzionale negli ultimi due anni . Cell Bar Chart Split By: Worsenign of UPDRS II Error Bars: ± 1 Standard Error(s) 5 2018 2019 2020 2021 I soggetti con un livello di maggiore disabilità (più fragili) all’inizio del primo lockdown hanno esibito un drastico peggioramento della condizione di dipendenza. Tale condizione non sembra essere ulteriormente evoluta nel periodo successivo, facendo ipotizzare che la riorganizzazione dei servizi sanitari e riabilitativi, anche mediante approcci di teleriabilitazione, possa aver sortito una efficacia L’ipotesi richiamata è meritevole di conferma mediante studi controllati su casistiche più numerose. REFERENCES 1. Negrini S, Grabljevec K, et al. “Up to 2.2 million people experiencing disability suffer collateral damage each day of COVID-19 lockdown in Europe.” Eur J Phys Rehabil Med. 2020 Jun;56(3):361-365. 2. Alvee Saluja, Jasmine Parihar, Divyani Garg, Rajinder K Dhamija “The impact of COVID-19 Pandemic on Disease Severity and Quality of Life in Parkinson’s Disease”. Ann Indian Acad Neurol Mar-Apr 2021;24(2):217-226. doi: 10.4103/aian.AIAN_1240_20. Epub 2021 Apr 5. 3. Hauser RA, Gordon MF, Mizuno Y, Poewe W, Barone P, Schapira AH, Rascol O, Debieuvre C, Fräßdorf M. Minimal clinically important difference in Parkinson’s disease as assessed in pivotal trials of pramipexole extended release. Parkinsons Dis. 2014;2014:467131. doi: 10.1155/2014/467131. Epub 2014 Apr 1. PMID: 24800101; PMCID: PMC3995302. 80 70 60 50 40 30 20 10 0 W W S W S Cell Bar Chart Split By: Worsening UPDRS II Error Bars: ± 1 Standard Error(s) Cell Bar Chart Split By: Worsening of UPDRS II Error Bars: ± 1 Standard Error(s) 20 18 16 14 12 10 8 6 30 25 20 15 10 p=.04 p=.002 2018 2019 2020 2021 2018 2019 2020 2021 4 2 00 W = WORSENED = UPDRS II 2020 score -UPDRS II 2019 score ≥ 4 S = STABLE = UPDRS II 2020 score -UPDRS II 2019 score < 4 CONCLUSIONI NMSS (Score)
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Correlazione clinica e neurofisiologica dell’efficacia della tossina botulinica in pazienti con spasticità post-ictus
49° CONGRESSO NAZIONALE SIMFER Correlazione clinica e neurofisiologica dell’efficacia della tossina botulinica in pazienti con spasticità post-ictus M.D’ASCANIO1) – N.CINONE (1) – S.SPINA(1) – – P.FIORE(2) – A.SANTAMATO(1) S.C. DI MEDICINA FISICA E RIABILITATIVA UNIVERSITARIA, OO.RR. DI FOGGIA, FOGGIA, ITALIA (1) S.C. DI MEDICINA FISICA E RIABILITATIVA E USU, IRCSS MAUGERI, BARI, ITALIA (2) Introduzione La chemodenervazione con BoNT-A rappresenta un trattamento di prima linea nella spa- sticità degli adulti. L’ampiezza del CMAP è una misura sensibile, diretta e dose-dipendente della inibizione della trasmissione neuromuscolare dopo somministrazione di BoNT-A, utilizzata per carat- terizzarne attività ed efficacia. Scopo dello studio è valutare l’effetto di Onabotulinutoxin A nel paziente cronico misurando il CMAP del bicipite brachiale e proponendolo quale stru- mento di follow-up nella presa in carico del paziente stabilizzato. Materiali e Metodi Sono stati valutati presso l’ambulatorio ReSTarT per i disordini del movimento 5 pazienti maschi affetti da spasticità post ictus dell’arto superiore in trattamento con BoNT-A da più di 2 anni, MAS dei flessori di gomito >2 e livello di ecogenicità Heckmatt < II. Sono state eseguite delle valutazioni seriate post inoculo di 100 U di tossina dilui- te in 2 cc di soluzione salina sterile al baseline (T0), ad 1 (T1), a 3 (T2),a 5 (T3) e a 10 settimane (T4) che includono la scala di Ashworth modificata a livello dei flessori di gomito e l’elettroneurografia per determinare l'ampiezza (picco-picco) di cMAP misurata in mV con stimolazione massimale al punto di Erb nella fossa sopraclavi- colare(frequenza di 1Hz). Risultati Dall’analisi dei dati si evince che il valore del CMAP diminuisce già dalla prima setti- mana con un picco di riduzione a 2 settimane (-4.35 mV) e graduale risalita (t3 -3.63 mV, t4 +1.93 mV) e in concordanza si ha altresì una riduzione della MAS che poi si mantiene costante fino al valore iniziale al t4. Conclusioni Dai dati preliminari il CMAP potrebbe figurarsi strumento oggettivo per monitorare la risposta neurofisiologica del paziente cronico con spasticità , affiancandolo alle misure di outcome già in essere per strutturare un progetto terapeutico individuale. Sono necessari ulteriori indagini per confermare tale proposta. Bibliografia Y. Torii, Y. Goto, M. Takahashi, M. Takahashi, S. Ishida, T. Harakawa, T. Sakamoto, R. Kaji, S. Kozaki and A. GinnagaQuantitative determination of biological activity of botulinum toxins utili- zing compound muscle action potentials (CMAP), and comparison of neuromuscular transmission blockage and muscle flaccidity among toxins. Toxicon, 55 (2–3) (2010), pp. 407-414, 10.1016/j.toxicon.2009.09.005 Jorge Jacinto, Pasquale Varriale, Emile Pain, Andreas Lysandropoulos,Alberto Esquenazi. Patient Perspectives on the Therapeutic Profile of Botulinum Neurotoxin Type A in Spasticity Front. Neurol., 17 December 2020 https://doi.org/10.3389/fneur.2020.00388 Turner-Stokes L, Ashford S, Fheodoroff K, Brashear A, Maisonobe P, Lysandropoulos A, et al. Time to retreatment with botulinum toxin A in upper limb spasticity management: upper limb international spasticity (ULIS)-III study interim analysis. Toxicon. (2019) 156:S110. doi: 10.1016/j.toxicon.2018.11.266
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Il ruolo della IAP nella stabilità del segmento lombo-pelvico quale fattore basilare per un movimento ottimale
49° Congresso Nazionale SIMFER LE RADICI DEL FUTURO IL RUOLO DELLA IAP NELLA STABILITÀ DEL SEGMENTO LOMBO-PELVICO QUALE FATTORE BASILARE PER UN MOVIMENTO OTTIMALE Bruno Conti 1, Franco Cosignani 1, Giorgio Meloni 2, Chiara Gambirasio 3, Gianni Mauri 4 1. Gruppo Multimedica, Dipartimento di Riabilitazione specialistica e neurologica, Milano (MI) 2. Orthesys Srl, Università Niccolò Cusano, Milano (MI) 3. Orthesys Srl, Politecnico di Milano, Milano (MI) 4. Presidente Fidal Lombardia (Comitato Regionale Federazione Atletica Leggera) INTRODUZIONE La pressione intra-addominale (IAP) è creata dalla contrazione del diaframma che genera una simultanea co-attivazione riflessa del trasverso addominale e dei muscoli del pavimento pelvico. È un meccanismo riflesso che agisce come risposta di stabilizzazione in anticipo sul movimento e rientra nelle strategie posturali di tipo feed- forward, che risultano in aggiustamenti posturali anticipatori (APA) volti a contrastare le perturbazioni all’equilibrio. L’aumento della IAP genera tensione sui muscoli del core che, di conseguenza, si irrigidiscono stabilizzando la colonna vertebrale. La letteratura scientifica mostra che un controllo della IAP favorisce una maggior stabilità lombo-pelvica (L/P), permettendo all’atleta di applicare le sue forze in modo più efficace, riducendo contemporaneamente il rischio di infortunio. MATERIALI E METODI Lo studio include 8 atleti sani, tesserati Fidal Lombardia, di età compresa tra gli 11 e i 14 anni. PROTOCOLLO La valutazione di ciascun soggetto si è svolta in due fasi: • Valutazione fisiatrica specialistica e test clinici • Esami strumentali per la quantificazione dei deficit motori e posturali Strumenti utilizzati per l’acquisizione di dati cinematici, cinetici ed elettromiografici: – Sensore inerziale – Sonde elettromiografiche di superficie – Pedane dinamometriche VALUTAZIONI ESEGUITE BAROPODOMETRIA STATICA E DINAMICA STABILOMETRIA SU PEDANA DINAMOMETRICA COUNTER MOVEMENT JUMP (CMJ) TEST DI FLESSO-ESTENSIONE DEL TRONCO ANALISI CINEMATICA PELVICA NEL CAMMINO DROP FALL TEST Disciplina sportiva N. atleti Marcia 4 Mezzofondo 1 Lanci 2 Salto triplo 1 ERETTORI SPINALI LATO SINISTRO LATO DESTRO TEMPO [s] CICLO [%] PICCO ANTERIORE PICCO POSTERIORE TEMPO DI PRE ATTIVAZIONE: 937 ms TEMPO DI PRE ATTIVAZIONE: 192 ms ORTOSTASI FASE DI SPINTA FASE DI ATTERRAGGIO RISULTATI DISCUSSIONE I risultati hanno evidenziato anomalie posturali dipendenti dalla specialità atletica praticata. Suddividendo i soggetti sulla base della specialità praticata, nei marciatori si è evidenziata l’assimilazione di un movimento basculante del bacino sui piani di movimento frontale e sagittale associato ad un’accentuata stabilizzazione in retroversione, atteggiamento posturale tipico del gesto atletico della marcia. Nel mezzofondo si è invece evidenziata una riduzione dell’atteggiamento retroversorio del bacino durante la fase di accettazione del carico tipica della maggior ampiezza di falcata e propulsione generata durante il gesto atletico della specialità. Nei lanciatori si riscontra una moderata rotazione del bacino in opposizione al senso di rivoluzione del gesto atletico associato ad accentuazione della stabilizzazione del blocco L/P. Nei saltatori si è infine riscontrata una marcata stabilizzazione sul piano sagittale del blocco L/P associato allo sviluppo di un moderato basculamento sul piano frontale, analogo all’atteggiamento assunto durante il movimento di caricamento del salto per ottimizzare l’assorbimento delle forze in fase di spinta. I risultati emersi evidenziano che la comprensione dello stato funzionale del core L/P, finalizzata a facilitare la produzione, il trasferimento, il controllo delle forze ed il movimento a segmenti terminali in catena cinetica integrata, è fondamentale per l’attività sportiva. Essendo il core centrale alla catena cinetica, il suo equilibrio e la sua motilità renderanno efficiente la funzione della catena cinetica degli arti superiori ed inferiori, favorendo altresì un repertorio di movimenti e reazioni posturali che coinvolgono gruppi di muscoli in segmenti corporei diversi che lavorano insieme alla costruzione di una data prestazione, coordinati in modo che un unico comando attivi la sequenza complessiva. BIBLIOGRAFIA – Wirth K, Hartmann H, Mickel C, Szilvas E, Keiner M, Sander A. Core stability in athletes: a critical analysis of current guidelines. Sports Med. 2017 Mar;47(3):401-414. – Hodges PW, Eriksson AE, Shirley D, Gandevia SC. Intra-abdominal pressure increases stiffness of the lumbar spine. Journal of Biomechanics, 38(9), 1873–1880. – Kibler WB, Press J, Sciascia A. The role of core stability in athletic function. Sports Med. 2006;36(3):189-98. FASE DI ATTERRAGGIO
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Presa in carico riabilitativa del paziente con esiti di ARDS da Sars Cov2. Esperienza di un Day Service di Riabilitazione Respiratoria.
Presa in carico riabilitativa del paziente con esiti di ARDS da Sars Cov2. Esperienza di un Day Service di Riabilitazione Respiratoria Falossi F, Ieri L, Cialdi B, Mikhaylova S, Boni M, Nelli R, Lange S, Bertuccelli L, Lombardi B SOC Medicina Fisica e Riabilitativa 2, PO Pescia, Azienda USL Toscana Centro Introduzione La sindrome da distress respiratorio acuta (ARDS) è una delle complicanze più severe nel paziente ricoverato per infezione da Sars Cov2. Questa condizione, che spesso necessita di supporto ventilatorio meccanico è accompagnata da alti bisogni riabilitativi sia nella fase acuta che nella fase post-acuta. I bisogni riabilitativi sono influenzati non solo dal coinvolgimento dei diversi organi o apparati ma anche dal livello premorboso del paziente e possono abbracciare diversi ambiti, come quello neuromotorio. Meno conosciuti sono a oggi le reali necessità riabilitative dei pazienti dopo queste fasi. Presso il Day Service di riabilitazione respiratoria di Pescia è attivo un ambulatorio multidisciplinare composto da fisiatra, fisioterapista, infermiere e pneumologo per la valutazione e trattamento dei pazienti post-Covid. Presentiamo due casi clinici, entrambi con esiti di ARDS da Sars Cov2 e il loro percorso riabilitativo, dalla fase acuta fino alla presa in carico all’interno del Day Service nelle fasi tardive come esempio di persistenza di bisogni riabilitativi sotto il profilo funzionale respiratorio nel medio periodo e di efficacia di un percorso riabilitativo Materiali e Metodi Caso clinico 1 Uomo di 63 aa, ex fumatore, affetto da ipertensione arteriosa, in ottimo stato funzionale. Da novembre ‘20 a gennaio ‘21 ricovero in TI per polmonite Covid correlata inducente grave insufficienza respiratoria con necessità di supporto ventilatorio meccanico, complicato da tachiaritmie e shock settico. Da gennaio a febbraio ‘21 trasferito in alta intensità riabilitativa respiratoria con buon recupero funzionale Valutazione iniziale c/o Day service Riab Respiratoria (19.02.21) •Barthel index : 100 •Sit to stand in 1min (STS1’): non eseguibile per ipostenia muscolare •Date indicazioni per l’esecuzione di esercizi a domicilio Dopo 20 gg •6’WT: percorsi 460m su predetto di 595m con Borg R 1, SpO2: 98-91%, FC: 58-126 •STS1’: eseguite 14 ripetizioni in 30” (25th) da altezza di 60 cm, Spo2 99%, Borg M e R 1 Trattamento riabilitativo: sedute bisettimanali con programma aerobico al treadmill alla velocità incrementale di 2,7/3Km/h con buon controllo dei parametri vitali, passando da 10’ a 30’ continuativi di attività Programma interrotto a fine marzo per caduta accidentale Valutazione finale dopo due settimane di STOP (09.04.21) •6’WT percorsi 480 m con due episodi di desaturazione (88 e 86%) •STS1’ (da altezza di 42 cm) eseguite 12 ripetute in 30”, SpO2 finale 90% Il trattamento riabilitativo è proseguito con un programma domiciliare Risultati Caso clinico 2 Donna di 69 aa, nessuna patologia di rilievo in anamnesi. Il 22.03.21 ricoverata per ARDS necessitante supporto ventilatorio e embolia polmonare, dimessa verso domicilio il 13.04 con O2 a 1L/min Valutazione iniziale c/o Day Service Riab Respiratoria (22.04.21) •Barthel Index: 100 •Motricità: lieve steppage durante la deambulazione a destra •mMRC: grado 4 •STS1’ (con O2 1L/min): completate 9 ripetute in 30“ (10th) e 16 in 1’, SpO2 97- 88%, FC 67-134, Borg M e R 3 •6’WT percorsi 360 m (predetto 413), SpO2 98-86%, FC 105-123 Trattamento riabilitativo: sedute bisettimanali con programma di ricondizionamento aerobico Valutazione finale (29.06.21): •mMRC: grado 0 •6’WT (in AA): percorsi 470 m, SpO2 97%, FC 85-105, Borg R1, Borg M0 •STS1’: eseguite 14 ripetute in 30”, 28 in 1’, SpO2 100-93%, FC 86-102 •Sospeso OTLT I casi clinici descritti mostrano la persistenza dei disturbi funzionali respiratori nel paziente con esiti di ARDS da Sars Cov 2 anche nel medio periodo. Il programma riabilitativo proposto, personalizzato in base ad una specifica valutazione funzionale iniziale ha mostrato una buona compliance da parte di entrambi i pazienti e si è rilevato efficace nel migliorare la tolleranza allo sforzo ed i disturbi funzionali Conclusioni I bisogni riabilitativi del paziente dopo infezione da Sars Cov 2 nel medio periodo sono ancora poco conosciuti. E’ importante eseguire un’attenta valutazione funzionale che comprenda l’aspetto respiratorio anche dopo la fase post acuta per garantire un’adeguata presa in carico e consolidare i risultati del trattamento riabilitativo nel medio periodo per prevenire possibili ricadute funzionali. L’approccio multidisciplinare resta ad oggi una scelta efficace per la corretta gestione degli esiti di ARDS da Sars Cov2 Bibliografia Belli S, Balbi B, Prince I, et al. Low physical functioning and impaired performance of activities of daily life in COVID-19 patients who survived hospitalisation. Eur Respir J 2020; 56: 2002096. Pancera S, Galeri S, Porta R, Pietta I, Bianchi L, Carrozza MC, Villafañe JH. Feasibility and Efficacy of the Pulmonary Rehabilitation Program in a Rehabilitation Center. Case report of a young patient developing severe covid-19 acute respiratory distress syndrome. Journal of Cardiopulmonary Rehabilitation and Prevention 2020;40:205-208. Curci C, Negrini F, Ferrillo M, Bergonzi R, Bonacci E, Camozzi Dm, Ceravolo C, De Franceschi S, Guarnieri R, Moro P, Pisano F, De Sire A. Functional outcome after inpatient rehabilitation in post-intensive care unit COVID-19 patients: findings and clinical implications from a real-practice retrospective study. European Journal of Physical and Rehabilitation Medicine 2021 Jan 04.
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Gli effetti psicologici e cognitivi dell’exergaming nel paziente con sclerosi multipla. Uno studio randomizzato controllato.
GLI EFFETTI PSICOLOGICI E COGNITIVI DELL’EXERGAMING NEL PAZIENTE CON SCLEROSI MULTIPLA. UNO STUDIO RANDOMIZZATO CONTROLLATO Giada Milani, Andrea Baroni, Nicola Schincaglia, Giulia Fregna, Alberto Simionato, Giulia Zani, Antonella Bergonzoni, Nino Basaglia, Sofia Straudi U.O di Medicina Riabilitativa – Dipartimento di Neuroscienze e Riabilitazione – Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara (Italia) INTRODUZIONE: Nella sclerosi multipla (SM) il danno infiammatorio a carico del sistema nervoso centrale determina un deficit nell’elaborazione propriocettiva compromettendo il controllo posturale e la capacità di mantenere l’equilibrio. Accanto al coinvolgimento motorio si attesta un deficit cognitivo, tipicamente di processazione mnesica, attenzione, concentrazione, funzioni esecutive e dual task. La Video Game Therapy propone un allenamento per la capacità di dual task in grado di attivare la componente cognitiva dell’apprendimento e potrebbe determinare un miglioramento nel controllo posturale, nell’attenzione divisa e nella deambulazione, offrendo allo stesso tempo un training motorio standardizzato e personalizzabile, fornendo feedback multisensoriali e garantendo un’elevata compliance nei pazienti. OBIETTIVO: Valutare l’efficacia della Video Game Therapy (VGT) nel funzionamento neuropsicologico e nella qualità di vita rispetto al trattamento standard su pedana di equilibrio (Balance Platform Therapy, BPT). RISULTATI Partecipanti Sono stati coinvolti 32 soggetti (27 femmine) con un’età media di 55 anni (± 9), EDSS punteggio di 4,4 (± 0,8). Per quanto riguarda il fenotipo di malattia, 17 erano recidivante-remittente, 9 primariamente progressiva e 4 secondariamente progressiva. La durata media di malattia era di 14 (± 10) anni. L’indice di riserva cognitiva, intesa come fattore protettivo contro i deficit neuropsicologici, si collocava nella media (110±17). Entrambi i pazienti sottoposti a trattamento VGT (n=15) e BPT (n=15) hanno completato con successo tutte le sessioni di esercizio senza eventi avversi o abbandoni. Entrambi i gruppi erano simili al basale per le caratteristiche demografiche e cliniche. Outcome clinici Qualità di vita Di seguito la VGT, si è evidenziato un miglioramento significativo nell’impatto della patologia sulla funzionalità fisica (MSIS_29_motoria, p= .043), nella capacità di deambulazione (MSWS-12, p=.003), e nell’impatto della fatica sulla vita della persona (MFIS, p =.010). Si denota un miglioramento anche nell’impatto della patologia nella prospettiva psicologica, sia nel gruppo VGT (MSIS_29_psico, p = .064) che nel gruppo BPT (MSIS_29_psico, p = .021), risultando significativo solo in quest’ultimo. Dopo BPT risulta significativo anche il miglioramento dell’impatto percepito relativo alla disabilità deambulatoria (MSWS-12, p =.044). Non si riscontrano differenze tra i due gruppi. Benessere psicologico Relativamente all’area psicologica, solo in seguito a VGT vi è una riduzione significativa nell’ansia di tratto e di stato. Relativamente alla sintomatologia depressiva, vi è un miglioramento significativo in entrambi i gruppi. Funzionamento neurocognitivo Non si riscontrano differenze significative in seguito al trattamento in entrambi i gruppi, sia per quanto concerne l’attenzione sostenuta (SDMT) che la capacità inibitoria (Stroop Test). Si riscontra una differenza significativa tra i due gruppi nel post-trattamento nell’accuratezza dello Stroop Test in dual task (p = .053). Nel sottogruppo che ha presentato una prestazione patologica in termini di tempi di reazione al task Go/no-go, il 9,89% nel gruppo VGT rispetto al -1,28% nel gruppo BPT ha normalizzato le proprie prestazioni dopo il trattamento. CONCLUSIONI Non si è riscontrata una differenza significativa tra il trattamento sperimentale con VGT e il trattamento convenzionale BPT. Tuttavia, in questo campione preliminare, possiamo ipotizzare un effetto positivo della VGT come training motorio multisensoriale, nel migliorare il funzionamento cognitivo e la qualità di vita intesa come benessere psicologico e fisico nella SM e nella disabilità moderata (EDSS<6). Da considerarsi l’accessibilità del trattamento, la replicabilità in ambiente domestico e il livello di gradimento manifestato dai pazienti durante le sessioni di allenamento. MISURE DI OUTCOMES PSICOLOGICI COGNITIVI FATICA E QUALITA' DI VITA Atti a evidenziare elementi di depressione o ansia: 1. Beck Depression Inventory – II 2. State Trait Anxiety Inventory Atti a valutare performance attentiva, interferenza cognitiva e velocità di elaborazione cognitiva: 1. Test of Attentional Performance 2. Stroop Color-Word Test 3. Symbol Digit Modalities Test Atti a valutare la percezione soggettiva di malattia (fatica mentale o fisica, limitazione nella deambulazione): 1. Multiple Sclerosis Impact Scale 2. Multiple Sclerosis Walking Scale 3. Modified Fatigue Impact Scale 1) uomini e donne con età compresa tra i 18 e i 60 anni 2) diagnosi di SM senza ricadute da almeno 3 mesi 3) deficit di equilibrio lieve o moderato (Timed Up and Go Test > 8.4s) 4) Kurtzke Expanded Disability Status Scale – EDSS <5,5 1) presenza di altre condizioni neurologiche con impatto motorio 2) Mini Mental State Examination – MMSE < 24 3) deficit visivo (daltonismo, deficit di acuità visiva) METODO: I pazienti eleggibili sono stati randomizzati in due gruppi, entrambi hanno sostenuto 12 sessioni di training della durata di un’ora, con frequenza di 3/settimana, per una durata complessiva di 4 settimane. La VGT è stata erogata attraverso la console X-Box 360 Kinect (Microsoft), utilizzando giochi che includono un’ampia gamma di movimenti, quali stepping, spostamento laterale del peso, salto, cammino in tutte le direzioni, estensione dell’arto superiore. La scelta del gioco utilizzato ha tenuto conto delle preferenze individuali del paziente. La BPT è stata erogata utilizzando una piattaforma d’equilibrio (Biodex Medical Systems) con esercizi di bilanciamento, allenamento del controllo posturale e spostamento del peso da un lato all’altro, con e senza feedback visivo. VGT BPT Bibliografia 1. Prosperini L, Sbardella E, Raz E, et al. Multiple sclerosis: white and gray matter damage associated with balance deficit detected at static posturography. Radiology. 2013;268(1):181-189. 2. Giazkoulidou A, Messinis L, Nasios G. Cognitive functions and social cognition in multiple sclerosis: An overview. Hell J Nucl Med. 2019;22 Suppl:102-110. 3. Mulder T, Zijlstra W, Geurts A. Assessment of motor recovery and decline. Gait Posture. 2002;16(2):198-210. Criteri di esclusione Criteri di inclusione
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Livello di attività fisica,qualità di vita e partecipazione in una coorte di pazienti cardiologici a 2 anni dal programma di riabilitazione cardiologica basata su esercizio aerobico supervisionato
LIVELLO DI ATTIVITA’ FISICA, QUALITA’ DI VITA E PARTECIPAZIONE SOCIALE IN UNA COORTE DI PAZIENTI CARDIOLOGICI A 2 ANNI DAL PROGRAMMA DI RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA BASATA SU ESERCIZIO AEROBICO SUPERVISIONATO Barboni Ilaria 1, Paoloni Lucia 2, Simoncelli Marina 2 , Capecci Marianna 1 1 Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica , Università Politecnica delle Marche, Ancona 2 UO Riabilitazione, Azienda ospedaliera Ospedali Riuniti Marche Nord, Fano, Italia INTRODUZIONE L’attività fisica regolare e l’esercizio fisico aerobico strutturato sono componenti fondamentali dei programmi di prevenzione primaria e secondaria di patologie cardiovascolari (1): parte imprescindibile dei programmi di riabilitazione cardiologica, riducono la mortalità, le riospedalizzazioni e l’ansia nei pazienti in esiti di sindrome coronarica acuta (1), migliorano la capacità funzionale e la qualità di vita nei pazienti con insufficienza cardiaca cronica (2) e apportano benefici simili nei pazienti valvulopatici (2). OBIETTIVI  MISURARE IL LIVELLO DI ATTIVITA’ FISICA, QUALITA’ DI VITA, PARTECIPAZIONE SOCIALE ED ATTIVITA’ VOCAZIONALI A 2 ANNI DAL CICLO DI RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA AMBULATORIALE EFFETTUATO PER UN EVENTO ACUTO  STUDIARE I FATTORI CORRELATI TRA LE VARIABILI DEMOGRAFICHE E DI CONTESTO MATERIALI E METODI Soggetti afferiti consecutivamente all’ambulatorio Riabilitazione Cardiologica dell’Azienda Ospedaliera Marche Nord (PO Fano) dal 1 gennaio al 30 giugno 2019 per effettuare un ciclo di fisioterapia mirato a recuperare la funzione globale e la resistenza allo sforzo dopo un evento acuto cardiologico sono stati arruolati e sottoposti ad una intervista telefonica mirata alla valutazione di:  LIVELLO DI ATTIVITA’ FISICA  QUALITA’ DI VITA  PARTECIPAZIONE SOCIALE ED ATTIVITA’ VOCAZIONALI Training 1) FASE DI RISCALDAMENTO (10’) 2) FASE DI CONDIZIONAMENTO AEROBICO (20-30’) 3) FASE DI RAFFREDDAMENTO (10’) 4) RILASSAMENTO E STRETCHING (5’) Esercizio fisico aerobico moderato supervisionato, su cicloergometro, con modalità continua per 30 minuti, ad intensità crescente (resistenza misurata in watt), mantenendo costante la FC allenante, secondo tolleranza ed a partire dai parametri ottenuti dal test da sforzo eseguito a T0. ETA’ GENERE DIAGNOSI (cardiopatia ischemica trattata con angioplastica o bypass aortocoronarico, esiti di cardiochirurgia per valvulopatia o chirurgia aortica, scompenso cardiaco recentemente riacutizzato) COMORBIDITA’ (CIRS) FRAZIONE DI EIEZIONE al reclutamento FUNCTIONAL INDIPENDENCE MEASURE (FIM) PARAMETRI DEL TRAINING (durata, intensità, Cumulated Work CW kJ (3) FREQUENZA CARDIACA E PRESSIONE ARTERIOSA A RIPOSO all’inizio (T0) e dopo 10 (T1) e 20 sedute (T2) GLOBAL PATIENT AND CLINICAL IMPRESSION SUL BENEFICIO al termine del trattamento ACQUISIZIONE DI DATI DALLE CARTELLE CLINICHE  62 PARTECIPANTI AL PROGRAMMA RIABILITATIVO Follow up a 2 anni  48 SOGGETTI HANNO RISPOSTO ALL’INTERVISTA TELEFONICA RISULTATI 1 gennaio-30 giugno 2019 28% 72% McGILL SCORE ATTIVI praticavano attività aerobica regolare prima dell’evento acuto NON ATTIVI 45% 55% ATTIVI praticano regolarmente attività fisica con livello adeguato secondo le raccomandazioni internazionali NON ATTIVI  La riabilitazione in fase post-acuta risultava efficace in termini di controllo di PA media (p=.0096) e FC (p=.0003) a riposo ed aumento del volume di  I soggetti attivi, rispetto agli inattivi: • avevano tollerato in acuto un incremento maggiore del volume di lavoro durante la riabilitazione (p=.02) • avevano percepito un miglior beneficio (p=.03) • al follow-up svolgevano più attività vocazionali (FAI; p=.01) • riferivano una qualità di vita migliore (EuroQoL; p=.0010) SHOULDER ROM lavoro tollerato durante il training (CW )(p<.0001). Paired t-test Hypothesized Difference = 0 Paired t-test Hypothesized Difference = 0 Interaction Bar Plot for EuroQoL-PUNTEGGIO GREZZO Effect: IPAQ.2 Error Bars: ± 1 Standard Deviation(s) Row exclusion: Confronti (imported).svd Mean Diff. DF ,833 49 2,933 24 ,533 24 t-Value ,399 2,815 ,550 t-Value -13,100 -6,515 -2,065 P-Value ,6917 ,0096 ,5877 P-Value <,0001 <,0001 ,0499 • erano meno depressi (p=.04) Effect: IPAQ.2 Mean Diff. DF 6,143 48 9,769 25 2,000 25 t-Value 3,862 3,899 1,290 P-Value ,0003 ,0006 ,2088 Interaction Bar Plot for diff cw t0 t1 PA media T0, PA media T1 PA media T0, PA media T2 PA media T1, PA media T2 FC rest T0, FC rest T1 FC rest T0, FC rest T2 FC rest T1, FC rest T2 60 Row exclusion: Confronti (imported).svd 50 40 30 20 10 0 Volume di lavoro 14 12 10 8 6 4 2 0 EuroQoL Paired t-test Hypothesized Difference = 0 CW T0 kJ, CW T1 kJ CW T0 kJ, CW T2 kJ CW T1 kJ, CW T2 kJ Mean Diff. DF -51,214 48 -61,416 24 -13,896 24 A TTIV O INA TTIV O A TTIV O INA TTIV O Cell Cell CONCLUSIONI  Il 55% dei soggetti cardiopatici presenta un livello di attività fisica adatto alla prevenzione secondaria a due anni dal training riabilitativo  L’elevato livello di attività fisica si associa a migliore qualità di vita, umore e partecipazione sociale. (1) – Pelliccia A, et al ESC Scientific Document Group. Eur Heart J. 2021 Jan 1;42(1):17-96. (2) – Agostoni P, et al. Linee Guida. G Ital Cardiol 2007; 8 (11): 681-731 (3) – Sire S. Eur Heart J. 1987 Nov;8(11):1215-20. BIBLIOGRAFIA Misure di outcome • INTERNATIONAL PHYSICAL ACTIVITY QUESTIONNAIRE (IPAQ) • EUROQoL 5D-5L • FRENCHAY ACTIVITY INDEX (FAI) Cell Mean Cell Mean
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The effect of transcranial direct current stimulation on post COVID-19 fatigue: a double blind, sham controlled exploratory study
The effect of transcranial direct current stimulation on post COVID-19 fatigue: a double blind, sham controlled exploratory study Benedetta Gaino 1,2 , Carolina Bregante 1,2 , Giulia Maggi 1,2 , Lucilla Vestito 1, Luca Puce 2 , Fabio Bandini 3 , Laura Mori 1,2 , Ilaria Pallecchi 4 , Amanda Vestito 5 , Lucio Marinelli 1,2 , Carlo Trompetto 1,2 1. Ospedale Policlinico San Martino IRCCS, Genoa, Italy 2. Department of Neuroscience, Rehabilitation, Ophthalmology, Genetics, Maternal and Child Health (DINOGMI), University of Genoa, Italy 3. UOC di Neurologia, Ospedale Villa Scassi, Asl 3 genovese, Genova, Italy 4. CNR-SPIN, Physics Department University of Genoa, Italy 5. Gastroenterology Unit, Department of Digestive Diseases, Ospedale Sant’Orsola-Malpighi, Bologna, Italy. INTRODUZIONE La fatica è uno dei più comuni sintomi sistemici non respiratori della sindrome Sars-Cov2 correlata. Persiste dopo la guarigione in circa il 53% dei pazienti, fino a 6 mesi dopo la risoluzione del quadro clinico. Il trattamento della fatica è spesso insoddisfacente. È dimostrato che la stimolazione transcranica a corrente continua (t-DCS) produce alcuni effetti terapeutici sulla fatica in pazienti con patologie cliniche (depressione) e neurologiche (SM). SCOPO DELLO STUDIO Questo studio esplorativo controllato in doppio cieco ha lo scopo di verificare se l’applicazione della t-DCS anodica in sedute ripetute migliori il sintomo fatica in pazienti in esiti di sindrome Sars-Cov2 correlata. MATERIALI E METODI Per questo studio sono stati reclutati 3 pazienti ricoverati per infezione da Sars-Cov2. Questi soggetti sono stati sottoposti a 5 sessioni consecutive giornaliere, dapprima con sham t-DCS, successivamente con altrettante sessioni di real t-DCS a corrente anodica sulla corteccia prefrontale dorso-laterale sinistra in modalità offline. Parametri di valutazione oggettivi:  Root Mean Square (RMS)  Frequenza mediana dello spettro di potenza del segnale elettromiografico (MDF). Acquisita su tre muscoli dell’arto inferiore sinistro durante l’esecuzione di un esercizio della durata di dieci minuti al cicloergometro ad intensità progressivamente crescente.  Frequenza cardiaca (FC) e saturazione (SpO2%). Valutate a riposo e dopo 1, 5 e 10 minuti di allenamento. Parametri di valutazione soggettivi:  Modified Fatigue Impact Scale (21-MFIS) Visual Analogue Scale for Fatigue (VAS-F). La fatica è stata misurata come variazione nel tempo dei valori di MDF e RMS, rappresentata graficamente come pendenza della regressione lineare di questi parametri vs. il tempo. Le differenze riscontrate statisticamente tra i valori di 21-MFIS, VAS-F, MDF e RMS al t0, t1 e t2 sono state valutate ricorrendo al test ANOVA ad una via per misure ripetute con livello di significatività p<0.05. RISULTATI Misure di tipo soggettivo: t1: dopo la stimolazione sham, abbiamo riscontrato una differenza significativa solo nel punteggio totale della 21-MFIS. t2: dopo la stimolazione real, abbiamo invece riscontrato differenze significative nel punteggio della VAS-F e nella FC sia a riposo che dopo 1, 5 e 10 minuti. Misure di tipo oggettivo: Non sono state osservate differenze statisticamente significative tra i valori di MDF e RMS al t0, t1 e t2. CONCLUSIONI I risultati preliminari ottenuti in un campione numericamente limitato di pazienti suggeriscono che il protocollo di tDCS anodica off-line applicato sulla DLPFC è scarsamente efficace nel ridurre la fatica post-COVID-19. La terapia della fatica resta quindi una sfida aperta. Futuri studi relativi agli effetti della tDCS sulla fatica COVID-19 correlata dovrebbero cercare di sviluppare nuovi protocolli sperimentali considerando di stimolare aree differenti, eseguendo un training online alla stimolazione, aumentando l’intensità di stimolazione ed il numero di sedute. BIBLIOGRAFIA 1, Acler M., Bocci T., Valenti D., Turri M., Priori A., & Bertolasi L. (2013) Transcranial direct current stimulation (tDCS) for sleep disturbances and fatigue in patients with post-polio syndrome. Restor Neurol Neurosci 31:661-8. 2, Greenhalgh T., Knight M., A'Court C., Buxton M., & Husain L. (2020) Management of post-acute covid-19 in primary care. BMJ 370:3026. 3, Vestito L., Rosellini S., Mantero M., & Bandini F. (2014) Long-term effects of transcranial direct- current stimulation in chronic post-stroke aphasia: a pilot study. Front Hum Neurosci.
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Gestione delle secrezioni in un paziente con lesione midollare e paralisi cordale bilaterale. qual è il ruolo di un expiratory flow accelerator? Un case report
Gestione non invasiva delle secrezioni in un paziente con lesione midollare e paralisi cordale vocali bilaterale. Qual è il ruolo di un expiratory flow accelerator? Un case report Roffredo Francesca1, Pizzorno Marco1, Bozzetto Franca2, Lippi Lorenzo3, Rossatto Stefania2, Francesco D’Abrosca3, Racca Fabrizio4, Perrero Luca2, Invernizzi Marco3’5 1 Riabilitazione Cardiorespiratoria, Dipartimento di Riabilitazione, Azienda Ospedaliera SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 2 Neuroriabilitazione, Dipartimento di Riabilitazione, Azienda Ospedaliera SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 3 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 4 Dipartimento di Anestesia e Rianimazione, Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 5 Medicina Traslazionale, Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione (DAIRI), Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria Figura 1. Tecnologia Expiratory Flow Accelerator Materiali e Metodi Introduzione Le complicanze respiratorie rappresentano la più frequente causa di morbilità e mortalità nelle lesioni midollari (LM) e colpiscono circa il 67% dei pazienti con LM. Il livello neurologico influenza il grado di compromissione della funzionalità respiratoria nel paziente con LM, con maggiore compromissione nelle lesioni più alte e complete (1). In particolare, le LM a livello dorsale possono compromettere la muscolatura intercostale (con innervazione da T1 a T12) e addominale (con innervazione da T7 a L2). L’inefficienza del meccanismo della tosse (PCF < 160 l/min) associata alla disregolazione del sistema nervoso autonomico può comportare un accumulo delle secrezioni che possono essere aumentate anche dalla eventuale presenza di cannula tracheostomica (2). In questo scenario, l’in-essuflazione meccanica (MI-E) è oggi la tecnica più diffusa per gestire le secrezioni bronchiali e prevenire le complicanze respiratorie in pazienti con LM. Tuttavia, la compliance al trattamento può essere influenzata da discomfort, distensione addominale, aggravamento del reflusso gastro esofageo, rischio di pneumotorace e collasso delle prime vie aeree. Più recentemente è stata introdotta la tecnologia EFA® (Expiratory Flow Accelerator) (Fig.1). Questo strumento permette di favorire l’interazione aria-muco e la risalita delle secrezioni bronchiali mediante l’effetto Venturi generato dal passaggio del flusso espiratorio attraverso una valvola che determina una modesta accelerazione del flusso, ma senza generare variazioni di pressione aggiuntive all’interno delle vie aeree (3). Tuttavia, ad oggi, non esistono studi a supporto di questo strumento nell’ambito della riabilitazione respiratoria del paziente con LM. Pertanto, l’obiettivo di questo lavoro è di presentare un caso clinico che suggerisce potenziali implicazioni della tecnologia EFA in pazienti con LM. Si riporta il caso di una donna di 62 anni in esiti di politrauma (novembre 2020), con diagnosi di paraplegia post-traumatica per frattura da scoppio del corpo vertebrale D6 (livello sensitivo T2), emorragia sub-aracnoidea ed ematoma subdurale frontale sinistro. Durante il ricovero in rianimazione la paziente è stata sottoposta a tracheostomia chirurgica e ventilazione meccanica. Inoltre, è stata eseguita una valutazione laringoscopica con evidenza di paralisi in adduzione delle corde vocali con lume residuo respiratorio gravemente ridotto. All’ingresso in unità spinale (febbraio 2021) la paziente presenta punteggio ASIA A livello T2, Barthel Index 1/20, Spinal Cord Independence Measure (SCIM) 10/100, cannula tracheostomica (Shiley 4 CFS I.D. 5) in respiro spontaneo senza supporto di ossigenoterapia. Il trattamento ha coinvolto un team multidisciplinare comprendente medico fisiatra, pneumologo, fisioterapista, logopedista e terapista occupazionale. Dal punto di vista respiratorio il programma riabilitativo comprendeva terapia medica con adrenergici respiratori in associazione con colinergici e steroidi inalatori (2volte/die), l’utilizzo di ventriera addominale, MI-E (+30/-30 cmH2O) minimo due volte al giorno e al bisogno. Nel percorso di svezzamento dalla cannula tracheostomica, l’utilizzo di MI-E, tramite maschera facciale, risultava scarsamente efficace per il precoce collasso delle alte vie aeree (adduzione delle corde vocali), motivo per il quale è stata proposta una strategia alternativa che sfrutta l’accelerazione del flusso espiratorio (EFA) tramite boccaglio, con frequenza biquotidiana, e durata di 20’. Risultati Alla prima spirometria eseguita con cannula tappata in data 29/06, la paziente presentava Capacità vitale forzata (FVC): 1,65 litri (54% del teorico). Si è introdotta quindi la terapia con EFA® per 8 giorni senza manifestazione di eventi avversi e con buona tolleranza del device da parte della paziente, determinando un graduale miglioramento nella gestione delle secrezioni. La paziente è stata pertanto rivalutata il 06/07 mostrando un FVC: 2,01 litri (66% teorico), con esito di alterazione ventilatoria restrittiva di moderata entità parzialmente reversibile. Considerando i risultati ottenuti nella stessa data è stata rimossa la cannula tracheostomica (Fig.2). Conclusioni Figura 2. Outcomes del trattamento con Expiratory Flow Accelerator Il caso preso in esame evidenzia come l’utilizzo della tecnologia EFA in paziente con LM e tracheostomizzato con ipomobilità in adduzione delle corde vocali possa presentare un alto profilo di sicurezza. La nostra esperienza suggerisce che questa tecnologia possa rappresentare una potenziale alternativa alla MI-E in pazienti affetti da LM selezionati. Sono necessari ulteriori studi per caratterizzare l’efficacia clinica di questo strumento in questi pazienti e valutarne il grado di autonomia e le strategie più efficaci per addestrare pazienti o caregiver con il fine di ottimizzare l’aderenza domiciliare a questo specifico trattamento. Bibliografia 1. Brown R, DiMarco AF, Hoit JD, Garshick E. Respiratory dysfunction and management in spinal cord injury. Respir Care. 2006 Aug;51(8). 2. Postma K, Bussmann J, Haisma J, van der Woude L, Bergen M, Stam H. Predicting respiratory infection one year after inpatient rehabilitation with pulmonary function measured at discharge in persons with spinal cord injury Journal of rehabilitation medicine 2009 Sep;41(9):729-33. 3. Belli S, Cattaneo D, D'Abrosca F, Prince I, Savio G, Balbi B. A pilot study on the non-invasive management of tracheobronchial secretions in tracheostomised patients. Clin Respir J. 2019 Oct;13(10):637-642.
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Valutazione clinica e funzionale mediante gait analysis standard e su pedana propriocettiva in pazienti affetti da gonartrosi mediale candidati all’intervento di osteotomia tibiale valgizzante
Leardini, A., Sawacha, Z., Paolini, G., Ingrosso, S., Nativo, R., et al. A new anatomically based protocol for gait analysis in children. Gait Posture 2007;26:560–571. Marcheggiani Muccioli GM, Fratini S, Cammisa E, Vaccari V, Grassi A, Bragonzoni L, Zaffagnini S. Lateral Closing Wedge High Tibial Osteotomy for Medial Compartment Arthrosis or Overload. Clin Sports Med 2019;38(3):375-386. VALUTAZIONE CLINICA E FUNZIONALE MEDIANTE GAIT ANALYSIS STANDARD E SU PEDANA PROPRIOCETTIVA IN PAZIENTI AFFETTI DA GONARTROSI MEDIALE CANDIDATI ALL’INTERVENTO DI OSTEOTOMIA TIBIALE VALGIZZANTE Berti Lab, Ruggeri Ma, Leardini Aa, Lullini Gc, Marcheggiani Muccioli Gab, Grassi Aa, Dal Fabbro Ga, Zaffagnini Sab, Belvedere Ca a) IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna b) Università degli Studi di Bologna C) IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche Bologna INTRODUZIONE L’osteotomia tibiale valgizzante può essere una valida alternativa all’artroprotesi totale di ginocchio in pazienti selezionati con articolazione non ancora del tutto compromessa. A tal fine, il candidato ideale è un paziente giovane (<65 anni di età) con osteoartrosi mediale isolata e buona mobilità senza instabilità legamentosa. La finalità di questo intervento consiste non solo nella riduzione del dolore, ma anche nel recupero della funzione con l’ottica di ripristinare il fisiologico asse di carico e di aumentare potenzialmente la longevità dell'articolazione del ginocchio nativa, nonché di ritardare i più possibile i processi degenerativi in atto. La precisa pianificazione preoperatoria combinata al protocollo rieducativo mirato sono fondamentali per il conseguimento di questi obiettivi terapeutici. Lo scopo di questo studio è quello di analizzare i risultati clinici e funzionali di un gruppo di pazienti affetti da gonartrosi mediale sottoposti ad osteotomia tibiale valgizzante, al follow-up di 6 mesi dall’intervento chirurgico. La gait analysis, condotta anche su pedane propriocettive, ha permesso una quantificazione oggettiva degli outcome funzionali dopo il percorso chirurgico e riabilitativo effettuato. Laboratorio di Analisi del movimento Cinematica cammino Gli score clinici hanno presentato netti miglioramenti nel post-operatorio. I parametri spazio-temporali non hanno mostrato differenze statisticamente significative. Per quanto riguarda i dati di cinematica l’intervento ha evidenziato una migliorata stabilità cinematica nel post-operatorio con minori deviazioni standard rispetto a quelle prima dell’intervento, sia nel cammino standard sia su pedana propriocettiva. L’analisi cinetica ha rivelato un andamento più fisiologico del momento al ginocchio sul piano frontale dopo la chirurgia. Nella valutazione dell’attività muscolare a carico dell’arto inferiore è emersa una riduzione delle co-contrazioni nella deambulazione post-operatoria, anche su pedana propriocettiva. Cinetica cammino EMG cammino Cinematica cammino su pedana propriocettiva Pre-Op =____ Post-Op= ______ Destro (lato operato) Sinistro CONCLUSIONI L’osteotomia tibiale valgizzante sembra mostrare buoni risultati clinici e funzionali nell’osteoartrosi mediale di ginocchio a seguito della precisa pianificazione chirurgica e del protocollo riabilitativo, come emerge dal miglioramento degli score clinici e dei parametri del cammino. La gait analysis, condotta durante deambulazione standard e su pedana propriocettiva, ha permesso una valutazione oggettiva sia della biomeccanica del ginocchio sia della prestazione motoria dell’intero arto inferiore, soprattutto in termini di asse di carico in dinamica e di controllo muscolare. BIBLIOGRAFIA . MATERIALI E METODI 25 pazienti (BMI<25; 40-65 anni) affetti da artrosi del ginocchio mediale e con varismo <20° sono stati selezionati per l'osteotomia tibiale valgizzante per correggere la deformità originaria. Sia nel pre- che nel post-operatorio, tutti i pazienti hanno ricevuto punteggio clinici (IKS, KOOS ed Eq-5D), valutazioni radiologiche (X-ray e CT) e strumentali del cammino. Allo stato attuale, 4 di questi pazienti sono stati rivalutati anche a 6 mesi dall’intervento chirurgico. L’analisi del cammino è stata eseguita durante la deambulazione sia sul pavimento standard, sia su una pedana propriocettiva Humantecar® MAT (Unibell, Lecco, Italia). Il sistema stereofotogrammetrico ad 8 telecamere (Vicon, Oxford, UK) e 2 piattaforme di forza (Kistler Instruments, Einterthur, Switzerland) sono stati impiegati mediante il protocollo IOR-Gait per ottenere parametri spazio-temporali, dati di cinetica e di cinematica, ed elettromiografia di superficie (EMG Cometa, Milano, Italia) per valutare l’attivazione di muscoli chiave dell’arto inferiore (bicipite femorale, retto femorale, vasto mediale, vasto laterale, gemello mediale e tibiale anteriore). . RISULTATI PRE-OP POST-OP PRE-OP POST-OP EMG cammino su pedana propriocettiva
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Fibromialgia: Mesoterapia con medicinali omeopatici versus farmaci allopatici
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA DIPARTIMENTO DI “RIABILITAZIONE, FRAGILITA’ E CONTINUITA’ ASSISTENZIALE” Direttore: Prof.ssa Giulia Letizia Mauro U.O.C. DI “RECUPERO E RIABILITAZIONE FUNZIONALE” Direttore: Prof.ssa Giulia Letizia Mauro Fibromialgia: Mesoterapia con medicinali omeopatici vs farmaci allopatici L.G. Tumminelli, A. Balbo, F. Vitagliani, M. Vecchio, G. Letizia Mauro INTRODUZIONE La fibromialgia (FM) è una malattia muscolo-scheletrica ad eziologia sconosciuta presente nel 2-4% della popolazione. È maggiormente diffusa tra le donne (90% dei casi) e può comparire a qualsiasi età, ma il picco si colloca tra i 40 e i 60 anni, con importanti ripercussioni sull’attività lavorativa e sul piano socio-affettivo. Tra le possibili cause vengono annoverate: alterazioni del rilascio dei neurotrasmettitori, ipersensibilizzazione del SNC, alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi, alterazioni nel rilascio di citochine pro- infiammatorie ed alterazioni dell’equilibrio tra sostanze ossidanti e anti-ossidanti. Caratteristica principale della FM è il dolore cronico diffuso, simile al dolore neuropatico per la clinica, la fisiopatologia e la neurofarmacologia. Il dolore interessa i muscoli, la cute, i legamenti, i tendini. Tra i distretti maggiormente coinvolti, il rachide cervicale rappresenta la sede più comune di dolore cronico nei pazienti fibromialgici, con episodi acuti e protratti di cervicalgia, associati a concomitanti stati di tensione muscolare. Una strategia terapeutica nei pazienti fibromialgici, con un ruolo sempre più emergente, è rappresentata dalla mesoterapia. La mesoterapia è una tecnica che tratta il dolore locoregionale tramite l’iniezione intradermica di farmaci o medicinali omeopatici, producendo così un effetto antalgico dato non solo dall’azione locale del medicinale, ma anche dall’effetto algogeno dell’ago che genera un’iperstimolazione delle sinapsi sensitive inibitorie e il blocco della progressione ascendente degli stimoli nocicettivi. Scopo dello studio è confrontare, su una popolazione di pazienti fibromialgici, l’efficacia clinica della mesoterapia mediante l’uso di medicinali omeopatici rispetto a quella con uso di farmaci, considerando i seguenti outcome: dolore, funzionalità e qualità di vita. MATERIALI E METODI Abbiamo condotto uno studio prospettico, monocentrico e randomizzato nel periodo di tempo compreso tra Maggio 2020 e Maggio 2021. Criteri di inclusione: età >18 anni; diagnosi di FM posta da un medico reumatologo o fisiatra; cervicalgia non associata a deficit neurologici e/o vascolari; fallimento di precedenti trattamenti con FANS. Criteri di esclusione: allergia ai farmaci utilizzati; pregresso trattamento con mesoterapia antalgica. Sono stati reclutati 28 pazienti, suddivisi in modo randomizzato in due gruppi: il primo gruppo, chiamato “A”, ha ricevuto un trattamento di 5 sedute di mesoterapia, ognuna ad un intervallo di 1 settimana dall’altra, utilizzando un’associazione di medicinali omeopatici (Arnica Compositum e Cuprum); il secondo gruppo, chiamato “B”, ha ricevuto un trattamento di 5 sedute di mesoterapia, ognuna ad un intervallo di 1 settimana, utilizzando un’associazione di farmaci (Tiocolchicoside e Lidocaina). I pazienti sono stati valutati al basale (T0) e dopo 2 settimane dall’ultima seduta di mesoterapia (T1). Durante la valutazione sono state somministrate scale di valutazione quali: NRS, Neck disability index (NDI), Fibromyalgia Impact Questionnaire (FIQ) ed il questionario SF-12. 8 6 4 2 0 NRS p>0,05 RISULTATI Sono stati reclutati 28 pazienti con un’età media di 49,3±7,21 anni, l’89.3% (n=25) donne e il restante 10.7% (n=3) uomini. A T1 si è ottenuto una riduzione del dolore secondo la scala NRS di 2,3 punti nel gruppo A (7,4±1,23 vs 5,1 ± 1,12) e di circa 2,5 punti nel gruppo B (7,5±1,45 VS 5 ± 1,08). Il punteggio della scala NDI a T1 ha mostrato cambiamenti significativi in entrambi i gruppi, con maggiori risultati osservati nel gruppo B (35,6±5,23 vs 19,3±3,41) rispetto al gruppo A (38,4±5,46 vs 22,3±4,54). Per quanto riguarda la scala FIQ, entrambi i gruppi hanno mostrato miglioramenti nel punteggio totale, con un plus di 5 punti per il gruppo A (55,7±7,68 vs 50,3±4,68) e di 7 punti per il gruppo B (56,4±5,78 vs 48,9±4,56). Tuttavia, le precedenti scale di valutazione non hanno evidenziato nessuna differenza statisticamente significativa tra i due gruppi (p>0,05). Il questionario SF-12 ha mostrato un miglioramento nella qualità della vita sia nel gruppo A (18,3±4,11 vs 33,1±2,41; p<0,05) che nel gruppo B (18,6±3,81 vs 29,3±3,01; p<0,05). Tuttavia solo i pazienti del gruppo B hanno avuto un miglioramento statisticamente significativo (33,1±2,41 vs 29,3±3,01; p<0,05). 58 56 54 52 50 48 46 44 Gruppo A T0 Gruppo B T1 50 40 30 20 10 0 40 30 20 10 0 Gruppo A T0 Gruppo B T1 NDI FIQ p>0,05 SF-12 p<0,05 Gruppo B p>0,05 Gruppo A Gruppo B T0 T1 CONCLUSIONI T0 T1 La gestione clinica del paziente con FM rimane ancora oggi oggetto di discussione. Nonostante il piccolo campione, i dati raccolti sottolineano l’efficacia della mesoterapia nella gestione della cervicalgia nei pazienti fibromialgici. L’utilizzo di medicinali omeopatici rappresenta una valida alternativa ai farmaci convenzionali, in particolare nei pazienti fragili o con pregresse reazioni avverse e allergie a farmaci. Sono tuttavia ancora necessari ulteriori studi per valutarne l’efficacia nel tempo. Bibliografia 1. Chinn S, Caldwell W, Gritsenko K. Fibromyalgia Pathogenesis and Treatment Options Update. Curr Pain Headache Rep. 2016 Apr;20(4):25. 2. Paolucci T, Bellomo RG, Centra MA, Giannandrea N, Pezzi L, Saggini R. Mesotherapy in the treatment of musculoskeletal pain in rehabilitation: the state of the art. J Pain Res. 2019 Jul 30;12:2391-2401. 3. The effect of topical arnica on muscle pain. Julie D Adkison 1, David W Bauer, Terence Chang Gruppo A
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Effetti dei trattamenti abilitativi precoci in terapia intensiva neonatale per il raggiungimento dell’autonomia alimentare nei neonati pretermine.
Effetti di trattamenti abilitativi precoci in terapia intensiva neonatale per il raggiungimento dell’autonomia alimentare nei neonati pretermine Ferrara Paola Emilia, Codazza Sefora, Di Polito Alessia, Del Vecchio Arianna, Ronconi Gianpaolo UOSD Degenza e Servizi di Riabilitazione Fondazione Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”, Università Cattolica del Sacro Cuore , Roma. Introduzione I neonati pretermine sono ad alto rischio di manifestare difficoltà all’alimentazione per la loro stessa immaturità. I progressi in ambito della terapia intensiva neonatale hanno consentito la sopravvivenza di neonati sempre più prematuri che richiedono lunghi tempi di degenza. La maggiore immaturità rappresenta, infatti, un maggior rischio di patologia multi organo legata all’ ipo-sviluppo neonatale Spesso il ritardo di acquisizione della suzione autonoma rappresenta un di ritardo della dimissione. Si stima che il 30-40% dei neonati pretermine mostra difficoltà alimentari determinate da una coordinazione efficace tra suzione e deglutizione. In letteratura sono stati proposti trattamenti abilitativi con facilitazioni orali e periorali per il raggiungimento dell’autonomia alimentare con risultati discordanti. L’obiettivo di questo studio randomizzato controllato è di valutare gli effetti di un trattamento abilitativo precoce nei neonati pretermine con età gestazionale (EG) <32 settimane e peso alla nascita (PN) < 1500g sulla durata della degenza e sui tempi di raggiungimento dell’autonomia alimentare (FOF: Food oral feeding) con una suzione efficace valutata con la scala di misura POFRAS (Preterm Oral Feeding Readiness Assessment Scale) all’inizio del trattamento e ogni settimana di degenza fino alla dimissione Materiali Lo studio randomizzato controllato è stato effettuato presso il reparto di terapia intensiva neonatale del Policlinico Gemelli da gennaio 2016 a luglio 2017. I criteri di inclusione sono stati EG <32 settimane e PN < 1500g Sono stati esclusi i neonati con malformazioni congenite e sindromi genetiche. Dopo la nascita i neonati, dopo consenso informato dei genitori sono stati randomizzati in un gruppo di studio (GS) sottoposto a trattamenti abilitativi precoci e un gruppo di controllo (GC) sottoposto alle cure usuali. Dopo la valutazione fisiatrica le fisioterapiste, trattavano i neonati del gruppo di studio, con uno specifico protocollo standardizzato di facilitazioni orali e periorali di 3 volte al giorno della durata di 6-7 minuti per ciascun neonato, per 6 giorni a settimana, dal giorno successivo alla nascita al giorno di raggiungimento dell’autonomia alimentare, intesa come la capacità di assumere i pasti tramite suzione. L’elaborazione statistica è stata fatta in cieco e Metodi Risultati Sono stati reclutati 105 neonati (maschi/femmine= 46/ 59), distinti nel gruppo di studio (n. 53; EG: 28.8 ± 2.2 settimane) e nel gruppo di controllo (n. 52; EG 29.5 ± 2.0 settimane), risultati omogenei al baseline. L’autonomia alimentare orale è stata raggiunta significativamente prima nel gruppo di studio, 35,4 ± 2,8 giorni (media ± ds), che nel gruppo di controllo, 36,7 ± 3,4 (media ± ds), con p level =0.013. Non sono risultate differenze significative tra i due gruppi per quanto riguarda i giorni di degenza, 61,7 ± 45,8 (media ± ds) per il gruppo di studio e 62,1 ± 47,1 (media ± ds) per il gruppo di controllo ( p level 0.87). Non ci sono differenze significative nei punteggi POFRASS Conclusioni Alcuni studi suggeriscono che le facilitazioni orali migliorano la capacità dei neonati pretermine di alimentarsi autonomamente con una suzione e una deglutizione efficace. Pochi studi, come il nostro, riguardano i neonati con età gestazionale inferiore a 32 settimane che iniziano la riabilitazione precocemente, il giorno successivo alla nascita. I risultati mostrano come ci sia una differenza significativa nel numero di giorni necessari al raggiungimento dell’autonomia alimentare che risultano più precoce nel gruppo di studio, anche se questo non influenza la durata della degenza che dipende da molti fattori, relativi alle comorbidità dei neonati ed alle possibili complicanze e infezioni intercorrenti, tipiche della prematurità e di un ambiente di terapia intensiva Bibliografia 1 2. Fujinaga CI1, de Moraes SA, Zamberlan-Amorim NE,et al Clinical validation of the Preterm Oral Feeding Readiness Assessment Scale. Rev Lat Am Enfermagem 2013; 21 Spec No: 140-5. 3 3. Greene Z, O'Donnell CP, Walshe M. Oral stimulation for promoting oral feeding in preterm infants. Cochrane Database Syst Rev 2016 20; 9. 1 . Fucile S., Milutinov M.et al. Oral Sensorimotor Intervention Enhances Breastfeeding Establishment in Preterm Infants. Breastfeed Med 2018; 13 (7):473-478. 4
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Evidenze dalla pratica clinica della gestione del paziente ambulatoriale con gonartrosi
Evidenze dalla pratica clinica , della gestione del paziente con gonartrosi sul territorio. Codazza Sefora, Ferrara Paola Emilia, Ronconi Gianpaolo UOSD Degenza e Servizi di Riabilitazione Fondazione Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”, Università Cattolica del Sacro Cuore , Roma. Figura 1 Introduzione La gonartrosi è la forma più comune di osteoartrosi, con una prevalenza dei sintomi maggiore dopo i 50 anni ed è la patologia per la quale viene prescritto il maggior numero di farmaci e prestazioni sanitarie. L’obiettivo dei trattamenti è quello di ridurre l’impatto sulla disabilità del paziente, sul fabbisogno di antidolorifici e sul precoce ricorso all’intervento chirurgico di protesizzazione. Nella fase acuta il trattamento prevede la somministrazione di FANS o paracetamolo per via orale o, nei casi più gravi o non responsivi alla terapia farmacologica, l’utilizzo delle infiltrazioni di corticosteroidi e/o acido ialuronico associati a fisioterapia. Nella fase cronica è importante identificare una strategia terapeutica efficace nel diminuire l’incidenza delle riacutizzazioni o la cronicizzazione dell’osteoartrosi e definire interventi con programmi riabilitativi specifici, SYSADOA e modifiche dello stile di vita (calo ponderale, attività fisica, ergonomia articolare). L’obiettivo di questo studio osservazionale prospettico multicentrico è stato quello di confrontare la reale gestione ambulatoriale del paziente con gonartrosi, con le indicazioni delle linee guida internazionali. Una formazione FAD a distanza ha consentito di coinvolgere molteplici colleghi sul territorio nazionale ( Figura 1 ) nel processo di raccolta dati. Materiali e Metodi Hanno partecipato allo studio 155 medici della medicina ambulatoriale (specialisti e medici di base) dal 15 ottobre 2020 al 15 luglio 2021, 67 hanno completato la raccolta dati (Figura 1). Sono stati arruolati complessivamente 2656 pazienti (tabella 1) affetti da gonartrosi. I dati raccolti relativi alla gonartrosi sono il grado radiologico secondo la scala Kellegren Lawrence (KL), il dolore (VAS) , il deficit della deambulazione e nelle attività di vita quotidiana (Geriatric Locomotive Functional Scale-GLFS), i dati dell’esame clinico locale (edema, termotatto, articolarità), la terapia farmacologica in corso o pregressa di tipo antinfiammatorio, antidolorifica, con SYSADOA, infiltrativa locale o con la fisioterapia . Risultati I risultati preliminari mostrano che l’età media dei pazienti affetti da gonartrosi è di 67,2 ± 11,7 (ds) di cui il 45.2% uomini, il 54,8% donne; BMI 26,4 ± 3,8. 776 pazienti presentavano grado II KL (Grafico 1), 608 pazienti erano di grado III KL. 1238 pazienti avevano un dolore moderato (47), 623 lamentavano dolore severo (810), i restanti avevano dolore inferiore a 4. Alla valutazione dell’articolarità, la flessione media era di 92,6 ± 35,8 gradi (media e ds) con deficit medio dell’estensione di 3,84 ± 14,8 gradi (media e ds). Il punteggio medio della GLFS è di 9.4 ± 4.4 (media e ds). In questa popolazione è stato stabilito il punteggio di 6 come cut-off per distinguere gli individui con alterazioni della funzionalità locomotoria. Il 53% della popolazione effettuava fisioterapia, il 56% ha assunto farmaci (88% FANS e paracetamolo, 22% SYSADOA). Il 52% è stato sottoposto a trattamenti infiltrativi articolari. Nelle figure sono illustrati i grafici con i numeri di riferimento al questionario, dei rispettivi items. Grafico 1: grado della gonartrosi Kellegren Lawrence Conclusioni In accordo con le linee guida ESCEO, l’eterogeneità dei dati finora raccolti mostra la necessità di attuare percorsi di medicina personalizzata secondo algoritmi definiti individuando nelle raccomandazioni i cardini dei trattamenti farmacologici, infiltrativi, fisioterapici, di modifiche di stile di vita, fino all’indicazione chirurgica protesica. Bibliografia . Kohn MD, Sassoon AA, Fernando ND. Classifications in Brief: Kellgren-Lawrence Classification of Osteoarthritis. Clin Orthop Relat Res. 2016 Aug;474(8):1886-93. doi: 10.1007/s11999-016-4732-4. Epub 2016 Feb 12. PMID: 26872913; PMCID: PMC4925407. Kobayashi T, Morimoto T, Shimanoe C, Ono R, Otani K, Mawatari M. Development of a simple screening tool based on the 5-question geriatric locomotive function scale for locomotive syndrome. J Orthop Sci. 2021 Jun 2:S0949- 2658(21)00154-8. doi: 10.1016/j.jos.2021.05.001. Epub ahead of print. PMID: 34090778. Bruyère O, et al An updated algorithm recommendation for the management of knee osteoarthritis from the European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis, Osteoarthritis and Musculoskeletal Diseases (ESCEO).Semin Arthritis Rheum. 2019 Dec ;49(3):337-350. doi: 10.1016/j.semarthrit.2019.04.008. Epub 2019 Apr 30. PMID: 31126594 1
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Lesioni midollari e infezioni in fase acuta: non solo batteri
Lesioni midollari e infezioni in fase acuta: non solo batteri Manuela Desilvestri1, Lorenzo Lippi2, Fabrizio Racca3, Luigi Di Matteo4, Manuela Marchioni1, Omar Mura4, Andrea Rocchetti4, Marco Invernizzi2,5, Luca Perrero1 1 Neuroriabilitazione, Dipartimento di Riabilitazione, Azienda Ospedaliera SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 2 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 3 Dipartimento di Anestesia e Rianimazione, Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 4 Laboratorio di Microbiologia, Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria 5 Medicina Traslazionale, Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione (DAIRI), Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria Introduzione La Rhodotorulosis è un’infezione causata dal genere Rhodotorula, un basidiomiceto strettamente imparentato con i generi Sporobolomyces e appartenente all’ordine Sporidiobolales [1]. La Rhodotorula è considerata un patogeno opportunista che può colpire pazienti immunocompromessi come i pazienti con AIDS o cancro, in presenza cateteri venosi centrali (CVC) o altre porte di infezione. [2]. Tra tutte le specie di Rhodotorula, la Rhodotorula mucilaginosa è la causa più diffusa di Rhodotorulosi [1, 2]. Tuttavia, ad oggi, non sono stati precedentemente documentate infezioni sistemiche da questo patogeno in pazienti immunocompetenti. Al contrario, recenti evidenze hanno suggerito come una lesione midollare (LM) possa determinare effetti sul sistema immunitario. In particolare, una recente revisione della letteratura ha sottolineato come il livello di LM possa rappresentare un fattore determinante nelle modificazioni della risposta immunitaria del paziente mieloleso [3]. Qui presentiamo il primo caso documentato in letteratura di fungemia causata da R. mucilaginosa in un paziente considerato immunocompetente affetto da LM. Materiali e Metodi Nel marzo 2019 un uomo di 52 anni è stato ricoverato in terapia intensiva dell’ospedale di Alessandria in seguito ad un grave politrauma della strada con fratture somatiche di C7-D1-D2-D3-D8-D9 e lesione midollare (LM) con conseguente tetraplegia. Il paziente aveva inoltre riportato una frattura esposta di femore sinistro, caviglia dx e branca ischiopubica dx. La sua anamnesi patologica remota era negativa per comorbidità rilevanti. Al 23°giorno dal ricovero in terapia intensiva il paziente ha sviluppato febbre. Sono stati pertanto eseguiti esami di laboratorio e 2 set di emocoltura per batteri e funghi: un set per il sangue periferico e un set dal catetere venoso centrale rimosso (CVC) per escludere infezione da catetere. È stata inoltre eseguita una radiografia del torace. Risultati Gli esami di laboratorio hanno rilevato conta leucocitaria (WBC) 8290/mmc (neutrofili 81%), emoglobina 9,5 g/dl, PLT 286000/mmc, proteina C-reattiva 3,62 mg/dl, procalcitonina 0,18 ng/ml, fibrinogeno 668 mg/dl, creatinina 1,19 mg/dl, urea 125 mg/dl, INR 1,24. La radiografia del torace non mostrava lesioni polmonari attive. Dopo 72 ore di incubazione delle emocolture, il set periferico è risultato positivo. I campioni positivi sono stati esaminati mediante colorazione di Gram, evidenziando la presenza di un lievito. L’osservazione microscopica ha deposto verso un genere Sporobolomyces. Immediatamente è stato eseguito un sistema PCR multiplex per l’identificazione dell’emocoltura (FILMARRAYTM BCID Panel Biomerieux) a conferma dell’assenza di candidemia. I terreni selettivi per i funghi sono stati utilizzati per l’isolamento del microrganismo. Il paziente ha iniziato un trattamento antimicotico empirico con Voriconazolo 6 mg/kg due volte al giorno come dose di carico nel primo giorno e poi a 4 mg/kg due volte al giorno. L’isolato fungino è stato identificato da un sistema automatizzato (Sistema Vitek2, bioMerieux) con identificazione di Rhodotorula mucilaginosa al 95%. Infine, la tipizzazione fungina ha permesso di identificare Rhodotorula mucilaginosa. Per valutare la concentrazione minima inibente (MIC) degli agenti antifungini sono stati eseguiti due test di sensibilità come istruzioni del produttore: (ETEST® bioMerieux) e (Thermo ScientificTM SensititreTM YeastOneTM YO10 AST Plate) rispettivamente. L’esame ha rivelato la sola sensibilità per amfotericina B (MIC 0,50 mg/L) e 5-flucitosina (MIC ≤ 0,06 mg/L) (Figura 1 e 2). Il trattamento con Voriconazolo è stato modificato con AMBISONE per 14 giorni. Il paziente ha risposto al trattamento e le successive emocolture sono risultate negative per i patogeni. Figure 1. Susceptibility testing to amphotericin B and Posaconazole. Negli ultimi anni la Rhodotorula è stata sempre considerata come un patogeno opportunista in pazienti immunocompromessi come malati di AIDS e/o i malati oncologici. Sebbene il paziente presentato in questo caso clinico non riportasse in anamnesi alcuna patologia che suggerisse immunodepressione, si pensa che il CVC e il trattamento con antibiotici ad ampio spettro possano essere due importanti fattori di rischio per l’infezione di Rhodotorula. Inoltre, è stato recentemente riportato come la LM possa avere implicazioni nella regolazione della risposta immunitaria con recenti studi che sostengono che il livello di lesione possa influenzare la risposta infiammatoria. Sebbene non siano ancora stati del tutto chiariti i meccanismi alla base dell’alterazione della risposta immunitaria, questo case report suggerisce come LM cervicali potrebbero alterare la suscettibilità a specifici microrganismi. Pertanto, alcuni patogeni opportunisti potrebbero essere considerati nella diagnosi differenziale di setticemia in pazienti con LM. Conclusioni Figure 2. Susceptibility for amphotericin B and 5-Flucytosine (Sensititre YO10 AST Plate). Bibliografia 1. Miceli MH, Díaz JA, Lee SA. Emerging opportunistic yeast infections. Lancet Infect Dis. 2011 Feb;11(2):142-51. doi: 10.1016/S1473-3099(10)70218-8. 2. Ioannou P, Vamvoukaki R, Samonis G. Rhodotorula species infections in humans: A systematic review. Mycoses. 2019;62:90–100. https://doi.org/10.1111/myc.12856. 3. Popovich P, McTigue D. Damage control in the nervous system: beware the immune system in spinal cord injury. Nat Med. 2009 Jul;15(7):736-7. doi: 10.1038/nm0709-736.
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IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI TERRITORIALI NELLA GESTIONE DELLA CRONICITÀ DELL’ICTUS: L’ESPERIENZA DI A.L.I.CE. PIACENZA
IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI TERRITORIALI NELLA GESTIONE DELLA CRONICITÀ DELL’ICTUS: L’ESPERIENZA DI A.L.I.CE. PIACENZA 1G. Rocca, 2R. Antenucci 1Neuropsicologo, R&R Neuromodulation lab Piacenza, A.L.I.Ce. Piacenza. 2Medico Fisiatra, A.L.I.Ce. Piacenza INTRODUZIONE Nella provincia di Piacenza ci sono ca. 650 casi di Ictus/anno con incidenza di 250/100.000 abitanti, con aumento a 350 considerando le recidive. L’ictus è la prima causa di disabilità, la seconda causa di morte dopo i 65 anni e la seconda causa di demenza, circa 1/3 dei pazienti perde l’autonomia . Inoltre 1/3 va incontro a depressione con segni fisici legati ad essa: stanchezza, disturbi del sonno, di concentrazione, dell’appetito, apatia. La depressione post-ictus aumenta il rischio di morte a breve e lungo termine, ed è fattore prognostico sfavorevole sullo stato funzionale peggiorando la qualità di vita. L’organizzazione di volontariato A.L.I.CE. ONLUS nasce ad Aosta nel 1997 grazie al neurologo Dr. G. D’Alessandro, sensibile alle sofferenze provocate dall’ictus e alle conseguenze sul paziente e i suoi familiari. Nel 2004 nasce la Federazione A.L.I.CE. ITALIA Onlus cui aderiscono le Associazioni Regionali che rappresentano le realtà territoriali tra cui Piacenza. Le Associazioni Regionali, autonome e indipendenti nelle loro attività, collaborano a raggiungere comuni obiettivi nazionali. Tutte hanno lo scopo di migliorare la qualità della vita delle persone colpite da ictus, dei loro familiari e delle persone a rischio. La sezione di Piacenza, nata nel 2005, si occupa di prevenzione con iniziative di screening dei fattori di rischio (misurazione PA, glicemia, colesterolo, doppler TSA) e di informazione mediante conferenze e congressi. L’attività in sede si svolge con incontri settimanali di due ore ciascuno e comprende: Stimolazione cognitiva / Attività fisica adattata / Logopedia / sostegno Psicologico / Incontri informativi educazionali / Attività di prevenzione e sensibilizzazione. Durante l’anno si organizzano inoltre attività collaterali anche fuori sede. Gli obiettivi sono: Mantenere attivo il residuo funzionale, Ridurre l’isolamento favorendo la socializzazione, Condividere e gestire gli stati d’animo, Sostegno ai familiari e caregiveers (alleggerimento del carico assistenziale, interventi di psico-educazione, aiutare a gestire le sindromi comportamentali), Dare informazioni utili di diversa natura (prevenzione, orientamento sanitario, servizi), Favorire l’adattamento ed il ritorno ad un buon livello di qualità della vita percepita. CONCLUSIONI OBIETTIVO Per comprendere l’efficacia delle attività dell’Associazione si è effettuata una rilevazione dell’impatto percepito sulla qualità della vita tramite un questionario sottoposto sia ai pazienti sia ai caregivers. MATERIALE METODI Il campione era di 25 soggetti con esiti d’ictus (di cui 9 afasici) + 10 caregivers, età tra 52-82 con media: 73,23, 13 M e 12 F, con anni di frequenza nell’associazione tra 0 e 7. Indagate 5 aree: Motoria (passo, equilibrio, forza/resistenza), Cognitiva (memoria, attenzione, linguaggio), Umore, Relazione coi caregivers, Impatto generale sulla qualità della vita. RISULTATI Tutte le aree hanno evidenziato alti punteggi, il benessere psicologico è risultato quello più elevato (4,05). Nel gruppo pazienti afasici il punteggio relativo al miglioramento della qualità di vita è risultato più alto di quello del linguaggio. Confrontando gli aspetti cognitivo/motori e quelli psicologici rispetto alla variabile tempo (< 1 anno, 1- 5 anni, > 5 anni) emergono valori migliori per i primi in chi frequenta l’Associazione da meno di un anno, mentre negli aspetti psicologici i punteggi sono più elevati tra chi la frequenta da oltre 1 anno e si mantiene tale anche tra chi è presente da oltre 5 anni. Nelle risposte dei familiari/caregivers il miglioramento è più evidente negli aspetti psicologici rispetto ai cognitivo-motori, mentre nella variabile tempo i miglioramenti maggiori nelle componenti cognitivo-motorie sono nei pazienti presenti da oltre 5 anni rispetto a quelli di 1 anno e vi è un lieve maggior valore negli aspetti psicologici tra i maggiori di 5 anni. Elevato il voto globale dato al gradimento relativo alla frequentazione dell’Associazione (4,67/5).caregivers, Impatto generale sulla qualità della vita. Il modello delle attività dell’associazione A.L.I.Ce. Piacenza, ha mostrato un impatto positivo sulla qualità della vita dei pazienti con esiti d’ictus partecipanti. I principali miglioramenti si sono mostrati nell’area del benessere psicologico, ma emergono benefici anche nel mantenimento/recupero parziale dei deficit residui motori, cognitivi e di linguaggio. I servizi offerti sono risultati utili anche per alleviare il carico assistenziale dei familiari/caregivers e sostenerli sia psicologicamente sia per una miglior gestione domiciliare del paziente. E’ auspicabile che modelli di intervento di questo tipo, ecologici, sostenibili e a forte valenza positiva sul tessuto sociale, vengano replicati su tutto il territorio nazionale, in stretta collaborazione e integrati ai servizi previsti e già esistenti, al fine di produrre un benessere maggiore per questa grande fascia fragile di popolazione, facilitando il percorso di adattamento e raggiungimento del miglior livello di qualità della vita possibile. Bibliografia 1) Regione Emilia Romagna: https://salute.regione.emilia-romagna.it/assistenza-ospedaliera/ictus 2) Ministero della Salute: https://www.salute.gov.it/portale/salute/p15.jsp?id=28&area=Malattie _cardiovascolari 3) Sturm JW, Donnan GA, Dewey HM, Macdonell RA, Gilligan AK, Srikanth V, Thrift AG: “Quality of life after stroke: the North East Melbourne Stroke Incidence Study (NEMESIS)” – Stroke 2004; 35: 2340-2345. Epub 2004 Aug 26
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UTILIZZO CONTEMPORANEO DI ABOBOTULINUMTOXIN A (DYSPORT) E ONABOTULINUMTOXIN A (BOTOX) NELLA SPASTICITÀ: UN AZZARDO TERAPEUTICO?
UTILIZZO CONTEMPORANEO DI ABOBOTULINUMTOXIN A (DYSPORT) E ONABOTULINUMTOXIN A (BOTOX) NELLA SPASTICITÀ: UN AZZARDO TERAPEUTICO? 1R. Antenucci, 2M. Ferrari, 3P. Fumi, 4S. Gazzola 1Medico Fisiatra Piacenza 2Medico Geriatra, Specialista in Endocrinologia, Nucleo GRADA – CRA Casa San Giuseppe, EDOS, Piacenza 3Fisioterapista Nucleo GRADA – CRA Casa San Giuseppe, EDOS, Piacenza 4Terapista della riabilitazione Nucleo GRADA – CRA Casa San Giuseppe, EDOS, Piacenza INTRODUZIONE La tossina botulinica è una sostanza prodotta in natura dal batterio Clostridium botulinum, che è implicato nel botulismo alimentare. Nell’uso clinico terapeutico la sostanza è prodotta in laboratorio e somministrata in piccolissime dosi per il trattamento di numerose patologie non solo neurologiche. Negli studi clinici sono impiegati tipi differenti di tossina (A,B,C,D,E,F,G) provenienti da ceppi di Clostridium botulinum diversi, con potenza molto differente e identico meccanismo d’azione. Il sierotipo A è prodotto da due industrie farmaceutiche, americana (Botox, ditta Allergan) e britannica (Dysport, ditta Ipsen). L’inoculazione di tossina equivale funzionalmente ad una denervazione localizzata del muscolo cui segue una reinnervazione che dal punto di vista clinico si manifesta con il ripristino delle condizioni pretrattamento. Dopo iniezione occorrono da 3 a 21 giorni per l’effetto terapeutico che tuttavia tende poi a regredire con la ricomparsa dei sintomi dopo 3-4 mesi (ma talvolta l’effetto permane per molti mesi) poiché le strutture bersaglio della tossina, riacquistano lentamente la loro condizione pretrattamento. OBIETTIVI Verificare la sicurezza e l’efficacia derivata dalla contemporanea somministrazione di abobotulinumtoxin A (Dysport) e onabotulinumtoxin A (Botox) nella spasticità. Bibliografia MATERIALI E METODI Paziente di 56 anni con esiti emiparesi sinistra giovanile post-TCE e recente diagnosi di Sclerosi Multipla secondaria progressiva, Ospite del Nucleo Grave Disabilità Acquisita di una struttura protetta. L’obiettività mostrava reclutamento attivo parziale per elevazione spalla, flessione gomito e mobilità dita, presente spinta del quadricipite, marcato ipertono in pattern flessorio all’AS ancora riducibile passivamente, clono inesauribile alla T-T; all’emisoma destro buon reclutamento attivo AS, ipostenia AI con modesto ipertono locale e clono inesauribile alla T-T, presente riflesso triplice flessione agli AAII; parziale controllo del tronco da seduto, completa dipendenza nei passaggi posturali, impossibile stazione eretta. L’obiettivo del trattamento con tossina era quello di migliorare il nursing relativamente alla gestione dell’igiene personale e dell’abbigliamento; l’altro obiettivo era creare maggior comfort al paziente poichè l’ipertono all’AS creava dolore durante la mobilizzazione e le clonie agli AAII erano molto disturbanti e innescabili anche con il semplice sfioramento degli arti. Vennero inoculate 1500 U. di abobotulinumtoxin A (Dysport) nell’emisoma sn.: 400 nel Bicipite, 100 nel Brachioradiale e 300 nel Soleo, 350 sugli I-C Mediali e 350 sugli I-C Laterali cui seguirono sedute quotidiane di trattamento rieducativo neuromotorio, più frequenti nei primi giorni per massimizzare l’internalizzazione della tossina e l’effetto terapeutico. Nonostante un adeguato dosaggio e il corretto target dei muscoli implicati il miglioramento nelle settimane successive non fu quello atteso, per cui un mese dopo si ritenne opportuno effettuare un ulteriore trattamento con la tossina, in particolare su alcuni muscoli dell’emisoma destro: nella struttura in quel momento, dopo aver trattato altri pazienti, era rimasto un adeguato quantitativo confacente al trattamento da effettuare, ma comprensivo di entrambi i tipi di tossina: abobotulinumtoxin A (Dysport) e onabotulinumtoxin A (Botox). A questo punto si poneva il problema se utilizzarle entrambe in contemporanea, pur a fronte di mancanza di dati di Letteratura o, se invece, rinviare la seduta. Ritenuto ragionevole il tentativo anche a seguito dell’assenza di effetti collaterali dopo la prima somministrazione si procedette ad inoculare 600 U. di onabotulinumtoxin A (Botox) all’AI ds: 300 sugli I-C Mediali, 300 sugli I-L Lateralie 200U.diabobotulinumtoxinA(Dysport)sul Soleo. RISULTATI Dopo il secondo inoculo e l’immediata ripresa del trattamento rieducativo si sono osservati positivi effetti sulla riduzione dell’ipertono e delle clonie agli AAII, del dolore all’AS e del miglioramento nella gestione del paziente durante le manovre di nursing e nel mantenimento della postura corretta in carrozzina (diario assistenziale-infermieristico-fisioterapico). Inoltre non si era verificato alcun effetto collaterale, né a livello locale né a livello generale, dalla contemporanea somministrazione dei due tipi di tossina. CONCLUSIONE Pur essendo l’esperienza descritta classificabile come evento anedottico in quanto singolo episodio, il contemporaneo inoculo dei due tipi di tossina abobotulinumtoxin A (Dysport) e onabotulinumtoxin A (Botox) sia a dosaggi adeguati come nella prima seduta,siaelevaticome nellaseconda,inunpaziente con gravi problemi neurologici si è rilevata sicura, efficace e priva di effetti collaterali, non ha interferito con altri farmaci in uso né ha peggiorato clinicamente la SM. Occorrono ulteriori studi per verificare tali risultati effettuando trial su larga scala, modulando i dosaggi, in popolazioni di pazienti con diverse patologie. 1) G Comi, A Solari, L Leocani, D Centonze, S Otero-Romero , Italian Consensus Group on treatment of spasticity in multiple sclerosis: “Italian consensus on treatment of spasticity in multiple sclerosis” – Eur J Neurol. 2020 Mar;27(3):445-453. doi: 10.1111/ene.14110. Epub 2019 Dec 3. 2) M. Moccia, J. Frau, A. Carotenuto, C. Butera, G. Coghe, P. Barbero, M. Frontoni, E. Groppo, M. Giovannelli, U. Del Carro, C. Inglese, E. Frasson, A. Castagna, M. Buccafusca, P. Latino, C. Nascimbene, M. Romano, V. Liotti, S. Lanfranchi, L. Rapisarda, S. Lori, M. Esposito, L. Maggi, M. Petracca, S. Lo Fermo, M.C. Altavista, F. Bono, R. Eleopra, V. Brescia Morra: “Botulinum toxin for the management of spasticity in multiple sclerosis: the Italian botulinum toxin network study” – Neurol Sci. 2020 Oct;41(10):2781-2792. doi: 10.1007/s10072-020-04392-8. Epub 2020 Apr 12. 3) Xiying Fu , Yanqiao Wang , Can Wang , Huijie Wu , Jinyao Li , Ming Li , Qianqian Ma , Wei Yang: “A mixed treatment comparison on efficacy and safety of treatments for spasticity caused by multiple sclerosis: a systematic review and network meta-analysis” – Clin Rehabil. 2018 Jun;32(6):713-721. doi: 10.1177/0269215517745348. Epub 2018 Mar 27.
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Efficacia della Riabilitazione in Acqua nella Grave Cerebrolesione Acquisita: Case Report
Efficacia della Riabilitazione in Acqua nella Grave Cerebrolesione Acquisita: Case Report 1E. Tirelli, 2R. Antenucci, 3M.G. Boccellari, 3B. Libori, 4L. Cremonesi, 5M. Barborini, 5E. Fassoli, 5A. Bordin, 5L. Brandazza 1Fisioterapista/Idrochinesiologa 2Medico Fisiatra 3Fisioterapista 4MCB/Osteopata 5Neuropsicomotricista INACQUA Centro Medico Termale Srl Piacenza INTRODUZIONE L’idrochinesiologia è una metodologia di sintesi tra idrologia, idroterapia e idrochinesiterapia con un fattore determinante: il ruolo relazionale dell’acqua nel rapporto operatore/paziente. L’acqua sostiene gran parte del peso del corpo creando un ambiente di microgravità favorente l’esecuzione dei movimenti con un corretto lavoro muscolare anche in condizioni di alterato tono e di difficoltà di carico. L’idrochinesiologia sfrutta l’effetto antidolorifico e decontratturante dell’acqua calda, unita alla semplicità del movimento dovuto alla diminuzione del peso corporeo (microgravità) sulle articolazioni e sulla colonna vertebrale. La riduzione del peso corporeo dovuta all’effetto di microgravità e l’azione combinata del calore (32°/34°) e della salinità favoriscono il rilassamento muscolare innalzando la soglia del dolore, riducono la componente infiammatoria e migliorano l’irrorazione sanguigna. Fondamentali la relazione e l’empatia fra idrochinesiologo e paziente che accrescono fiducia e collaborazione. MATERIALE METODI OBIETTIVO Verificare l’efficacia dell’idrochinesiologia nel trattamento riabilitativo prolungato di un paziente tetraparetico da esiti di grave trauma cranico. T.N. paziente di 48 anni con esiti di grave TCE e politrauma del 2006, preso in carico pochi mesi dopo il trauma, una volta completato l’iter riabilitativo in setting intensivo per GCA. Obiettività iniziale: pz. vigile, collaborante e motivato al trattamento, orientato nello s/t, eloquio conservato, tetraparesi prevalente agli AAII; ridotto reclutamento attivo all’AS destro con limitazione meccanica della SO negli ultimi 20°-30° di flessione ed abduzione e ridotta funzionalità di prese palmari e di pinze; a sinistra reclutamento attivo prossimale minore e non controgravità, deficit marcato distale con ridotta funzionalità ultime 3 dita, incompleta estensione gomiti, ipertono bilaterale riducibile passivamente. Agli AAII: a destra arto extraruotato con ridotto ROM su tutti i piani, deficit estensione ginocchio (-10°), a sinistra deficit articolare maggiore nelle rotazioni in quadro di POA, meglio flessione ed abduzione, ipostenia bilaterale grave distale, a livello medio-prossimale iniziale reclutamento attivo dei quadricipiti contro minima resistenza (maggiore a destra), deficit più marcato per flessori e abdu-adduttori d’anca contro modesta resistenza, ipertono bilaterale riducibile passivamente; assente controllo del tronco da seduto, non possibile ortostasi; completa dipendenza nei passaggi posturali. Obiettivi iniziali: rilassamento, mobilizzazione articolare e allungamento muscolatura retratta. N. nei primi periodi di trattamento giungeva in ambulanza. La sua rigidità globale non gli consentiva di stare seduto in carrozzina, quindi per l’ingresso in acqua, oltre al sollevatore necessitava di due operatori. Vennero dapprima eseguiti esercizi in galleggiamento supino con cintura posizionata in vita, collare a supporto della testa e tubi galleggianti posizionati sotto le ascelle e sul cavo popliteo per mobilizzazione ed allungamento passivo ai 4 arti, rilassamento con tecniche watzu. Si creava con la mamma un’alleanza terapeutica per stimolare a casa N. nella collaborazione per l’esecuzione di alcune ADL (nutrizione e gestione abbigliamento parte superiore del corpo). Il trattamento prevedeva 2-3 sedute settimanali di 40′ l’una. Il miglioramento del quadro neuromotorio e la stabilità clinica consentirono di iniziare esercizi di verticalizzazione, stabilizzazione e propriocezione che condussero N. ad una migliore percezione corporea e del controllo posturale consentendo di ridurre negli esercizi in galleggiamento l’utilizzo di galleggianti limitandosi nel tempo all’unico supporto del collare, nonché ad automatizzare alcuni movimenti degli AAII per una più consapevole verticalizzazione del corpo. In verticalizzazione iniziarono poi esercizi di carico bi- e monopodalico e di equilibrio statico-dinamico. RISULTATI Il lavoro è durato alcuni anni, ma la costanza e la motivazione di N. unite alla professionalità degli operatori hanno portato N. a migliorare progressivamente le posture riacquisendo la capacità di restare seduto per tempi prolungati, all’utilizzo autonomo della carrozzina elettrica, ad un prolungato tempo di lavoro sullo standing, alla scomparsa dei dolori mioarticolari, al recupero di alcune ADL come l’alimentazione, diventata autonoma, e la collaborazione nella gestione di giene ed abbigliamento della parte superiore del corpo. Bibliografia CONCLUSIONI Questa esperienza dimostra come il percorso riabilitativo in acqua prolungato e costante anche su pazienti molto gravi può portare a miglioramenti significativi su: rilassamento, allungamento muscolare e articolarità agevolando la mobilizzazione da parte dei caregiver, risoluzione della condizione dolorosa determinata dalla immobilità e dalle conseguenti diffuse retrazioni miocapsulari e presenza di POA con miglioramento, testimoniato dal paziente e dai familiari, della qualità della vita. 1) A Curcio, G Temperoni, M Tramontano, S De Angelis, M Iosa, F Mommo, G Cochi, R Formisano: “The effects of aquatic therapy during post-acute neurorehabilitation in patients with severe traumatic brain injury: a preliminary randomized controlled trial” – Brain Inj. 2020 Oct 14;34(12):1630-1635.doi: 10.1080/02699052.2020.1825809. Epub 2020 Sep 29. 2) Gang-Zhu Xu, Yan-Feng Li, Mao-De Wang, Dong-Yuan Cao: “Complementary and alternative interventions for fatigue management after traumatic brain injury: a systematic review” – Ther Adv Neurol Disord. 2017 May;10(5):229-239.doi:10.1177/1756285616682675. Epub 2017 Feb 1. 3) Phyllis Berger: “A review of physical modalities and the potential to expand the treatment of patients with traumatic brain injury” – Acupunct Med. 2019 Dec;37(6):365-369. doi: 10.1177/0964528419844264. Epub 2019 Apr 29.
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Action Observation e Vibrazioni Muscolari Focali per il miglioramento della performance motoria
Action Observation e Vibrazioni Muscolari Focali per il miglioramento della performance motoria V. Azzollini, N. Fragapane, F. Bologna, S. Dalise, C. Chisari S.D. Neuroriabilitazione – Dipartimento di Ricerca traslazionale delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia – Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana INTRODUZIONE L’ottimizzazione di paradigmi riabilitativi è essenziale per garantire trattamenti adeguati ed efficaci. Gli approcci neuroriabilitativi attuali si basano su due modelli principali: -“bottom-up”, secondo cui lo “stimolo” riabilitativo si applica perifericamente per indurre una modifica centrale; -“top-down”, basato sull’evidenza che lo “stimolo” somministrato a livello centrale migliora la performance. L’effetto sinergico dei due approcci non è ancora stato completamente dimostrato. Per valutare l’efficacia di tale integrazione abbiamo disegnato un protocollo di rinforzo muscolare basato sull’utilizzo di vibrazioni focali (bottom-up) e un programma di Action Observation (top-down). MATERIALI E METODI Lo studio ha previsto il reclutamento di 22 adulti sani (8 maschi, 14 femmine) di età compresa tra i 25 ed i 37 anni, sottoposti a trattamento di rinforzo in un setting specifico (Fig. 1) suddivisi in due gruppi:  Gruppo FV: composto da 11 soggetti (5 M e 6 F) sottoposti ad un trattamento con vibrazioni focali (FV) a 100 Hz applicate sul muscolo quadricipite femorale destro per 2 settimane, 5 giorni a settimana in sessioni di 20 minuti;  Gruppo AO+FV: composto da 11 soggetti (3 M e 8 F), sottoposti allo stesso protocollo associando, durante la sessione di FV, la visione di un video di allenamento focalizzato sul rinforzo del muscolo quadricipite femorale (Action Observation, AO). La forza massima (Fmax) espressa a livello del muscolo quadricipite femorale è stata esaminata attraverso la misurazione di una contrazione isometrica massima (media di 3 prove) con dinamometro isocinetico al basale (T0), a una settimana dall’inizio del trattamento (T1), alla conclusione del trattamento (T2) ed a una settimana dal termine (T3). Ogni soggetto è stato inoltre sottoposto a valutazione della soglia motoria a riposo (RMT) e della durata del periodo silente corticale (SP) tramite registrazione dei potenziali evocati motori con stimolazione magnetica transcranica (TMS) a T0, T2 e T3. RISULTATI Fig. 1: Setting di trattamento La forza massima risulta aumentata in entrambi i gruppi già a metà del trattamento. Tuttavia, si evidenzia un incremento maggiore nel gruppo AO+FV. Tale incremento si mantiene anche dopo una settimana dal termine del trattamento. La RMT al termine del trattamento risulta ridotta in entrambi i gruppi. Il SP si riduce solo nel gruppo AO+FV. • Fmax: al termine del trattamento (T2) la Fmax risulta aumentata del 27% nel gruppo AO+FV e del 15.61% nel gruppo FV; dopo una settimana dal termine del trattamento (T3), si osserva un mantenimento del risultato ottenuto, evidenziato da un aumento della Fmax del 21.51% nel gruppo AO+FV e del 12% nel gruppo FV rispetto al basale (Fig. 2); • RMT: al termine del trattamento (T2) la RMT risulta ridotta dal 73.83% al 70.25% nel gruppo AO+FV e dal 71.75% al 66.86% nel gruppo FV; dopo una settimana dal termine del trattamento (T3), la RMT risulta ulteriormente ridotta (69.50%) nel gruppo AO+FV, mentre si riavvicina ai valori basali (70.20%) nel gruppo FV (Fig. 3); • SP: nel gruppo AO+FV il SP risulta ridotto da 105.53 ms a 88.52 ms al termine del trattamento (T2), raggiungendo il valore di 85.63 ms dopo una settimana dal termine del trattamento (T3). Nel gruppo FV mostrano un andamento altamente variabile (Fig. 4). Fig. 2: Forza massima espressa dal quadricipite femorale dx nei due gruppi (AO+FV e FV) Fig. 3: Soglia motoria a riposo nei due gruppi (AO+FV e FV) Fig. 4: Periodo silente nei due gruppi (AO+FV e FV) CONCLUSIONI Il nostro studio ha evidenziato che la concomitante somministrazione di uno stimolo “top-down” è in grado di potenziare il noto effetto di rinforzo muscolare delle vibrazioni focali. Inoltre, i risultati ottenuti suggeriscono che l’approccio sinergico dell’Action Observation e di una stimolazione periferica, che induce illusione cinestesica, provoca una esaltazione dei fenomeni plastici a livello della corteccia motoria primaria. In futuro saranno necessarie ulteriori evidenze a supporto dell’efficacia del trattamento, che potrebbe rappresentare una valida implementazione ai protocolli di rinforzo già esistenti, oltre che un trattamento alternativo nei casi in cui il soggetto non sia in grado di eseguire protocolli di rinforzo tradizionali (immobilità prolungata o patologie invalidanti). Bibliografia (1) Sánchez, N., & Winstein, C. J. (2021). Lost in Translation: Simple Steps in Experimental Design of Neurorehabilitation-Based Research Interventions to Promote Motor Recovery Post-Stroke. Frontiers in human neuroscience, 15, 644335. (2) Buccino G. (2014). Action observation treatment: a novel tool in neurorehabilitation. Philosophical transactions of the Royal Society of London. Series B, Biological sciences, 369(1644), 20130185. (3) Bisio, A., Biggio, M., Avanzino, L., Ruggeri, P., & Bove, M. (2019). Kinaesthetic illusion shapes the cortical plasticity evoked by action observation. The Journal of physiology, 597(12), 3233–3245.
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Progetto multiprofessionale in un nucleo per le gravissime disabilità acquisite: paziente GCA e riabilitazione delle autonomie per il rientro a domicilio
Introduzione Paziente con grave cerebrolesione acquisita (GCA), in esiti di trauma cranico, vittima di un incidente d’auto a 28 anni, GCS 3. TC: frattura teca cranica, ematoma epidurale fronto-temporale con focolai emorragici in frontale sinistra, dislocazione linea mediana, emorragia subaracnoidea, addensamento polmonare, frattura processi spinosi C5-C6. Craniotomia decompressiva. In Riabilitazione Intensiva valutato come stato di coma, tracheostomia e cannula cuffiata, doppia emiplegia > a sinistra, ipotonia/ipotrofia generalizzata, fissità dello sguardo,riflesso oculo- cefalico e di minaccia assenti, LCF1. Dopo 9 mesi si effettua cranioplastica. Successive rachicentesi evacuative per idrocefalo iperteso e impianto di DVP. Dopo 1 anno e mezzo, in Riabilitazione Intensiva valutato come Stato di Minima Coscienza (SMC), LCF3 viene inviato al Nucleo GRADA. Materiali e Metodi Malnutrizione calorico-proteica, sarcopenia, crisi epilettiche e colonizzazione da enterobatteri carbapenemasi produttori ostacolano l’intervento neuro-ortopedico correttivo ai piedi. Si recupera: stato nutrizionale con aminoacidi ramificati, decolonizzazione da enterobatteri con pre/probiotici, stabilità neurologica con terapia anticomiziale. Stabilità clinica e approccio riabilitativo, garantiscono l’emergenza dallo SMC e il ricovero per l’intervento neuro-ortopedico. Poi trasferito in Riabilitazione Intensiva a Castelsangiovanni (PC) per 4 mesi: rimuove cannula tracheostomica con inizio alimentazione/idratazione per os, training di verticalizzazione. Tornato nel Nucleo riprendono gli interventi per sviluppare le abilità motorie-cognitive. Di recente si programma il rientro a domicilio. Obiettivi a lungo termine: miglior qualità di vita percepita. Obiettivi a medio termine: massima autonomia possibile, miglioramento delle funzioni esecutive. Focus su autonomie nelle attività di vita quotidiana (ADL) che verranno trasferite ai caregivers a domicilio. Il progetto prosegue con rientri al domicilio. Le strategie: apprendimento senza errori per le sequenze motorie, valutazione e feedback sugli errori nell’area metacognitiva e di autoconsapevolezza; interventi su pianificazione di sequenze motorie, consapevolezza tempo/spazio, ricerca/utilizzo di strategie autonome. Costruite schede task-analysis su capacità esecutive con pre- requisiti e scorporamento attività: si monitorano i passaggi di ri-apprendimento, abilità acquisite, prompting in uso. Per favorire funzione dei neuroni specchio sono stati creati filmati che riproducono le ADL, svolte da altri. PROGETTO MULTIPROFESSIONALE IN UN NUCLEO PER LE GRAVISSIME DISABILITA’ ACQUISITE: PAZIENTE GCA E RIABILITAZIONE DELLE AUTONOMIE PER IL RIENTRO A DOMICILIO 1S. Gazzola, 2E. Migliorini, 3C. Boriotti, 4D. Devoti , 5R. Antenucci , 6M. Ferrari 1Terapista della riabilitazione Nucleo GRADA – CRA Casa San Giuseppe, EDOS, Piacenza 2Psicologa, Nucleo GRADA – CRA Casa San Giuseppe, EDOS, Piacenza 3Direttore di Struttura – CRA Casa San Giuseppe, EDOS, Piacenza 4Responsabile Attività Sanitarie, Nucleo GRADA – CRA Casa San Giuseppe, EDOS, Piacenza 5Medico Fisiatra Piacenza 6Medico Geriatra, Specialista in Endocrinologia, Nucleo GRADA – CRA Casa San Giuseppe, EDOS, Piacenza 100 90 80 70 60 25 74 61 0 Risultati 50 16 40 12 7 30 12 20 57 100 0 9 Il pz compie programmazioni motorie complesse, pianifica, verifica, ricerca e usa strategie funzionali. I risultati sono generalizzati. Generalizza in autonomia: 000 aspetti decisionali, motivazione intrinseca, consapevolezza di sé. Si nota attivazione autonoma, con aumento dei tempi di attenzione e diminuzione dell’ inerzia e del tempo di realizzazione, permettendo il trasferimento delle procedure agli operatori. VESTIZIONE: riconosce gli indumenti e come si indossano; sceglie e recupera con aiuto parziale, conosce la sequenza per indossarli (minimo aiuto per limitazioni articolari). 21 PASSAGGI POSTURALI, DEAMBULAZIONE: in autonomia 18 17 da supino a posizione ortopnoica/viceversa, raggiunge stazione eretta con minimo aiuto per mantenere 12 l’equilibrio iniziale; siede correttamente; effettua fino a 30 mt con girello ascellare con aiuto per mantenere la direzione; mantiene in autonomia l’equilibrio con girello per 40 secondi ed è in grado di eseguire 2-3 passi. ALIMENTAZIONE/APPARECCHIATURA: ha bisogno dell’operatore per verificare la posizione e correggerla in autonomia; con il capo eretto volge lo sguardo verso il cibo lo raccoglie, lo porta alla bocca, beve con il bicchiere; conosce gli oggetti, li manipola funzionalmente; recupera gli oggetti in corretto ordine, presa digitale/pinza, apparecchia x 3. CONTINENZA/UTILIZZO WC: a causa della riduzione della motivazione si propone l’attività solo in presenza di necessità ad espletare l’alvo. Il pz., talora, si reca in bagno con girello, collabora per svestizione e utilizza il wc mostrando rinforzo intrinseco. Bibliografia 2016 2018 2020 22 22 22 17 44 55 66 21 15 9 445566 223 nov-16 5 6 22 2 33 mar-17 6 3346 223 dic-17 3 112 giu-18 0 1 10 2 ago-19 set-20 1) Bonali M., Stefanini L., Antonietti A.: “La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo” – Milano LED Edizioni Universitarie, 2015 2) Fogassi L.: “Proprietà cognitive del sistema motorio nella corteccia cerebrale” – Milano LED Edizioni Universitarie, 2015 3) De Tanti A., Inzaghi MG: “Ri-apprendimento=Ri-abilitazione-Riabilitazione e Apprendimento; 5,1:81-86, 1985 Conclusioni Seguire pz. GCA in cronico, ci dimostra, oltre i tempi della letteratura, l’emersione di risposte sulle quali interventi rieducativi coadiuvano miglioramenti. Partire dall’atto motorio, dal recupero delle ADL porta risultati significativi sulle funzioni cognitive. Il lavoro svolto in 5 anni in modalità integrata fra FT e psicologa rende ecologico e completo lo svolgimento dell’attività. Questa integrazione permette di valutare, monitorare e fondere a livello riabilitativo, le componenti cognitive a quelle motorie, dimostrandosi più incisiva rispetto allo svolgimento di interventi separati. Si crea una “contaminazione” di visione e intenti aumentando l’efficacia dell’attività. La visione condivisa di obiettivi e strategie, la realizzazione integrata, permettono di uscire dalla staticità del proprio ruolo e di vedere e provare il lavoro dell’altro, con ricadute positive sui pazienti e sul clima lavorativo e organizzativo.
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Trattamento riabilitativo in acqua del paziente con ictus cronico: una proposta operativa
Trattamento riabilitativo in acqua del paziente con ictus cronico: una proposta operativa 1E. Tirelli, 2R. Antenucci, 3M.G. Boccellari, 3B. Libori, 4L. Cremonesi, 5M. Barborini, 5E. Fassoli, 5A. Bordin, 5L. Brandazza 1Fisioterapista/Idrochinesiologa 2Medico Fisiatra 3Fisioterapista 4MCB/Osteopata 5Neuropsicomotricista INACQUA Centro Medico Termale Srl Piacenza INTRODUZIONE Esiste ampia Letteratura in merito al trattamento dei pazienti con ictus cronico, oltre i 6 mesi dall’evento. Esiste anche Letteratura che evidenzia come la neuroplasticità è presente a distanza di molti mesi e, addirittura anni, dall’evento ictale. Numerosissimi sono i lavori sui risultati ottenibili nel classico trattamento riabilitativo a “secco” per quanto riguarda diversi aspetti: miglioramento ROM, recupero stenico, autonomia nei passaggi posturali, maggior sicurezza e velocità nel cammino, minor rischio di cadute per acquisizione di migliorata capacità di equilibrio statico/dinamico e di adozione di opportune strategie di compenso, miglior funzionalità nelle ADL, possibilità di adozione e/o modifiche di specifici ausili. Assai minore il numero dei lavori su idrochinesiologia e riabilitazione. L’idrochinesiologia è una metodologia di sintesi tra idrologia, idroterapia e idrochinesiterapia con un fattore determinante: il ruolo relazionale dell’acqua nel rapporto operatore/paziente. L’acqua sostiene gran parte del peso del corpo creando un ambiente di microgravità favorente l’esecuzione dei movimenti con un corretto lavoro muscolare anche in condizioni di alterato tono e di difficoltà di carico. L’idrochinesiologia sfrutta l’effetto antidolorifico e decontratturante dell’acqua calda, unita alla semplicità del movimento dovuto alla diminuzione del peso corporeo (microgravità) sulle articolazioni e sulla colonna vertebrale. La riduzione del peso corporeo dovuta all’effetto di microgravità e l’azione combinata del calore (32°/34°) e della salinità favoriscono il rilassamento muscolare innalzando la soglia del dolore, riducono la componente infiammatoria e migliorano l’irrorazione sanguigna. Fondamentale la relazione e l’empatia fra idrochinesiologo e paziente che accrescono fiducia e collaborazione. OBIETTIVO Scopo dello studio è quello di verificare se il trattamento riabilitativo in acqua del paziente con ictus cronico possa determinare miglioramenti oggettivamente misurabili e quantificabili relativi a ROM, tono muscolare, equilibrio statico/dinamico, velocità e resistenza cammino, autonomia nelle ADL e qualità della vita, tali da giustificare l’adozione di specifici protocolli di trattamento modulabili in rapporto alla gravità del quadro neuromotorio MATERIALE METODI La sperimentazione prevede l’arruolamento di 20 pazienti con ictus cronico. Verrà eseguito un ciclo di 20 sedute consecutive della durata di 40′ ciascuna, eseguite in acqua con un rapporto di 1:1 paziente-terapista e con frequenza bisettimanale. Il terapista eseguirà un programma riabilitativo che comprenderà una serie di esercizi finalizzati al miglioramento articolare, al rilassamento e riduzione dell’ipertono, al controllo dell’equilibrio statico/dinamico e al miglioramento delle funzioni respiratorie. • Lavalutazionedelpazientecomprenderàl’esecuzionedeiseguentitest: • MisurazioneROMpassivoartosuperioreinflessioneedabduzionespalla • Misurazione ROM passivo arto inferiore per dorsiflessione tibiotarsica, flesso-estensione ginocchio e flessione ed abduzione anca • AschworthScaleperArtoSuperioreeInferiore • Berg Balance Scale • Testdivelocitàsui10metri • TimedUpandGoTest • 6’MWT con associata scala di Borg • FIM • EuroqolQualityofLifeScaleeTheshort-Form-36HealthStatusSurvey Il terapista eseguirà un programma riabilitativo comprendenti una serie di esercizi finalizzati al miglioramento articolare, al rilassamento e alla riduzione dell’ipertono, al recupero della propiocezione, al controllo dell’equilibrio statico/dinamico e al miglioramento delle funzioni respiratorie. Lo studio non prevede la somministrazione di farmaci, pertanto tutti i pazienti che aderiranno continueranno ad assumere la propria terapia. Non saranno sottoposti al trattamento quei pazienti che, durante la visita preliminare, mostreranno instabilità nei principali parametri clinici cardiorespiratori e/o presentino specifiche controindicazioni al trattamento in acqua (lesioni cutanee aperte, fobia dell’acqua). E’ inoltre garantita la presenza del medico in struttura durante il trattamento riabilitativo in acqua. Tutti i pazienti che aderiranno allo studio potranno ritirare il loro consenso in qualunque momento e per qualunque ragione; anche lo sperimentatore potrà interrompere lo studio in qualunque momento fornendo ai pazienti le ragioni di tale interruzione. Bibliografia RISULTATI Attraverso l’effettuazione dei test più sopra descritti gli eventuali miglioramenti verranno verificati dallo stesso medico fisiatra (per evitare l’effetto variabilità inter- esaminatore) e nello stesso setting al Tempo T0 (prima del trattamento), al Tempo T1 (alla fine del trattamento) e al TempoT2 (a 3 mesi dal termine del trattamento). 1) Mahboubeh Ghayour Najafabadi, Ardalan Shariat, Jan Dommerholt, Azadeh Hakakzadeh, Amin Nakhostin-Ansari, Maryam Selk-Ghaffari, Lee Ingle, Joshua A Cleland: “Aquatic Therapy for improving Lower Limbs Function in Post-stroke Survivors: A Systematic Review with Meta-Analysis” – Top Stroke Rehabil 2021 Jun 19;1-17. doi: 10.1080/10749357.2021.1929011. Online ahead of print. 2) Choong Sik Chae, Ji Hyun Jun, Sun Im, Yongjun Jang, Geun-Young Park “Effectiveness of Hydrotherapy on Balance and Paretic Knee Strength in Patients With Stroke: A Systematic Review and Meta-Analysis of Randomized Controlled Trials” – Am J Phys Med Rehabil. 2020 May;99(5):409-419. doi: 10.1097/PHM.0000000000001357. 3) Zhizhong Zhu, Liling Cui, Miaomiao Yin, Yang Yu, Xiaona Zhou, Hongtu Wang, Hua Yan: “Hydrotherapy vs. conventional land-based exercise for improving walking and balance after stroke: a randomized controlled trial” – Clin Rehabil. 2016 Jun;30(6):587-93. doi: 10.1177/0269215515593392. Epub 2015 Jun 30. CONCLUSIONI Se confermata dai risultati, l’efficacia del trattamento riabilitativo in acqua permetterà di inserire in tale setting il paziente con ictus cronico modulando gli esercizi in rapporto al quadro neuromotorio con l’obiettivo di favorire la plasticità neuronale.
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Indice Walk ratio: un test complementare per documentare il deficit del cammino nei pazienti affetti da sclerosi multipla, valutato in uno studio decennale
INDICE WALK RATIO: UN TEST COMPLEMENTARE PER DOCUMENTARE IL DEFICIT DEL CAMMINO NEI PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA, VALUTATO IN UNO STUDIO DECENNALE. Donati L1, Bompani N1, Corradini Y1, Superchi F1, Robecchi Majnardi A1, Perucca L1 2. 1 Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano 2 Dipartimento di Scienze Neuroriabilitative, Istituto Auxologico Italiano, IRCCS, Milano L’andamento clinico della Sclerosi Multipla (SM) è caratterizzata da un progressivo aumento della disabilità anche deambulatoria come ampiamente documentato in lettura da studi osservazionali1. L’indice Walk Ratio (WR), definito dal rapporto tra lunghezza e cadenza del passo, normalizzato per l’altezza, è uno strumento validato e utile a oggettivare il deficit deambulatorio (L. Tesio et al.)2. A differenza di altri test del cammino più noti in letteratura non è influenzato dalla velocità, dall’età e dal sesso dei soggetti e rappresenta un indice sensibile del controllo neuromotorio nei pazienti affetti da SM. Tuttavia ad oggi non ne è dimostrata l’applicabilità nel descrivere la progressione della disabilità. Nell’ambito di un più ampio studio retrospettivo decennale si è valutato come l’indice WR descrivesse la disabilità deambulatoria in plurime osservazioni in un campione di pazienti affetti da SM. Lo studio di tipo retrospettivo ha considerato i pazienti affetti da SM afferenti al Servizio MAC (Macro-Attività Ambulatoriale Complessa) dal mese di Gennaio 2011 fino al mese di Dicembre 2020. Sono stati presi in considerazione i pazienti che hanno effettuato tre accessi in anni successivi – anche non consecutivi – in un arco di tempo di 5 anni e che avessero una disabilità deambulatoria lieve-moderata secondo la Expanded Disability Status Scale – EDSS (cut off EDSS ≤5,5). Per costoro sono stati aggregati i punteggi dell’indice WR misurato all’inizio di ogni ciclo riabilitativo: il dato è stato successivamente confrontato con quello di letteratura. Si è ottenuto un campione di 21 pazienti: Ø rapporto M:F = 9:12 Ø età media: ♂ 46,3 e ♀ 47,6 anni; Øn=16 Relapsing-Remitting, n=2 Primary Progressive e n=3 Secondary Progressive; Ø durata media di malattia: circa 15 anni dalla diagnosi. Il valore mediano della EDSS al primo accesso è risultato essere pari a 4; alla seconda e alla terza osservazione pari a 4,5. Il WR medio(±SD) nelle tre valutazioni è risultato essere 5.11±1,25 (mediana 4.98) alla prima, 5.48±1,31 (mediana 5.25) alla seconda e 5.37±1,34 (mediana 5.17) alla terza. In letteratura2 l’indice WR calcolato nei pazienti affetti da SM al medesimo stadio di disabilità deambulatoria (EDSS ≤ 5.5) risultava essere pari a 5.36±0.86. Nella presente osservazione il rapporto lunghezza/cadenza del passo è risultato essere sovrapponibile al range descritto nell’articolo citato (al primo accesso 5,11 – al terzo 5,37). L’andamento del valore di WR nelle osservazioni successive non ha mostrato un trend univoco (gravità funzionale complessiva valutata con EDSS stabile nei tre diversi accessi/osservazioni). L’indice WR è un test complementare e di rapida esecuzione utile a confermare la presenza di deficit del cammino. Tuttavia questo lavoro conferma il dato di letteratura secondo cui il WR non è descrittivo dell’evoluzione della patologia (pur con le limitazioni del presente studio: i.e. anamnesi incompleta riguardo alle problematiche articolari/artrosiche e agli eventuali pregressi interventi chirurgici ortopedici). 1. Conradsson D, Ytterberg C, Von Koch L, Johansson S. Changes in disability in people with multiple sclerosis: a 10-year prospective study. Journal of Neurology. 2018, 265:119–26 2. Rota V, Perucca L, Simone A, Tesio L. Walk Ratio (Step Length/Cadence) as a Summary Index of Neuromotor Control of Gait: Application to Multiple Sclerosis. International Journal of Rehabilitation Research. 2011 Sep, 34(3): 265-9 5,6 5,5 5,4 5,3 5,2 5,1 5 4,9 4,8 4,7 Media e mediana dell’indice WR nei pz con EDSS ≤ 5.5 ai primi tre accessi al Servizio MAC 123
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Outcome riabilitativo in pazienti trattati con ossigeno-ozono terapia affetti da discopatia lombare in fase acuta e sub-acuta
Outcome valutativo in pazienti affetti da lombalgia in fase acuta e sub-acuta trattati con ossigeno-ozono terapia Alain Rocco, Rossano Di Donna, Maria Pina Rota, Lucia Segatori, Pamela Latino, Stefania Cuzari, Luigina Misiti INI divisione Villa Dante, Ambulatorio di Ossigeno-Ozono Terapia Sezione di Semeiotica Strumentale in Riabilitazione Introduzione: Il dolore lombare acuto e/o sub-acuto è spesso una malattia secondaria alla degenerazione del disco intervertebrale ed alla conseguente sofferenza delle radici nervose ad esso vicine; rappresenta il risultato di una degenerazione del disco vertebrale che per usura o invecchiamento perde il suo contenuto idrico, “si abbassa”, diminuisce cioè di spessore e di turgore. L’anulus eventualmente deborda oltre i margini vertebrali, con una protrusione nel canale vertebrale. Il dolore può essere percepito come sordo e costante o può manifestarsi come improvviso, acuto e lancinante, può durare da pochi giorni ad alcune settimane, rendendo difficili i movimenti; non di rado a tale quadro clinico può associarsi un disturbo motorio con deficit del ROM, contratture muscolari, disturbi della sensibilità agli arti inferiori. Scopo del presente lavoro è stato quello di valutare l’effetto del trattamento iniettivo di una miscela di ossigeno-ozono a livello del rachide lombare (L1-L5) in pazienti affetti da lombalgia in fase acuta e sub- acuta. Materiali e Metodi: Hanno partecipato allo studio 150 pazienti affetti da lombalgia in fase acuta e sub-acuta, giunti alla nostra osservazione attraverso visita ambulatoriale effettuata c/o l’Ambulatorio di Medicina Fisica e Riabilitativa. Per ciascun paziente è stata effettuata una visita fisiatrica al fine di valutare lo stato clinico con valutazione del ROM, test di Lasegue, test di Wasserman, prova di Valsalva, scale di valutazione (NPRS, back hill), ed esami di laboratorio (VES, PCR, emocromocitometrico, protidogramma elettroforetico). Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad iniezione di 40 cc di miscela gassosa costituita da ossigeno-ozono alle concentrazioni di 10 μg/mL. La procedura è stata ripetuta una volta a settimana per sei settimane consecutive. Risultati e Conclusioni: I pazienti trattati con ossigeno-ozono terapia hanno mostrato statisticamente una significativa riduzione del dolore (NPRS) ed un recupero allo svolgimento delle attività di vita quotidiana (back hill). ¡I risultati ottenuti dal nostro studio suggeriscono che il trattamento delle discopatie del rachide lombare con infiltrazioni di una miscela gassosa di O2-O3 rappresenta un approccio efficace e sicuro per il trattamento della patologia degenerativa del disco intervertebrale. Bibliografia: 1) Özcan Ç, Polat Ö, Çelik H, Uçar BY The effect of paravertebral ozone injection in the treatment of low back pain Pain Pract. 2019 Jun 22. Doi: 10.1111/papr. 12812. (Epub ahead of print) PMID 31228871 2) Crockett MT, Moynagh M, Long N, Kilcoyne A, Dicker P, Synnott K, Eustace SJ. Ozone-augmented percutaneous discectomy: A novel treatment option for refractory discogenic sciatica.Clin Radiol. 2014 Sep 17. pii: S0009-9260(14)00400-0. doi: 10.1016/j.crad.2014.08.008. PMID: 25240564 3) Kallewaard JW, Terheggen MA, Groen GJ, Sluijter ME, Derby R, Kapural L, Mekhail N, van Kleef M. 15.Discogenic low back pain.Pain Pract. 2010 Nov-Dec;10(6):560-79. doi: 10.1111/j.1533- 2500.2010.00408.x. Epub 2010 Sep 6. Review. PubMed PMID: 20825564. INI Divisione Villa Dante – Riabilitazione Neuromotoria e Respiratoria – Tel. 0774.351211 – Fax 0774.351275 – www.gruppoini.it alain.rocco@gruppoini.it 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 Andamento NPRS T0 T1 (1° seduta) T2 (2° seduta) T3 (3° seduta) T4 (4° seduta) T5 (5° seduta) F (6° seduta) Valore NPRS
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Ritenzione vescicale dopo ictus cerebellare: efficacia del Betanecolo per os. Caso clinico.
Ritenzione vescicale dopo ictus cerebellare: efficacia del Betanecolo per os. Caso clinico S.Sorce1, N.Cellotto1, A.Di Tonno1, A.Robecchi Majnardi1, L.Perucca1,2, L.Tesio1,2 1 Dipartimento di Scienze Neuroriabilitative, Istituto Auxologico Italiano, IRCCS, Milano 2 Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano INTRODUZIONE Gli ictus cerebrali ischemici o emorragici possono dare ritenzione vescicale nell’8% dei casi. La percentuale sale al 25% nei casi di ictus cerebellare1. Il Betanecolo2 è un carbammato della colina che stimola i recettori muscarinici post- gangliari del sistema nervoso parasimpatico. La molecola è usata per incrementare il tono del muscolo detrusore della vescica e favorirne la contrazione durante svuotamento vescicale. CASE REPORT Paziente affetta da ritenzione urinaria completa in un quadro di grave atassia a seguito di emorragia cerebellare da rottura di malformazione artero-venosa. A cinque mesi dall’evento acuto l’esame urodinamico ha evidenziato un quadro di vescica stabile con compliance conservata, in assenza di sensibilità vescicale e di attività detrusoriale (Fig.1). Dopo un mese di trattamento l’esame di controllo ha evidenziato la presenza di una vescica stabile con contrazioni non inibite di modesta entità e con compliance conservata. La sensibilità è comparsa ad alti volumi di riempimento, consentendo una minzione spontanea in assenza di residuo post-minzionale (valutato ecograficamente). Lo studio pressione/flusso ha evidenziato una buona coordinazione vescico- sfinterica, con lieve ipostenia detrusoriale (Fig.2). Fig.1 Esame urodinamico a 5 mesi dall’evento acuto. Qura=volume vuotato; Vura=volume infuso; Pves=pressione vescicale; Ripresa della minzione volontaria a partire dal 2° giorno di terapia, con progressivo incremento del numero di minzioni/die e del volume svuotato per minzione. Betanecolo per os a dosaggio incrementale da 15 mg/die a 40 mg/die per complessivi 10 giorni; successivamente 25 mg/die per ulteriori 17 giorni. Pabd=pressione detrusoriale. addominale; Vinf=volume infuso; Pdet=pressione Fig.2 Esame urodinamico a 6 mesi dall’evento acuto e dopo 1 mese di trattamento con Betanecolo. Qura=volume vuotato; Vura=volume infuso; Pves=pressione vescicale; Pabd=pressione addominale; Vinf=volume infuso; Pdet=pressione detrusoriale. PRE- BETANECOLO POST- BETANECOLO FLUSSO MASSIMO 0 50 ml/s PRESSIONE DETRUSORIALE DI APERTURA 0 9 cm H2O PRESSIONE DETRUSORIALE AL FLUSSO MASSIMO 0 39 cm H2O VOLUME SVUOTATO 0 457 ml TEMPO DI FLUSSO 0 48 s Non si sono osservati effetti collaterali. Dopo 27 giorni di terapia è stata sospesa la somministrazione di Betanecolo. Dopo 100 giorni dalla sospensione si è assistito al mantenimento di minzione volontaria senza residui significativi. CONCLUSIONI In Italia il farmaco, approvato in USA e in altri Paesi europei, è disponibile per uso umano soltanto come formulazione galenica. Verosimilmente il farmaco è sottoutilizzato nella pratica fisiatrica, in caso di ipostenia detrusoriale da neurolesione centrale e periferica. BIBLIOGRAFIA 1. Umemura T, Ohta H, Yokota A, Yarimizu S and Nishizawa S. Urinary retention associated with stroke. J UOEH. 2016;38(4):263-269. 2. Padda IS, Derian A. Bethanechol. StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing. 2021 Jan. 2021 May 24.
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Efficacia del trattamento riabilitativo sui sintomi astenia e dispnea nei pazienti affetti da Long Covid
49° CONGRESSO NAZIONALE SIMFER A.RUSSO (1)- P.MARCOGIUSEPPE (1)- S.SPINA(1) – M.D’ASCANIO1) – M. LO MUZIO (1)– P.FIORE(2) – A.SANTAMATO(1) Introduzione L’OMS ha definito “long covid”1 la persistenza di sintomi debilitanti quali astenia, dispnea, mialgie, artralgie e disturbi cognitivi oltre 12 settimane dall’infezione SARS COV-2. Tale condizione può riguardare soggetti di qualunque età e sesso e risulta indipendente dalla gravità della fase acuta di malattia2. È stato visto che l’esercizio fisico può migliorare la sintomatologia e ridurre gli eventi negativi a lungo termine del “long Covid”3. Scopo dello studio è descrivere le conseguenze a lungo termine dell’infezione da Sars-Cov2 e valutare l’efficacia di un trattamento riabilitativo ambulatoriale nella ri- duzione di due dei sintomi principali del “long covid”: l’astenia e la dispnea. Materiali e Metodi Sono stati arruolati 10 pazienti (6M/4F, età media 54.5 ±10.93) con pregressa infezione acuta da SARS-COV-2 afferenti la nostra S.C. di Medicina Fisica e Riabilitativa Universitaria, Policlinico Riu- niti di Foggia. I pazienti hanno effettuato una valutazione fisiatrica e sono state somministrate le seguenti scale di valutazione: la FSS, la SF-36, la Borg, 10MWT, 6MWT e TUG al baseline T0 e a T1 (termine del ciclo di riabilitazione). Il protocollo di trattamento comprendeva 30 sedute di trat- tamento riabilitativo della durata di 1 h (3volte/settimana.): 10 min di riabilitazione respiratoria, 10 min di riscaldamento, 20-30 min di esercizio aerobico, e 5-10 min di defaticamento. Risultati Dall’analisi dei risultati è emerso che tutti pazienti presentavano alla valutazione iniziale i sintomi astenia e dispnea e una riduzione della qualità della vita. Dopo il trattamento effettuato si è regi- strato un miglioramento in tutti gli outcomes valutati. In particolare si è ridotta la fatica percepita dal paziente (O FSS 12.08 ± 7.83) ed è migliorata la qualità di vita (O SF-36 28.93 ± 30.92). Inoltre i pazienti hanno presentato un miglioramento nelle performance motorie (O TUG 1.79 ± 2.55 sec; O 10MWT 0.22 ± 0.18 m/s), nell’endurance (O 6MWT 50.78 ± 24.45 m) e nella tolleranza allo sforzo (O Borg 2.5). Conclusioni I nostri risultati preliminari confermano la persistenza di sintomi come astenia e dispnea nei pazienti con “long covid” e indicano l’impat- to degli stessi sulla qualità di vita del paziente. Questo studio supporta l’importanza di un programma di riabilitazione precoce in questi pazienti al fine di permettere la ripresa delle normali attività precedenti la malattia. Il “long covid” è una condizione che è stata recente- mente identificata e pertanto la conoscenza in ambito medico è ancora largamente incompleta e in rapida evoluzione. Bibliografia 1Halpin S, O’Connor R, Sivan M. Long COVID and chronic COVID syndromes. J Med Virol. 2021 Mar;93(3):1242-1243. doi: 10.1002/jmv.26587. Epub 2020 Oct 30. PMID: 33034893; PMCID: PMC7675759. 2Taboada M, Moreno E, Cariñena A, Rey T, Pita-Romero R, Leal S, Sanduende Y, Rodríguez A, Nieto C, Vilas E, Ochoa M, Cid M, Seoane-Pillado T. Quality of life, functional status, and persistent symptoms after intensive care of CO- VID- 19 patients. Br J Anaesth. 2021 Mar;126(3):e110-e113. doi: 10.1016/j.bja.2020.12.007. Epub 2020 Dec 10. PMID: 33413976; PMCID: PMC7833644. 3Jimeno-Almazán A, Pallarés JG, Buendía-Romero Á, Martínez-Cava A, Franco-López F, Sánchez-Alcaraz Martínez BJ, Bernal-Morel E, Courel-Ibáñez J. Post-COVID-19 Syndrome and the Potential Benefits of Exercise. Int J Environ Res
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Alterazioni della dinamica respiratoria durante il sonno nelle persone con lesione midollare, valutazione con esame polisonnografico e risvolti terapeutico-riabilitativi in fase post-acuta e cronica
Alterazioni della dinamica respiratoria durante il sonno nelle persone con lesione midollare, valutazione con esame polisonnografico e risvolti terapeutico-riabilitativi in fase post-acuta e cronica C. Mautino, C. Vallini, S. Negri, E. Chesi, S. Conte, I. Rosso, S. Petrozzino, G. Massazza, M. A. Minetto Introduzione Le lesioni midollari modificano la dinamica respiratoria riducendo la capacità vitale (CV) e la clearance muco-ciliare. La riduzione di CV è correlata al livello di lesione, a comorbidità pre-esistenti ed ad eventuali lesioni associate. Dal punto di vista respiratorio sia in fase post-acuta (FPA) sia in fase di cronicità (FC), riconosciamo: • disturbi franchi: dispnea, aumento della FR, presenza di movimenti paradossi del diaframma, ipotensione • disturbi subdoli che impattano sull’ambito partecipativo della persona con lesione midollare (PLM) alle attività riabilitative e si manifestano nelle ore diurne con sonnolenza, agitazione, confusione, riduzione del tono dell’umore e della capacità di concentrazione su compiti specifici nel trattamento riabilitativo. L’introduzione routinaria dello studio polisonnografico (PSN) nella valutazione e nel follow up delle PLM può essere un utile strumento di supporto al team riabilitativo. Risultati In FPA la PSG era positiva in 14 casi (93%); in FC la PSG era positiva in 13 casi (92.8%). Alla PSG si sono evidenziate nella > parte dei casi apnee ostruttive, ma anche una ridotta escursione toraco-addominale (T-A) talvolta peggiorata da ipertono addominale con effetto plateau sull’espansione addominale. Nelle PLM > a T5 le prove spirometriche eseguite dopo somministrazione di B2 stimolanti sono migliorate del 10-15% rispetto alle prove basali. Interventi terapeutici: • se PSG positiva, Apnoea Hypopnoea Index (AHI) > di 15, patologie polmonari associate e scarsa coordinazione T-A —>ventilazione notturna • se AHI < di 15, discreta dinamica respiratoria, ma presenza di desaturazioni —> O2 terapia a bassi flussi. Dopo modifica terapeutica sono stati rivalutati la PSG e i disturbi partecipativi. Discussione: la PSG ha permesso di evidenziare come una serie di alterazioni respiratorie siano più evidenti durante il sonno. In particolare nella nostra casistica • in FPA nelle PLM cervicale e dorsale alta i disturbi respiratori del sonno hanno una prevalenza del 93% • in FC del 92.8% dei tetraplegici e del 75% dei paraplegici • in FPA la PSG è stata utile per supportare la scelta dello svezzamento dalla ventilazione nei tempi appropriati, consentendo di documentare il miglioramento della dinamica respiratoria e la riduzione degli eventi ostruttivi delle alte vie respiratorie • in FC in 8 casi è stata posta indicazione a NIV, 3 pazienti erano già in ventilazione notturna (PSG è stata utile come follow up e per eventuale modifica dei parametri di ventilazione), 2 pazienti sono stati inseriti in follow up per grado moderato, PSG negativa in 1 caso. Materiali e Metodi Lo studio ha incluso nella valutazione 35 PLM che manifestavano sintomi respiratori franchi e subdoli: • In FPA: 15 tetraplegici (12 M e 3 F) e 2 paraplegici ( 1 M e 1 F) • In FC: 14 tetraplegici (9 M e 5 F) e 4 paraplegici (3 M e 1 F) I pazienti sono stati sottoposti a 1. valutazione spirometrica basale e dopo somministrazione di beta 2 stimolante 2. PSG 3. valutazione attività partecipative sia su base osservazionale sia con le consegne infermieristiche e fisioterapiche 4. eventuale intervento terapeutico 5. valutazione PSG dopo intervento terapeutico Conclusioni L’introduzione dello studio PSG nelle PLM è stato un utile strumento per Bibliografia Rachel Schembri et al. Apnoea and hypopnoea scoring for people with spinal cord injury: new thresholds for sleep disordered breathing diagnosis and severity classification. Accepted: 27 November 2018 / Published online: 9 January 2019 © International Spinal Cord Society 2019 William A. Bauman, et al. A Longitudinal Evaluation of Sleep and Breathing in the First Year After Cervical Spinal Cord Injury. Arch Phys Med Reah Vol 86, June 2015 Abdulghani Sankari, Amy T. Bascom and M. Safwan Badr Upper airway mechanics in chronic spinal cord injury during sleep. Sleep Research Laboratory, John D. Dingell Veterans Affairs Medical Center, Wayne State University School of Medicine,Detroit, Michigan, April 2014 1. 2. 3. verificare l’efficacia della ventilazione notturna sia in FPA che in FC guidare i tempi di svezzamento dal ventilatore cogliere l’insorgenza di disturbi in fase pre-clinica e in follow up. L’introduzione della NIV sulla base della PSG ha permesso di 1. migliorare la funzionalità respiratoria (riduzione delle aree disventilative e miglioramento del rapporto V/Q) 2. migliorare l’espansione della gabbia toracica (risoluzione di micro- atelettasie) 3. migliorare la partecipazione socio-familiare (a seguito del miglioramento di vigilanza diurna, attenzione, tono dell’umore) 4. modulare alcune scelte terapeutiche (sulla base del’AHI elevato/alterata dinamica respiratoria) Sebbene lo studio sia stato condotto su un campione limitato di PLM ha evidenziato l’importanza dell’affiancamento della PSG ai routinari esami spirometrici e radiografici sia in FPA che in FC.
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Il trattamento con fotobiomodulazione delle Lesioni da pressione nelle persone con lesione midollare
Il trattamento con fotobiomodulazione delle Lesioni da Pressione nelle persone con lesione midollare Rosso Ilaria, Pezzuto Carla, Sapelli Stefano, Mautino Claudia, Negri Sara, Chesi Enrico, Conte Salvatore, Petrozzino Salvatore, Massazza Giuseppe, Minetto Marco Alessandro Introduzione Le lesioni da pressione (LDP) sono complicanze drammatiche nella storia clinica della persona con lesione midollare. Esse impattano frequentemente sul benessere psico-fisico- sociale della persona con lesione midollare. Possono causare numerose complicanze cliniche infettive, frequenti ri-ospedalizzazioni e prolungamento delle degenze. Diventa pertanto necessaria una presa in carico multiparametrica e multispecialistica, volta a prevenire i fattori favorenti la cronicizzazione e al controllo dei fattori di rischio. Nell’ambito della cura è stata introdotto il trattamento adiuvante di fotobiomodulazione con luce blu (400-430 nn) dopo la preparazione del fondo della ferita, secondo le indicazioni di “Wound Hygiene”. Tale trattamento prevede la durata di 1 minuto, ogni 5 cm2 di lesione, con un dispositivo specifico mantenuto a circa 4 cm dalla lesione, con cadenza settimanale, per un totale massimo di 10 sedute Risultati La guarigione completa ha riguardato 10 lesioni da pressione. Un miglioramento significativo (intorno al 50%) in 8 lesioni da pressione. In 2 casi non è stata osservato alcun miglioramento. Non si sono verificati eventi avversi, né disturbi correlabili alla procedura Materiali e Metodi Sono stati trattati 13 pazienti con lesione midollare, in degenza ordinaria e in regime di Day Hospital, di età variabile da 25 e 73 anni; 5 femmine, 8 maschi; 7 tetraplegici, 6 paraplegici; 5 affetti da lesione midollare da oltre un anno. I pazienti presentavano LDP croniche, cioè di durata superiore ai 2 mesi. Le LDP trattate erano complessivamente 21, di II e III stadio, non cavitarie, con stato di colonizzazione del fondo non critico, di dimensioni medie di 5 cm. Le sedute eseguite sono state da 3 a 10 Conclusioni Il trattamento di fotobiomodulazione con luce blu si è rivelato un’utile alternativa nei casi di LDP croniche. Restano da chiarire le motivazioni dei casi senza successo clinico (maggiore fragilità e/o maggiore contaminazione delle ferita e della cute perilesionale?). Sebbene sia stato condotto su un campione limitato di pazienti, lo studio ha evidenziato sicurezza d’uso e semplicità gestionale, sempre all’interno di un appropriato programma riabilitativo Bibliografia Marchelli M. et al. “Photobiomodulation with blue light in non healing wounds: case series evaluation”; Wound International 2019, vol 10, cap.3, 23 September 2019. Erwin A. Kruger, et al. “Comprehensive management of pressure ulcers in spinal cord injury: Current concepts and future trends”. Review, J. Spinal Cord Med Vol 36, 2013 – Issue 6 , 572-585 SCIRE Project , Pressure Ulcers Following Spinal Cord Injury – 5^ versione Murphy C et al ‘Wound hygiene’; J of Wound Care Vol 28, N. 12, Dec.2019
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Valutazioen spasticità e selezione pazienti mielolesi da sottoporre a trattamento focale ecoguidato con tossina botulinica
Valutazione della spasticità e selezione dei pazienti mielolesi da sottoporre a trattamento focale ecoguidato con tossina botulinica Autori Negri Sara, Mautino Claudia, Andrighetti Marta, Conte Salvatore, Rosso Ilaria, Chesi Enrico, Petrozzino Salvatore, Massazza Giuseppe, Minetto Marco Alessandro. A.O.U. Città della Salute e della Scienza Torino – Dipartimento Ortopedia Traumatologia e Riabilitazione – S.C. Unità Spinale – Università di Torino, Dipartimento Scienze Chirurgiche, Divisione Medicina Fisica e Riabilitazione. Introduzione La spasticità costituisce una delle più gravi complicanze del danno del motoneurone superiore a genesi multifattoriale, caratterizzata da un’ aumentata risposta allo stiramento e si manifesta con segni clinici variabili positivi e negativi (spasmi, rigidità, debolezza muscolare); Pertanto, interferisce in modo rilevante con le possibilità di recupero funzionale. Per modularne l’entità, sono a disposizione diverse opzioni terapeutiche. Il trattamento focale con tossina botulinica dei disturbi del movimento correlati alla spasticità, rappresenta una terapia ormai consolidata e diffusa. La possibilità di eseguire trattamenti sotto guida ecografica presenta diversi vantaggi: • Estrema selettività nell’identificazione del muscolo target • Possibilità di differenziarlo dalle strutture limitrofe (vasi, nervi, periostio) • Tecnica di infiltrazione più accurata grazie al costante feed-back visivo • Informazioni sulle qualità del muscolo non reperibili con la sola EMG, utili a livello diagnostico/ prognostico (ad es trofismo e volume del muscolo, grado di fibrosi). Lo studio si propone di affinare ed integrare la valutazione della spasticità  nel mieloleso per orientare in maniera più specifica il trattamento focale con tossina botulinica, per integrarlo con gli altri interventi del progetto riabilitativo e selezionare le possibilità di miglioramento funzionale. Materiali e Metodi Sono stati valutati e trattati 75 pazienti, di cui 8 in 2 distretti con obiettivi diversi (83 distretti). L’arco di tempo considerato va dal 1/1/2019 al primo semestre del 2021 compreso. Alla valutazione tradizionale segmentaria (MMAS, passive-ROM slow and fast, Active-ROM, Tardieu Scale),  è stato deciso di affiancare una valutazione di impronta neurologica sulla base della quale i quadri clinici sono stati divisi in 6 varietà: 1) Spasticity PRR (Release dei riflessi propriocettivi); 2) Spasticity GRR (Generalized Reflex release); 3) Spasticity UMNs (Upper Motor Neuron Syndrome); 4) Spasticity DRS (Distonic-Rigid State); 5) Spasticity M (Mixed); 6) Spasticity U (Undefinided). Il 43% dei pazienti, trattati con finalità igienico- posturali, erano inquadrabili nelle varianti 1 e 2; il 38,5% dei trattamenti, volti  al miglioramento del cammino, presentavano fenomeni di cocontrazione ascrivibili alla sindrome complessa del motoneurone superiore (variante 3 o 6); il 18% trattati  con finalità prevalente di guadagno di funzione dell’arto superiore, possono essere inclusi prevalentemente nella variante 3. Risultati Il planning di trattamento in molti casi è stato preceduto da blocchi diagnostici neuromuscolari selettivi. Ove necessario abbiamo usufruito di integrazione con i dati  registrati mediante l’analisi strumentale del cammino, effettuata nel nostro Laboratorio del Movimento. I miglioramenti sotto il profilo funzionale sono valutabili come molto buoni (MB) nel 19%, soddisfacenti (S) nel 43%, poco significativi (PS) o non duraturi nel 18% dei casi e necessitano di ulteriori verifiche nel tempo. Conclusioni Il blocco diagnostico anestetico selettivo si è dimostrato utile nell’evidenziare il muscolo o i muscoli “trigger” realmente o maggiormente responsabili del pattern specifico di quel paziente, orientando il trattamento su di essi. Il metodo di valutazione descrittivo, a nostro avviso, ha consentito i seguenti vantaggi: • minor numero di muscoli da trattare con possibilità di concentrare maggiormente la dose su di essi, aumentando le probabilità di successo funzionale; • dose totale contenuta anche in spasticità gravi; • possibilità di evitare o procrastinare trattamenti di livello invasivo superiore come la terapia intratecale, mantenendo qualità di vita accettabile. L’individuazione ed il trattamento preliminare di stimoli di tipo afferenziale a provenienza variabile, viscerale, dolore muscolo-scheletrico o neuropatico, si è dimostrata condizionare in modo significativo risultato ed esito. Bibliografia 1. Sistematic review on the influence of spasticity on quality of life in adults with chronic neurological conditions. Milinis K., Young CA, Disabil Rehabil 2016, 38, 1431-41 2. Neuropathic pain and spasticity: intricate consequences of spinal cord injury (Review) – NB Finnerup – Spinal Cord (2017) 55, 1046-1050. Contatti marta.andrighetti@unito.it – Dr.ssa Marta Andrighetti A.O.U. Città della Salute e della Scienza Torino – Dipartimento Ortopedia Traumatologia e Riabilitazione – Dipartimento Scienze Chirurgiche, Università degli studi di Torino
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Associazione nerve transfer e trasposizioni tendinee: caratteristiche tecniche e processi decisionali
NUOVI PARADIGMI DI CHIRURGIA RICOSTRUTTIVA NEL PAZIENTE TETRAPLEGICO: RISULTATI PRELIMINARI Dopo il successo delle neurotizzazioni nel recupero funzionale in pazienti con lesioni nervose periferiche, negli ultimi anni è stata messa in luce la possibilità di eseguire neurotizzazioni nel contesto della chirurgia funzionale nel paziente tetraplegico in seguito a mielolesione cervicale 1. Per i pazienti tetraplegici il recupero motorio delle mani rappresenta la funzione più ricercata per migliorare l’autonomia e la qualità di vita 2. La chirurgia funzionale ha come scopo il recupero dell’estensione di polso, gomito, apertura della mano e presa funzionale (es. key-pinch). Lo scopo delle neurotizzazioni è l’utilizzo di rami nervosi di muscoli alternativi a quelli utilizzati per i trasferimenti tendinei qualora questi non fossero utilizzabili, oppure preservandoli per interventi ricostruttivi successivi 3. Razionale delle neurotizzazioni nel paziente tetraplegico Criteri di inclusione Pazienti con mielolesioni cervicali ASIA C5-C8 Stabilità neurologica da 6 mesi Forza dei muscoli donatori > MRC 4 Assenza di lesioni periferiche dei rami nervosi riceventi Assenza di spasticità agli arti superiori Assenza di deficit cognitivi Motivazione del paziente e dei caregiver all’intervento e al percorso riabilitativo Presenza di muscoli vicarianti ai donatori con MRC > 4 Sono sono stati selezionati 9 pazienti negli ultimi 24 mesi. Attività funzionalmente rilevanti per il miglioramento delle azioni della vita quotidiana nel paziente tetraplegico Estensione di gomito Ramo del N. Ascellare per il Piccolo Rotondo PRO ramo per il capo lungo del M. Tricipite Neurotizzazioni eseguite: 38 —> risultati preliminari: 20 Nei restanti casi il recupero non è ancora valutabile per lo scarso tempo dall’intervento (< 11 mesi). Ramo posteriore del nervo ascellare per il piccolo rotondo —> ramo del radiale per il capo lungo del tricipite N° neurotizzazioni: 7 Risultati preliminari: 2 casi estensione di avambraccio M2, 1 caso M3. Comparsa media di movimento: 10,3 mesi. Ramo per il brachiale pro mediano (interosseo anteriore) N° neurotizzazioni: 15 Risultati preliminari: 2 casi forza riceventi M2, 4 casi M1, 1 caso M0. Comparsa media di movimento: 14 mesi.; Rami del supinatore pro interosseo posteriore N° neurotizzazioni: 14 Nei nerve transfers di ramo del supinatore pro interosseo posteriore, 1 caso M3, 6 casi M2, 2 casi M1. Comparsa media di movimento: 8,2 mesi. Bibliografia Neurotizzazioni possibili in base alla disponibilità di nervi donatori Apertura della mano Ramo del radiale per il Supinatore PRO Nervo Interosseo Posteriore Possibilità di accoppiare neurotizzazioni con trasferimenti tendine Key-pinch Ramo del N.Muscolocutaneo per il Brachiale PRO NIP Fasi riabilitative – Immobilizzazione (2-3 settimane) – Recupero movimenti donatori (ROM e stenia) – recupero delle ADL del preoperatorio – Da comparsa di movimenti del ricevente (avvenuta reinnervazione) à esercizi accoppiati donatore-ricevente (attivazione dei nervi ai muscoli riceventi avviene attraverso l’attivazione volontaria del movimento donatore). – Convertire i cenni di attività muscolare in movimenti funzionali (fino al momento in cui il trasferimento viene utilizzato intenzionalmente) – Questo processo dipende dal fatto che assoni sufficienti raggiungano il muscolo ricevente per ottenere una contrazione adeguata e un apprendimento motorio adeguato per il controllo volontario. Gli interventi sono stati eseguiti ad entrambi gli arti superiori in un singolo tempo chirurgico in doppia equipe. Conclusioni Sono state eseguite neurotizzazioni accoppiate o non a trasferimenti tendinei. In nessun caso si è verificata perdita di forza del movimento donatore. L’esecuzione di neurotizzazioni nel paziente tetraplegico offre un aumento delle possibilità di recupero funzionale. In accordo con la letteratura, i tempi di reinnervazione più rapidi sono ottenuti nei nerve transfers con rami del supinatore pro interosseo posteriore 4. È atteso un miglioramento degli outcomes poiché sole 10 neurotizzazioni sono state valutate ad adeguata distanza dall’intervento. Allo studio EMG dei muscoli riceventi la comparsa di attività elettrica al tentativo di reclutamento sembra anticipare la comparsa di movimento, avendo un valore predittivo per il chirurgo e psicologico e riabilitativo per il paziente. 1- Fridén J, Gohritz A. Tetraplegia management update. Journal of Hand Surgery 2015;40:2489–500. 2- Snoek GJ, Ijzerman MJ, Hermens HJ, Maxwell D, Biering-Sorensen F. Survey of the needs of patients with spinal cord injury: Impact and priority for improvement in hand function in tetraplegics. Spinal Cord 2004;42:526–32 3- Titolo P, Fusini F, Arrigoni C, Isoardo G, Conforti L, Artiaco S, et al. Combining nerve and tendon transfers in tetraplegia: a proposal of a new surgical strategy based on literature review. European Journal of Orthopaedic Surgery and Traumatology 2019;29:521–30. 4- Khalifeh JM, Dibble CF, Van Voorhis A, Doering M, Boyer MI, Mahan MA, Wilson TJ, Midha R, Yang LJS, Ray WZ. Nerve transfers in the upper extremity following cervical spinal cord injury. Part 1: Systematic review of the literature. J Neurosurg Spine. 2019 Jul 12:1- 12.. Epub ahead of print. PMID: 31299644. 5- Kahn LC, Moore AM. Donor Activation Focused Rehabilitation Approach. Maximizing Outcomes After Nerve Transfers. Hand Clinics. 2016;32(2):263-277. doi:10.1016/j.hcl.2015.12.014 6- Hahn J, Cooper C, Flood S, Weymouth M, van Zyl N. Rehabilitation of supinator nerve to posterior interosseous nerve transfer in individuals with tetraplegia. Archives of Physical Medicine and Rehabilitation. 2016;97(6):S160-S168. doi:10.1016/j.apmr.2016.01.038
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Distribuzione dell’ipertono negli esiti di ictus: oltre i luoghi comuni.
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA SALUTE Distribuzione dell’ipertono negli esiti di ictus: oltre i luoghi comuni Rossella Pagani*#, Monica Casu*, Davide Marazzi*, Sara Baldi*, Fabrizio Gervasoni*, Antonino Michele Previtera*# Introduzione Il controllo del tono muscolare, cioè “la resistenza offerta dai muscoli all’allungamento passivo”, si basa sul funzionamento del riflesso miotatico o da stiramento. L’eccitabilità del riflesso da stiramento è influenzata sia da un processo di modulazione che avviene a livello spinale, sia da un controllo sovra- spinale. L’ipereccitabilità di tale riflesso è considerata la causa principale della spasticità. In seguito a un ictus cerebrale è frequente riscontrare il manifestarsi dell’ipertono spastico. È un presupposto comunemente accettato che la spasticità si manifesti prevalentemente a carico dei muscoli che resistono alla gravità (antigravitari), ovvero i flessori dell’arto superiore e gli estensori dell’arto inferiore. Nella pratica clinica si osserva, però, che la distribuzione dell’ipertono non è stereotipata (ovvero non si manifesta solo a carico dei muscoli antigravitari) e che la sua manifestazione presenta fluttuazioni in relazione a cambiamenti dello stato psico-fisico del paziente. L’obiettivo del presente studio è analizzare le basi neurofisiologiche che influenzano la manifestazione clinica dell’ipertono e la sua distribuzione anatomica in seguito a un ictus, in particolare indagare la correlazione tra istologia muscolare e insorgenza dell’ipertono, al fine di eseguire un intervento riabilitativo mirato. Materiali e Metodi È stata condotta una ricerca bibliografica all’interno del database MEDLINE, utilizzando la stringa “Stroke”[Mesh] AND “Muscle Spasticity”[Mesh]) AND (“measurement” OR “assessment”)) OR ((“Muscle, Skeletal/classification”[Mesh]) AND (“fiber type” OR “fiber types”)) con i filtri “humans” e “full text”. Risultati Attraverso la ricerca bibliografica sono selezionati 76 articoli full-text. Di questi, 18 sono stati ritenuti pertinenti e sono stati sottoposti alla revisione narrativa. Tutti gli studi utilizzano l’analisi istochimica della proporzione di tipologie di fibre muscolari come unico metodo di classificazione. Dagli studi analizzati emerge una significativa variabilità nella composizione delle fibre dei muscoli scheletrici umani sia tra i due sessi, sia, in modo ancora più evidente, tra i diversi individui. L’analisi istochimica non è si è rivelata un metodo adeguato alla classificazione dei muscoli scheletrici umani (“gravitari” vs “antigravitari”). La maggior parte degli studi riporta la presenza o l’assenza d’ipertono, ma non la sua distribuzione, ovvero il distretto corporeo interessato. Nel caso in cui tale dato sia riportato, non è definito lo specifico gruppo muscolare coinvolto. Gli studi presentano risultati molto vari e le discrepanze tra i risultati sono dovute a diverse variabili, tra cui l’utilizzo di diverse scale di valutazione. Lo strumento più comunemente utilizzato per la misurazione del tono è la Scala Ashworth Modificata (MAS). Essa permette di valutare solo una caratteristica della spasticità, ovvero la resistenza opposta dal muscolo al movimento passivo. Questo metodo di misurazione valuta il tono muscolare in modo indiretto e non permette di differenziare gli effetti dell’ipereccitabilità del riflesso da stiramento da quelli dovuti ai cambiamenti biomeccanici delle strutture muscolo-tendinee. Un altro fattore causale della variabilità interindividuale nella composizione di fibre è la capacità propria del muscolo scheletrico di adattarsi in risposta a stimoli quali l’uso e il disuso. Questi cambiamenti adattativi, che possono verificarsi anche nel corso della vita adulta, si manifestano sotto forma di modifiche nelle dimensioni delle fibre muscolari e nella tipologia delle stesse. L’ipertono risulta essere un fenomeno variabile, influenzato dall’esperienza dell’individuo e che peggiora in concomitanza di altre alterazioni dello stato di salute. Conclusioni L’insorgenza dell’ipertono non sembra essere correlata solo sulla base della composizione istochimica delle loro fibre muscolari. L’ipertono è un fenomeno variabile, la cui manifestazione può essere alterata da fattori psicologici ed emotivi facenti parte dell’esperienza COMPOSIZIONE ISTOCHIMICA del muscolo FUNZIONE del muscolo individuale. Ipotesi ESPERIENZA COMPOSIZIONE ISTOCHIMICA del muscolo Secondo tale modello interpretativo, la riabilitazione, intesa come l’insieme di esperienze proposte al paziente, potrebbe avere un ruolo determinante nella riorganizzazione del tono muscolare dopo un evento ictale. * DI.S.S., Università degli Studi di Milano – A.S.S.T. Santi Paolo e Carlo, Ospedale San Paolo, Via A. Di Rudinì, 8 – 20142 MILANO # rossella.pagani@unimi.it, antonino.previtera@unimi.it – Aloraini SM, Gäverth J, Yeung E, MacKay-Lyons M. Assessment of spasticity after stroke using clinical measures: a systematic review. Disabil Rehabil. 2015;37(25):2313-23. – Li S, Francisco GE. New insights into the pathophysiology of post-stroke spasticity. Front Hum Neurosci. 2015 Apr 10;9:192. – Schiaffino S, Reggiani C. Fiber types in mammalian skeletal muscles. Physiol Rev. 2011 Oct;91(4):1447-531.
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Il percorso di gestione della spasticità durante la pandemia da SARS-COV 2 in Unità Spinale Unipolare
IL PERCORSO DI GESTIONE DELLA SPASTICITÁ DURANTE LA PANDEMIA DA SARS COV-2 IN UNITÁ SPINALE UNIPOLARE Di Gregorio Tiziana, Nicosia Gabriella Cecilia, Rapisarda Lucia Daniela ,Paci Domenico , Onesta Maria Giuseppa Unità Spinale Unipolare , Azienda Ospedaliera per le Emergenze Cannizzaro , Catania INTRODUZIONE La pandemia da SARS – COV2 2019 ha influenzato la presa in carico riabilitativa delle persone con disabilità neuromotoria e spasticità a causa della riduzione dei trattamenti ambulatoriali ed in Day Hospital sia per i rischi di infezione che per la diversa distribuzione delle risorse (1) Nei mesi di lockdown nazionale ( 09 Marzo- 18 Maggio 2020) il trattamento generalizzato della spasticità in Unità Spinale Unipolare ( USU) con baclofene intratecale (ITB) è stato mantenuto (2), mentre il trattamento focale con tossina botulinica (Bont-A) è stato interrotto con peggioramento per le persone con spasticità della gestione delle ADL primarie e secondarie (3). L’USU ha effettuato , a conclusione del lockdown , una rapida e pronta riorganizzazione del trattamento della spasticità infiltrativo con tossina botulinica con percorsi dedicati ambulatoriali e recupero dei trattamenti sospesi. MATERIALI E METODI In questo lavoro verrà descritto il percorso di trattamento delle persone con spasticità generalizzata ( ITB) o focale ( Bont-A) che afferivano in regime ambulatoriale o in Day Hospital nell’Unità Spinale Unipolare dell’ A.O.E. Cannizzaro di Catania, durante il periodo di lockdown ed alla riapertura , dividendo il percorso in 3 fasi : fase I dal 10.03.2020 al 22.05.2020, fase II dal 22.05.2020 alla prima decade di Settembre 2021 , fase III dalla seconda decade di Settembre ad oggi . RISULTATI NOSTRA ESPERIENZA DAL 22 Maggio 2020 al 30 Luglio 2020 Nella fase I, dal 10.03.2020 al 22.05.2020, sono stati spostati tutti gli appuntamenti per i trattamenti focali con tossina botulinica programmati in tal periodo. Per la gestione delle persone portatrici di pompa intratecale di Baclofene , è stato organizzato un pre- triage telefonico (scheda covid) , un triage durante l’accesso in struttura , la rilevazione della temperatura corporea durante l’accesso. L’accesso era tramite percorso esterno diretto all’ambulatorio per ITB. Sulla base delle risorse disponibili in quel periodo sono stati utilizzati DPI, procedure di disinfezione delle mani ed oggetti , distanziamento tracciato nei locali della struttura, sanificazione degli ambienti e garantito minimo contatto tra operatori ed utenti. Durante la II fase, dal 22 Maggio 2020 a Settembre 2020 è stato possibile riprendere l’esecuzione dei trattamenti focali con tossina botulinica delle persone non trattate il lockdown, con triage telefonico (scheda covid),percorsi dedicati, accessi limitati (organizzazione della sala attesa, ambulatori con spazi definiti), utilizzo di DPI e sanificazione degli ambienti con ausiliari dedicati. Nella III fase, da Settembre 2020 ad oggi, conservando le modalità prima descritte, è stato possibile aumentare il grado di sicurezza della procedura con la organizzazione di uno Screening in modalità Drive-in , eseguito nello spazio antistante l’USU, tramite l’uso di tamponi antigenici rapidi per la ricerca di Covid-19, con infermiere dedicato , DPI (tuta integrale, mascherina FFP2, visiera, guanti). Diagnosi Persone trattate/ non trattate 21% Persone con lesioni midollari Lesioni midollari 34% Altre diagnosi Altre diagnosi 66% Lesioni midollari 79% Trattati Non trattati M/F Campione totale 34% M/F persone non presentate alla visita per trattamento con tossina 46% Tetraplegia 54% Paraplegia 66% Maschi Femmine 76% Maschi Femmine 24% Provenienza campione totale Provenienza persone non trattate Persone non trattate Persone con lesioni midollari non trattate Fuori provincia 17% Catania e Provincia 83% Catania e Provincia Fuori provincia 21% 6% 94% Catania e provincia Fuori Provincia Altre diagnosi Lesioni midollari 20% 79% 80% Tetraplegici Paraplegici Diagnosi Campione Totale Diagnosi Persone non trattate 7% 11% 41% Rapporto M/F 21% Rapporto M/F persone non trattate 41% 9% 4% 19% 30% 38% Emiplegia Tetraplegia Paraplegia Sclerosi Multipla Altro Emiplegia Tetraplegia Paraplegia Sclerosi Multipla 40% Maschi Femmine 79% Maschi Femmine 60% CONCLUSIONI La pandemia COVID-19, ed il conseguente Lockdown, con la riduzione o interruzione dei trattamenti in elezioni e non urgenti, ha reso necessario una riformulazione e riorganizzazione dei percorsi di gestione della spasticità in USU . I trattamenti focali con BonT-A sono stati interrotti per circa due mesi, ma prontamente ripresi e recuperati in un lasso di tempo di circa 3 mesi con analisi dei fattori che hanno determinato in dei casi la mancata presenza. La gestione delle persone con pompa intratecale non è stata mai interrotta. 1. Reebye, R., et al., Practical Guidance for Outpatient Spasticity Management During the Coronavirus (COVID-19) Pandemic: Canadian Spasticity COVID-19 Task Force. Can J Neurol Sci, 2020. 47(5): p. 589-593. 2. Coffey, R.J. and P.M. Ridgely, Abrupt intrathecal baclofen withdrawal: management of potentially life-threatening sequelae. Neuromodulation, 2001. 4(4): p. 142-6. 3. Santamato, A., et al., Discontinuation of botulinum neurotoxin type-A treatment during COVID-19 pandemic: an Italian survey in post stroke and traumatic brain injury patients living with spasticity. Eur J Phys Rehabil Med, 2020.
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Ruolo della riabilitazione pre-operatoria nel percorso ERAS per la chirurgia addominale: studio pilota
Ruolo della riabilitazione pre-operatoria nel percorso ERAS per la chirurgia addominale: studio pilota. Alfredo Fioroni 1, Elisa Baldoni 2, Massetti Massimo 1, Capecci Marianna2 1 UOC di Medicina Fisica e Riabilitativa AV5 Ascoli Piceno-S. Benedetto del Tronto, ASUR Marche 2 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa.Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica , Università Politecnica delle Marche INTRODUZIONE I soggetti che vanno incontro a chirurgie maggiori sono suscettibili di declino funzionale correlato alla condizione preesistente ed a quelle emergenti (indebolimento muscolare, cardiorespiratorio, e della funzione neurologica per via dello stress chirurgico). L’Enhanced recovery after surgery (ERAS) è un protocollo sempre più diffuso multimodale mirato a contrastare il declino funzionale nei soggetti sottoposti a chirurgia maggiore (1). Un elemento chiave nell’ERAS è la mobilizzazione precoce in fase post-operatoria (2). Tuttavia, stanno emergendo evidenze, ancora preliminari, sull’utilità di un approccio riabilitativo specifico anticipato alla fase pre-operatoria, prehabilitation (3). OBIETTIVI Obiettivo primario: Valutare l’aderenza ad un percorso ERAS che comprendeva la presa in carico riabilitativa, comprensivo di counselling e/o esercizio supervisionato, prima di un intervento di chirurgia maggiore addominale. Obiettivo secondario: misurare l’evoluzione clinico-funzionale dei soggetti operati MATERIALI E METODI RISULTATI Sono stati arruolati 33 soggetti avviati alla chirurgia: anni 70 ± 12; 15 donne (F). 13 soggetti (75 ± 9; 6F) risultarono fragili, pertanto è stato avviato l’allenamento supervisionato in ospedale. 20 soggetti (66 ± 13; 9F) risultavano in salute e sottoposti a counselling e monitoraggio clinico. I soggetti fragili erano più anziani (Z=-2.1; p=.04) e decondizionati al 6MWT (Z=-3.6; p=.003) prima dell’intervento rispetto alle persone non fragili. 4 soggetto fragili sono risultati NOT COMPLIANT (80±9 anni, 3F), mentre i restati hanno partecipato a più del 70% del protocollo di prehabilitation (74±9 anni, 5F). Tra i soggetti non fragili, un quarto (n5) ha svolto gli esercizi e l’attività fisica proposti (64±14 anni, 1F), mentre i restanti 15 (67±12 anni, 6F) sono rimasti inattivi. I soggetti COMPLIANT, sia fragili che non, hanno mostrato una decisa stabilità clinico-funzionale (p=n.s.). I soggetti rimasti inattivi sono peggiorati nel post-operatorio al 6MWT (Z=-3.2; p=.005) percorrendo in media 36 metri in meno dopo l’intervento rispetto all’arruolamento. Tale peggioramento è stato osservato tanto nei fragili quanto nei soggetti non a rischio. I punteggi al SPPB sono tendenzialmente peggiorati nel gruppo NOT COMPLANT rispetto al COMPLIANT, senza raggiungere la significatività statistica. Le complicanze in acuto della chirurgia sono state < al 5% e indipendenti dal gruppo di fragilità o compliance alla prehabilitation ed al counselling. Unità Operativa Complessa di Medicina Fisica e Riabilitativa - Ascoli Piceno DIRETTORE Dott. Alfredo Fioroni San Benedetto del Tronto Sono stati inclusi pazienti consecutivamente arruolati in un percorso ERAS per chirurgia elettiva addominale gastrica e colonrettale (da Marzo 2019 a Novembre 2020). Un’infermiera ERAS specializzata, utilizzando il Fried Frailty Index (FFI), identificava il livello di rischio nei soggetti avviati alla chirurgia, distinguendo i soggetti non fragili, ovvero con punteggio FFI pari a 0 o 1, rispetto ai fragili con punteggio FFI paria 2 o 3. I soggetti non fragili hanno ricevuto una seduta di raccomandazioni (counselling) su attività fisica giornaliera, esercizi respiratori ed un programma di training ad alta intensità da eseguire a casa (esercizi aerobici e di resistenza); i pazienti ad elevato rischio sono stati esaminati da un fisiatra ed ha avuto la possibilità di partecipare a due sessioni a settimana di training personalizzato e supervisionato, che includeva training aerobico, di resistenza ed esercizi respiratori, in ospedale per quattro settimane (prehabilitation). La condizione funzionale motoria globale dei soggetti, sia fragili che non, è stata valutata prima dell’intervento chirurgico, all’avvio del protocollo ERAS, (T0) e dopo un mese dalla chirurgia (T1) mediante il 6- minute walking test (6MWT) e lo Short Physical Performance Battery (SPPB). Inoltre è stata valutata l’aderenza alle indicazioni ed è stato stratificato, successivamente, il campione in COMPLIANT e NOT- COMPLIANT, sulla base della partecipazione a più del 50% o meno, rispettivamente, alle attività richieste a casa o in ospedale, al fine di verificare se l’aderenza avesse un impatto sull’evoluzione funzionale. MISURE DI OUTCOME: • 6-minute walking test (6MWT); • Short Physical Performance Battery (SPPB). VALUTAZIONI: • all’avvio del protocollo ERAS: T0 • dopo un mese dalla chirurgia: T1 NON FRAGILI -> counselling 28% 72% ATTIVI INATTIVI FRAGILI -> prehabilitation 31% 69% COMPLIANT NOT COMPLIANT I soggetti rimasti INATTIVI sono peggiorati nel post-operatorio al 6MWT (Z=-3.2; p=.005) percorrendo in media 36 metri in meno dopo l’intervento rispetto all’arruolamento. Tale peggioramento è stato osservato tanto nei fragili quanto nei soggetti non a rischio. Le complicanze in acuto della chirurgia sono state < al 5% e indipendenti dal gruppo di fragilità o compliance alla prehabilitation I punteggi al SPPB sono tendenzialmente peggiorati nel gruppo NOT COMPLIANT rispetto al COMPLIANT, senza raggiungere la significatività statistica CONCLUSIONI • L’attività fisica e l’esercizio terapeutico eseguiti prima di un intervento di chirurgia addominale, sono efficaci nel contrastare il deterioramento funzionale evidente nel periodo post operatorio tanto nei soggetti fragili quanto in quelli a basso rischio. • L’aderenza alle prescrizioni è migliore nei soggetti più giovani e se è garantita un’attività supervisionata in presenza raggiunge il 69%. BIBLIOGRAFIA 1. Thomas W et al Am J Surg 2020 Mar; 219(3):530-538 2. Merki-Künzli, et al. JMIR Res Protoc. 2017 Oct 27;6(10):e199. 3. Stefanus van Rooijen, et al Rooijen et al. BMC Cancer (2019) 19:98.
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L’Ambulatorio Integrato a Ciclo Diurno (AICD) nella gestione del paziente long-COVID: un case report
L’Ambulatorio Integrato a Ciclo Diurno (AICD) nella gestione del paziente long- COVID: un case report C. Cavallaro1, E. Turri1, E. Angeli1, G. Busetto1, M. Pescoll2, A. Baldo1. U.O.C. Riabilitazione Fisica Ospedale Provinciale di Bolzano – Servizio di Riabilitazione Territoriale1; Corso di Laurea in Fisioterapia – Scuola Provinciale Superiore di Sanità CLAUDIANA2 INTRODUZIONE Scopo di questo case report è quello di mostrare l’approccio multidisciplinare applicato in AICD presso la Riabilitazione Extraospedaliera di Bolzano nel percorso di recupero funzionale del paziente long-COVID in fase post-acuta. MATERIALI E METODI Il paziente D.N.M., di anni 73, artigiano in pensione con storia di BPCO del fumatore e lombalgia cronica, veniva ricoverato in data 23/10/2020 presso le Malattie Infettive dell’Ospedale di Bolzano per polmonite bilaterale da SARS-Cov2; necessitava di trasferimento in terapia intensiva per essere sottoposto a ventilazione meccanica e successiva tracheostomia. In data 07/12/2020 veniva trasferito presso la Neuroriabilitazione dell’Ospedale di Vipiteno, dove svolgeva trattamento riabilitativo intensivo multidisciplinare. Dimesso a domicilio il 20/02/2021 con diagnosi di “Esiti di polmonite SARS- COV2, Critical Illness Polineuropathy e Myopathy e singolo episodio di FA”. Veniva quindi preso in carico dal Nostro Servizio AICD in dimissione protetta ed in continuità terapeutica. Il signor D.N.M. eseguiva una prima Visita Fisiatrica in data 24/02/2021, con riscontro di ipostenia prevalentemente prossimale ai 4 arti, impaccio della motilità fine delle mani, facile faticabilità con desaturazioni e dispnea, deficit deambulatorio sulle brevi distanze con necessità di ausilio di rollator. Durante la visita si stilava il PRI e si impostava il Programma Riabilitativo. Avviava quindi il trattamento in data 09/03/2021 con una frequenza di 3 sedute settimanali, con gli obiettivi di migliorare l’equilibrio e la postura, ricondizionare il sistema cardio-respiratorio, incrementare l’autonomia e la qualità della marcia, migliorare la mobilità fine delle mani, incrementare l’autonomia nelle ADL, ridurre il conflitto tracheale in regione di tracheostomia e controllare lo stato ansioso. Veniva coinvolto il Team multidisciplinare costituito dal Medico Fisiatra, Infermiera, Fisioterapista, Ergoterapista, Logopedista e Neuropsicologo. RISULTATI – 1 Il signor D.N.M. ha svolto complessivamente circa 4 mesi di trattamento con 30 sedute di Fisioterapia, 30 sedute di Ergoterapia, 4 sedute di Logopedia e 4 sedute di trattamento Neuropsicologico, oltre al quotidiano Nursing Riabilitativo e alle Visite Fisiatriche di controllo. Venivano eseguite 2 Riunioni di Team, in presenza di paziente e caregiver, per il monitoraggio del percorso riabilitativo, delle condizioni sociali e familiari. Si è scelto di monitorare costantemente la SpO2 durante tutte le attività svolte dal paziente e di rivalutare periodicamente le sue prestazioni con le seguenti scale/test: FIM, Modified Barthel Index (MBI), 10 meter Walking Test (10mWT), 6 minutes Walking Test (6mWT), Misura Canadese della Performance Occupazionale (COPM) e Performance Quality Rating Scale (PQRS). 100 98 96 94 92 90 88 86 84 82 SpO2 – 6 Min WT SpO2 pre SpO2 post 110 105 100 95 90 85 80 75 70 65 BPM pre BPM post BPM – 6 Min WT RISULTATI – 2 Il training deambulatorio ha consentito di progressivamente svezzare il paziente dal rollator, incrementando le percorrenze e riducendo l’affanno. Il 10mWT ha mostrato solo minime variazioni delle tempistiche di esecuzione, ma anche il mantenimento di tali performance al passaggio dal rollator al singolo bastone ed infine alla deambulazione libera da ausili; è risultato invece poco sensibile alle variazioni di SpO2 e FC. Il 6mWT si è dimostrato molto più utile nel monitoraggio della funzione cardio-respiratoria, rivelando un progressivo miglioramento della SpO2 e della FC sia pre- che post-test e soprattutto la riduzione a circa la metà del tempo di recupero della SpO2 al 95% da inizio a fine periodo di trattamento. Sia la FIM che la MBI sono incrementate passando rispettivamente da 115 a 123 punti e da 85 a 100 punti. Anche il PQRS ed il COPM hanno dimostrato il progressivo miglioramento della qualità delle attività svolte, passando rispettivamente da un punteggio iniziale di 1 ad un punteggio finale di 8 del PQRS e da performance iniziale 20 a performance finale 25 del COPM. 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 Time to SpO2 95 (sec) – 6 Min WT CONCLUSIONI Il signor D.N.M. ha concluso il suo percorso riabilitativo il 01/07/2021, libero da ausili (1 bastone da passeggio solo in ambiente esterno), col pieno raggiungimento degli obiettivi preposti nel PRI, riferendo grande soddisfazione per i risultati raggiunti, mostrando maggiore equilibrio psicologico e presa di coscienza dei propri limiti e capacità, dimostrando la piena applicazione delle strategie acquisite in trattamento e la loro trasposizione delle attività di vita quotidiana, sociale e ricreativa. Ciò evidenzia il ruolo indispensabile del Team Riabilitativo nella sua interezza, coordinato dal Medico Fisiatra, per la presa in carico del paziente complesso long- COVID: l’AICD consenta infatti di far coesistere un elevato livello di prestazione riabilitativa con l’esigenza dei pazienti di un precoce rientro a domicilio dopo l’evento acuto. In particolare, esso consente un passaggio protetto per un graduale reinserimento sociale ed un attivo processo di valutazione ed addestramento del caregiver e dei familiari, nonché una proficua collaborazione con gli infermieri del territorio ed i Medici di Medicina Generale, garantendo un follow-up personalizzato e puntuale. Quindi, ciò candida l’AICD a modello organizzativo ideale per la presa in carico del paziente long-COVID, come già lo è per la gestione del paziente neurologico complesso post-acuto. BIBLIOGRAFIA • Physical Medicine and Rehabilitation and Pulmonary Rehabilitation for COVID-19, Tina J Wang, Brian Chau, Mickey Lui, Giang-Tuyet Lam, Nancy Lin, Sarah Humbert – Am J Phys Med Rehabil. 2020 Sep;99(9):769-774. • Long Covid-19: Proposed Primary Care Clinical Guidelines for Diagnosis and Disease Management, Antoni Sisó-Almirall, Pilar Brito-Zerón, Laura Conangla Ferrín, Belchin Kostov, Anna Moragas Moreno, Jordi Mestres, Jaume Sellarès, Gisela Galindo, Ramon Morera, Josep Basora, Antoni Trilla, Manuel Ramos-Casals, On Behalf Of The CAMFiC Long Covid-Study Group – Int J Environ Res Public Health. 2021 Apr 20;18(8):4350.
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“Parkinson Rehab” app: a pilot study on the of mobile health for Parkinson’s disease home-based training
” Parkinson Rehab®” App: a pilot study on the use of mobile health for Parkinson’s disease home-based training Carolina Bregante 1,2, Silvia Rizzo 1,2, Martina Putzolu 2 ,Carola Cosentino 2, Laura Mori 1,2 , Carlo Trompetto 1,2 , Elisa Pelosin 1,2 1 Ospedale Policlinico San Martino IRCCS, Genoa, Italy 2 Department of Neuroscience, Rehabilitation, Ophthalmology, Genetics, Maternal and Child Health (DINOGMI), University of Genoa, Italy INTRODUZIONE La Mobile-Health è definita dall’OMS come “la pratica medica e di sanità pubblica supportata da dispositivi mobili, come telefoni cellulari, dispositivi di monitoraggio dei pazienti, assistenti digitali personali e altri dispositivi wireless” . Nell’ultimo decennio e, nell’ultimo anno e mezzo a causa della pandemia di COVID-19, l’uso e la diffusione della Mobile-Health sono aumentate in modo esponenziale, anche nel campo della riabilitazione. Lo scopo di questo studio è valutare l’usabilità e l’efficacia di “Parkinson Rehab®”, un’app mobile creata con l’obiettivo di implementare il trattamento fisioterapico nei pazienti con Malattia di Parkinson. MATERIALI E METODI Ad oggi, sono stati reclutati 6 pazienti con MP (3 maschi e 3 femmine, con età media 62.33 ± 7.25). Al fine di valutare possibili miglioramenti sulla performance motoria e cognitiva, sulla qualità della vita e sull’umore sono state utilizzate le seguenti scale cliniche: Four Step Square Test (FSST), Short Physical Performance Battery (SPPB), Test dei 10 metri, Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (UPDRS), Parkinson’s Disease- Cognitive Rating Scale (PD-CRS), Parkinson’s Disease Questionnaire (PDQ-39), Activities-specific Balance Confidence Scale (ABC), Hamilton Depression Rating Scale, Hamilton Anxiety Rating Scale. I pazienti sono stati valutati prima dell’inizio del trattamento (T0) e dopo un mese di training con l’applicazione (T1). L’app fornisce un totale di 42 video suddivisi in 3 diverse categorie di esercizi: posizione supina, posizione seduta e posizione eretta. I pazienti sono stati istruiti a eseguire, almeno tre volte a settimana, 10 diversi esercizi scelti da un fisioterapista in base al loro livello di prestazione e ai loro bisogni riabilitativi, alternati ad attività ludico motoria di moderata intensità. Nello specifico, sono stati istruiti ad osservare attentamente il video concentrandosi su ciascun movimento e ad eseguire poi fisicamente lo stesso esercizio. 14 12 10 8 6 4 2 40 35 30 25 20 15 10 5 SPPB UPDRS RISULTATI Per verificare l’efficacia del trattamento effettuato fino ad ora dai 6 pazienti sono state considerate le medie e i t-test delle scale di valutazione somministrate al T0 e al T1. Per SPPB punteggio medio al T0 pari a 11.6, a T1 10.16; con valore t pari a 0.02. Per UPDRS punteggio medio al T0 pari a 33.3, a T1 27.83; con valore t pari a 0.14. Per Minibest punteggio medio al T0 26, a T1 pari a 23.5; con valore t pari a 0.5. Per il 10MWT, valore medio al T0 pari a 8.16 secondi, al T1 7.83 secondi; con valore t pari a 0.25. Per FSST valore medio al T0 pari a 9.65 secondi, al T1 9.61 secondi; con valore t pari a 0.46. 00 T0 T1 T0 T1 8.4 8.2 8 7.8 7.6 7.4 7.2 10 METERS T0 T1 CONCLUSIONI “Parkinson Rehab”® si è rivelata un’app utile e di facile utilizzo per supportare la fisioterapia domiciliare ma sono necessarie ulteriori valutazioni e un campione più ampio per ottenere risultati più accurati. I dati raccolti fino ad ora dall’esiguo campione preso in esame per un breve lasso di tempo, infatti, non permettono di trarre conclusioni univoche e definitive riguardo l’efficacia dell’applicazione nel migliorare le performance motorie e cognitive nei pazienti affetti da Morbo di Parkinson. Bibliografia 1 World Health Organization. Available at www.who.int 2 Ganapathy K. Telemedicine and Neurological Practice in the COVID-19 Era. Neurol India. 2020 May-Jun;68(3):555-559. doi: 10.4103/0028-3886.288994. PMID: 32643663. 3 Brad E. Dicianno, Bambang Parmanto, Andrea D. Fairman, Theresa M. Crytzer, Daihua X. Yu, Gede Pramana, Derek Coughenour, Alan A. Petrazzi, Perspectives on the Evolution of Mobile (mHealth) Technologies and Application to Rehabilitation, Physical Therapy, Volume 95, Issue 3, 1 March 2015, Pages 397–405, https://doi.org/10.2522/ptj.20130534
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Analisi dei retaggi culturali sulla disparità di genere nel materiale di valutazione logopedica
Introduzione In questo nostro lavoro vorremmo mettere in luce le criticità riscontrate nell’uso di materiale di valutazione e di trattamento logopedico relativamente agli stereotipi di genere che si riscontrano in due dei test più usati nella nostra professione: l’AAT (Aachener Aphasie Test) e la BLED ( Batteria sul Linguaggio dell’emisfero Destro) Oggetto dello studio e alcune definizioni: Sono stati esaminate le immagini contenute nei seguenti test di valutazione logopedica: AAT BLED In ambito cognitivo gli stereotipi di genere sostengono che i maschi ‘superino’ le femmine nei test matematici e spaziali e le femmine superino i maschi in quelli verbali. La differenza di genere nelle abilità verbali è minima e varia a seconda del tipo di abilità valutata(ad esempio il vocabolario e la lettura e/o scrittura di testi complessi come i saggi). Sembra che vi siano molte più somiglianze di genere che differenze in un ampio spettro di attributi psicologici(6). Il pregiudizio è una componente fondamentale del comportamento sociale umano che rappresenta la complessa interazione tra processi neurali e fattori sociali. I processi socio-cognitivi coinvolti nel pregiudizio , negli stereotipi e nei processi di regolazione delle risposte tra i gruppi coinvolgono diversi sistemi neurali che sembrano comprendere reti funzionali separate. Il pregiudizio è una valutazione o una risposta emotiva verso un gruppo sociale basata su preconcetti(7). Lo stereotipo si riferisce a caratteristiche generali attribuite a un gruppo sociale come ad esempio tratti personali(ad es. poco intelligente) o attributi circostanziali (ad es. povero) (7). E’ l’esito di un processo di categorizzazione che permette di facilitare il giudizio sociale , ma utilizza processi che avvengono in maniera automatica e si basa su conoscenze di cui i soggetti non sono spesso consapevoli (13). Con il termine sessismo si indica una qualunque arbitraria stereotipizzazione di maschi e femmine in ragione esclusiva della propria appartenenza sessuale. Sessismo è un termine che si presta ad essere riferito indifferentemente a discriminazioni perpetrate sia verso gli uomini che verso le donne, anche se originariamente fu coniato nel lessico femminista con lo specifico scopo di denunciare soprusi e pregiudizi a danno del sesso femminile (1). La Lingua non è il riflesso diretto dei fatti reali ma esprime la nostra visione dei fatti; inoltre non è neutra e non è un mezzo oggettivo di trasmissione di contenuti, al contrario essa racchiude una particolare rappresentazione del mondo che influenza il parere stesso dei parlanti. La Lingua è depositaria di cultura, è il prodotto della società che parla. Se la realtà sociale italiana è in via di modificazione è necessario discutere e revisionare gli aspetti del discorso che perpetrano stereotipi già spesso superati (Cardinaletti e Giusti). Proposte e soluzioni Le motivazioni sociali di affiliazione e confronto con gli altri sono tra le più potenti pulsioni umane e spesso pregiudizio e stereotipi operano in combinazione per influenzare il comportamento sociale , ma nonostante la loro persistenza nella società contemporanea vengono spesso contrastati da convinzioni personali egualitarie e dalle norme pro-sociali delle persone. Ecco qualche possibile soluzione che ci è venuta in mente alla luce di quanto fino a qui rilevato: Osservazione e analisi dei test presi in considerazione Tab. 1 numero di volte in cui sono rappresentati donne e uomini donne =26 uomini=37 Tab. 2 numero di volte in cui sono rappresentati bambine e bambini bambina=13 bambino=26 Tab. 3 ruoli adulti maschili rappresentati poliziotto/vigile delinquente uomo d’affari cameriere cuoco calzolaio dentista sportivo Tab.4 ruoli adulti femminili rappresentati casalinga madre maestra Tab.5 ruoli bambina alunna pulisce la casa (scopa, stira) si occupa di altri (dà da mangiare al gatto, aiuta la madre a lavare i piatti) piange perché è triste raccoglie i fiori si pettina i capelli Tab. 6 ruolo bambino gioca al pallone fa una rissa usa la pala scia e fa sport piange perché ha paura di essere sgridato Bled Santa Lucia Tab. 7 numero di volte in cui sono rappresentati donne e uomini donne= 22 uomini=40 Tab. 8 ruoli adulti maschili rappresentati capoufficio delinquente poliziotto/vigile sindaco medico giocatore uomo d’affari avvocato cacciatore attore politico/governatore impiegato di banca turista uomo che manda avanti la famiglia presentatore TV Tab. 9 ruoli adulti femminili rappresentati maestra madre/figlia/sorella/nonna donna che prega donna che cuce moglie che pulisce la casa donna che va al mercato donna che guarda i gioielli segretaria donna che parla del fidanzato ANALISI DEI RETAGGI CULTURALI SULLA DISPARITA’ DI GENERE NEL MATERIALE DI VALUTAZIONE LOGOPEDICA Autori M.Saffila 1 , N.Giunta 2 , G.Ballì 1, R.Bessone 3, M.Beatrici 4 1 Logopedista , A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino-Presidio CTO S.C. Neuroriabilitazione-Degenza 2 Dirigente Medico , A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino-Presidio CTO S.C. Neuroriabilitazione-Degenza 3 Logopedista e Psicologa in Scienza della Mente, A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino-Presidio CTO S.C. Neuroriabilitazione-Degenza 4 Direttore S.C. presso A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino – Presidio CTO – S.C. Neuroriabilitazione – Degenza GCA Metodologia Abbiamo quantificato le immagini che compongono i due test e che raffigurano stereoptipi di genere. Analisi Nell’ AAT ( Tab. 1 e 2 ) e’ evidente una netta prevalenza numerica di maschi, i bambini sono attivi e le bambine tendenzialmente passive ( Tab. 3 e4). Su 110 immagini analizzate, i maschi sono raffigurati in 37 immagini e le femmine in 26, i bambini sono rappresentati in 26 immagini e le bambine in 13. I maschi sono rappresentati in ruoli appassionati e avventurosi, le bambine sono ritratte come passive, sedentarie e vengono rappresentate più frequentemente dei maschi tra le mura domestiche( Tab. 3, 4, 5 e 6 ). Le poche donne presenti nelle immagini vengono spesso rappresentate come mogli o come madri ; nei rari casi in cui lavorano , vengono a loro attribuite le professioni di maestra e segretaria. Gli uomini invece sono rappresentati come uomini d’ affari, sportivi, poliziotti, politici . Nella BLED ( Tab. 7) su 50 items analizzati , le donne son raffigurate in 22 items e gli uomini in 40, quindi il numero di immagini con presenza maschile è doppia rispetto a quella con presenza femminile, con ruoli più variegati e legati alla sfera del lavoro, mentre anche qui il ruolo femminile è relegato alla cura della casa o nel ruolo di maestra o segretaria ( Tab. 8 e 9). Si evince dunque che non vi è parità numerica tra maschi e femmine in ambo i test. I. II. creare una griglia di analisi per il materiale visivo e scritto iniziare una revisione del materiale riabilitativo logopedico più obsoleto III. produrre nuovo materiale con una rappresentazione paritaria dei sessi non solo in termini numerici attraverso la rottura di alcuni stereotipi sessisti Conclusioni In accordo con quanto scritto da Adela Turin, ricercatrice e scrittrice italiana, è necessario un lessico di immagini simboliche per sostenere ruoli non stereotipati ma ugualitari, riproponendo e rappresentando nuove relazioni e comportamenti . Bibliografia 1) Irene Biemmi, Educazione sessista. Stereotipi di genere nei libri delle elementari,edizione Rosenberg & Sellier, 2017 2)BLED SantaLucia (Batteria sul Linguaggio dell’emisfero Destro Santalucia) di M. Cristina Rinaldi, Paola Marangolo e Marco Lauriola ed GiuntiOS 3)Luzzati, C., Wilmes, K. and Bleser, D., AAT Aachner Aphasie Test (Edizione italiana) ed Giunti OS.,1996. 4)Luzzatti, Claudio & Willmes, Klaus & Bleser, R. & Bianchi, A. & Chiesa, G. & De Tanti, Antonio & Gonella, M.L. & Lorenzi, Lorena & Pozzoli, C. New Normative Data for the Italian Version of the Aachen Aphasia Test [A.A.T.]. Archivio di Psicologia Neurologia e Psichiatria. 55. 1086-1131; (1994) 5)De Bleser, R., Denes, G.F., Luzzati, C. and Mazzucchi, A., L’Aachener Aphasie Test (AAT): I. Problemi e soluzioni per una versione italiana del Test e per uno studio crosslinguistico dei disturbi afasici. Archivio di psicologia, neurologia e psichiatria,1986. 6)Janet S Hyde ,Sex and cognition: gender and cognitive functions , Neurobiology,2016 Jun. 7)Amodio DM. The neuroscience of prejudice and stereotyping, Nat Rev Neurosci. 2014 Oct. 8)Anthony G.Greenwald, Univeristy of washington, Implicit Social Cognition: Attitudes, Self-Esteem, and Stereotypes , Psycological Review, 1995 9)http://www.comune.torino.it/politichedigenere/bm~doc/guida-alla-decifrazione-degli-stereotipi-sessisti-negli-albi-illustrati.pdf 10)Adela Turin ,2003 in guida degli stereotipi sessisti negli albi 11)Cardinaletti Anna e Giusti Giuliana, il sessismo nella lingua italiana-Riflessioni sui lavori di Alma Sabatini, Universita’ di Padova e Venezia 12)Alma Sabatini, Il sessismo nella lingua italiana ,PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER L’INFORMAZIONE E L’EDITORIA 13)Arcuri L, Cadinu M. Gli stereotipi. Dinamiche psicologiche e contesto delle relazioni sociali. Il Mulino, Bologna, 2011. 14) Alexia Rohde, Linda Worrall, Erin Godecke, Robyn O’Halloran, Anna Farrell,Margaret Massey Diagnosis of aphasia in stroke populations: A systematic review of language tests March 22, 2018 PLOS alcune immagini dell’AAT TAA
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Teleriabilitazione nel paziente long-COVID presso i presidi INRCA Marche: protocollo di studio
Teleriabilitazione nel paziente Long COVID presso i presidi INRCA Marche: protocollo di studio M.Micheletti 1; F.D’Ambrosio 2; E.Casoni 2; A.Vecchione 2; C.Marzocchi 3; D.Arsego4,5; L.Ferrara6; M.Capecci1; G.R.Riccardi2 1 Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica; Clinica di Neuroriabilitazione; Ancona, Italia 2 Unità Operativa di Medicina Riabilitativa POR Ancona IRCSS INRCA, Italia; 3 Direzione Infermieristica IRCSS INRCA Marche; Ancona, Italia; 4 Direzione Medica IRCSS INRCA Marche; Ancona, Italia; 5 Università Politecnica Delle Marche, Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica; Sezione di Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica; Ancona, Italia; 6 UOS Rischio Clinico – Direzione Medica IRCSS INRCA Marche; Ancona, Italia Introduzione La sindrome Long COVID comprende un ampio corteo di segni e sintomi che si protraggono per oltre 12 settimane dall’inizio della malattia e non sono spiegabili con diagnosi alternativa. È in aumento il numero di soggetti affetti da questa entità clinica: circa uno su cinque tra i guariti da COVID-19. Il quadro clinico che si può manifestare è molto diversificato: sintomi sistemici, cardio-respiratori, Materiali e Metodi muscolo-scheletrici, gastrointestinali, psicologici/psichiatrici. È quindi chiara la necessità riabilitativa che caratterizza questi individui. Il reclutamento dei pazienti prevede una presa in carico con valutazione iniziale multiprofessionale mediante utilizzo di scale di misura validate e registrazione basale dei parametri vitali, usando strumenti digitali connessi a una piattaforma online che archivia i dati e consente reportistica personalizzata. I soggetti reclutabili hanno afferito alla Unità Operativa di Medicina Riabilitativa dei Presidi INRCA Marche e rientrano nei seguenti criteri di inclusione: • Mini Mental State Examination – MMSE • Time Up and Go – TUG, • Sit To Stand – STS, • Test del cammino, • Scala di Borg per la fatica, • Scala di Barthel per la dispnea, • NumericalRatingScale–NRSperildolore • Barthel Index Modificato per la valutazione di autonomiae carico assistenziale, • Short Form – SF12 per la valutazione della qualità di vita percepita, • Depression, Anxiety and Stress Scale – DASS21 • Profilo valutazione disartria Robertson • ASHA NOMS – valutazione deglutitoria • MOntreal Cognitive Assessment – MOCA Per concludere la valutazione iniziale, potrà essere richiesto un test cardio-polmonare per la valutazione oggettiva della soglia individuale di massima tolleranza allo sforzo. Il trattamento sarà articolato in 10 sedute bisettimanali di fisiochinesiterapia-logopedia tramite piattaforma di videoconferenza. Quotidianamente si esegue il monitoraggio da remoto di saturazione, frequenza cardiaca, pressione arteriosa e temperatura corporea, sia a riposo che nel corso delle sessioni riabilitative. Al termine dei trattamenti, verranno eseguite valutazioni di follow-up: la prima al termine del trattamento e la successiva dopo 3 mesi, in cui verrà effettuato un re-test per analizzare tutti gli outcome considerati durante la valutazione iniziale. otorinolaringoiatrici, neurologici, cognitivi, • Sintomi persistenti da COVID-19 per oltre settimane e che necessitino di interventi riabilitazione per il recupero funzionale dell’autonomia nelle ADL 12 di e Risultati In un contesto di limitazioni degli spostamenti come quello generato dalla pandemia di COVID-19, dalle condizioni cliniche del paziente e dalla geografia della Regione Marche, che può rendere difficoltoso raggiungere il luogo dove si svolge il trattamento riabilitativo, ci si attende che questo progetto permetta di raggiungere un maggior numero di utenti, offrendo comunque un servizio di qualità, efficace nel controllare e migliorare i sintomi del Long COVID. Conclusioni Con questo progetto l’INRCA si pone l’obiettivo di attivare un servizio di teleriabilitazione e telemonitoraggio che pone le basi per la strutturazione di un più ampio percorso di presa in carico riabilitativa multiprofessionale fisiatrica, fisioterapica e logopedica. Bibliografia 1. A.V. Raveendran, Rajeev Jayadevan and S. Sashidharand – “LONG COVID: An overview”; Elsevier Public Health Emergency Collection PMC8056514 Diabetes Metab Syndr. 2021 May-June; 15(3): 869–875. Published online 2021 Apr 20 2. Sandra Lopez, Leon, Talia Wegman-Ostrosky, Carol Perelman, Rosalinda Sepulveda, Paulina A Rebolledo, Angelica Cuapio, Sonia Villapol – “More than 50 Long-term effects of COVID-19: a systematic review and meta-analysis”; MedRxiv, The Preprint server for health sciences; Cold Spring Harbor Laboratory BmJ – 2021 Jan 30;2021. 3. National Institute for Health and Care Excellence, Royal College of General Pratictioners, Healthcare Improvemente Scotland SIGN. COVID-19 rapid guideline: managing the long term effects of COVID-19. Dec 2020 In questo contesto, gli strumenti di telemedicina possono offrire risposte alla necessità di creare nuove opportunità per il miglioramento del servizio sanitario tramite maggiore collaborazione tra i professionisti sanitari coinvolti e i pazienti. L’INRCA (IRCCS specializzato nel trattamento di pazienti in età geriatrica) pone particolare attenzione ad offrire adeguati servizi riabilitativi a questa particolare categoria di persone. Nello specifico è stato attivato un servizio di teleriabilitazione e telemonitoraggio per soggetti affetti da Long COVID, anche sulla scorta dell’esperienza e della ricerca nella gestione dei pazienti COVID positivi nel corso della pandemia. • Condizioniclinichegestibiliadomicilio • Capacità di utilizzare i dispositivi per telemonitoraggio in autonomia o presenza di un caregiver per il supporto nel loro utilizzo. • Disponibilità di un setting adeguato dove svolgere il trattamento riabilitativo in sicurezza o caregiver disponibile a supervisionare lo svolgimento delle sedute. Sono esclusi i pazienti: • Affetti da problematiche internistiche non stabilizzate • Con deterioramento cognitivo di grado severo con punteggio al Mini-Mental State Examination (MMSE) inferiore a 10/30 • Impossibilitati a eseguire il trattamento riabilitativo da remoto in sicurezza • Ancora positivi al tampone per ricerca di SARS- CoV-2 Le valutazioni del primo incontro comprenderanno: lo screening delle competenze cognitive e del linguaggio, la performance motoria, la faticabilità, la presenza di dispnea e dolore, le competenze deglutitorie, il grado di autonomia nelle ADL, la percezione della qualità di vita e lo stato psico-affettivo attraverso l’utilizzo di questionari e scale di misura validate selezionate.
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Epidemiologia del dolore muscoloscheletrico nella ginnastica artistica e ritmica: una survey per programmare una riabilitazione sportiva come strumento di cura e prevenzione
49° Congresso Nazionale in modalità digitale LE RADICI DEL FUTURO 28-31 ottobre 2021 EPIDEMIOLOGIA DEL DOLORE MUSCOLOSCHELETRICO NELLA GINNASTICA ARTISTICA E RITMICA: UNA SURVEY PER PROGRAMMARE UNA RIABILITAZIONE SPORTIVA COME STRUMENTO DI CURA E PREVENZIONE FARÌ Giacomo, ZONNO Alessandra, PETRUZZELLA Domenico, GIARRIZZO Denise, GIOIA Giulia, CAFORIO Laura, RANIERI Maurizio, MEGNA Marisa Dipartimento di Scienze Mediche di Base, di Neuroscienze e Organi di Senso, Università degli studi di Bari ‘Aldo Moro’ Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Università del Salento INTRODUZIONE Gli atleti di ginnastica ritmica e artistica sono esposti ad un alto rischio di infortuni, ma anche di sviluppare dolore muscoloscheletrico. Quest’ultimo dato è ancora poco indagato nella letteratura scientifica disponibile. Negli anni, la diffusione di questi sport ha comportato un aumento dei disordini muscoloscheletrici ad essi correlati; ne deriva un rischio significativo di sospensione temporanea o addirittura definitiva di queste attività, che invece garantiscono importanti effetti benefici se praticate correttamente e inserite in programmi di monitoraggio e prevenzione del dolore muscoloscheletrico (DMS). Scopo di questo studio è determinare la prevalenza del DMS, differenziato per distretti anatomici, in una coorte di atleti professionisti che praticano ginnastica artistica e ritmica e di indagare i principali fattori di rischio coinvolti. MATERIALI E METODI Il design è quello di uno studio osservazionale retrospettivo. È stato creato un questionario distribuito via e-mail, che comprendeva domande a risposta multipla e aperta, suddivise in tre diverse sezioni: 1. laprimasezionefornivainformazionisullostudioecontenevailconsensoinformato;includeva,inoltre,datidemograficieantropometrici; 2. lasecondasezioneriguardavalapraticaatleticaelecaratteristichedellesessionidiallenamento; 3. la terza sezione si concentrava sul dolore muscoloscheletrico legato alla specifica attività sportiva oggetto di indagine. Per approfondire l’origine del DMS, abbiamo raccolto dati sulle abitudini di vita che potrebbero influenzarne l’insorgenza (ore giornaliere trascorse in posizione seduta per le consuete attività quotidiane, come il lavoro o lo studio). RISULTATI La coorte era composta da 79 atleti: 54 atlete di ginnastica ritmica e 25 di ginnastica artistica, di cui 1 atleta maschio. 65 atleti su 79 (82,3%) hanno sperimentato DMS ricorrenti legati alla pratica della ginnastica. Il periodo di pratica sportiva è risultato fortemente correlato con l’incidenza di DMS (OR = 1,01; 95% CI = 1,01–1,04; p = 0,041). In particolare, gli atleti che praticavano lo sport da molti anni sono risultati maggiormente affetti da DMS al polso, che mostra un’associazione statisticamente significativa con il periodo di pratica sportiva (polso destro: OR = 1,02, 95% CI = 1,01–1,03, p = 0,031; polso sinistro: OR = 1,02, 95%, CI = 1,01–1,04, p = 0,028), ma anche con l’età degli atleti (polso destro: 1,23; 95%, CI = 1,01–1,50, p = 0,038; polso sinistro: 1,46, 95% CI = 1,13-1,90, p = 0,004). Un’altra associazione statisticamente significativa è emersa tra DMS al polso destro e BMI (OR = 1,72, 95% CI = 1,24-2,39, p = 0,001). La stessa evidenza è stata riscontrata per il dolore alla spalla destra. Le ginnaste più inclini al DMS in questa regione anatomica sono risultate le atlete più anziane (OR = 1,30, 95% CI = 1,02–1,66, p = 0,035) e quelle che praticavano sport da più tempo (OR = 1,02, 95 % IC = 1,01– 1,04, p = 0,039); Si è registrata anche un’associazione significativa tra DMS alla coscia destra e il periodo di pratica sportiva (OR = 1,02, 95% CI = 1,01–1,03, p = 0,031), nonché tra DMS al ginocchio sinistro e il periodo di pratica sportiva (OR = 1,02, IC 95% = 1,01–1,04, p = 0,005). Un totale del 43,6% del campione ha trascorso più di 4 ore in posizione seduta; è emerso che gli atleti che trascorrevano più ore giornaliere in posizione seduta erano più esposti a DMS (OR = 1,91, 95% CI = 1,01-3,59, p = 0,045). Tabella 1 Prevalenza del dolore ed incidenza x100 mesi-persona, per distretto anatomico Distretto Prevalenza Incidenza x100 mesi-persona n % 95%CI Inc. 95%CI Dolore Muscoloscheletri co 65 82,9 72,1-90,0 10,2 8,0-13,0 Mano destra 0 0,0 0,0-4,6 0,0 – Mano sinistra 0 0,0 0,0-4,6 0,0 – Polso destro 15 19,0 11,0-29,4 2,4 1,4-3,9 Polso sinistro 10 12,7 6,2-22,0 1,6 0,8-2,9 Gomito destro 1 1,3 0,3-6,9 0,02 0,01-0,11 Gomito sinistro 0 0,0 0,0-4,6 0,0 – Spalla destra 9 11,4 5,3-20,5 1,4 0,1-2,7 Spalla sinistra 9 11,4 5,3-20,5 1,4 0,1-2,7 Rachide cervicale 0 0,0 0,0-4,6 0,0 – Rachide dorsale 10 12,7 6,2-22,0 1,6 0,8-2,9 Rachide lombare 19 24,1 15,1-35,0 3,0 1,9-4,7 Rachide sacro- coccigeo 8 10,1 4,5-19,0 1,3 0,1-2,5 Anca destra 13 16,5 9,1-26,5 2,0 1,2-3,5 Anca sinistra 9 11,4 5,3-20,5 1,4 0,1-2,7 Coscia destra 13 16,5 9,1-26,5 2,0 1,2-3,5 Coscia sinistra 12 15,2 8,1-25,0 1,9 1,1-3.3 Ginocchio destro 21 26,6 17,3-37,7 3,3 2,2-5,1 Ginocchio sinistro 21 26,6 17,3-37,7 3,3 2,2-5,1 Caviglia destra 20 17,7 16,2-36,4 3,1 2,0-4,9 Caviglia sinistra 14 17,7 10,0-27,9 2,2 1,3-3,7 Piede destro 3 3,8 0,8-10,7 0,05 0,02-0,15 Piede sinistro 2 2,5 0,3-8,8 0,03 0,00-0,13 CONCLUSIONI La ginnastica è uno degli sport competitivi più popolari al mondo, ma espone gli atleti a sviluppare DMS e infortuni. Come osservato in questa ricerca, sono numerosi i distretti anatomici soggetti a DMS a causa dell’intensa attività sportiva e questo è particolarmente evidente per polsi, colonna lombare e arti inferiori. Più i ginnasti praticano questo sport, più è probabile che sviluppino dolore in diversi distretti muscolo-scheletrici. L’aumento dell’età e del BMI sembrano essere potenziali fattori di rischio anche per l’insorgenza di DMS. Infine, è importante capire come e se le abitudini di vita influenzino la prevalenza di DMS tra i ginnasti professionisti. È auspicabile che ulteriori ricerche approfondiscano il DMS legato alla ginnastica e disegnino nuove strategie di allenamento e riabilitazione per prevenirlo, al fine di limitare il rischio di abbandono e migliorare la diffusione di queste pratiche sportive, che, tradizionalmente, si accompagnano a beneficio psicofisico, anche quando praticate a partire da un’età molto giovane. Bibliografia 1. Caine, D.; Cochrane, B.; Caine, C.; Zemper, E. An epidemiologic investigation of injuries affecting young competitive female gymnasts. Am. J. Sports Med. 1989, 17, 811–820. [CrossRef]. 2. Kamada, M.; Abe, T.; Kitayuguchi, J.; Imamura, F.; Lee, I.-M.; Kadowaki, M.; Sawada, S.S.; Miyachi, M.; Matsui, Y.; Uchio, Y. Dose–response relationship between sports activity and musculoskeletal pain in adolescents. Pain 2016, 157, 1339–1345. [CrossRef]. 3. DiFiori, J.P. Overuse injury and the young athlete: The case of chronic wrist pain in gymnasts. Curr. Sports Med. Rep. 2006, 5, 165–167. [CrossRef] [PubMed].
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Dance for Stability – La musica come adiuvante allo svolgimento di esercizi coreografati per il controllo motorio e l’equilibrio in pazienti con Sclerosi Multipla.
DANCE FOR STABILITY LA MUSICA COME ADIUVANTE ALLO SVOLGIMENTO DI ESERCIZI COREOGRAFATI PER IL CONTROLLO MOTORIO E L’EQUILIBRIO IN PAZIENTI CON SCLEROSI MULTIPLA Fabrizio Gervasoni1, Lucia Romano Bernardini2, Lucia Dal Corso, Vincenzo Ricci1, Martina Arrigo2-3, Lia Mazzini1, Tiziana Lambo, Arnaldo Andreoli1-3 1. Ospedale “Luigi Sacco” – U.O. Riabilitazione Specialistica – Asst Fatebenefratelli Sacco – Milano, Italia. 2. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano, Italia. 3. Ospedale “Fatebenefratelli” – U.O. Riabilitazione Specialistica – Asst Fatebenefratelli Sacco – Milano, Italia. INTRODUZIONE La Sclerosi Multipla è la più comune malattia infiammatoria demielinizzante a carico del Sistema Nervoso Centrale. Colpisce persone giovani o in età adulta, più frequentemente donne, e comporta tipicamente disturbi di equilibrio, instabilità durante la deambulazione con aumentato rischio di cadute e difficoltà nell’eseguire attività motorie di “dual task”, ossia l’esecuzione simultanea di compiti motori e cognitivi. La musica può essere considerata un potenziale strumento riabilitativo in quanto promuove la neuroplasticità, sia favorendo l’accesso a circuiti neurali compensatori preservati dalla malattia, sia attivando circuiti dopaminergici legati al potenziamento sinaptico e aumentando la sincronizzazione dell’attivazione delle reti neurali, fenomeni che favoriscono l’apprendimento. L’esercizio terapeutico coreografato si realizza accompagnando con la musica il trattamento fisioterapico di gruppo. L’obiettivo di questo studio è indagare l’effetto riabilitativo della danza, intesa come esercizio terapeutico coreografato, per i disturbi di equilibrio caratteristici della Sclerosi Multipla, attraverso una revisione qualitativa della letteratura scientifica e un progetto sperimentale pilota. MATERIALI E METODI REVISIONE QUALITATIVA DELLA LETTERATURA SCIENTIFICA Ricerca su database MEDLINE, SCOPUS, EMBASE di articoli che indagano l’effetto di un trattamento basato sulla danza o sull’unione di musica ed esercizio motorio per i disturbi di equilibrio caratteristici della Sclerosi Multipla. PROGETTO SPERIMENTALE PILOTA “DANCE FOR STABILITY” Pazienti arruolate: 9 ♀; 29-54 anni; EDSS 1,5-4,5; Diagnosi SM RR. ESERCIZIO COREOGRAFATO COADIUVATO DALLA MUSICA 10 sessioni a cadenza bisettimanale, 60 minuti ciascuna. RISULTATI Dagli articoli presi in considerazione è stato possibile evidenziare un generale trend di miglioramento, non statisticamente significativo, nella quasi totalità degli item indagati (i.e. equilibrio, fatica, forza degli arti inferiori, deambulazione, qualità della vita). Miglioramenti statisticamente significativi sono stati riscontrati nella percezione soggettiva della fatica (1) e nella qualità della vita (2). Il progetto sperimentale pilota è stato sospeso dopo le prime cinque sedute a causa delle restrizioni sanitarie conseguenti all’emergenza pandemica da COVID-19. Utilizzando strumenti di telemedicina è stato però possibile somministrare alle pazienti i questionari previsti dal protocollo, al fine di valutare la loro soggettiva risposta dopo le prime sedute di trattamento. È stato così rilevato un generale trend di miglioramento tra pre- e post-trattamento in diversi item; ma il dato più rilevante è stato il peggioramento statisticamente significativo della percezione della fatica (MFIS) e della salute mentale (MSQOL-54) tra l’inizio e la fine del lockdown. CONCLUSIONI Dalla revisione qualitativa della Letteratura scientifica emerge che, alla situazione attuale, a causa del numero esiguo e delle dimensioni ridotte degli studi e dell’eterogeneità dei trattamenti proposti, non è possibile ricavare evidenze scientifiche riguardo all’efficacia di un trattamento basato sulla danza per i pazienti affetti da Sclerosi Multipla. I trend in miglioramento trasversali a tutti gli studi analizzati forniscono però elementi incoraggianti per ricerche future. Il progetto Dance for Stability, nonostante la precoce interruzione, ha mostrato risultati parziali promettenti per quanto riguarda il miglioramento dell’equilibrio e della deambulazione. Inoltre, la condivisione di attività ludiche, motorie, ricreative e riabilitative tra pazienti con storie simili di malattia, può contribuire a contrastare la tendenza all’isolamento sociale, migliorando l’outcome psicologico e la percezione della qualità di vita. BIBLIOGRAFIA 1. Thaut MH, Peterson DA, McIntosh GC. Temporal entrainment of cognitive functions: musical mnemonics induce brain plasticity and oscillatory synchrony in neural networks underlying memory. Ann N Y Acad Sci. 2005;1060:243–54. 2. Carling A, Forsberg A, Gunnarsson M, Nilsagård Y. CoDuSe group exercise programme improves balance and reduces falls in people with multiple sclerosis: A multi-centre, randomized, controlled pilot study. Mult Scler. 2017;23(10):1394–404. 3. Moradzadeh L, Blumenthal G, Wiseheart M. Musical Training, Bilingualism, and Executive Function: A Closer Look at Task Switching and Dual-Task Performance. Cogn Sci. 2015;39:992–1020.
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Inquadramento clinico della fatica nel paziente con sindrome post-COVID: l’esperienza dell’Ospedale “Luigi Sacco” di Milano.
INQUADRAMENTO CLINICO DELLA FATICA NEL PAZIENTE CON SINDROME POST-COVID L’ESPERIENZA DELL’OSPEDALE LUIGI SACCO DI MILANO Fabrizio Gervasoni1, Adele Agostini1-2, Gregorio Salce1-2, Vincenzo Ricci1, Antonella Lo Mauro3, Arnaldo Andreoli1 1. Ospedale “Luigi Sacco” – U.O. Riabilitazione Specialistica – Asst Fatebenefratelli Sacco – Milano, Italia. 2. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano, Italia. 3. Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria, Politecnico Di Milano, Milano, Italia. INTRODUZIONE La presa in carico di pazienti con infezione da SARS-CoV-2 (COVID-19) non si limita alla gestione della fase acuta di malattia, ma impone un accurato inquadramento clinico e strumentale di tutte le possibili sequele disabilitanti. In letteratura sono stati proposti diversi termini per riassumere il corollario di sintomi che persistono dopo l’insorgenza delle prime manifestazioni della COVID-19: long COVID, post-COVID-19 syndrome (i.e. sindrome post-COVID), post-acute sequelae SARS-CoV-2 infection (PASC) e altri. Uno dei sintomi riportato più frequentemente è la “fatigue”: una condizione di stanchezza disabilitante e persistente. È un sintomo difficile da oggettivare e quantificare, che riguarda non solo pazienti che hanno contratto COVID-19 in forma severa, ma anche i cosiddetti pazienti “paucisintomatici”, che non hanno richiesto l’ospedalizzazione durante la fase acuta. Presso l’U.O. di Riabilitazione Specialistica dell’Ospedale “Luigi Sacco” di Milano (ASST Fatebenefratelli Sacco) è stato predisposto un protocollo di inquadramento clinico e strumentale dei pazienti con sindrome post-COVID che ha permesso di documentare anche il sintomo “fatica”. MATERIALI E METODI VARIABILI RILEVATE 1. Fatigue Severity Scale (FSS) – 9 items riguardanti l’impatto della fatigue su: motivazione, esercizio, funzionalità fisica, svolgimento attività, lavoro e vita sociale; – per ogni item si assegna un punteggio da 1 (fortemente in disaccordo) a 7 (fortemente d’accordo) – tre categorie di gravità: Nessuna fatica o lieve fatigue (FSS totale ≤ 35) Fatigue moderata (36 ≤ FSS totale ≤ 52) Fatigue severa (FSS totale ≥ 53). 2. 2-Minute Walking Test (2MWT) Test del cammino dei due minuti RISULTATI Degli 82 partecipanti, il 75,6% (62/82; 24 con “fatigue severa” e 38 con “fatigue moderata”) ha riferito affaticamento persistente. L’82,3% delle donne riferisce “fatigue” (42/51; 18 con “severe fatigue” e 24 con “moderate fatigue”), contro il 64,5% degli uomini (20/31; 6 con “severe fatigue” e 14 con “moderate fatigue”). Nel campione in studio non sembra esserci correlazione tra la gravità della fase acuta di malattia e l’affaticamento post-COVID-19: 34 dei 41 (82,9%) pazienti NH sono risultati positivi al test della fatigue; 28 dei 41 (68,2%) pazienti H sono risultati positivi al test della fatigue. Il 54,9% (39 – 24F, 15M) dei 71 (44 F, 27 M) partecipanti che hanno eseguito il test del cammino ha ottenuto risultati patologici. La maggior parte dei pazienti con test del cammino patologico (33 su 39 – 84,6%) rientra nella categoria dei pazienti con fatigue riferita (11 “severe fatigue”, 22 “moderate fatigue”). CONCLUSIONI La valutazione dei risultati conseguiti dai pazienti con sindrome post-COVID, conferma che la fatigue è un sintomo frequente; è più rappresentata nel sesso femminile e non sembra essere correlata alla gravità del decorso dell’infezione. Un test clinico utile per la valutazione della fatica in pazienti con sindrome post-COVID è il test del cammino dei due minuti. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi con campioni più numerosi al fine di descrivere più dettagliatamente la prevalenza della fatigue, di quantificarla in modo oggettivo e di stimare l’impatto di questo sintomo sulla qualità di vita dei pazienti. Attraverso un accurato inquadramento clinico e strumentale sarà possibile impostare un percorso riabilitativo mirato, finalizzato alla risoluzione dei sintomi disabilitanti persistenti che caratterizzano la sindrome post-COVID. BIBLIOGRAFIA – Carfì A, Bernabei R, Landi F, for the Gemelli Against COVID-19 Post-Acute Care Study Group. Persistent Symptoms in Patients After Acute COVID-19. JAMA. 2020;324(6):603–605. doi:10.1001/jama.2020.12603 – Townsend L, Dyer AH, Jones K, Dunne J, Mooney A, Gaffney F, et al. Persistent fatigue following SARS-CoV-2 infection is common and independent of severity of initial infection. PLoS ONE. 2020. 15(11): e0240784. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0240784 – Krupp LB, LaRocca NG, Muir-Nash J, Steinberg AD. The Fatigue Severity Scale. Application to patients with multiple sclerosis and systemic lupus erythematosus. JAMA Neurology. November 1989. DOI: 10.1001/archneur.1989.00520460115022
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ICUAW e COVID19: percorso diagnostico in un setting riabilitativo
ICUAW e COVID19: percorso diagnostico in un setting riabilitativo F.Nicolli1, M. Acler2, F. Giordani3, M. Ferrari2, A. Picelli4, N. Smania4, J. Bonavita2 INTRODUZIONE L’obiettivo di questo studio è descrivere l’esperienza di un centro riabilitativo intensivo trentino riguardo pazienti con Intensive Care Unit Acquired Weakness associata ad infezione COVID-19 sottoposti a valutazione neurofisiologica ai quattro arti e percorso riabilitativo. MATERIALI E METODI Sono stati inclusi i pazienti ammessi all’Ospedale Riabilitativo di Villa Rosa a Pergine Valsugana (TN), da Febbraio 2021 a Luglio 2021, che soddisfacevano la diagnosi clinica di ICUAW al momento dell’ingresso (MRC sum score <48/60), in esiti di infezione da COVID 19 severa (tale da richiedere intubazione endotracheale e degenza in UTI), sottoposti a studio neurofisiologico durante la degenza riabilitativa. La valutazione clinica standardizzata è stata eseguita utilizzando il Medical Research Council (MRC) sum score all’ingresso (valutazione MRC, bilaterale, di: abduzione di spalla, flessione di gomito, estensione di polso, flessione d’anca, estensione di ginocchio, dorsiflessione di tibiotarsica). Lo studio neurofisiologico, parte integrante della normale pratica clinica, era finalizzato a confermare od escludere la presenza di Critical Illness e classificarla nelle forme polineuropatica (CIP), miopatica (CIM) o polineuromiopatica (CIMP). Il protocollo prevedeva per tutti i pazienti elettroneurografia con velocità di conduzione motoria e sensitiva e studio elettromiografico (ad ago concentrico) in almeno tre arti. RISULTATI Sono stati analizzati 29 pazienti: 22 pazienti sono stati inclusi e 7 pazienti sono stati esclusi. Un interessamento neuromuscolare allo studio neurofisiologico ai quattro arti è stato rilevato in 22/22 pazienti. Allo studio neurofisiologico in 20/22 (91%) sono stati rilevati reperti compatibili con CIP. Inoltre, sono stati rilevati reperti compatibili con una sofferenza del plesso brachiale nel 14% pazienti (di cui 1 bilaterale); del nervo ulnare nel 41% pazienti (in 2 casi bilateralmente); del nervo mediano nel 18% pazienti e dello sciatico popliteo esterno (SPE) nell’82% pazienti. Dei 18 pazienti con deficit dello SPE, 13 pazienti (72%) lo presentavano bilaterale ed alla dimissione 11/18 (61%) hanno necessitato di prescrizione di AFO e 16/18 (89%) di ausilio. PZ IN ESITI DI INFEZIONE DA COVID19 SEVERA RICOVERATI A VILLA ROSA (Pergine Valsugana TN) Febbraio-Luglio 2021 DIAGNOSI CLINICA DI ICUAW (MRC sum score <48/60) RISCONTRI NFS PZ CON DEFICIT SPE PRESCRIZIONE ORTESI/AUSILI IN PZ CON DEFICIT DELLO SPE CIP 91% SPE 82% 72% ULNA RE 41% MEDIANO 18% 28% 100% 50% unilaterale 0% 61% ORTESI 89% AUSILI PL. BRACHIALE 14% 0% 20% 40% 60% 80% 100% bilaterale CONCLUSIONI STUDIO NFS Nella nostra esperienza, l’approfondire con studio neurofisiologico la diagnosi clinica di ICUAW (MRC sum score < 48/60) nei pazienti in esiti di COVID19, ha evidenziato: § reperti compatibili con Critical Illness nella forma polineuropatica (CIP) nel 91% dei pazienti, in assenza di quadri franchi di CIM o CIMP; § riscontro di deficit neurologici focali, che potrebbero essere riferibili a mononeuriti o plessopatie da compressione o trazione; § impatto riabilitativo che queste ultime possono avere, anche in termini di prescrizione di ortesi ed ausili. Appare quindi fondamentale una precoce presa in carico riabilitativa anche a scopo preventivo. BIBLIOGRAFIA Hermans G, Van den Berghe G. Clinical review: intensive care unit acquired weakness. Crit Care. 2015 Aug 5;19(1):274. Latronico N, Bolton CF. Critical illness polyneuropathy and myopathy: a major cause of muscle weakness and paralysis. Lancet Neurol. 2011 Oct;10(10):931-41. Ren AL, Digby RJ, Needham EJ. Neurological update: COVID-19. J Neurol. 2021 Apr 30:1–9. 1 Scuola di Specializzazione Medicina Fisica e Riabilitativa di Verona 2 Ospedale Riabilitativo Villa Rosa, Pergine Valsugana (TN), APSS Trento 3 Scuola di Specializzazione Medicina Fisica e Riabilitativa di Padova 4 Centro di Ricerca in Riabilitazione Neuromotoria e Cognitiva, Università degli Studi di Verona
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Efficacia e sicurezza di OnabotulinumtoxinA nel trattamento dell’aprassia di apertura palpebrale idiopatica
Introduzione L’aprassia dell’apertura palpebrale (Apraxia of Lid Opening, ALO) è una rara forma di distonia focale caratterizzata da difficoltà transitoria nell’iniziare l’atto di elevazione palpebrale dopo chiusura volontaria o involontaria. Spesso coesiste nell’ambito di sindromi neurologiche più complesse o più atipicamente nelle forme di blefarospasmo essenziale. Molto raramente, tale disturbo, può manifestarsi come fenomeno idiopatico isolato. L’aprassia di apertura palpebrale può derivare dall’inibizione involontaria della funzione dell’elevatore della palpebra superiore, dalla contrazione prolungata dell’orbicolare o da entrambe. L’iperattività frontale vicariante all’ipovisus, è un segno clinico costante. Il ventaglio di proposte terapeutiche è esiguo ed il solo trattamento conservativo routinariamente proposto in pratica clinica, è il blocco NM con tossina botulinica, con risultati spesso di breve entità e durata. Materiali e Metodi Cinque pazienti affetti da ALO idiopatica bilaterale sono stati sottoposti a trattamento con 150 UI di OnabotulinumtoxinA (75UI OD, 75 UI OS) inoculate in 8 punti di inoculo a livello della regione pretarsale, orbitale dell’OO bilaterale e corrugatore. Sono state somministrate le seguenti scale di valutazione al baseline T0, dopo 30 giorni (T1) e dopo 3 mesi (T2): AEOSS (Apraxia of eyelid opening severity scale), PGIC (Patient global impression of change) e grado di iperattività frontale mediante (grading 0-5). Risultati A 30 giorni dal trattamento si rileva un decremento dei valori di AEOSS rispetto al baseline (7,831,06 vs 4,331,28) e del grado di attivazione muscolare frontale (4,010,89 vs 2,181,12). Tutti i pazienti inoltre, hanno riferito un miglioramento globale nella PGIC che perdura sino ai 90 giorni post-inoculo. Non sono stati riportati effetti avversi locali e sistemici. Conclusioni L’aprassia di apertura palpebrale è un disturbo invalidante sia in termini di menomazione che di partecipazione sociale. Il deficit visuospaziale associato ad una prolungata chiusura palpebrale spesso condiziona posture patologiche del capo con elevato rischio di perturbazione sensoriale. L’impiego di 150 UI OnabotulinumtoxinA si configura come trattamento sicuro, efficace e privo di effetti avversi locali e sistemici. Bibliografia 1. Lepore FE, Duvoisin RC. Apraxia of eyelid opening: An involuntary levator inhibition. Neurology 1985;35:423–427. 2. Ferrazzano G, Muroni A, Conte A, Ercoli T, Tamburini G, Fabbrini G, Berardelli A, Defazio G. Development of a Clinical Rating Scale for the Severity of Apraxia of Eyelid Opening, Either Isolated or Associated with Blepharospasm. Mov Disord Clin Pract. 2020 Sep 22;7(8):950-954. doi: 10.1002/mdc3.13083. 3. Defazio G, Livrea P, Lamberti P, et al. Isolated so-called apraxia of eyelid opening: report of 10 cases and a review of the literature. Eur Neurol 1998;39:204–210.
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Ossificazione eterotopica del cinto pelvico dopo malattia da Covid 19 con deficit neuroperiferico associato: descrizione di un caso
Ossificazione eterotopica del cinto pelvico dopo malattia da Covid 19 con deficit neuroperiferico associato: descrizione di un caso Tania Sogoian*, Massimo Iannilli*, Paolo Boldrini° *Area Riabilitativa – Casa di Cura Città di Rovigo ° Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa INTRODUZIONE : L’ossificazione eterotopica (HO), “anormale formazione di lamelle ossee nei tessuti periarticolari e senza connessione con il periostio”, è una condizione relativamente rara ma spesso disabilitante. Nel 77% dei casi la sede è l’anca, seguita per frequenza da gomito e spalla. In genere si osserva in pazienti che presentano immobilita’ prolungata, secondaria a traumi, lesioni cerebrali e midollari (vascolari, traumatici,) o periferici (S. di Guillain Barre’), ARDS, interventi chirurgici, ustioni; è più frequente in presenza di spasticita’, coma, fratture ossee. La patogenesi non è chiara; si ipotizza uno squilibrio tra fattori neuroumorali, omeostasi del calcio, disregolazione del sistema autonomico, microemorragie, osteoporosi, atrofia muscolare. Possibile il ruolo dell’infiammazione locale dei tessuti molli periarticolari, con rilascio di Prostaglandine (in particolare E2) da parte delle cellule staminali mesenchimali, o alterazioni dell’omeostasi acido-base, e l’ipossia tissutale durante ventilazione meccanica. Le HO comportano dolore articolare e muscolare, limitazione del ROM, intrappolamento di nervi periferici. Le menomazioni dovute al COVID19 interessano pressoché tutti i sistemi. Poche segnalazioni sono al momento disponibili sull’incidenza di complicanze di natura osteoarticolare , per lo più riferite ad artralgie, riduzione del contenuto minerale dell’osso, osteonecrosi (1). In questo studio si descrive il caso di un paziente affetto da esiti di COVID19 con grave osteo-artropatia da calcificazioni CASO CLINICO Uomo, 77 anni, pensionato, ex trasportatore. Affetto da diabete mellito tipo 2 e cardiomiopatia ipertensiva. Pregresso intervento di protesizzazione del ginocchio sinistro. Tendinopatia degenerativa spalla dx. Completamente autonomo prima di contrarre il COVID19. 22.11.20 Accolto in Pronto Soccorso per dispnea, diagnosi di infezione da SARS-Cov2, dimesso al domicilio con terapia. 24.11.20 Rientro in Pronto Soccorso per insufficienza respiratoria acuta (grado 4 secondo Wu, 2020) con polmonite interstiziale bilaterale. Ricovero in Terapia intensiva, tracheotomizzato. Estubato il 26.12.20 31.12.20 Trasferito in UO Medicina; graduale stabilizzazione del quadro polmonare, miglioramento dell’insufficienza respiratoria, con ossigenoterapia a bassi flussi. 17.01:21 Trasferito in Lungodegenza post Acuzie. Durante tale degenza peggioramento del quadro polmonare e rialzo degli indici di flogosi. Episodi infettivi intercorrenti, polmonari e urinari, di origine batterica e micotica. Grave ipostenia generalizzata; allettamento. Non evidenti deficit cognitivi. Trattamento riabilitativo con parziale recupero motorio fino a raggiungere il controllo del tronco. 26.02.21: Trasferito in struttura protetta per completamento del percorso riabilitativo con ipotesi di rientro al domicilio. 02.04.21: TAC cerebrale senza mdc: “…tenue diffusa ipodensita’ della sostanza bianca periventricolare di entrambi gli emisferi, riferibile a sofferenza ischemica cronica con multiple sfumate areole ipodense piu’ evidenti in sede nucleo capsulare ed a livello di entrambi i centri semiovali, compatibili con esiti infartuali, invariati rispetto a precedente esame…” 06.04.21: consulenza neurologica: “…paralisi flaccida arti inferiori in paziente con verosimile Criticall Illness in concomitanza di pomonite da Sars Covid 2”. 26.04.21: EMG: “ …segni di rimaneggiamento neurogeno con aspetti di denervazione completa a carico dei miotomi distali degli arti di destra, quadro piu’ cronico sui restanti esaminati….in conclusione quadro Criticaly Illnes Neuropathy”. 18.05.21—03.07.2021: Ricovero in Medicina per peggioramento clinico e lieve insufficienza respiratoria. Alla TC polmonare con mdc evidenza di Interstiziopatia. 03.07.21—23.07.2021: Trasferito in Lungodegenza Post Acuzie con ripresa di trattamento riabilitativo; permaneva deficit stenico ai 4 arti. 23.07.21: Accolto in UO Riabilitativa a seguito di consulenza fisiatrica . SITUAZIONE CLINICA Non deficit delle funzioni cognitive. deformità strutturata in equino di entrambi i piedi, marcata ipotrofia muscolare diffusa. Limitazione bilaterale del ROM alle anche, con dolore alla mobilizzazione. Paralisi flaccida severa degli arti inferiori (MRC 0/5 in sede distale, MRC 2/5 in sede prossimale). Deficit stenico più lieve agli aa superiori, più grave a destra. Vescica neurologica di tipo ritenzionista, L’RX evidenziava un quadro di calcificazioni para-osteoarticolari di rilevanti dimensioni a carico delle anche, lateralmente alle regioni trocanteriche e coxo-femorali (vedi immagini). La fosfatasi alcalina serica era nella norma CONCLUSIONI I casi di ossificazione eterotopica descritti in corso di COVID19 sono un numero limitato. La casistica più numerosa è descritta da E. Stoira et al (2), in 10 pazienti su 52 sottoposti a ventilazione invasiva, sedazione, curarizzazione, trattamento steroideo. Gli AA. non descrivono condizioni neurologiche correlate, tuttavia ritengono che l’effetto dell’immobilizzazione, associato al blocco della placca neuromuscolare possa avere un ruolo rilevante nella genesi delle calcificazioni, descritte sia a carico del cingolo scapolare che a carico del cinto pelvico. In una lettera di commento all’articolo viene suggerito in alternativa un ruolo patogenetico del prolungato stato di infiammazione durante la fase acuta di malattia, associato alla disfunzione neuro-muscolare, in analogia con quanto descritto anche in altre casistiche di riferimento di casi “neurogenici”. In una casistica precedente C Meyer et al (3) descrivono 4 casi con differenti patterns di presentazione tutti caratterizzati da interessamento neurologico periferico diffuso. Nel nostro paziente le manifestazioni, localizzate solo alla regione del cinto pelvico, coesistono con un quadro di severo interessamento neuroperiferico Tale deficit neurologico può avere un ruolo nella produzione delle ossificazioni eterotopiche, forse anche sulla base di alterazioni neurovegetative microvascolari locali, ma è verosimile anche il ruolo dello stato infiammatorio correlabile all’infezione da SARS. Il ruolo del blocco neuromuscolare da curarizzazione e della terapia steroidea associata sono altri fattori da valutare. Bibliografia 1. Disser NP et al. Musculoskeletal consequences of COVID19. Journal of Bone and Joint Surgery Am. 2020, 102:1997-204. 2. Stoira E. et al. High prevalence of Heterotopic ossification in critically ill patients with COVID19 . Clinical Microbiology and Infection 27 (2021): 1049-1050 3. Meyer C et al. Heterotopic ossification in COVID.19: A series of 4 cases. Annals of Physical and Rehabilitation medicine 63 (2020): 565-567 eterotopiche dei tessuti molli delle anche, e grave disabilità sierologica da SARS Cov2. a distanza di 9 mesi dalla guarigione
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Training robotico con esoscheletro per il recupero della funzione motoria dell’arto superiore in pazienti con esiti di ictus in fase subacuta: dati preliminari di uno studio randomizzato controllato.
Training robotico con esoscheletro per il recupero della funzione motoria dell’arto superiore in pazienti con esiti di ictus in fase subacuta: dati preliminari di uno studio randomizzato controllato S. Tarchini1, A. Martino Cinnera2, A. Colaizzi3, F. Gimigliano4 , G. Iolascon1 , S. Paolucci2 , G. Morone2 1 Dipartimento Multidisciplinare di Specialità Medico-Chirurgiche e Odontoiatriche, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli 2Fondazione Santa Lucia IRCCS, Roma 3Facoltà di Fisioterapia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Roma 4 Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Preventiva, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli Introduzione I pazienti colpiti da ictus tipicamente presentano paresi nell’emisoma controlaterale alla sede della lesione, in particolare, il deficit motorio dell’arto superiore in fase acuta può interessare fino all’80% dei pazienti [1]. Nel corso degli ultimi anni, sono stati introdotti nella pratica riabilitativa numerosi dispositivi robot-assistiti per la rieducazione dell’arto superiore. Tuttavia l’efficacia della terapia robotica ad oggi non è del tutto stabilita [1,2]. In particolare vi sono pochi studi sugli esoscheletri rispetto ai dispositivi robot di tipo end-effector poiché di più nuova costruzione. Lo scopo del nostro lavoro è valutare l’efficacia di un esoscheletro robotico (Armeo Power®) sul recupero motorio dell’arto superiore in pazienti affetti da esiti di ictus in fase subacuta con deficit motorio di grado moderato-severo. Materiali e Metodi In questo studio clinico randomizzato sono stati inclusi pazienti affetti da ictus in fase sub-acuta (entro 90 giorni dall’evento acuto).I pazienti del gruppo sperimentale hanno effettuato, in aggiunta alla terapia standard, 25 sedute di trattamento con Armeo Power® della durata di 40’ ciascuna, con una frequenza di 5 volte a settimana per 5 settimane. Il gruppo controllo ha effettuato in aggiunta al normale trattamento riabilitativo altre 25 sedute della durata di 40 minuti di riabilitazione convenzionale. Criteri di inclusione: 180,05 FMA SENS 10,4 11,2 1,17 0,8 p>0,05 FMA ROM 22 22 0,75 0,75 1 FMA PAIN 21,2 20,8 0,73 0,86 p>0,05 BBT 10,4 17,6 4,3 7,3 p>0,05 FAT 2,4 3,8 0,98 0,8 p<0,05 BI 61,4 70,8 15,84 15,42 p<0,05 MRS 3,2 3 0,8 0,71 p>0,05 Figura 1 : Variazione degli outcome dopo il trattamento con Armeo Power® *: p<0,05 Conclusioni Tabella 1: Variazione degli outcome dopo il trattamento con Armeo Power ® Seppur preliminari i dati suggeriscono che la terapia robot-assistita con esoscheletro potrebbe incrementare il recupero della funzione motoria in pazienti affetti da ictus con paresi moderata- severa dell’arto superiore in fase sub-acuta. Inoltre si è osservato che tale miglioramento nel punteggio della FMA-UE è risultato per tutti i pazienti esaminati superiore a 12,4 indicato come valore della differenza minima clinicamente significativa (MCID) stabilita per pazienti con ictus ed emiparesi moderata-severa dell’arto superiore in fase sub-acuta [3]. Infine l'incremento della funzione motoria potrebbe migliorare la capacità di effettuare le attività di vita quotidiana e la destrezza dell’arto superiore nella performance di task specifici. Il trattamento non sembra impattare invece la funzione sensitiva, l’articolarità e la coordinazione/velocità. Bibliografia [1] Mehrholz J, Pohl M, Platz T, et al. Electromechanical and robot-assisted arm training for improving activities of daily living, arm function, and arm muscle strength after stroke. Cochrane Database Syst Rev. 2018 Sep 3;9(9):CD006876. [2] Rodgers H, Bosomworth H, Krebs HI, et al. Robot assisted training for the upper limb after stroke (RATULS): a multicentre randomised controlled trial. Lancet. 2019;394:51–62. [3] Hiragami S, Inoue Y, Harada K. Minimal clinically important difference for the Fugl-Meyer assessment of the upper extremity in convalescent stroke patients with moderate to severe hemiparesis. J Phys Ther Sci. 2019 Nov;31(11):917-921.
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Stance Control Orthosis: stato dell’arte e benefici in termini di efficacia e sicurezza. Case report
49° Congresso Nazionale in modalità digitale LE RADICI DEL FUTURO Stance Control Orthosis: stato dell’arte e benefici in termini di efficacia e sicurezza. Case report. V. Cirolia1, A. Bernetti1, M. Mangone1, F. Agostini1, E. Di Stanislao2, G.Rosellini2, M. Paoloni1. 1. Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma 2. ITOP SpA Officine Ortopediche, Via Prenestina Nuova 307/A, 00036 Palestrina (RM) 28-31 ottobre 2021 INTRODUZIONE Le Ortesi a Controllo della Fase Statica (SCO, Stance Control Orthosis) possono sostituire le tradizionali ortesi ginocchio-caviglia-piede (KAFO) in pazienti con paresi dell’arto inferiore che abbiano un deficit della componente estensoria di ginocchio ma che conservino un buon controllo della muscolatura dell’anca. I pazienti candidati all’utilizzo dell’ortesi KAFO sono rappresentati, in particolare, da pazienti con deficit di forza del quadricipite in esiti di malattie neurologiche come polio, forme neuromuscolari degenerative, stroke, lesione spinale incompleta e forme congenite. La tradizionale ortesi di tipo KAFO fornisce stabilità durante la deambulazione tramite il blocco dell’articolazione di ginocchio, che rimane in estensione durante tutto il ciclo del passo: questo rende possibile il cammino ma richiede un’eccessiva spesa energetica e, inoltre, si rende responsabile dell’instaurarsi di strategie di compenso, come la circonduzione dell’anca, una maggiore obliquità pelvica e la flessione plantare dell’arto controlaterale (vaulting). [1]. Le SCO a controllo elettronico, grazie a sensori inerziali, consentono il bloccaggio del ginocchio durante il I ed il II rocker e lo sblocco nella fase propulsiva e di oscillazione, permettendo la libera flessione del ginocchio. Le SCO consentono un migliore equilibrio statico e dinamico, una maggiore velocità e resistenza nella deambulazione, un minor rischio di caduta e migliore qualità di vita [2][3]. – – – – – – – – – MATERIALI E METODI Soggetto: Paziente di sesso maschile, di 23 aa. In anamnesi poliomielite da vaccino insorta all’età di 18 mesi, esitata in severo deficit della componente estensoria di ginocchio dell’arto inferiore destro. Utilizza ortesi di tipo KAFO. All’Esame obiettivo: forza mm. estensori di ginocchio MRC:2/5; forza mm estensori di anca MRC: 3/5; forza mm.flessori di anca MRC: 3/5. Assenza di spasticità. Assenza di limitazione dell’escursione articolare dell’anca. Deambulazione autonoma non possibile. È stata sostituita l’ortesi KAFO tradizionale con una SCO a controllo elettronico (E-MAG Active, Ottobock). Sono state condotte delle prove di Gait Analysis utilizzando un sistema optoelettronico ad 8 camere (BTS Smart DX 750) e 4 pedane di forza (BTS P-6000) per confrontare le due soluzioni ortesiche in termini parametri spazio-temporali, cinematica e dinamica del cammino. È stato somministrato un questionario di valutazione della qualità della vita (SF 36) con lo scopo di indagare l’impatto che il cambiamento dell’ortesi ha avuto sulla qualità di vita del paziente. RISULTATI A livello della T-T: aumentata escursione articolare dal lato affetto con, tuttavia, una persistenza di eccessiva flessione plantare in stance dell’arto controlaterale (vaulting) dovuta probabilmente ad uno scarso adattamento all’utilizzo della nuova ortesi; A livello del ginocchio: normalizzazione della flessione in fase di oscillazione (grazie al meccanismo di sblocco dell’SCO); a livello dell’arto controlaterale persistenza di una eccessiva estensione di ginocchio durante la fase di stance (probabilmente a causa del tilt pelvico anteriore utilizzato come meccanismo di compenso per accelerare l’avanzamento del lato affetto durante la fase di oscillazione); A livello dell’anca: per il lato affetto si osserva una normalizzazione dell’escursione articolare, con una riduzione della iperestensione, necessaria durante l’utilizzo della KAFO come strategia di compenso al fine di permettere l’avanzamento dell’arto affetto a ginocchio bloccato. Si osserva inoltre un aumento della flessione di anca in terminal swing, probabilmente a causa di uno scarso adattamento alla nuova ortesi. Sull’arto controlaterale si osserva una eccessiva flessione di anca in terminal swing, come strategia di compenso per aumentare la velocità del passo. Ridotta abduzione e rotazione esterna di anca dell’arto affetto: la circonduzione di anca è un meccanismo di compenso utilizzato per l’avanzamento dell’arto affetto a ginocchio bloccato, durante l’utilizzo l’ortesi KAFO. Riduzione del tilt pelvico anteriore bilateralmente e maggiore simmetria dell’obliquità di bacino. Initial contact, mid stance e terminal stance avvengono ad articolazione di ginocchio bloccata. Al distacco delle dita dal suolo, l’articolazione di ginocchio viene sbloccata, consentendo una libera flessione durante tutta la fase di swing. Abbiamo osservato, inoltre, un aumento della velocità (da 0,9m/s a 1m/s), un aumento della cadenza (da 85,4 a 89,2 passi/min) un aumento della lunghezza del passo (da 0,28 a 0,66 m) e la riduzione della larghezza del passo (da 0,42 a 0,16m). La somministrazione della SF36 ha dimostrato un aumento, seppur lieve, del punteggio ottenuto dimostrando quindi che il vantaggio nell’utilizzo dell’ortesi SCO è percepito anche soggettivamente dal paziente in termini di migliore qualità di vita. CONCLUSIONI I risultati ottenuti, confrontati con i dati presenti in letteratura, concordano sul vantaggio nell’utilizzo dell’ortesi SCO rispetto alla tradizionale ortesi tipo KAFO: l’ortesi SCO consente una maggiore fluidità del passo, maggiore stabilità dell’arto in fase di stance, minor costo energetico e riduzione dei compensi necessari con l’ortesi KAFO in fase propulsiva e di oscillazione. BIBLIOGRAFIA [1] Rafiaei M et al., The gait and energy efficiency of stance control knee-ankle-foot orthoses: A literature review. Prosthet Orthot Int. 2016 Apr;40(2):202-14. Epub 2015 Jun 8. [2] Deems-Dluhy S et al., Microprocessor Controlled Knee Ankle Foot Orthosis (KAFO) vs Stance Control vs Locked KAFO: A Randomized Controlled Trial. Arch Phys Med Rehabil. 2021 Feb;102(2):233-244. Epub 2020 Sep 22. [3] Tian, F. et al., State of the Art Review of Knee–Ankle–Foot Orthoses. Ann Biomed Eng 43, 427–441 (2015).
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