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Trattamento riabilitativo precoce nelle fratture prossimali di omero: comparazione dei risultati in rapporto alle diverse tecniche ortopediche applicate
Trattamento riabilitativo precoce nelle fratture prossimali di omero: comparazione dei risultati in rapporto alle diverse tecniche ortopediche applicate G. Fanzone*, **T. Di Leo *UO Ortopedia e traumatologia – Ospedale Umberto I Enna **UO Medicina Fisica e Riabilitativa – Ospedale Umberto I Enna INTRODUZIONE Le fratture dell’omero sono molto frequenti in persone anziane. Sono spesso stabili e trattabili incruentemente, in una bassa percentuale vengono trattate chirurgicamente; le tecniche utilizzate si differenziano nell’approccio, stabilità finale ed esito articolare. Nel mondo ortopedico c’è controversia sul trattamento migliore. Questo lavoro nato dalla collaborazione tra il reparto di Ortopedia e quello di Riabilitazione dello stesso Ospedale, vuole comprendere se i diversi approcci ortopedici ed il trattamento riabilitativo possano influire sugli outcome SCOPO Lo scopo dello studio è confrontare i risultati in termini di dolore, funzionalità articolare e qualità della vita dei pazienti in base al trattamento cui sono stati sottoposti. Materiali e Metodi Sono stati inseriti in studio 45 pazienti trattati nel corso del 2018 e 2019, così suddivisi 13 pazienti trattati con protesi inversa di spalla 12 pazienti trattati con placca e viti a stabilità (tecnica MIS) 20 pazienti trattati con metodo non invasivo (immobilizzazione per 10 giorni), di questi 5 sono stati seguiti altrove e 15 nel nostro reparto Il trattamento riabilitativo è stato iniziato precocemente. Nei pazienti trattati chirurgicamente è iniziato fin dal primo giorno post operatorio. Il protocollo riabilitativo applicato nei casi chirurgici consiste in esercizi passivi in prima giornata mano-polso-gomito-spalla; esercizi attivi assistiti dalla seconda giornata in poi introducendo via via esercizi di rinforzo muscolare e di coordinazione. Nei casi trattati con metodo non invasivo è stata iniziata sin da subito la mobilizzazione passiva e attiva assistita di mano, polso e gomito ed in 10° giorno è stata iniziata mobilizzazione passiva ed attiva della spalla, seguita dopo qualche giorno da esercizi di rinforzo muscolare e di coordinazione. E’ stato usato come valutazione funzionale il test DASH (versione italiana) e la scala VAS per la valutazione del dolore al tempo 0 (pre trattamento o in prima giornata post operatoria e ripetuti a 3 e 12 mesi. Ad un mese, a tre mesi e ad un anno è stato anche effettuato un controllo RX grafico RISULTATI Alla fine dello studio i risultati osservati sono stati i seguenti: dolore inferiore nei pazienti trattati con protesi, già nel post operatorio. Nella valutazione funzionale dopo tre mesi ottengono punteggi migliori tutti i pazienti trattati chirurgicamente (sia placche che protesi), mentre nella valutazione funzionale a 12 mesi si evidenzia una sostanziale uniformità dei risultati tra i tre gruppi. CONCLUSIONI In letteratura internazionale viene segnalato un miglior risultato funzionale nei pazienti chirurgici. Un protocollo riabilitativo “precoce e aggressivo” consente di raggiungere ottimi risultati, in linea con quelli del trattamento chirurgico anche nei casi trattati in maniera non invasiva. Pur essendo necessari ulteriori approfondimenti sull’argomento ed un ampliamento della casistica confermiamo, dati i buoni risultati, il nostro protocollo di trattamento riabilitativo precoce sia nei casi trattati chirurgicamente che nei casi trattati con metodo non invasivo. Per saperne di più 1) Hodgson Steve A. Proximal humerus fracture rehabilitation. Available from Sheffield Hallam University Research Archive (SHURA) at: http://shura.shu.ac.uk/20723/ 2) Inglese, F., Creta, D. & Biondi, M.. LO SCAL 23, 70–75 (2009). Fratture dell’estremo prossimale dell’omero e protesi di spalla: trattamento riabilitativo 3) Reza Mafi, Wasim Khan, Pouya Mafi, Sandip Hindocha. Orthopaedic Approaches to Proximal Humeral Fractures Following Trauma J Bone Joint Surg Br. 2011 Jan;93(1):1-11. doi: 10.1302/0301-620X.93B1.25702.
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Trattamento delle fratture complesse di gomito con protesi totale, dalla chirurgia alla rieducazione funzionale: case report
Trattamento delle fratture complesse di gomito con protesi totale, dalla chirurgia alla rieducazione funzionale: case report G. Fanzone*, **T. Di Leo *UO Ortopedia e traumatologia – Ospedale Umberto I Enna **UO Medicina Fisica e Riabilitativa – Ospedale Umberto I Enna INTRODUZIONE La prima protesi di gomito è stata impiantata ad un paziente affetto da artrite reumatoide, ed effettivamente l’indicazione alla sostituzione protesica del gomito è stata per lungo tempo quella del suo uso nelle gravi artropatie degenerative. Anche in questi casi è stato sottolineato in passato come, il trattamento con protesi, andasse riservato solo a pazienti anziani e con poche richieste funzionali, essendovi anche riserve sulla durata dell’impianto. Modernamente le indicazioni, come comprensibile sulla base delle esperienze cliniche, sono state ampliate. Attualmente l’uso della artroprotesi di gomito trova indicazione anche nel trattamento delle gravi fratture articolari specie in pazienti anziani e con scarsa qualità dell’osso. Così come ogni tecnica chirurgica, innovativa o inusuale, presuppone uno studio del caso, anche l’approccio di rieducazione funzionale dovrà essere adeguato per giungere all’obiettivo del recupero della funzione Materiali e Metodi Case report paziente donna, di 74 anni, caduta accidentale presso il proprio domicilio, trattata con impianto di protesi di gomito di tipo Coonrad-Morrey (febbraio 2019). La paziente è stata sottoposta a valutazione funzionale tramite la somministrazione di scheda QUICK DASH in prima giornata post-operatoria, dopo il primo mese, a 3 mesi, a 6 mesi e ad una anno e controllo Rx grafico ad 1, 6 e 12 mesi. E’ stato applicato quindi un protocollo riabilitativo fast track che prevede la mobilizzazione passiva del gomito già lo stesso giorno dell’intervento; il tutore è stato mantenuto solo durante le ore di riposo e durante la notte; in seconda e terza giornata veniva proseguita la mobilizzazione passiva mano-polso-gomito-spalla e linfodrenaggio; le sedute di mobilizzazione sono state preparate da alcuni minuti di applicazione di cryoshockterapia per migliorare il drenaggio, ridurre la formazione di ematoma e facilitare la mobilizzazione stessa; alla fine di ogni seduta è stato applicato un linfotaping per mantenere in drenaggio linfatico, dalla seconda giornata sono stati inseriti piccoli esercizi attivi assistiti fino alla soglia del dolore. Dopo la prima settimana si inseriscono via via gli esercizi più complessi di rieducazione funzionale e rinforzo muscolare, esercizi propriocettivi e posturali, fino ad esercizi di tipo occupazionale. RISULTATI La paziente già dopo la prima settimana era in grado di compiere le attività di vita quotidiana con u ROM recuperato al 50% e una forza muscolare recuperata del 25%. Dopo il primo mese la paziente ha ottenuto nella valutazione QUICK DASH un punteggio di 38,2 (range 0-100, nessun problema-gravissima limitazione); dopo 3 mesi il punteggio è sceso a 29,5 dopo 6 mesi 11,4 e dopo un anno si è mantenuto a 11,4. CONCLUSIONI Il caso presentato si riferisce ad una paziente affetta da frattura pluriframmentaria articolare della porzione distale dell’omero con grave sovvertimento delle superfici articolari e scarsa qualità ossea desumibile dalla presenza di osteoporosi. La osteosintesi risulta essere il trattamento principalmente utilizzato in fratture di questo tipo. Nel caso in esame si è avuta una discussione multidisciplinare tra ortopedici e fisiatri onde valutare le opzioni terapeutiche attuabili anche in vista del risultato atteso di ottimo recupero funzionale. Oltre che al trattamento con osteosintesi interna le ulteriori possibili opzioni valutate hanno compreso anche il non trattamento, la immobilizzazione in gesso o tutore e l’artrodesi. Nel contesto in esame si è valutato come preferibile un trattamento che comportasse un basso rischio di rigidità sia in termini di forza che di ROM. la opzione che è risultata preferibile è stata quella del trattamento con protesi totale di gomito. Tale trattamento è verificato come attuabile da parte della letteratura internazionale più recente. La protesi di gomito rappresenta una valida opzione di trattamento delle fratture complesse di gomito; analoghe a quelle, segnalate in letteratura, per ogni trattamento protesico sono anche le complicazioni. La riabilitazione funzionale dopo protesica di gomito consente di raggiungere buoni risultati clinici come quelli mostrati nel caso in studio.
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Adattamento culturale, affidabilità e validità del fremantle knee awareness questionnaire in soggetti con gonartrosi
Adattamento culturale, affidabilità e validazione del Fremantle Knee Awareness Questionnaire in pazienti italiani con gonartrosi sintomatica. Marco Monticone, MD, PhD1; Cristiano Sconza, MD2; Igor Portoghese, PhD3; Tomohiko Nishigami4; Benedict M. Wand5; Stefano Respizzi, MD2; Andrea Giordano6; Gregorio Sorrentino, MD7; Giulia Lemorini, MD8; Giacomo Braghetto, MD7; Franco Franchignoni, MD9. Introduzione Materiali e Metodi and depression score (HADS) (tramite correlazioni di Pearson); l’affidabilità tramite consistenza interna (alpha di Risultati Le misurazioni funzionali stanno prendendo molto spazio in letteratura, per quanto riguarda l’approfondimento delle conoscenze e il miglioramento dei trattamenti iper quanto riguarda l’osteoartrosi di ginocchio (OA). Il Fremantle Knee Awareness Questionnaire (FreKAQ) [1], un questionario autosomministrato specifico per la sintomatologia artrosica di ginocchio, sinora non era mai stato validato per pazienti italiani. Lo scopo di questo studio è di adattare culturalmente e validare una versione italiana del FreKAQ (FreKAQ-I), per poterla utilizzare con pazienti madrelingua italiana che soffrono di gonartrosi sintomatica. La versione italiana, FreKAQ-I, è stata sviluppata attraverso una traduzione inversa, una revisione finale di un comitato di esperti e un test sul campo di una versione di prova, al fine di valutarne la comprensione. I test psicometrici hanno incluso una valutazione della struttura interna mediante analisi Rasch, la validazione del costrutto è stata valutata mediante l’ipotesi di correlazione tra FreKAQ e Knee injury and Osteoarthritis Outcome Score (KOOS), una scala di valutazione numerica del dolore (PI-NRS), la Pain Catastrophising Scale (PCS), e la Hospital anxiety Cronbach) e affidabilità test-ritest (tramite coefficiente di correlazione interclasse, ICC2.1) e misura dell’errore, calcolando il Minimum Detectable Change (MDC). In un mese di lavori è stata sviluppata una versione del FreKAQ-I che soddisfacesse i criteri sopracitati. Il questionario è stato somministrato a 102 soggetti con sintomi dolorosi in OA di ginocchio, con buona accoglienza. La validità strutturale interna ha confermato la sostanziale monodimensionalità del FreKAQ-I: la varianza spiegata era del 53,3%, la varianza residua nel primo contrasto ha mostrato un autovalore di 1,8 e non è stata rilevata alcuna dipendenza locale. La validità del costrutto è stata ritenuta soddisfacente poiché tutte le ipotesi erano state soddisfatte. Le correlazioni calcolate sono state: KOOS (r = 0.40-0.58), PI-NRS (r = 0.35), PCS r = 0.47) e HADS (Ansia r = 0.37; Depressione r = 0.41). La coerenza interna è stata ritenuta accettabile (a = 0,72) e l’affidabilità della ripetizione del test si è dimostrata eccellente (ICC = 0,90). L’MDC era di 5,22 punti di scala. Discussione: Nel complesso, l’analisi Rasch del FreKAQ-I ha mostrato proprietà psicometriche accettabili. La monodimensionalità è stata confermata, tutti gli elementi si adattano al modello Rasch e non è stata trovata alcuna dipendenza locale fra gli item. Inoltre, la targettizzazione della difficoltà degli item in confronto all’abilità del paziente è stata valutata come sufficiente, mentre l’affidabilità degli item è risultata elevata. L’unica preoccupazione proveniva dalla diagnostica della scala di valutazione, che mostrava alcuni malfunzionamenti per categoria a causa della limitata capacità degli intervistati di discernere tra i tre livelli centrali di frequenza. Questo risultato è in accordo con le osservazioni che indicano problemi con l’uso delle categorie di risposta relative alla frequenza suddivise in 5 gradi, spesso chiamate “quantificatori vaghi”. Infatti, non esiste una definizione formale o informale per il significato di termini come “a volte”, “raramente”, “occasionalmente”, i confini di queste affermazioni sono quindi sfocati [2]. Inoltre, in linea con il documento originale [1], gli intervalli tra gli item rappresentanti i passaggi di categoria erano piuttosto stretti. Il FreKAQ si basa su un modello formativo, ovvero il costrutto latente (in questo caso la “consapevolezza del ginocchio”) è determinato come una combinazione di indicatori indipendenti – seppur correlati – della variabile misurata, venendo a creare così un indice composito. Conclusioni 48° Congresso Nazionale in modalità digitale RIPARTIRE…DA LONTANI PERCHE’ NESSUNO RESTI INDIETRO 2-4 dicembre 2020 Il test sul campo con debriefing cognitivo ha confermato la complessiva comprensibilità generale del questionario tradotto. La versione finale del questionario è altamente accettabile, facilmente comprensibile e può essere autosomministrata. Anche l’impegno nella somministrazione è minimo, in quanto la compilazione richiede meno di cinque minuti. Sembra quindi essere facilmente applicabile nella pratica clinica quotidiana. Tuttavia, tra i vari aspetti della validità del contenuto, in questo studio è stata valutata solo la comprensibilità del FreKAQ, mentre non è stata valutata la sua rilevanza e completezza per misurare il funzionamento fisico; questa lacuna di ricerca dovrebbe essere colmata da studi futuri che conducano una valutazione approfondita della validità dei contenuti, possibilmente seguendo la metodologia COSMIN recentemente pubblicata. Bibliografia [1] Nishigami T, Mibu A, Tanaka K, Yamashita Y, Yamada E, Wand BM, et al. Development and psychometric prop erties of knee-specific body-perception questionnaire in people with knee osteoarthritis: The Fremantle Knee Awareness Questionnaire. PLoS ONE 2017;12(6):e0179225 [2] Streiner DL, Norman GR, Cairney J. Health Measurement Scales: A Practical Guide to Their Development and
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Bone strain index in the prediction of vertebral fragility refracture
Bone strain index in the prediction of vertebral fragility refracture Paolo Scanagatta. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano, Italia Luca Rinaudo. TECHNOLOGIC Srl, Torino, Italia Fabio Massimo Ulivieri. Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, UO Medicina Nucleare, Milano, Italia. Introduzione: L’assorbimetria a raggi X a doppia energia  (DXA) può fornire indici quantitativi (BMD) e qualitativi (TBS) dello stato osseo che sono capaci di predire le fratture da fragilità nei pazienti osteoporotici (1). Un nuovo indice di resistenza ossea,  basato sull’analisi matematica a elementi finiti delle scansioni DXA lombare e femorale e denominato bone strain index (BSI), è stato recentemente sviluppato (2). Questo approccio matematico è utilizzato in ingegneria per risolvere problemi legati ai domini a geometria complessa, quale sono anche la forma e la struttura interna dell’osso (3). Si presentano i dati di uno studio di validazione multicentrico. Materiali e metodi: 243 pazienti con osteoporosi primaria e con fratture da fragilità sono stati sottoposti a un esame radiografico della colonna vertebrale per il calcolo dello spine deformity index (SDI) e a una densitometria DXA per il calcolo della BMD, del TBS, e del BSI al tempo basale e nel controllo a distanza. Una ri-frattura è stata considerata come un aumento di una unità del SDI. Il carico applicato alla vertebra è calcolato in accordo alle equazioni di Han e dipende dall’altezza e dal peso del paziente, mentre le proprietà meccaniche sono definite in una matrice di rigidezza assegnando un modulo elastico dipendente dal BMD locale. Risultati: Con un campione di 243 pazienti e 110 eventi (ri-fratture), è stato raggiunto un valore di potenza sufficiente (>0.80) per dimostrare un hazard ratio di almeno 1,35. Nella tabella 1 sono riportati i risultati densitometrici e il valore p del test t di Student  non appaiato dei pazienti con una frattura al baseline (234) e di quelli con una una ri-frattura durante il controllo a distanza. In tabella 2 è riportata la Cox proportional hazard regression univariata (A) e multivariata (B); tra parentesi  il test di assunzione di proporzionalità. Conclusioni La frattura è associata alle proprietà materiali dell’osso, ben descritte non solo dalla densità minerale ossea ma anche dal TBS. Tuttavia da sole queste due variabili non spiegano il totale delle fratture osservate in clinica. L’indice di sollecitazione ossea BSI è più adatto per l’analisi di strutture irregolari e complesse, come l’osso, quando subiscono deformazioni. Il nostro risultato principale è che il BSI è in grado di predire le ri-fratture nei pazienti con osteoporosi severa. La  Cox proportional hazard regression univariata e multivariata indica che il BSI è l’unica variabile densitometrica clinicamente rilevante. Bibliografia:
  1. Ulivieri FM, Piodi LP, Grossi E, Rinaudo L, Messina C, Tassi AP, et al. The role of carboxy-terminal cross-linking telopeptide of type I collagen, dual x-ray absorptiometry bone strain and Romberg test in a new osteoporotic fracture risk evaluation: A proposal from an observational study. PLoS One. 2018;13(1)
  2. Ulivieri FM, Piodi LP, Rinaudo L, Scanagatta P, Cesana BM. Bone strain index in the prediction of vertebral fragility refracture. Eur Radiol Exp. 2020;4(1).
  3. Messina C, Rinaudo L, Cesana BM, Maresca D, Piodi LP, Sconfienza LM, Sardanelli F, Ulivieri FM Prediction of osteoporotic fragility re-fracture with lumbar spine DXA-based derived bone strain index: a multicenter validation study. Osteoporos Int. 2020 Sep 16.
Fig.1 sopra una DXA in assenza di frattura e la sua distribuzione del BSI;  sotto in presenza di frattura Tabella 2 a: essendo le variabili quantitative, l’hazard ratio si riferisce a ogni unità di aumento b: la significatività statistica del test di proporzionalità  del modello di Cox multivariato è p=0.4604
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La prevalenza della Sarcopenia nei pazienti ricoverati presso il reparto di riabilitazione COVID-19
La prevalenza della Sarcopenia nei pazienti ricoverati presso il reparto di riabilitazione COVID-19 Dott.ssa A. Giordani, Dott.ssa L. Brugliera, Dott. S. Iannaccone IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano Introduzione L’infezione da SARS-CoV-2 si è dimostrata essere associata ad un maggior rischio di malnutrizione e alterato apporto nutrizionale. L’età avanzata, la presenza di diverse condizioni di comorbidità e la riduzione dell’ingesta sono quasi invariabilmente associate a uno stato nutrizionale alterato e alla sarcopenia1. La sarcopenia, è stata definita dall’European Working Group on Sarcopenia in Older People 2 (EWGSOP2) come un disturbo muscolo scheletrico progressivo e generalizzato associato ad una maggiore probabilità di esiti avversi tra cui cadute, fratture, disabilità fisica e mortalità. Riconoscere gli stadi della sarcopenia può aiutare a selezionare i trattamenti e stabilire gli obiettivi di recupero appropriati2. Lo scopo di questo studio è quello di rilevare la prevalenza della sarcopenia nei pazienti ricoverati nel reparto di Riabilitazione COVID dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Materiali e Metodi I pazienti reclutati, secondo i criteri di ammissione previsti, sono stati sottoposti allo studio durante la degenza in reparto. I dati raccolti sono stati confrontati con l’algoritmo sviluppato e suggerito dall’EWGSOP-2 per la diagnosi di sarcopenia3. In primo luogo, i pazienti sono stati sottoposti alla valutazione della forza muscolare attraverso un dinamometro portatile. Facendo riferimento ai cut- off è stato possibile individuare una riduzione significativa della forza muscolare tanto da poter identificare la condizione di sarcopenia probabile. Per confermare la condizione di sarcopenia si è proseguito con valutazione la massa muscolare tramite analisi impedenziometrica. Durante il ricovero ospedaliero i pazienti sono stati sottoposti ad un protocollo di gestione nutrizionale, il quale prevedeva la valutazione nutrizionale e lo screening della malnutrizione attraverso il Malnutrition Universal Screening Tool. Risultati Dal 30 Marzo al 12 giugno 2020 sono stati reclutati 57 pazienti. Il 36,8% del campione, 21 pazienti su 57, soddisfano solo il requisito di bassa forza muscolare, identificandosi nella categoria di sarcopenia probabile, mentre il 53% del campione, 30 pazienti su 57, manifestando anche una perdita di massa muscolare scheletrica appendicolare (ASMM) Si identificano nella categoria di sarcopenia confermata. Il 10,5% dei soggetti rimanente non assolve ai criteri, rientrando nella categoria dei non sarcopenici. Dai dati ricavabili dall’esecuzione del Body Mass Index nei 57 pazienti emerge che il 50,8 % dei pazienti è normopeso, il 31,5% del campione risulta sovrappeso e solo l’8,8% risulta sottopeso. Nel dettaglio, tra i pazienti con diagnosi di sarcopenia vi è una netta prevalenza del BMI pari al normopeso, ossia 17 pazienti su 30 (56,7). Per quanto concerne il Malnutrition Universal Screening Tool, dai dati complessivi emerge che più della metà del campione, ossia il 59,6% è risultato avere MUST di 2 (rischio di malnutrizione alto), è evidente la presenza di sarcopenia in questa categoria di pazienti, 21 pazienti su 30 sarcopenici (70%) hanno un rischio di malnutrizione elevato. Potendo confrontare i risultati del test di screening per la malnutrizione e il Body Mass Index nei pazienti sarcopenici, è stato possibile evidenziare come l’83,3 %, ossia 25 pazienti su 30 totali sarcopenici avevano un risultato uguale o superiore a 2 nel test di screening per la malnutrizione, dunque avevano un rischio elevato di malnutrizione ma allo stesso momento i pazienti sarcopenici e con rischio elevato di malnutrizione avevano perlopiù (56%) un BMI pari al normopeso. Conclusioni Questo studio dimostra come l’infezione da SARS-CoV-2 sia associata allo sviluppo di sarcopenia e al conseguente stato di malnutrizione che si aggiunge alle complicanze indotte dalla patologia. Un approccio multidisciplinare che associ il trattamento neuromotorio con la valutazione dello stato nutrizionale e l’impostazione di adeguato protocollo rappresenta un obiettivo fondamentale della presa in carico riabilitativa del paziente affetto da COVID-19. Bibliografia 1. Laviano A, et al. Nutrition support in the time of SARS-CoV-2 (COVID-19). Nutrition. 2020 Apr 2:110834. doi: 10.1016/j.nut.2020.110834. Epub ahead of print. PMID: 32276799; PMCID: PMC7132492. 2. Cruz-Jentoft AJ, et al. European Working Group on Sarcopenia in Older People 2 (EWGSOP2): Sarcopenia: revised European consensus on definition and diagnosis. Age and Ageing. 2018; 0: 1–16
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Indicazioni ad impiego della tossina botulinica in anterocollis con disfagia posturale in malattia di Parkinson
INDICAZIONE AD IMPIEGO DELLA TOSSINA BOTULINICA IN ANTEROCOLLIS CON DISFAGIA IN MALATTIA DI PARKINSON M. Bacchini 1, G. Chiari 1, M. Rossi 1,C. Rovacchi 1 1 Fondazione Don Carlo Gnocchi – Onlus – Centro S. Maria ai Servi, Parma INTRODUZIONE La fase faringea della deglutizione implica non solo i muscoli faringei e laringei, ma anche i muscoli della cavità orale ed i muscoli sovraioidei. La durata dell’intera sequenza oro-faringea della deglutizione è straordinariamente rapida, dell’ordine di 0,6-1,0 sec., e complessa. La muscolatura faringea presenta durante la deglutizione un’attivazione sequenziale temporale [1]. Nei pazienti con anterocollis in malattia di Parkinson la posizione in flessione del collo causa asimmetria anatomica delle vie della deglutizione ed accorciamento dei muscoli faringo-laringei con conseguente abbassamento della parte posteriore della lingua contro la parete posteriore della faringe. I gruppi muscolari meccanicamente accoppiati allo sfintere esofageo superiore sono i muscoli estrinseci sovraioidei ed il muscolo intrinseco cricofaringeo. La fase faringea inizia coi movimenti orizzontali e verticali dell’osso ioide, da contrazione dei muscoli digastrico, genioioideo e miloioideo, che inducono elevazione e rotazione dell’epiglottide, ai fini di chiudere il vestibolo laringeo [2, 3]. I muscoli sottoioidei (stenotiroideo, sternoioideo, tiroioideo e omoioideo) stabilizzano l’osso ioide e riportano l’osso ioide in posizione dopo l’atto deglutitorio. La distanza tra la base dell’epiglottide e le cartilagini aritenoidee determina l’ampiezza dell’ingresso laringeo ed è uno degli indicatori più importanti per la protezione delle vie aeree. I muscoli sovraioidei operano con la massima forza contrattile quando l’efficacia della contrazione inizia da una posizione di riposo. La propulsione attiva del bolo avviene proporzionalmente all’allungamento eccentrico della muscolatura sottomentoniera, che può sviluppare in seguito la sua tonia concentrica in rapporto alla lunghezza conseguita. Il cricofaringeo è un muscolo sfinteriale “anulare” situato alla giunzione faringo-esofagea; è attivo a riposo con un’attività tonica elettromiografica di base e si rilassa durante la deglutizione, garantendo il controllo anterogrado e retrogrado del flusso del bolo tra faringe ed esofago. Durante la pausa di attivazione del muscolo cricofaringeo, in cui il tracciato elettromiografico coincide con l’isoelettrica, il bolo è trasportato dalla faringe in esofago. Mentre si deglutisce, come conseguenza della pressione passiva retrograda, provocata dalla base della lingua e dai muscoli ariepiglottici, l’epiglottide viene indotta a rovesciarsi all’indietro, chiudendo l’accesso alle vie aeree. La postura corretta riduce il rischio di aspirazione, restringendo l’ingresso delle vie aeree. La flessione del rachide cervicale altera svantaggiosamente l’escursione dell’osso ioide e la susseguente funzionalità delle fasi fisiologiche di attivazione dei muscoli sovraioidei e del cricofaringeo, con rischio di aspirazione. METODI 28 pazienti (12 femmine e 16 maschi; di età media di 74 anni), affetti da anterocollis in malattia di Parkinson, in cui era stata data indicazione a trattamento con tossina botulinica dell’anterocollis hanno partecipato a questo studio. Sono stati sottoposti a test dell’acqua e test di deglutizione sequenziale. Nella disfagia neurogena il paziente è costretto a duplicazione o moltiplicazione degli atti deglutitori. Durante la selezione strumentale elettrofisiologica dei muscoli del piano profondo prevertebrale cervicale, l’elettromiografia ad ago ha esaminato anche i muscoli sovraioidei e cricofaringeo. La dissinergia di attivazione di questi ultimi gruppi muscolari risulta responsabile di alterazioni della fase faringea della deglutizione. RISULTATI In 6 pazienti la registrazione elettromiografica ha evidenziato prolungamento della fase di attivazione faringea dei muscoli sovraioidei; in 2 pazienti è stato registrato prolungamento della durata della pausa elettromiografica dell’attività del cricofaringeo, durante il trasporto del bolo dalla faringe in esofago, con presenza di potenziali motori. Durante il test dell’acqua ed il test di deglutizione sequenziale, questi pazienti presentavano moltiplicazione degli atti deglutitori. In questi 8 pazienti non è stata data indicazione a trattamento con inoculazione intramuscolo di tossina botulinica nei muscoli flessori cervicali, superficiali e/o profondi, per anterocollis. DISCUSSIONE L’elevazione della laringe è ridotta nei pazienti con iperflessione del rachide cervicale rispetto ai soggetti sani. La postura in flessione condiziona la posizione dell’osso ioide e la biomeccanica dei muscoli sovraioidei con accorciamento e tendenza all’evoluzione in fibrosi. La diagnostica strumentale elettromiografica ad ago del piano muscolare deglutitorio profondo faringo-laringeo e l’esame obiettivo, con test dell’acqua e test di deglutizione sequenziale, consentono di diagnosticare se un’eventuale disfagia associata sia manifestazione di puro anterocollis posturale o di componente neurogena. Il limite di disfagia è d’aiuto nella diagnosi di disfagia subclinica nei pazienti parkinsoniani, senza segni clinici. La disfagia posturale è legata all’inversione in concavità del rachide cervicale, non è neurogena. Se la disfagia è posturale il timing di attivazione dei muscoli oro-faringei, laringei, esofagei è conservato, ma l’attivazione è quantitativamente meno efficace. Se la disfagia è neurogena si registra desincronizzazione dell’attivazione dei diversi gruppi muscolari, per prolungamento temporale della fase di attivazione faringea dei muscoli sovraioidei ed alterazione della pausa del cricofaringeo. L’ipostenia e la desincronizzazione di attivazione dei muscoli sovraioidei ed ariepiglottici produce una disfunzione della chiusura fisiologica “serrata” dell’epiglottide sull’imbocco della trachea, permettendo ai liquidi ed ai semiliquidi, di infiltrarsi collateralmente all’epiglottide, nelle vallecule ai lati delle pieghe glosso-epiglottiche, nel vestibolo tracheale e poi distribuirsi a valle nella “rete bronchiale”, favorendo l’instaurarsi di “pabulum” e l’insorgere di polmonite “ab ingestis”. L’inoculazione della tossina botulinica, consentita solo in caso di disfagia posturale, riduce l’accorciamento dei muscoli sovraioidei e consente all’osso ioide di poter usufruire di una migliore condizione eccentrica dei muscoli sovraioidei, per sviluppare poi una forza concentrica ideale per la funzionalità della deglutizione, ristabilendo la sincronizzazione con la pausa del cricofaringeo. BIBLIOGRAFIA [1] Miller A J. Neurophysiological basis of swallowing. Dysphagia 1986; 1: 91-100. [2] Ertekin C, Aydogdu I. Neurophysiology of swallowing. Clin Neurophysiology 2003; 114: 2226-2244. [3] Paik NJ, Sang JK, Lee HJ, Jeon JY, Lim JY, Ryoon HT. Movement of the hyoid bone and the epiglottis during swallowing in patients with dysphagia from different etiologies. J Electromyogr Kinesiol 2008; 18(2): 329–335.
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Utilità di un training virtuale nell’utilizzo delle protesi mioelettriche in pazienti con amputazione parziale di mano – case report
Utilità di un training virtuale nell’utilizzo delle protesi mioelettriche in pazienti con amputazione parziale di mano – case report Introduzione L’amputazione parziale di mano altera tutti gli aspetti della vita quotidiana della persona affetta, causando disabilità permanente, nonché un trauma psicologico ed una perdita della capacità lavorativa dell’individuo affetto. La causa principale è traumatica, correlata nella maggior parte dei casi ad incidenti sul lavoro. Rappresenta anche un significativo onere economico diretto e indiretto per i pazienti e la società. L’evoluzione tecnologica ha sempre di più portato all’utilizzo di protesi mioelettriche in pazienti sottoposti ad amputazioni minori degli arti superiori. Questi tipi di protesi utilizzano gli impulsi elettrici che provengono dalla contrazione dei muscoli della parte residua dell’arto per azionare la protesi. Materiali e Metodi Presentiamo il caso clinico di un paziente maschio di 59 anni, che ha subito uno schiacciamento di mano destra per un incidente sul lavoro. A seguito dell’incidente, è stata effettuata l’amputazione di pollice, indice, medio ed anulare della mano interessata. Successivamente all’intervento, il paziente ha svolto un training fisioterapico standard ed in seguito un training virtuale finalizzato ad un maggiore apprendimento nella gestione della protesi mioelettrica. Il percorso riabilitativo del paziente è stato effettuato presso il servizio di riabilitazione dell’Ospedale Asepeyo di Sant Cugat – Barcellona. Il training virtuale consisteva nell’azionare una mano virtuale, visualizzata attraverso lo schermo di un computer, grazie all’utilizzo di elettrodi di superficie posizionati sul moncone del paziente. Il software convertiva i segnali elettromiografici in segnali digitali. Una volta che il paziente ha terminato il training fisioterapico ed il training virtuale, abbiamo effettuato un confronto tra i risultati di tre scale di valutazione somministrate al paziente e le stesse scale somministrate a pazienti amputati di arti superiori che avevano effettuato solo un training fisioterapico standard e non un training virtuale. Sono state misurate la funzione (Block and Box Test), la valutazione soggettiva della protesi (Questionario SAT-PRO) e la qualità della vita percepita dal paziente (Questionario EuroQol-5D). Il Block and Box Test (BBT) è una prova utilizzata per valutare la funzione della protesi. Si compone di una scatola di legno suddivisa in due scomparti, uno dei quali riempito con 100 blocchetti. Il punteggio BBT è uguale al numero di cubi trasferiti da un compartimento all’altro in un minuto con la protesi mioelettrica. Il questionario SAT-PRO è un questionario auto-somministrato per determinare la soddisfazione del paziente con l’uso della protesi. Si compone di 15 categorie. I punteggi più bassi indicano una maggiore soddisfazione percepita. Il questionario EuroQol-5D è una misura generica della qualità della vita ed è ampiamente utilizzata per determinare la sua diminuzione a causa della malattia. Risultati In un recente studio gli autori hanno usato il Block and Box Test per valutare funzionalmente pazienti con protesi mioelettriche amputati distalmente al gomito, riscontrando un punteggio medio di 20,90 ; un punteggio praticamente analogo (21) a quello raggiunto dal paziente nel nostro studio. Un altro studio ha messo in relazione la qualità della vita in pazienti che hanno subito amputazioni agli arti superiori. La scala utilizzata era la EUROQol-5D, misurata a 2,5 – 5 – 9 e 24 mesi. Confrontando i risultati a 2,5 mesi (punteggio 0,73) con il punteggio del paziente del nostro studio (punteggio 0,71) abbiamo ottenuto un punteggio similare. Dal momento che non abbiamo trovato uno studio che abbia utilizzato la scala SAT-PRO nella valutazione dei pazienti con amputazione di arto superiore, abbiamo confrontato il punteggio del nostro paziente (33) con quelli di un articolo che ha validato l’uso della scala in pazienti amputati agli arti inferiori (27). Conclusioni La maggior parte degli amputati di arto superiore non riesce ad usare regolarmente la propria protesi mioelettrica, poiché non in grado di controllarla in modo efficiente. La riabilitazione virtuale, combinata con quella standard, potrebbe rappresentare un mezzo fondamentale nei pazienti con amputazione parziale di mano, per poter raggiungere una maggiore indipendenza funzionale. L’elevato costo delle protesi degli arti superiori è certamente una barriera importante al suo utilizzo tra i pazienti amputati. E’ stato infatti riscontrato che un livello socioeconomico inferiore è un fattore predittivo indipendente negativo; l’acquisto di protesi mioelettriche è quindi fortemente influenzato dal suo prezzo. Nonostante ciò, le protesi mioelettriche, forniscono un ruolo fondamentale in questo tipo di pazienti per ottenere la reintroduzione delle attività della vita quotidiana e ripristinare il loro ruolo professionale, familiare e sociale. Bibliografia 1. Dillingham, Timothy R. et al. Incidence, acute care length of stay, and discharge to rehabilitation of traumatic amputee patients: An epidemiologic study. Archives of Physical Medicine and Rehabilitation, Volume 79, Issue 3, 279 – 287 2. Alonso Alonso A, Hornero Sánchez R, Espino Hurtado P, de la Rosa Steinz R, Liptak L Entrenador mioeléctrico de prótesis para amputados de brazo y mano. Mapfre Medicina, 2002; 13: 11-19 3. Salminger, Stefan & Vujaklija, Ivan & Sturma, Agnes & Hasenoehrl, Timothy & Roche, Aidan & Mayer, Johannes & Hruby, Laura & Aszmann, Oskar. (2018). Functional Outcome Scores With Standard Myoelectric Prostheses In Below-Elbow Amputees. American Journal of Physical Medicine & Rehabilitation
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Ossigeno-ozono terapia intra-articolare per il trattamento della gonartrosi: studio randomizzato, in doppio cieco, di confronto con acido ialuronico
OSSIGENO-OZONO TERAPIA INTRA-ARTICOLARE PER IL TRATTAMENTO DELLA GONARTROSI: STUDIO RANDOMIZZATO, IN DOPPIO CIECO, DI CONFRONTO CON ACIDO IALURONICO Dr.ssa Roberta Amenta, Dr. Cristiano Sconza, Dr. Berardo Di Matteo, Dr. Stefano Respizzi GA Introduzione e Obiettivi: La gonartrosi è una patologia molto diffusa, caratterizzata da dolore, rigidità e deficit funzionale. Fra le varie opzioni terapeutiche utilizzate rientrano il trattamento farmacologico antinfiammatorio, fisiokinesiterapia, procedure mininvasive ed infine nei casi non responsivi il trattamento chirurgico(1). Ad oggi, sono stati condotti diversi studi sull’utilizzo intra-articolare dell’ossigeno-ozono nella gonartrosi e sui suoi potenziali benefici terapeutici. Su questo argomento, lo scorso anno, il nostro gruppo di lavoro ha pubblicato una revisione sistematica della letteratura, che includeva un totale di 11 studi pubblicati dal 2011 al 2018. Questa review ha sicuramente permesso di sottolineare i promettenti risultati riguardanti l’efficacia di questo trattamento, dimostrando che l’ossigeno-ozono terapia è una terapia sicura, con effetti sovrapponibili o addirittura migliori rispetto ad altri trattamenti e con effetti collaterali rari. Tuttavia la qualità metodologica non elevata degli RCT attualmente disponibili in letteratura non permette di trarre conclusioni definitive in merito, per cui è necessario definire un protocollo standardizzato per la terapia e le procedure(2). L’obiettivo di questo studio sarà sviluppare un protocollo rigoroso per valutare l’efficacia dell’Ossigeno-Ozono terapia (OOT) intra-articolare nella gonartrosi e confrontarla con la terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA), attualmente largamente utilizzata nel trattamento della gonartrosi. Materiali e metodi: Studio prospettico, randomizzato, controllato, in doppio cieco. Verranno arruolati 120 soggetti, che saranno randomizzati (1:1) in uno dei due gruppi di trattamento. I soggetti riceveranno per ciascun braccio un ciclo di tre infiltrazioni di OOT o di HA. L’outcome primario sarà la misurazione della gonalgia nelle principali attività della vita quotidiana mediante la WOMAC LK 3.1 sottoscala del dolore. Gli outcome secondari saranno le altre sottoscale della WOMAC LK 3.1. la NRS e la KOOS che andranno a valutare i risultati del trattamento sugli aspetti di funzionalità, rigidità del ginocchio e qualità della vita. Oltre alle misure di efficacia clinica, sarà valutata la sicurezza del trattamento monitorando eventuali eventi avversi. Discussione: Questo protocollo di studio è già stato valutato e approvato dal comitato etico dell’Istituto Clinico Humanitas ed è stato regolarmente registrato sul sito http://www.ClinicalTrials.gov (Clinical Trials.gov Identifier: NCT0442672). Per il reclutamento i pazienti verranno sottoposti ad un visita di screening necessaria per individuare soggetti con una gonartrosi sintomatica da almeno 3 mesi che non hanno tratto beneficio da precedenti trattamenti. A questi pazienti verrà fornito il consenso informato, si passerà quindi alla conferma dell’eleggibilità e alla registrazione di base. I pazienti, una volta reclutati, verranno quindi randomizzati in modo casuale in uno dei due bracci di trattamento. Dopo circa 28 giorni dalla visita di screening ai pazienti verrà chiesto di tornare per il primo trattamento, verrà eseguita 1 infiltrazione a settimana per 3 settimane. Dopo le tre visite del trattamento inizieranno le visite per il follow-up che si svolgeranno a 1-3-6-12 mesi e si terranno mediante colloquio telefonico. Durante il colloquio verranno somministrate le scale di valutazione, WOMAC, NRS e KOOS, si discuterà su eventuali problemi medici e sui farmaci che sta assumendo ed infine si indagherà l’eventuale insorgenza di eventi avversi. Risultati: Una volta completato lo studio per cui è prevista una durata massima di 12 mesi per soggetto. Andra effettuata un’analisi statistica dei dati raccolti, il protocollo prevede l’utilizzo del test di superiorità (che altro non è che un test T per campioni indipendenti a due code) che servirà per analizzare l’endpoint primario. H0: µOOT = µHA vs H1: µOOT ≠ µHA Verranno definite due ipotesi: – H0 è l’ipotesi nulla: La variazione media del punteggio del dolore WOMAC al follow-up a 3 mesi sia la medesima nei pazienti trattati con OOT e HA; – H1 è l’ipotesi alternativa: La variazione media del punteggio del dolore WOMAC al follow-up a 3 mesi sia differente nei pazienti trattati con OOT e HA. Una superiorità dell’OOT nella variazione media del punteggio del dolore WOMAC al follow-up di 3 mesi statisticamente significativa (per  = 0,05)̀ sarà considerata come evidenza di efficacia Conclusioni: La fase di reclutamento è iniziata a giugno 2020, ma è ancora molto presto per parlare di risultati preliminari. Ci aspettiamo delle variazioni significative per entrambi i gruppi negli outcome primari e secondari. Ancor più interessante sarà l’esito del confronto tra i due trattamenti, visti i pareri attualmente non dirimenti in letteratura. Non prevediamo il verificarsi di eventi avversi relativi alla procedura. Bibliografia: 1)S. A. Raeissadat, S. M. Rayegani, B. Forogh, P. Hassan Abadi, M. Moridnia, S. R. Dehgolan. Intra-articular ozone or hyaluronic acid injection: Which one is superior in patients with knee osteoarthritis? A 6-month randomized clinical trial. Journal of Pain Research 2018:11 111–117 2)C. Sconza, S. Respizzi, L. Virelli, F. Vandenbulcke, F. Iacono, E. Kon, B. Di Matteo. Oxygene-Ozone Therapy for the Treatment of Knee Osteoarthritis: A Systematic Review of Randomized Controlled Trials. Arthroscopy 2020;36:277-286.
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Ossigeno-ozonoterapia nel trattamento del low back pain: una revisione sistematica di studi randomizzati controllati
OSSIGENO-OZONO TERAPIA NEL TRATTAMENTO DEL LOW BACK PAIN: UNA REVISIONE SISTEMATICA DI STUDI RANDOMIZZATI CONTROLLATI Giulia Leonardi, MD¹; Stefano Respizzi, MD²; Berardo Di Matteo, MD, PhD³; Cristiano Sconza, MD². Introduzione e Obiettivi Il low back pain (LBP) è il più diffuso e rilevante tra i dolori rachidei nella popolazione adulta. La genesi del disturbo è spesso multifattoriale, ne consegue che il suo trattamento è multimodale, volto al recupero funzionale ed alla riduzione del dolore. In particolare, tra i tanti trattamenti antalgici mininvasivi esistenti, nessuno ha dimostrato nella pratica clinica un’efficacia certa e superiore a quella di altri [1]. Tra questi, una pratica molto promettente è l’ossigeno-ozono terapia (OOT), che sfrutta le potenzialità dell’ozono combinato con l’ossigeno per stimolare ed incrementare la risposta cellulare nei confronti degli stress ossidativi [2]. Obiettivo di questa revisione sistematica è quello di esaminare la letteratura disponibile sull’applicazione dell’ossigeno-ozono terapia nel trattamento del LBP e confrontarla con altre opzioni di trattamento conservativo. Materiali e Metodi È stata eseguita una revisione sistematica della letteratura sull’uso di un trattamento iniettivo con ossigeno-ozono per il low back pain. Sono state analizzate le banche dati elettroniche PubMed, Scopus e Cochrane Library, utilizzando la seguente formula: (“ozonoterapia” OPPURE “iniezione di ozono” O “ozono”) E (“mal di schiena” O “spina dorsale” O “ernia”). Il processo di screening e l’analisi sono stati condotti separatamente da 2 osservatori indipendenti (… e …). In primo luogo, gli articoli sono stati vagliati per titolo ed abstract. Durante lo screening sono stati utilizzati i seguenti criteri di inclusione per gli articoli rilevanti: (1) studi randomizzati controllati (RCTs), (2) scritti in Inglese, (3) pubblicati su riviste indicizzate negli ultimi 20 anni (2000-2020), (4) condotti solo su umani, (5) di età >18 aa (6) di entrambi i sessi, (7) riguardanti il trattamento con ossigeno-ozono terapia, (8) in pazienti affetti da low back pain ed ernia discale, (9) confrontando i risultati dell’ossigeno-ozono terapia, in termini di miglioramento di scores clinici e funzionali, nel gruppo sperimentale con quelli di un altro tipo di terapia nel gruppo di controllo (10). I criteri di esclusione sono stati: articoli scritti in altre lingue, recensioni, studi non randomizzati o prove che analizzano altre applicazioni dell’ozono non direttamente correlate al low back pain. Nella seconda fase sono stati vagliati i testi completi degli articoli selezionati, con ulteriori esclusioni secondo i criteri precedentemente descritti. I dati rilevanti sono stati poi estratti e raccolti in un unico database, con il consenso dei due osservatori, per essere analizzati ai fini del presente manoscritto. Il rischio di distorsione è stato valutato utilizzando i criteri di qualità «Cochrane Risk of Bias» per RCTs. Ognuno degli studi inclusi, sulla base di criteri specifici, è stato classificato a «Basso rischio», ad «Alto rischio» o a «Rischio non chiaro». Successivamente, i risultati di questa valutazione sono stati convertiti in standards AHRQ (Agency for Healthcare Research and Quality), che in definitiva classificano gli RCTs in «Buona qualità», «Discreta qualità» e «Scarsa qualità». Risultati La ricerca ha prodotto 220 articoli. Rimossi i duplicati e secondo i nostri criteri di inclusione ed esclusione, abbiamo identificato 15 studi per un totale di 2597 pazienti. I gruppi di controllo hanno ricevuto vari tipi di terapie: corticosteroidi in 3 studi, terapia analgesica in 2 studi; placebo, microdiscectomia, OOT + Laser, OOT + TENS e riabilitazione posturale, OOT + corticosteroidi, OOT + termocoagulazione intradiscale a radiofrequenza percutanea (PIRFT) ed OOT + blocco compartimentale psoas (PBC) in 7 studi. Nei restanti 3 studi, OOT è stato somministrato al gruppo di controllo e non al gruppo di studio che ha ricevuto corticosteroidi o microdiscectomia. Non sono state riportate complicazioni di rilievo o eventi avversi a seguito di OOT. Dal confronto tra i dati di OOT con quelli degli approcci terapeutici tradizionali, in 9 degli studi esaminati il trattamento con OOT è risultato essere superiore, in 2 è risultato essere inferiore ed in 4 non è stata dimostrata alcuna differenza statisticamente significativa tra i due gruppi considerati. Osservando la qualità degli studi inclusi, secondo gli standards AHRQ, abbiamo scoperto che nessuno di essi ha raggiunto uno standard di «Buona qualità», 3 sono stati classificati come RCTs di «Discreta qualità» ed il resto è stato considerato di «Scarsa qualità». Discussione Questa revisione ha evidenziato il forte interesse della comunità scientifica sull’uso dell’ossigeno-ozono terapia nel trattamento del low back pain associato ad ernia discale. È purtroppo emerso però che i protocolli terapeutici dell’OOT sono altamente variabili in termini di diverse concentrazioni e dosi di ozono, modalità di applicazione e metodi di valutazione dei risultati: tutte queste variabili rendono molto complesso il confronto tra gli studi. Nonostante includa solo RCTs, infatti, la valutazione critica ha rivelato pregiudizi rilevanti in tutti i 15 studi considerati, che non permettono di chiarire il potenziale terapeutico dell’OOT rispetto agli approcci terapeutici tradizionali attualmente adottati per il LBP dovuto ad ernia discale. Inoltre, i diversi punteggi clinici utilizzati negli studi inclusi, la disomogeneità dei campioni testati, la presenza di numerosi bias e la durata variabile del trattamento non hanno permesso agli autori di effettuare una meta-analisi dei risultati. Tutto ciò rende chiaro che c’è una generale modesta aderenza alle Linee guida CONSORT 2010 (CONsolidated Standards of Reporting Trials) per i metodi di reporting ed i risultati degli RCTs, e queste prove di bassa qualità sono dannose sia per la comunità scientifica che per i pazienti. Conclusioni Dai risultati ottenuti dagli RCTs considerati, è emersa la presenza di numerosi bias che possono limitare l’evidenza delle conclusioni sull’efficacia dell’ossigeno-ozono terapia rispetto ad altre opzioni terapeutiche. L’OOT ha comunque dimostrato di essere un trattamento sicuro e non invasivo, con un ampio consenso sull’efficacia nel controllo del dolore e sul recupero funzionale a breve medio termine. Per tanto i nostri dati indicano la necessità di un maggiore rigore metodologico negli RCTs per quanto riguarda l’uso dell’OOT nel trattamento del LBP, poiché i risultati oggettivi degli studi clinici rappresenterebbero l’unica possibilità di includere questa terapia nei protocolli di trattamento conservativo multimodale dei pazienti affetti da low back pain ed ernia discale. Bibliografia [1] Costa T, Linhares D, Ribeiro da Silva M, Neves N. Ozone therapy for low back pain. A systematic review. Acta Reumatológica Portuguesa 2018:172-81 [2] De Andrade RR, De Oliveira-Neto OB, Timbó Barbosa L, Santos IO, De Sousa-Rodrigues CF, Timbó Barbosa F. Effectiveness of ozone therapy compared to other therapies for low back pain: a systematic review with meta-analysis of randomized clinical trials. Revista Brasileira de Anestesiologia 2019;69(5):493-501 Affiliazioni ¹ Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, UOC Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Messina, Messina, Italia. ² Dipartimento di Riabilitazione e Recupero Funzionale, Centro Clinico e di Ricerca Humanitas IRCSS, Rozzano, Milano, Italia. ³ Dipartimento di Scienze Biomediche, Università Humanitas, Rozzano, Milano, Italia; Centro Clinico e di Ricerca Humanitas, Milano, Italia.
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Riabilitazione e controllo motorio mediante realtà virtuale nei soggetti con cervicalgia: studio randomizzato controllato
RIABILITAZIONE E CONTROLLO MOTORIO MEDIANTE REALTA’ VIRTUALE NEI SOGGETTI CON CERVICALGIA: STUDIO RANDOMIZZATO CONTROLLATO Daniele Emedoli, Matteo Locatelli, Andrea Tettamanti, Sandro Iannaccone Introduzione La cervicalgia cronica aspecifica (CNP) è descritta come un malessere o una più intensa forma di dolore localizzato nella regione posteriore o laterale del collo. Studi precedenti hanno dimostrato che, a causa di un dolore persistente, potrebbero verificarsi anomalie nei movimenti accoppiati cervicali. Queste alterazioni potrebbero portare a strategie protettive di controllo posturale o cambiamenti nel controllo del movimento che potrebbero riflettersi in mal adattamenti della processazione motoria da parte del sistema nervoso centrale. Con un tale quadro, è stato dimostrato che la Realtà Virtuale (VR) potrebbe migliorare le strategie di controllo motorio fornendo feedbacks in tempo reale riguardo la performance, aumentando i movimenti percepiti e migliorando le propriocezione del corpo. La VR costituisce uno strumento riabilitativo tecnologico che consente al paziente di sperimentare e interagire con un ambiente generato digitalmente offrendo numerosi vantaggi rispetto alle cure standard, come ad esempio la simulazione di ambienti realistici ed esercizi di vita quotidiana, personalizzati rispetto alle specifiche necessità del paziente. L’obiettivo primario di questo studio è di valutare gli effetti di un allenamento del controllo motorio mediante la realtà virtuale sul dominio Attività nei pazienti affetti da cervicalgia. Come obiettivi secondari, questo studio ha lo scopo di indagare: (i) i cambiamenti della Funzione, Percezione del Dolore, Kinesiofobia e Impressione Globale di Cambiamento post trattamento. Metodi Il trial in corso è uno studio randomizzato controllato in singolo cieco e monocentrico. Attualmente sono stati reclutati dieci partecipanti affetti da CNP. Il trattamento prevede 12 sedute, ognuna della durata di 45 minuti, due volte alla settimana per 6 settimane consecutive. I soggetti sono stati valutati in ingresso (T0), dopo le 6 settimane di riabilitazione (T1) e al follow-up a 3 mesi (T2). La durata totale della partecipazione allo studio per ogni soggetto è stata approssimativamente di 19 settimane. I soggetti del gruppo sperimentale (VRT) hanno eseguito la riabilitazione sensorimotoria basata sulla VR mentre i soggetti del gruppo di controllo (CT) hanno eseguito la stessa riabilitazione dei soggetti nel gruppo VRT, in termini di intensità, tempo e tipo, ma con la realtà virtuale spenta. I criteri di inclusione per poter partecipare allo studio sono: (i) individui adulti (18-70 anni), (ii) presenza di cervicalgia da almeno 12 settimane, (iii) vista normale o corretta. Mentre i criteri di esclusione sono: (i) diniego del consenso informato, (ii) infezioni sistemiche o disordini degenerativi metabolici/neurologici/muscolari, (iii) patologie midollari cervicali, fratture o interventi chirurgici, (iv) radicolopatie, (v) disturbi vestibolari, (vi) epilessia e (vii) gravidanza. I soggetti sono stati valutati nei domini: (i) Attività (Neck Disability Index – NDI), (ii) Percezione del Dolore (Numeric Rating Scale – NRS, Neck Pain and Disability Scale – NPDS, Central Sensitization Inventroy – CSI), (iii) Funzione (Cinematica Cervicale) e (iv) Kinesiofobia (Tampa Scale of Kinesiophobia – TSK). Inoltre, ogni soggetto è stato valutato riguardo la percezione del cambiamento mediante la Patient – Global Impression of Change (P-GIC). Risultati Il confronto intra-gruppo ha mostrato miglioramenti nelle scale NDI (p=0.043), NRS (p=0.042), NPDS (p=0.042), CSI (p=0.043) e nel range di movimento durante la Rotazione (p=0.043) e l’Inclinazione cervicale (p=0.043), così come il confronto inter-gruppo ha mostrato miglioramenti nella Kinesiofobia (p=0.016) e una riduzione dei movimenti compensatori cervicali durante la Cinematica Cervicale (p=0.009) a favore del gruppo sperimentale. Sono state osservate correlazioni significative forti tra le scale P-GIC e NPDS (p=0.001, r=0.881), P-GIC e NRS (p=0.020, r=0.717), NRS e NDI (p=0.002, r=0.913) e tra la CSI con la percezione di kinesiofobia (p=0.001, r=0.860). Conclusioni Questo studio ha dimostrato che un allenamento sensorimotorio dei movimenti cervicali mediante feedback aumentato potrebbe essere utile per migliorare l’Attività, la Percezione del Dolore, la Kinesiofobia e la Funzione riducendo i movimenti compensatori. Bibliografia S. P. Cohen, «Epidemiology, Diagnosis, and Treatment of Neck Pain,» Mayo Clin Proc, vol. 90, n. 2, pp. 284-299, 2015. B. Hidalgo , T. Hall, J. Bossert, A. Dugeny, B. Cagnie e L. Pitance, «The efficacy of manual therapy and exercise for treating non-specific neck pain: A systematic review,» Journal of Back and Musculoskeletal Rehabilitation, n. 30, pp. 1149-1169, 2017. G. Moseley e P. Hodges , «Reduced variability of postural strategy prevents normalization of motor changes induced by back pain: a risk factor for chronic trouble?,» Behav Neurosci, vol. 120, n. 2, pp. 474-476, 2006.
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Indagine statistica sulle asimmetrie cliniche del rachide in una popolazione scolastica
Introduzione I disturbi della colonna vertebrale e l’obesità rappresentano un importante motivo di preoccupazione per le strutture sanitarie ed educative. La scoliosi è una deformità tridimensionale della colonna vertebrale che provoca un’asimmetria del tronco, si riscontra e progredisce più frequentemente durante la crescita puberale, tra gli 11 e i 15 anni. Esiste in letteratura un’ampia variabilità della positività clinica per la scoliosi nell’esame della colonna vertebrale. Il nostro studio si propone di indagare una relazione tra la curva scoliotica e l’obesità, valutando diversi tipi di variabili in ragazzi in età scolare. Materiali e Metodi Il campione è costituito da 478 studenti italiani della scuola media inferiore, con un’età media di 12,6 anni (SD: 1,861) valutati da Marzo a Maggio 2015Le caratteristiche demografiche ed antropometriche sono raggruppate in tab.1. La valutazione comprendeva: l’ispezione della colonna vertebrale in stazione eretta, deviazione laterale dal filo a piombo, misurazione delle frecce sul piano sagittale, test di Adams (Forward Bending Test), Test ATR con scoliometro di Bunnell®, misurazione del gibbo con gibbometro e calcolo del BMI. In accordo con le Linee Guida Italiane, sono stati considerati clinicamente rilevanti i gibbi con ATR ≥5 e/o altezza ≥5 mm Risultati I risultati delle valutazioni del campione con scoliometro di Bunnell® e con gibbometro sono riportati nella Tabella 2 e nei grafici. Dopo misurazione dell’ATR sono risultati positivi 26 soggetti (5,4%) per ATR ≥ 7; 102 soggetti (21,3%) positivi per ATR ≥ 6; e infine 191 soggetti (40,0%) positivi per ATR ≥ 5. I soggetti con alterazioni cliniche del rachide erano 191 (40%); l’obesità era presente in 62 casi (13%) e, dopo la regressione, sono state riscontrate associazioni tra postura scoliotica e sesso, presenza di obesi. Le femmine (48%) appaiono più soggette a deformità spinali rispetto ai maschi (27%). L’obesità sembra giocare un ruolo importante nelle alterazioni del rachide, in quanto si stima siano presenti in circa il 40% di questi soggetti. D’altra parte, anche gli studenti di basso peso mostrano una tendenza simile con una percentuale del 33%. Discussione I dati raccolti in questo studio confermano che la prevalenza di soggetti clinicamente positivi varia notevolmente in considerazione dei cut-off adottati. Circa il 40% di alterazioni del rachide sono state riscontrate in soggetti obesi, che mostrano maggiori deformità scoliotiche, dati in accordo con la letteratura che associa scoliosi e abitudini sedentarie, vizi posturali e anomalie della colonna vertebrale. Inoltre, con cut-off differenziali per la regione toracica (o del passaggio toraco-lombare) e per la regione lombare, si può osservare una variazione delle percentuali di positività clinica. Conclusioni A seconda dei parametri considerati vi è grande variabilità nella prevalenza delle asimmetrie del rachide che pongono il sospetto clinico di scoliosi. Ai fini della diagnosi precoce è consigliabile utilizzare misurazioni multiple durante l’esame di primo livello per rendere più specifica la valutazione. Il nostro studio conferma una relazione tra obesità e scoliosi, che aumenta con l’aumentare dell’età. I soggetti di sesso femminile presentano maggiori rischi di sviluppare gibbi e alterazioni del rachide. È consigliabile utilizzare una combinazione di diversi parametri per ottenere una valutazione più sensibile.
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Una rete di Robotica ed Alta Tecnologia: modello di continuità di cura riabilitativa Ospedale-Territorio.
UNA RETE DI ROBOTICA ED ALTA TECNOLOGIA: MODELLO DI CONTINUITÀ DI CURA RIABILITATIVA OSPEDALE-TERRITORIO 1Camerano Corrado, 2Gullì Carmela, 2Mascali Paola, 2Scarmato Antonio, 3Burgio Antonella, 3Inghilterra Stella, 4Merrina Cettina, 5Quattrocchi Giuseppe Luigi Jeffrey Eddy 1Fisiatra presso U.O. Recupero e Riabilitazione Funzionale del P.O. Cutroni Zodda, Barcellona P.G., sede di U.O.C.; 2Fisioterapista presso U.O. Recupero e Riabilitazione Funzionale del P.O. Cutroni Zodda, Barcellona P.G., sede di U.O.C.; 3Terapista Occupazionale presso U.O. Recupero e Riabilitazione Funzionale del P.O. Cutroni Zodda, Barcellona P.G., sede di U.O.C.; 4Terapia della NeuroPsicomotricità dell’Età Evolutiva presso U.O. Recupero e Riabilitazione Funzionale del P.O. Cutroni Zodda, Barcellona P.G., sede di U.O.C.; 5Direttore dell’U.O.C. Riabilitazione Adulti e Minori dell’Area Metropolitana, e dell’U.O. Recupero e Riabilitazione Funzionale del P.O. Cutroni Zodda, ASP Messina Introduzione In ambito riabilitativo, ormai da anni, la letteratura scientifica rivolge l’interesse a devices robotici, elettromeccanici e ad alta tecnologia. Nella pratica clinica quotidiana l’applicazione di una tale strumentazione è riservata, però, nella maggioranza dei casi, a specifiche realtà riabilitative, dettate da modelli organizzativi locali (Università, IRCS, et all), con limitazioni di accesso a singoli soggetti. Presso l’U.O.C. Riabilitazione Adulti e Minori dell’Area Metropolitana dell’ASP Messina, già da anni, vi è una globale presa in carico riabilitativa, in tutte le sue diversi sedi operative (ospedaliera e territoriale). Con l’avvio di una “riabilitazione robotica” è nata, però, l’esigenza di creare una rete, al fine di ampliare l’offerta riabilitativa a tutti i soggetti adulti e minori sia in fase acuta/subacuta di malattia sia in fase di cronicità. Materiali e Metodi A ottobre 2019 è nata la rete “Robotica, Alta Tecnologia”, soprannominata “RobATec”, mediante un modello di Hub- Spoke Ospedaliero e di Territorio, rivolta a tutti i soggetti adulti e minori dell’Area Metropolitana di Messina, che presentano una disabilità di origine neurologica e/o ortopedica. Sede operativa delle rete RobAtec è lo Spoke Ospedaliero “Recupero e Riabilitazione Funzionale” del P.O. di Barcellona P.G. dove è presente, a supporto della riabilitazione motoria, una pluralità di devices robotici (sistema end-effector; esoscheletro over-ground), elettromeccanici e ad alta tecnologia (braccio articolato; tapis roulant con sistema di sgravio del peso ed analisi del movimento; sistema elettropneumatico per la propriocettiva, equilibrio statico e dinamico, controllo del tronco; sistemi inerziali; sistema medicale con realtà virtuale immersiva). A condizioni cliniche-funzionali pertinenti, i soggetti, sia adulti che minori, sono stati presi in carico in diversi setting riabilitativi: regime di ricovero ordinario riabilitativo, day hospital riabilitativo, ex art. 25 L. 23/12/1978 n. 833 (PR da 1 a 9), ex art. 26 L. 23/12/1978 n. 833 in modalità riabilitativa ambulatoriale. Durante la presa in carico riabilitativa, il team riabilitativo ha verificato la possibilità di integrare il trattamento riabilitativo “tradizionale” con la “riabilitazione robotica”, per effettuare così una valutazione strumentale ed il training con uno o più devices robotici, elettromeccanici e ad alta tecnologia, a disposizione presso il centro Spoke Ospedaliero RobATec. Risultati Hanno aderito a RobaTec 50 soggetti (Tabella 1). I soggetti provenivano dai centri Hub (Unità Operative per acuti) Aziendali (ASP Messina) ed extra-Aziendali regionali, da altri centri riabilitativi Spoke Ospedalieri extra-Aziendali e da centri riabilitativi Aziendali dello Spoke del Territorio (le altre sedi dell’U.O.C.) ed extra-Aziendali. Da una prima analisi dei dati, si evince altresì che a conclusione del percorso riabilitativo i soggetti coinvolti hanno riportato dei significativi miglioramenti (Tabella 2). Conclusioni La creazione della rete RobATec permette ai soggetti adulti e minori dell’Area Metropolitana di Messina sia di ampliare l’offerta riabilitativa, sia di fornire una continuità di cura riabilitativa tra l’Ospedale ed il Territorio. Nella nostra pratica clinica quotidiana, inoltre, riteniamo che il trattamento riabilitativo “tradizionale” possa essere integrato da un utilizzo della “riabilitazione robotica”. Infatti l’impiego dei devices permette sia di perfezionare la valutazione globale dei soggetti con analisi strumentali, sia di poter elaborare training riabilitativi personalizzati, ripetitivi e task-oriented, utili al raggiungimento dell’outcome, nonché alla stimolazione della neuroplasticità cerebrale e dell’apprendimento motorio. Bibliografia 1 Beckerle P. Feel good robotics: requirements on touch for embodiment in assistive robotics. Front Neurorobot 2018. 2 Negrini S., Arienti C., Gimigliano F., Grubiic F., Howe T., Ilieva E, et al. Cochrane Rehabilitation: Organization and Functioning. Am J Phys Med Rehabil. 2017 Sep 25. 3 Molteni F. La tecnologia nel processo riabilitativo: indicazioni, limiti e prospettive. Giornale Italiano di Medicina Riabilitativa supplemento 2019, SS. 2-3
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Studio pilota di correlazione tra aspetti morfologici e clinico-funzionali in pazienti con miopatia
STUDIO PILOTA DI CORRELAZIONE TRA ASPETTI MORFOLOGICI E CLINICO-FUNZIONALI IN PAZIENTI CON MIOPATIA A. Modenese1, N. Mattiuz2, A. Sbailò3, E. Poletto2, A. Botticelli2, G. Zanusso4, P. Tonin5, N. Smania2, A. Picelli2 1 – UOC Neuroriabilitazione, DAI di Neuroscienze, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona; 2 – Sezione di Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento, Università di Verona; 3 – Scuola di Medicina e Chirurgia, Università di Verona; 4 – Sezione di Neurologia, Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento, Università di Verona; 5 – UOC Neurologia B, DAI di Neuroscienze, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona INTRODUZIONE Le miopatie racchiudono un gruppo di patologie caratterizzate da anormalità strutturali del tessuto muscolare che determinano una diminuzione della forza e della funzione muscolare con progressiva compromissione della resistenza, della deambulazione, della stabilità posturale e di conseguenza delle attività quotidiane e della qualità della vita (1,2). Lo studio si è posto i seguenti obiettivi: dapprima l’identificazione di outcomes clinico-funzionali utili per determinare le alterazioni dell’equilibrio e del cammino nei pazienti affetti da patologia muscolare; successivamente la determinazione, in gruppi di pazienti con diagnosi di miopatie diverse, le possibili correlazioni tra le variabili anatomo-morfologiche di selezionati gruppi muscolari con i parametri clinico-funzionali. La determinazione di queste correlazioni patologia-specifiche potrebbe così permettere la programmazione di un trattamento riabilitativo più idoneo e specifico per ogni paziente. MATERIALI E METODI Sono stati reclutati 19 pazienti con diagnosi di malattia muscolare (8 donne, 11 uomini), di età compresa tra i 21 ed i 70 anni (età media: 47,36 anni), presso la UOC di Neuroriabilitazione dell’ AOUI di Verona nel periodo compreso tra Aprile e Ottobre 2019. Ai pazienti arruolati sono stati proposti: TEST CLINICO-FUNZIONALI • Five Times Sit to Stand – 5XSST • Timed Up and Go – TUG • Two Minutes Walking Test – 2MWT VALUTAZIONI RADIOLOGICHE (per un campione di 10 pazienti) Sono state acquisite misurazioni anatomo-morfologiche da Risonanza Magnetica degli arti inferiori (Cross Sectional Area – CSA) misurata nei muscoli: • Retto femorale • Ischiocrurali • Tibiale anteriore • Gastrocnemi SCALE CLINICHE • SF – 36 • Fatigue Severity Scale – FSS TEST STRUMENTALI • Analisi posturografica attraverso l’utilizzo di una pedana stabilometrica (TecnoBody) in tre diverse condizioni (occhi aperti, occhi chiusi ed indossando un casco che permette di creare una situazione di conflitto sensoriale), durante ciascuna delle quali il paziente doveva rimanere in stazione eretta dapprima su una superficie stabile e quindi su una superficie di appoggio compliante, realizzata utilizzando un cuscino • Analisi dei parametri spazio-temporali del cammino mediante GAITRite system (CIR Systems, Inc.) RISULTATI L’analisi dei dati raccolti ha permesso di evidenziare: 1. Un rallentamento nell’esecuzione dei diversi test clinico-funzionali (nel 2MWT la distanza percorsa è inferiore ai normativi, nei TUG e 5XSST la durata di completamento del test risulta superiore ai valori riportati in letteratura); 2. Una conservazione dell’equilibrio statico con compromissione di quello dinamico (i parametri della stabilometria rientrano nei range di normalità; tra i parametri del cammino il tempo di doppio appoggio è aumentato nella totalità dei pazienti rispetto ai normativi); 3. Un riscontro di diversi pattern del cammino patologia-specifici; 4. Una correlazione tra la CSA del muscolo tibiale anteriore e la percentuale del tempo della fase di stance (correlazione positiva) e della fase di swing (correlazione negativa) durante il cammino; 5. Una correlazione tra la CSA dei muscoli ischiocrurali di entrambi gli arti inferiori e la sensazione di fatica valutata alla Fatigue Severity Scale (correlazione negativa). CONCLUSIONI Una dettagliata valutazione clinica e strumentale del paziente affetto da malattia muscolare consente di identificare le alterazioni funzionali presenti, permettendo l’effettuazione di un trattamento riabilitativo su misura per il paziente. Nel programma riabilitativo di questi soggetti, oltre agli esercizi di forza e di resistenza a bassa e moderata intensità, risulta indicata l’inclusione anche di ulteriori esercizi, finalizzati ad esempio al miglioramento del controllo dell’equilibrio dinamico. Bibliografia: (1) – Jacques, M. F. et al., “Quality of life in adults with muscular dystrophy”, Health Qual. Life Outcomes, 2019 Jul 15;17(1):121. doi: 10.1186/s12955-019-1177-y. – (2) Rose, M. R. et al., “Role of disease severity, illness perceptions, and mood on quality of life in muscle disease”, Muscle and Nerve, 2012 Sep;46(3):351-9. doi: 10.1002/mus.23320
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Sindrome da Encefalopatia Posteriore Reversibile (PRES). Un case report
Sindrome da Encefalopatia Posteriore Reversibile: Un Case Report Picciau¹ C, Franz² S, Tramontozzi² R, Flaviani² B, Vetrano¹ M, Trischitta¹ D, Vulpiani¹ MC, Selvanetti² A, Martinez² P ¹Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Facoltà di Medicina e Psicologia, Università degli Studi di Roma – La Sapienza ²U.O.S.D. Medicina Fisica e Riabilitativa, Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata – Roma Introduzione L’Encefalopatia Posteriore Reversibile (PRES) è una sindrome neurologica ad insorgenza acuta o subacuta che spesso si sovrappone a stati patologici preesistenti, come ad esempio: ipertensione arteriosa, sepsi, insufficienza renale, eclampsia, pre-eclampsia, disordini autoimmuni, neoplasie. Sono stati descritti, inoltre, casi di PRES in corso di terapie citotossiche, emotrasfusioni e trapianto di organi solidi. La sindrome è determinata dallo sviluppo di un edema vasogenico che interessa prevalentemente la sostanza bianca delle regioni parieto-occipitali di entrambi gli emisferi cerebrali. Le modalità cliniche di presentazione possono variare, così come il comportamento neuroradiologico ed il decorso: quest’ultimo in particolare, seppur storicamente benigno, non sempre ha carattere di reversibilità. Alcuni dei sintomi di presentazione più frequenti, quantunque non patognomonici, comprendono: cefalea, calo del visus, focalità neurologica ed alterazioni dello stato di coscienza. Ai fini della diagnosi e della prognosi, risulta essenziale lo studio di risonanza magnetica cerebrale, che mette in evidenza l’edema vasogenico e ne definisce il pattern di distribuzione. Il trattamento farmacologico è soprattutto di supporto e di prevenzione delle complicanze, nonché di risoluzione, ove possibile, della patologia primaria. Infatti, non vi sono, allo stato attuale, terapie eziologiche mirate. Da qui, l’assoluta necessità di approfondire le conoscenze in merito, anche tramite case report come questo. L’obiettivo è quello di indagare quali possano essere le migliori strategie riabilitative nel paziente affetto da PRES ed eventualmente individuare col tempo dei percorsi standardizzati, in grado di ottimizzare l’approccio riabilitativo ad una sindrome così complessa. Materiali e Metodi Descriviamo il caso di una donna di 71 anni affetta da PRES, recente sepsi ed insufficienza renale acuta, ipertensione arteriosa in trattamento, diabete mellito insulino-trattato, psicosi cronica, pregressa tiroidectomia, ipoparatiroidismo. Durante il ricovero presso il nostro reparto di Medicina Fisica e Riabilitazione la paziente ha intrapreso un percorso riabilitativo specifico per i postumi di PRES con cui si presentava all’ammissione: emiparesi sinistra; ipostenia arto superiore destro; aprassia ideomotoria e dismetria. I passaggi posturali erano attuabili solo con aiuto esterno e supervisione, mentre la deambulazione così come la verticalizzazione non erano possibili. Le sono state somministrate diverse scale di valutazione sulla base delle condizioni cliniche al momento del ricovero con i seguenti risultati: Mini Mental State Examination: 26/30; indice di Barthel: 25/100; Motricity Index agli arti superiori: 72/100, all’arto inferiore destro: 57/100 e all’arto inferiore sinistro: 52/100; Trunk Control Test: 24/100. Risultati Alla dimissione dal nostro reparto, avvenuta 35 giorni dopo l’accesso, la paziente era in grado di mantenere la posizione eretta e di deambulare sebbene con il supporto di ausili ed assistenza. Era migliorata anche l’autonomia nelle AVQ semplici e complesse. All’atto della dimissione sono state somministrate nuovamente le scale di valutazione in cui la paziente riportava: Mini Mental State Examination: 26/30; indice di Barthel: 35/100; Motricity Index agli arti superiori 76/100, all’arto inferiore destro: 57/100 e all’arto inferiore sinistro: 52/100; Trunk Control Test: 48/100. Conclusioni La PRES può complicare numerosi quadri patologici, determinando un grave peggioramento della funzione globale del paziente. In tale contesto, la figura del fisiatra riveste un ruolo caratterizzante nella prevenzione delle complicanze della sindrome, nel recupero delle abilità motorie e cognitive ed eventualmente nel reinserimento sociale precoce. Sebbene sia stata descritta per la prima volta oltre vent’anni fa, la Sindrome da Encefalopatia Posteriore Reversibile risulta essere ancora poco conosciuta, soprattutto in ambito riabilitativo. Pur tenendo conto dei limiti derivanti dallo studio di un unico caso, le potenzialità di recupero che si delineano nel complesso per i pazienti affetti da tale sindrome sono numerose, soprattutto laddove si predispone un inizio precoce e mirato del trattamento. Bibliografia 1. Fischer M., Schmutzard E. Posterior reversible encephalopathy syndrome. Journal of Neurology 2017; 264: 1608-1616. 2. Pilato F., Calandrelli R., Distefano M., et al. “Acute radiological pattern and outcome in posterior reversible encephalopathy syndrome patients”. Clinical Neurology and Neurosurgery 2019;185/105459. 3. Chen Z., Shen G-Q., Lerner A., et al. “Immune system activation in the pathogenesis of posterior reversible encephalopathy syndrome”. Brain Research Bulletin 2017; 131: 93-99.
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Validazione in lingua italiana del Spinal Cord Injury Pain Basic Data Set: una scala per il dolore nella persona con lesione del midollo spinale
Validazione in lingua italiana del Spinal Cord Injury Pain Basic Data Set: una scala per il dolore nella persona con lesione del midollo spinale Gerini A., D’Avino C. e Stampacchia G. UO Mielolesi, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana INTRODUZIONE Il dolore cronico è una condizione comune dopo una lesione del midollo spinale (SCI) e rappresenta un problema considerevole per la maggior parte delle persone con SCI che spesso dichiarano uno o più tipi di dolore concomitanti. Questo aspetto può avere un impatto significativo su capacità funzionali, umore, autonomia, benessere psicologico, soddisfazione e qualità della vita delle persone con SCI. Il dolore in una persona con SCI può essere nocicettivo e/o neuropatico. Il tipo neuropatico è il più comune dolore cronico nelle persone con SCI e di solito viene avvertito a livello o al disotto del livello della SCI [1]. Il dolore nocicettivo associato a SCI è spesso causato da un uso innaturale del sistema muscolo-scheletrico per compensare la funzione persa; la spalla è una delle sedi più frequenti conseguente al sovraccarico da spinta della sedia a rotelle nella persona con paraplegia o da ripetuti trasferimenti [2]. La scala International Spinal Cord Injury Pain Basic Data Set (ISCIPBDS) permette una valutazione del dolore adeguata alla popolazione SCI, i cui risultati possono essere confrontati tra i diversi centri clinici. Gli item dell’ISCIPBDS indagano su: presenza o assenza di dolore, tipo (nocicettivo, neuropatico, altro o sconosciuto), intensità (NRS), data di insorgenza e localizzazione corporea; assunzione di terapia antalgica; impatto sulle attività della vita quotidiana, sociali e qualità del sonno. La scala ISCIPBDS si propone di indagare i tre peggiori dolori presenti nell’ultima settimana con una chiara distinzione tra nocicettivo (nelle sottocategorie di muscolo-scheletrico, viscerale o altro) e neuropatico (nelle sottocategorie a livello di lesione, al di sotto di SCI o altro). La ricchezza descrittiva associata ad una rapida compilazione rende la scala ISCIPBDS un approfondito strumento per studi di ricerca, utile anche nella pratica clinica nella gestione della persona con SCI. Scopo dello studio è validare la traduzione dell’ISCIPBDS in lingua italiana e valutare l’affidabilità della versione tradotta attraverso il coinvolgimento di centri di riabilitazione italiani specializzati nella cura delle SCI [3]. MATERIALI E METODI La traduzione della scala ISCIPBDS dall’inglese all’italiano è stata eseguita da due medici esperti nella cura della SCI; la traduzione inversa (dall’italiano La traduzione della scala ISCIPBDS dall’inglese all’italiano è stata eseguita da due medici esperti nella cura della SCI; la traduzione inversa (dall’italiano all’inglese) è stata effettuata da un’agenzia accreditata per la verifica dell’attendibilità della versione italiana. Dieci centri di riabilitazione italiani specializzati nella cura della persona con SCI hanno partecipato allo studio: Azienda Ospedaliero Universitaria di Pisa, Azienda Ospedaliera di Pietra Ligure, Istituto di Riabilitazione I.R.C.C.S di Pavia, Istituto di NeuroRiabilitazione Montecatone, Azienda Ospedaliera di Sondalo, Azienda Ospedaliera di Cagliari, Azienda Ospedaliero Universitaria di Firenze, Azienda Ospedaliera di Catania, Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia, Azienda Ospedaliera di Alessandria. Ciascun centro doveva reclutare almeno 5 persone con SCI e dolore e sottoporle a doppia valutazione con la versione italiana dell’ISCIPBDS da parte di due medici esaminatori. Tutti i test registrati dai 10 centri sono stati inviati al centro coordinatore Azienda Ospedaliero Universitaria di Pisa per l’analisi statistica. Il coefficiente di correlazione intraclasse (ICC) o Kappa di Cohen (ĸ) è stato calcolato per testare l’accordo tra le classi per i casi di test-retest. RISULTATI Sono stati reclutati 66 partecipanti con SCI (53 uomini, 13 donne; età media ± SD: 53,4 ± 16,0 anni). Tutti i partecipanti avevano almeno un dolore e 44 di essi (66%) ha riferito da 2 a 5 tipi diversi di dolore. Un buon accordo interrater è stato ottenuto in termini di numero (ICC = 0,781) Tabella 1, tipo (ĸ = 0,683), intensità (ICC = 0,798) Tabella 2, localizzazione (ĸ = 0,750) Figura 1 e di valore d’interferenza del dolore con le attività quotidiane, umore e sonno notturno (ICC = 0,827, ICC = 0,861 e ICC = 0,724, rispettivamente) Tabella 3. E’ stata registrata una prevalenza del dolore neuropatico con buona concordanza tra i due esaminatori (64% dal primo e 62% dal secondo esaminatore). CONCLUSIONI La scala ISCIPBDS è stata validata in lingua italiana grazie alla collaborazione di 10 centri italiani specializzati nella cura delle persone con SCI. Questa scala è entrata nell’uso clinico di questi centri e ne proponiamo l’utilizzo sia a scopo clinico che di ricerca in tutti i casi di presa in carico di persone delle persone con SCI. BIBLIOGRAFIA [1] Dijkers M, Bryce T, Zanca J. Prevalence of chronic pain after traumatic spinal cord injury: a systematic review. J Rehabil Res Dev. 2009;46:13–29. [2] Dyson-Hudson TA, Kirshblum SC. Shoulder pain in chronic spinal cord injury, J Spinal Cord Med. 2004, 27 (1): 4-17]. [3] Stampacchia G, Massone A, Gerini A, Battini E, Mazzoleni S and research partners. Reliability of the Italian version of the International Spinal Cord Injury Pain Basic Data Set. Spinal Cord 2019; 57:128-133.
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Nuove tecnologie (FES cycling ed esoscheletro/robot) consentono alla persona con lesione midollare completa l’esercizio del cammino.
Nuove tecnologie (FES cycling ed esoscheletro/robot) consentono alla persona con lesione midollare completa l’esercizio del cammino Stampacchia G., Mazzoleni S*, D’Avino C., Bertolucci E., Franchini A., Volpe F.,Gerini A. UO Mielolesi, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana*Università di Bari INTRODUZIONE Il cammino è uno delle funzioni che viene persa in seguito ad una lesione del midollo spinale. I robot indossabili sono strumenti che permettono di camminare su terreno anche a persone paraplegiche (1, 2). Il cicloergometro con motore associato a Stimolazione Elettrica Funzionale (FES-C) determina un miglioramento del trofismo articolare, muscolare ed osseo (3). Lo scopo dello studio è valutare la sicurezza e la capacità di utilizzo dell’esoscheletro/robot delle persone con lesione midollare completa e l’effetto di un ciclo riabilitativo comprendente FES cycling e training con Ekso . METODI Sono state arruolate 25 persone con paraplegia da lesione midollare completa (21 uomini e 4 donne) per seguire un ciclo di trattamento con 20 sedute di 30 – 40 minuti di FES-C, per un ricondizionamento del trofismo muscolare ed articolare, seguite da 20 sedute di cammino con esoscheletro/robot (Ekso) . La FES-C consiste in una stimolazione funzionale dei muscoli quadricipite femorale ed ischio crurali, durante un movimento di pedalata su posto assistita elettricamente: i muscoli vengono attivati nel periodo del ciclo idoneo alla pedalata. Le valutazioni effettuate a inizio e fine percorso erano: ASIA, circonferenza coscia (a 5, 10, 15 e 20 cm dal margine superiore della patella), WSCI II, test del tempo di cammino in 10 metri, test della distanza percorsa in 6 minuti e test di “Resistenza” annotando il tempo (in minuti) in cui la persona riusciva a camminare consecutivamente senza fermarsi. Inoltre per ogni seduta di cammino con Ekso venivano annotati il tempo ed il numero di passo per singola sessione. RISULTATI Delle 25 persone reclutate, solo 17 hanno portato a termine l’intero percorso. Su 8 drop-out, 4 persone hanno interrotto il programma per motivi personali, 4 (16%) hanno dovuto abbandonare a causa di sopravvenute complicanze: a) due casi di arrossamenti cutanei da sfregamento dell’esoscheletro durante l’utilizzo, b) un caso di dolore alla spalla che impediva l’utilizzo del deambulatore e/o stampelle durante il cammino con esoscheletro, c) un caso l’interruzione della riabilitazione è stata imposta dalla comparsa di emorragia muscolare localizzata al gastrocnemio-soleo. Tutte queste complicanze osservate sono state reversibili con l’interruzione del training del cammino con Ekso. Dopo 20 sessioni di FES cycling si osserva un incremento significativo delle 4 misure di circonferenza coscia in ambedue le gambe: Tutte le persone reclutate non erano in grado di camminare (WISCI II: 0); la condizione non cambia al termine del percorso del training con esoscheletro/robot. Si osserva invece un incremento dalla prima alla ultima sessione del tempo di cammino che aumenta da 16.9 (5.6) minuti iniziali a 30.5 (16.4) finali e del numero di passi da 282 (129) a 906 (489). Inoltre risultano significativamente aumentati (p<0.001): a) la velocità di cammino con esoscheletro nei 10 metri da 0.26 a 0,48 Km/h, b) il percorso effettuato in 6 minuti da 36.2 (10.9) a 69.0 (20.0) metri, c) Il tempo di resistenza del cammino con esoscheletro senza sosta, da 23.9 (12.3) a 34.5 (16.3) minuti. CONCLUSIONI Le persone con lesione midollare completa, pur non recuperando la capacità di camminare, possono eseguire un allenamento al cammino utilizzando un esoscheletro robot, previo un ricondizionamento muscolo-scheletrico ed attento monitoraggio di eventuali complicanze. L’addestramento nel tempo determina un miglioramento progressivo nelle capacità di utilizzo del robot come dimostrato dall’incremento di velocità e resistenza nel cammino dopo un programma riabilitativo in cui si integrano l’utilizzo di FES-cycling con la robotica Bibliografia 1. .Stampacchia G, Rustici A, Bigazzi S et al Walking with a powered robotic exoskeleton: Subjective experience, spasticity and pain in spinal cord injured persons. NeuroRehabilitation 39 (2016) 277–283. 2. Stampacchia G., Olivieri M, Rustici A. et al. Gait rehabilitation in persons with spinal cord injury using innovative technologies: an observational study. Spinal Cord (2020) 58(9):988-997 3. Mazzoleni S, Stampacchia G, Gerini A et al.FES-cycling training in Spinal Cord Injured patients. Conf Proc IEEE Eng Med Biol Soc. (2013) 5339–5341
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Ancoraggio midollare in sindrome di currarino: un case report di riabilitazione
ANCORAGGIO MIDOLLARE IN SINDROME DI CURRARINO: UN CASE REPORT DI RIABILITAZIONE Paolo Scanagatta, Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano; Carlo Domenico Ausenda, UOC Riabilitazione, Ospedale San Carlo, Asst Santi Paolo e Carlo, Milano; Maurizio Cariati, Dipartimento di Tecnologie Avanzate Diagnostico-terapeutiche. Asst Santi Paolo e Carlo, Milano; Marcello Egidi, UOC Neurochirurgia, Ospedale San Carlo, Asst Santi Paolo e Carlo, Milano; Silvia Girola, Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano; Alena Gavrilova, Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano; Laura Perucca, Dipartimento Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano , UO di Riabilitazione Neuromotoria, Istituto Auxologico Italiano, IRCCS Milano; Antonino Michele Previtera. Dipartimento Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano, UOC Riabilitazione, Ospedale San Paolo, Asst Santi Paolo e Carlo, Milano. Introduzione: l’ancoraggio midollare è una condizione non comune risultante in disturbi neurologici dovuti alla fissazione e allo stiramento del midollo spinale. Dopo il disancoraggio chirurgico è riportata una ricaduta del 40%, e la ricaduta può peggiorarare la prognosi. L’ancoraggio midollare può essere associato anche con la Sindrome di Currarino. Questa è una malattia congenita rara, caratterizzata dalla triade: malformazione anorettale, regressione caudale e massa presacrale. Possono associarsi anomalie urologiche, nefrologiche, genitali, del tratto digerente e malattie cardiopolmonari (1). La funzione cognitiva è generalmente intatta. La letteratura sulla riabilitazione dell’ancoraggio midollare è scarsa e anche sugli esiti funzionali in età adulta della sindrome di Currarino è assente. Il decorso naturale di questi pazienti in età adulta, e in particolare il decorso funzionale conseguente all’ancoraggio midollare, non è ancora stato ben riportato (2) Caso clinico: a seguito di un ancoraggio midollare recidivante tre volte una paziente di 23 anni, studentessa universitaria, giungeva per progressivo pegggioramento della funzione del cammino e dell’equilibrio fino a: test del cammino-2 minuti di 14,4 m; scala BERG di 13; Time up and go test di 43 sec; scala Ashworth 9 all’arto inferiore sinistro. All’anamnesi: agenesia sfintere anale, lipomielomenigocele con mega sacco durale, siringomelia, vertebre dismorfiche, vertebra a farfalla, ipoacusia, deficit nervo abducente destro, ipovisus occhio destro, negatività delle onde T precordiali destre, scoliosi. Costipazione cronica e vescica neurologica costanti da anni. Nel padre malformazione renale non meglio specificata, scoliosi idiopatica nella sorella Era iniziato un progetto riabilitativo di mantenimento dell’autonomia: esercizi di mobilizzazione, stretching, equilibrio , impostazione del cammino con canadesi, trasferimento carico. Supporto farmacologico con desametasone 0,2% 30 gocce con lento scalaggio per 3 mesi. A una nuova RMN era rilevato un meningocele pre-sacrale e regressione caudale, con segni di ri-ancoraggio. Una elettromiografia degli arti inferiori documentava attivazione spastica asimmetrica nei muscoli ileopsoas, più marcata a destra; asimmetrica negli adduttori, più marcata a sinistra; nei vasti mediali; quadro di sofferenza neurogena cronica. Una aspirazione percutanea delle cisti midollari lombari è stata eseguita in anestesia locale sotto guida radioscopica. A 20 giorni inoculo di neurotossina botulinica A nei muscoli ileopsoas: 400 UI a destra, 500 UI a sinistra. Tre mesi dopo la funzione migliorava a: test del cammino 38 metri, scala BERG 20 punti, Time up and go test 34 sec, Ashworth 5 . Discussione Nel 1981 Currarino descrisse una triade di reperti che consisteva nella parziale disgenesia sacrale, massa presacrale (meningocele anteriore, cisti enterica o teratoma presacrale) e malformazione anorettale. E’ una condizione estremamente rara, con una incidenza approssimativa di 1 ogni 100 000 e solo 300 casi riportati a livello mondiale. Nel nostro caso l’anamnesi familiare di una malformazione renale nel padre e di scoliosi moderata-severa nella sorella ci inducono a ritenere il caso come una forma familiare a penetranza incompleta nel padre e nella sorella. Fondamentale a nostro avviso per questo successo riabilitativo è stato il lavoro di squadra ravvicinato con lo specialista in Neurochirurgia (3). Importante è stato l’approfondimento anamnestico dettagliato e la condivisione di un approccio mini-invasivo su un quadro di ancoraggio midollare ricorrente. Fondamentale è stato l’inizio del programma riabilitativo iniziato già in preparazione dell’intervento e la continuazione già da subito dopo l’intervento, con anche l’inoculo mirato di tossina botulinica dopo approfondimento elettromiografico a meno di un mese dall’intervento. Conclusioni: questo case report è la prima descrizione a noi nota di un approccio riabilitativo a una paziente adulta con sindrome di Currarino complicatasi con paraparesi ingravescente in ancoraggio midollare ricorrente. Il trattamento fisioterapico, il supporto corticosteroideo, l’intervento neurochirurgico mininvasivo percutaneo, il successivo inoculo di tossina botulinica hanno permesso un recupero di una distanza di cammino più che doppia, un miglioramento dell’equilibrio, assieme a un miglioramento algico. Bibliografia: 1- Caro-Domínguez P, Bass J, Hurteau-Miller J. Currarino Syndrome in a Fetus, Infant, Child, and Adolescent: Spectrum of Clinical Presentations and Imaging Findings. Can Assoc Radiol J = J l’Association Can des Radiol. 2017 Feb;68(1):90–5. 2- Shin J, Hong DK, Kim YH, Lim KT, Lee KH, Kim TJ, et al. Currarino syndrome in an adult woman. Vol. 62, Obstetrics & gynecology science. 2019. p. 367–70. 3- Tucker AM, Morgenstern P, Diaz D, Sedighim S, Shaul D, Sydorak R, et al. Neurosurgical management of Currarino syndrome: A case series and review of literature. Surg Neurol Int. 2019;10:70.
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Basket in carrozzina: risultati preliminari di un’indagine sugli infortuni in una coorte di atleti professionisti italiani
BASKET IN CARROZZINA: RISULTATI PRELIMINARI DI UN’INDAGINE SUGLI INFORTUNI IN UNA COORTE DI ATLETI PROFESSIONISTI ITALIANI Farì G., Macchiarola D., Santagati D., Quarta F., Maglie A., Antonaci P., Caforio L., Bianchi F.P., Megna M., Fiore P. INTRODUZIONE Il basket in carrozzina è una variante del basket praticata da atleti con disabilità motoria. Il basket in carrozzina è uno sport paralimpico ai Giochi estivi sin dalla prima edizione di Roma 1960 e rappresenta sicuramente uno degli sport per disabili più popolari e più praticati. Da studi precedenti è emersa una forte relazione tra la pratica di questo sport e il benessere psicofisico degli atleti. La competizione tra atleti portatori di diverse disabilità e individui privi di handicap rappresenta inoltre uno straordinario mezzo di integrazione. Gli stessi atleti inoltre raggiungono grazie all’allenamento fisico, alla destrezza ed alla migliore coordinazione motoria una maggiore indipendenza nelle ADL rispetto ad individui con disabilità motoria non praticanti questo sport. Purtroppo però come per tutti gli atleti praticanti una disciplina sportiva agonistica gli infortuni sono eventi relativamente frequenti. Gli urti, i contrasti e le cadute espongono l’atleta ad eventi traumatici. L’autospinta della carrozzina e gli altri gesti atletici tipici di questo sport come il passaggio, il palleggio o il tiro determinano un notevole sovraccarico del sistema muscoloscheletrico degli arti superiori comportando problematiche biomeccaniche soprattutto dei distretti di spalla, gomito, polso e mano. MATERIALI E METODI Abbiamo sottoposto a 104 atleti professionisti italiani militanti nei campionati nazionali di serie A e B una online survey proprio al fine di indagare la casistica di infortuni più frequenti che occorrono nella pratica del basket in carrozzina. RISULTATI Abbiamo distinto gli infortuni registrati in due categorie: – Infortuni da sovraccarico (tendinopatie, contratture muscolari e fratture da stress) – Infortuni da contatto (fratture, lussazioni, rotture tendinee, distorsioni articolari e contusioni) Nell’ambito del campione analizzato, si è evidenziato un numero totale di 46 infortuni di cui 32 (69,6%) da contatto e 14 (30,4%) da sovraccarico. A tali infortuni è seguito un tempo mediano di sospensione dell’attività per infortunio è pari a 21 giorni, con una differenza statisticamente significativa nel confronto per tipologia di infortunio che denota una maggiore durata di sospensione a seguito degli infortuni da contatto. Il distretto più frequentemente interessato da infortuni è risultato essere quello della mano, in particolare quella dominante. CONCLUSIONI Gli infortuni da contatto risultano più frequenti e sono determinati da traumi diretti o indiretti, come cadute al suolo e scontri con le carrozzine. Evenienza più frequente sono le fratture ossee concentrate a livello di mano e polso, verosimilmente in virtù del tentativo di attutire l’impatto diretto al suolo. Frequenti sono anche i traumi contusivo-distorsivi a carico delle dita delle mani, che possiamo ipotizzare conseguano a gesti sport-specifici, come guidare la carrozzina, maneggiare il pallone durante il palleggio o intercettare un tiro o un passaggio. Gli infortuni da sovraccarico rappresentano il 30,4% degli infortuni totali. A prevalere sono le tendinopatie a carico della cuffia dei rotatori della spalla, attribuibili all’utilizzo della carrozzina e all’esecuzione ripetuta di gesti tecnici “overhead” come il tiro ed il passaggio. Per quanto i traumi siano da considerarsi parte integrante della pratica di questo sport, è auspicabile che si possano progettare carrozzine sempre più efficienti sotto il profilo meccanico (basso attrito, minore peso, maggiore stabilità); ma soprattutto è fondamentale sviluppare programmi di allenamento sport-specifici finalizzati a prevenire le cadute e ad addestrare gli atleti a cadere in sicurezza, nonché progetti di riabilitazione che migliorino le performance motorie degli arti superiori riducendo i rischi legati al sovraccarico biomeccanico. BIBLIOGRAFIA 1. Hollander K, Kluge S, Glöer F, Riepenhof H, Zech A, Junge A. Epidemiology of injuries during the Wheelchair Basketball World Championships 2018: A prospective cohort study. Scand J Med Sci Sports. 2020 Jan;30(1):199-207. doi: 10.1111/sms.13558. Epub 2019 Oct 4. PMID: 31544275. 2. Fiorilli G, Iuliano E, Aquino G, Battaglia C, Giombini A, Calcagno G, di Cagno A. Mental health and social participation skills of wheelchair basketball players: a controlled study. Res Dev Disabil. 2013 Nov;34(11):3679-85. doi: 10.1016/j.ridd.2013.08.023. Epub 2013 Sep 6. PMID: 24012595. 3 Tsunoda K, Mutsuzaki H, Hotta K, Tachibana K, Shimizu Y, Fukaya T, Ikeda E, Wadano Y. Correlates of shoulder pain in wheelchair basketball players from the Japanese national team: A cross-sectional study. J Back Musculoskelet Rehabil. 2016 Nov 21;29(4):795-800. doi: 10.3233/BMR-160691. PMID: 27002664.
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Sindrome Dolorosa Regionale Complessa (Complex Regional Pain Syndrome – CRPS) di tipo 1: attualità riabilitative e nostra esperienza clinica.
Introduzione La Sindrome Dolorosa Regionale Complessa (Complex Regional Pain Syndrome – CRPS) di tipo 1, tradizionalmente denominata e conosciuta nella comunità scientifica medica come Algodistrofia o Sindrome Algodistrofica (SA), è un’entità nosologica complessa, per lo più a genesi post-traumatica (traumi osteo-mio-articolari di varia natura, in particolare fratture ossee, specialmente nel caso di fratture trattate conservativamente con immobilizzazione in gesso), caratterizzata da intensa sintomatologia dolorosa articolare e peri-articolare frequentemente associata a perturbazioni vasomotorie e trofiche loco-regionali a livello di un segmento di un arto. [1] Il quadro clinico della CRPS 1 può risultare estremamente disabilitante, con dolore frequentemente refrattario alle abituali strategie terapeutiche – farmacologiche e non – e con conseguenti importanti limitazioni algo-funzionali e riduzione talora severa della qualità della vita della persona. [2] Materiali e Metodi Abbiamo condotto tra il Settembre 2018 e il Febbraio 2020 presso la SODc Riabilitazione del CTO di Firenze (Direttore Prof. Pietro Pasquetti) uno studio clinico controllato randomizzato (RCT) in aperto su 24 pazienti affetti da Sindrome Dolorosa Regionale Complessa di tipo 1 (diagnosi mediante i Criteri di Budapest) in fase acuta-subacuta (cioè entro 3 mesi dall’insorgenza dei sintomi) con sintomatologia dolorosa severa/disabilitante (ovvero intensità del dolore spontaneo nell’arto affetto ≥ 50 mm nella scala visuo-analogica [VAS] e punteggio ≥ 5 al CRPS Severity Score [versione in italiano modificato da Zyluk, J Hand Surg Br 2003]). Lo studio è stato condotto su due gruppi – bracci di studio paralleli: il gruppo di studio, composto da 12 pazienti, è stato trattato mediante terapia Farmacologica con Neridronato ev. secondo lo schema terapeutico di Varenna et al. in associazione ad un Progetto Riabilitativo Individuale secondo uno specifico programma riabilitativo. Il programma riabilitativo da noi proposto ed adottato nel gruppo di studio prevede 8 settimane di trattamento riabilitativo ambulatoriale, caratterizzate da 3 sedute riabilitative a settimana a giorni alterni per un totale di 24 sedute riabilitative. Tale programma, fondato sull’associazione di esercizio terapeutico e terapia fisica – strumentale e non – prevede in particolar modo l’associazione delle seguenti tecniche e strategie riabilitative: chinesiterapia segmentaria attiva ed attiva assistita distretto-specifica, idrochinesiterapia, esercizio “neuro-motorio” (in particolare graded motor imagery e mirro therapy), rieducazione funzionale dell’arto affetto (terapia occupazionale per la CRPS 1 di un arto superiore, rieducazione della deambulazione ed esercizi in carico per la CRPS 1 di un arto inferiore), terapia fisica strumentale (campi elettro-magnetici pulsati, elettroterapia antalgica e funzionale, ultrasuonoterapia ad immersione in acqua del segmento affetto), rieducazione propriocettiva e tecniche di desensitizzazione cutanea locale, fisioterapia “vascolare” (linfodrenaggio manuale, ginnastica vascolare, idroterapia/bagni di contrasto, taping e/o bendaggi locali anti-edemigeni). Il gruppo di controllo invece, costituito anch’esso da 12 pazienti, è stato trattato mediante la medesima terapia farmacologica in assenza di trattamento Riabilitativo, viceversa con la sola prescrizione aggiuntiva rispetto alla terapia farmacologica di riposo funzionale dell’arto affetto (cioè arto in scarico durante il riposo notturno, deambulazione con l’ausilio di stampelle canadesi in caso di interessamento di un arto inferiore, applicazione di tutore/splint nel caso dell’arto superiore). Risultati I dati raccolti , sia per quanto concerne l’endpoint primario dello studio, ovvero l’intensità del dolore misurata mediante una scala visuo-analogica (VAS) in un range che va da 0 mm (no dolore) a 100 mm (massimo dolore), sia per gli end-point secondari, ovvero il McGill Pain Questionnaire Short-form (SF-MPQ), il CRPS Severity Score, i questionari di valutazione funzionale dell’arto affetto (Quick DASH per l’arto superiore e LEFS per l’arto inferiore), il questionario SF-12 per la valutazione della qualità di vita del paziente, sono stati analizzati statisticamente e i confronti tra le media sono stati eseguiti con analisi della covarianza (ANCOVA). I p-values ottenuti sono risultati in tutti i casi inferiori al livello di significatività statistica inizialmente stabilito, pari ad α=0,05. Tali risultati portano ad escludere che le differenze dei risultati trai due gruppi siano dovuti al caso e inoltre inducono a rifiutare l’ipotesi nulla dello studio H0, cioè l’assenza di differenza nei risultati terapeutici tra i due gruppi di trattamento e viceversa ad accettare l’ipotesi H1, con evidenze di maggiore efficacia della terapia del gruppo di studio rispetto a quello di controllo. Conclusioni Sulla base dei risultati del nostro studio possiamo affermare che la Terapia Fisica e Riabilitativa svolge un ruolo cardine nel trattamento dei pazienti affetti da Sindrome Dolorosa Regionale Complessa di tipo 1 e che il Progetto Riabilitativo Individuale basato sul Programma Riabilitativo da noi elaborato risulta efficace e sicuro per questi pazienti, configurandosi quale componente di primaria importanza nella gestione terapeutica della persona colpita dalla patologia.
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Effetto del trattamento combinato della diatermia con l’applicazione topica di una crema a base di acidi grassi cetilati (CFA) nella riduzione del dolore in pazienti mediamente anziani
***POSTER N. 24 (solo testo)*** Effetto del trattamento combinato della diatermia con l’applicazione topica di una crema a base di acidi grassi cetilati (CFA) nella riduzione del dolore in pazienti mediamente anziani N. Valderetti 1, L. Lombardi 1, M. S. Rossato 2, G. Fresco 1, M. Marino 1, G. Tarantino 2, M. E. Falvo 1. 1Centro di fisioterapia e riabilitazione motoria “Studio Ronconi”, Casal Palocco/Acilia, Roma; 2Pharmanutra Spa, Pisa Scopo dello studio È stata eseguita una valutazione preliminare per valutare l’effetto dell’associazione della diatermia con l’utilizzo di un dispositivo medico a base di esteri cetilati degli acidi grassi (CFA) sul dolore. I CFA hanno mostrato di essere utili nella stabilizzazione di membrana contribuendo alla riduzione del dolore ed al miglioramento della mobilità articolare. Disegno dello studio Sono stati coinvolti 31 pazienti con dolore muscolare, osteo-articolare o tendineo localizzato in vari distretti, di cui 22 hanno effettuato 5 sedute di diatermia in 2 settimane (trattamento corto), 9 con situazioni dolorose più complesse hanno effettuato 10 sedute di diatermia in 3-4 settimane (trattamento lungo). Alla fine di ciascuna seduta sono stati applicati 5 gr di crema a base di CFA (Cetilar® Crema, Pharmanutra Spa), frizionata manualmente fino a completo assorbimento. È stato riportato il dolore su scala VAS prima di iniziare il trattamento, dopo 5 e dopo 10 sedute. Risultati Sia i pazienti che hanno effettuato il trattamento corto che quelli che hanno effettuato il trattamento lungo hanno riportato una riduzione significativa del dolore. (Fig. 1 A-B). Analizzando la differenza assoluta di punteggio VAS riportato dai pazienti ad inizio e fine trattamento emerge che il 77,4% dei pazienti ha riportato una riduzione di almeno 2 punti e il 38,7% ha riportato una riduzione uguale o superiore a 4 punti (Fig. 2). Nel sottogruppo di 9 pazienti con dolore alla spalla solo 1 paziente ha riscontrato un peggioramento del dolore, passando da un punteggio VAS 6 a 7, per tutti gli altri si è osservato una riduzione del dolore. (Fig. 3) Conclusioni Il trattamento combinato di diatermia seguito dall’applicazione topica di Cetilar® Cerma si è dimostrato efficace nella riduzione del dolore in pazienti che erano per la maggior parte anziani con situazioni dolorose legate a traumi diretti e indiretti, tendinopatie o dolori articolari. Il sottogruppo più numeroso con dolore localizzato alla spalla ha ricevuto un beneficio significativo dal trattamento studiato riportando, nella quasi totalità dei casi, una riduzione del dolore.
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Gravidanza in donna tetraplegica con lesione completa del midollo cervicale: descrizione di un caso
Gravidanza in donna tetraplegica con lesione completa del midollo cervicale: descrizione di un caso C.D’Avino, A.Gerini, F.Monacci*, F. Volpe, F.Strigini*, G.Stampacchia UO Mielolesi, *UO Ostetricia e Ginecologia 1, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana INTRODUZIONE L’incidenza delle lesioni midollari (LM) In Italia è circa 2500/anno con una prevalenza di 60-70mila casi su 60 milioni. L’età media dei pazienti con LM è di 43 aa. Le dirette conseguenze della LM sono molteplici potendo coinvolgere sensibilità, motricità, sistema respiratorio ed altre funzioni tra cui quella sessuale. Nelle donne la funzione sessuale può essere compromessa per alterazioni vegetative, sensitive, viscerali e psicologiche, tuttavia la maggior parte di loro non presenta problemi di fertilità (se non una temporanea amenorrea post-lesione); alcuni studi riportano infatti che il tasso di gravidanze in pazienti con LM è simile a quello osservato nella popolazione generale. Il miglioramento della organizzazione sanitaria e dei trattamenti consente un buon reinserimento sociale delle persone con LM e molte donne affette da LM affrontano una gravidanza dopo l’insorgenza della patologia. La gravidanza in una donna con LM necessita di particolare attenzione sanitaria soprattutto se il livello lesionale è elevato (sopra T6). Possono incorrere infatti in una serie di complicanze cliniche: 1.infezioni vie urinarie, 2.trombosi venosa, 3.lesioni da decubito, 4.accentuazione della spasticità, 5.crisi disreflessiche, 6.difficoltà respiratorie. Anche il travaglio deve essere programmato e strettamente monitorato onde evitare nascita prematura o “home birth” per mancanza di percezione di segni e sintomi del travaglio. Non esistono linee guida specifiche per la gestione e la presa in carico di questo particolare gruppo di pazienti e ad oggi sono state pubblicate poche esperienze, soprattutto in donne tetraplegiche. La presentazione di questo caso ha l’intento di discutere l’utilità di una presa in carico multi professionale e multidisciplinare in una situazione ad alta complessità quale la gravidanza in una donna tetraplegica da lesione midollare completa. PRESENTAZIONE DEL CASO Donna, 28 aa, con tetraplegia completa (livello C6, AIS A) post-traumatica. A settembre 2019, dopo 10 mesi di riabilitazione intensiva inizia a presentare aumento della frequenza e dell’intensità delle crisi disreflessiche (rossore al volto, sensazione di calore all’emisoma sn, brividi e sudorazione). Escluse cause infettive e viscerali, anche a causa di un riferito ritardo mestruale, viene sottoposta a test di gravidanza, risultato positivo. Si sospende quindi la terapia antifratturativa con risedronato così come, dopo opportuno decalage, la terapia con pregabalin. Non è stato possibile sospendere completamente la tizanidina per ricomparsa di spasmi molto frequenti ed intensi (PENN 4) agli arti inferiori. Viene inoltre introdotta terapia con Enoxaparina 4000 e integrazione con acido folico e calcifediolo Nelle prime 12 settimane i sintomi prevalentemente riferiti dalla paziente sono stati nausea e vomito, con calo ponderale (da BMI 19.5 a BMI 18.1) e disfunzione vescicale con necessità di aumentare il numero dei CIC ed episodi di incontinenza. Monitorate con es.colturali frequenti, le infezioni delle vie urinarie sono state trattate con opportuna terapia antibiotica. La curva da carico glucidica ha mostrato un diabete gestazionale ben controllato con terapia dietetica. La funzione respiratoria basalmente risultava ridotta: alla spirometria si evidenziava una ridotta escursione volumetrica del polmone (grado moderato); è stata quindi monitorata e supportata con fisioterapia specifica. Durante il 2° trimestre la paziente ha esperito un periodo di benessere durante il quale è stata trattata con FKT assistita, stretching arti inferiori, stretching strutture toraciche ed esercizi con macchina della tosse, cicloergometro passivo ai 4 arti con monitoraggio costante dei valori di saturazione di O2, peso corporeo e pressione arteriosa. Dopo la 16° settimana la signora riferiva di percepire il movimento del feto. Dall’8° mese peggioramento della spasticità e della incontinenza urinaria, nonché crisi disreflessiche di modesta entità, ascrivibili all’aumento di volume del feto. Alla 36° la paziente è stata ricoverata c/o Ginecologia e sottoposta a profilassi cortisonica della Respiratory Distress Syndrome; per posizione trasversa del feto programmato parto cesareo con anestesia spinale (combinata con mantenimento di catetere per analgesia post partum). Predisposta, anche se non è stata necessaria, terapia infusionale con nitrati (beta-bloccanti controindicati per il feto) in caso di insorgenza di crisi ipertensive durante il parto. Il bambino è nato di 2500 gr, APGAR 9 a 5’. CONCLUSIONI Un’equipe multidisciplinare-multiprofessionale, composta da fisiatra, ginecologo, urologo, psichiatra, reumatologo, anestesista, neonatologo, fisioterapista, ostetrica ha seguito con monitoraggio costante consentendo di portare a termine in sicurezza una gravidanza ad alta complessità. La creazione di un’equipe di questo livello è stata possibile grazie all’esistenza di percorsi e protocolli fra le diverse UO all’interno dell’AOUP. BIBLIOGRAFIA -Pregnancy and spinal cord injury. R.Dawood, E.Altanis, P.Riba-Pastor, F.Ashworth. The Obstetrician & Gynaecologist 2014; 16:99-107 -Pregnancy outcomes in women with spinal cord lesions. L.Sterling, J.Keunen, E.Wigdor, M.Sermer, C. Maxwell. J Obstet Gynaecol Can 2013; 35 (1): 39-43 -Pregnancy in spinal cord-injured women, a color study of 37 pregnancies in 25 women. H.Le Liepvre, A. Dinh, B. Idiard-Chamois, E. Chartier-Kastler, V. Phé, A. Even, G. Robain, P.Denys. Spinal Cord 2017; 55: 167-171
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Valutazione con sistema motion capture della cinematica dell’arto superiore e del tronco durante la spinta in carrozzina di persone con mielolesione
Valutazione con sistema motion capture della cinematica dell’arto superiore e del tronco durante la spinta in carrozzina di persone con mielolesione Dott.ssa S. Villella¹, D. Mazzoleni ², D. Regazzoni³, A. Vitali³, G. Molinero¹ 1. UOC Riabilitazione Specialistica Unità Spinale, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo 2. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitazione, Università degli Studi di Milano-Bicocca 3. Dipartimento di Ingegneria Gestionale dell’Informazione e della Produzione, Università degli Studi di Bergamo Introduzione Obiettivo primario del nostro studio è quello di valutare la cinematica dell’arto superiore e del tronco di un gruppo di persone affette da lesione midollare durante la spinta in carrozzina manuale mediante un metodo di valutazione oggettivo, di semplice utilizzo ed economico basato su sistema MOCAP marker-less (Microsoft Kinect). Obiettivo secondario è quello di confrontare i risultati, in termini di variazioni dei principali parametri ricavati dallo studio con Microsoft Kinect (flesso/estensione di gomito e ab/adduzione dell’omero, bending antero/posteriore e laterale del tronco) con i dati presenti in letteratura elaborati mediante sistemi di motion capture 3D con markers. Materiali e Metodi Studio clinico osservazionale monocentrico condotto in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Gestionale dell’Università di Bergamo. Criteri di inclusione: pz adulti (età > di 18 anni), di entrambi i sessi e di qualsiasi etnia, con mielolesione (ASIA A-B-C-D) stabilizzata (distanza dall’evento acuto >o= 3 mesi), stabilità internistica. Criteri di esclusione: pz con età > 75 anni, pz affetti da mielolesione superiore a C5, utilizzo di carrozzina motorizzata, pz con deficit cognitivi maggiori o instabilità internistica. Sono stati arruolati 58 persone nel periodo compreso dal 01.01.2018 al 30.09.2019. Al fine di valutare il pattern di spinta in pazienti omogenei per livello lesionale sono stati individuati tre gruppi: • Tetraplegici (livello lesionale C6– C8) comprendente 13 persone, • Paraplegici alti (livello lesionale T1 – T6) comprendente 18 persone • Paraplegici bassi (livello lesionale T7 – T12) comprendente 27 persone Ogni partecipante ha completato almeno 3 cicli di spinta nell’ambito dei 7 metri con la propria carrozzina, Attraverso i dati cinematici ottenuti è possibile studiare la postura del paziente in carrozzina durante l’utilizzo di quest’ultima con l’ausilio di un’applicazione software sviluppata ad hoc. L’applicazione estrapola in modo automatico 16 parametri principali relativi all’utilizzo della carrozzina da parte del paziente. Ai fini dello studio abbiamo analizzato, suddividendo i pazienti in gruppi omogenei per livello di lesione, i parametri relativi a: -cinematica dell’arto superiore (abduzione della spalla e flessione del gomito) e del tronco (bending anteriore e laterale) in termini di calcolo degli angoli articolari nei tre piani principali dello spazio -Simmetria tra i due arti superiori valutando per ogni angolo la media e la deviazione standard. Risultati Bending del tronco antero-posteriore: I pz tetraplegici presentano una lieve tendenza alla retroversione del tronco durante la spinta (M -4,81°; DS 2,14°), i pz paraplegici alti mantengono un assetto dorsale in asse (M -0,33°; DS 1,93°), mentre i paraplegici bassi presentano una tendenza all’inclinazione anteriore (M 3,88°, DS 2,38°). Bending del tronco laterale: I pz tetraplegici hanno una maggiore tendenza all’inclinazione laterale destra (M 2,65°, DS 1,99°), mentre i paraplegici alti e bassi risultano ben equilibrati nell’assetto posturale (M 0,72° e -0,73°; DS 1,95° e 2,46° rispettivamente). Abduzione scapolo-omerale: I pz tetraplegici presentano una perfetta simmetria di spinta destra/sinistra nell’abduzione dell’arto superiore (M 27,26° sx e 27,77 dx), i dati relativi ai pz paraplegici, siano essi alti o bassi, risultano pressoché sovrapponibili e congrui sia per valori medi che per lato (M paraplegici bassi 33,64° e paraplegici alti 33,55° a sinistra, M paraplegici bassi 30,34° e paraplegici alti 32,02° a destra) Flesso/estensione del gomito: I pz tetraplegici presentano una perfetta simmetria destra/sinistra nella flessione del gomito durante la spinta (M 51,77° sx e 51,98° dx, DS 16,61° sx e 16,34° dx), così come i dati relativi ai pz paraplegici, siano essi alti o bassi, risultano pressoché sovrapponibili e congrui sia per valori medi che per lato (M paraplegici bassi 54,62° e paraplegici alti 57,06° a sinistra, M paraplegici bassi 55,15° e paraplegici alti 56,37° a destra). Conclusioni I dati estrapolati risultano coerenti con quanto riportato in letteratura elaborati mediante sistemi di motion capture 3D con markers. Si conferma pertanto l’ipotesi che il sistema MOCAP marker-less permetta una valutazione oggettiva, affidabile nei risultati ottenuti, di semplice utilizzo ed economica. La conoscenza di come vengano sollecitati gli arti superiori in risposta alla tecnica di spinta utilizzata dal paziente potrebbe servire a perfezionare l’attuale pratica clinica per limitare le conseguenze negative dell’aumento dei carichi sul sistema muscolo-scheletrico degli arti superiori degli utenti in carrozzina. Ci si propone in futuro di studiare le correlazioni tra i parametri quantitativi estrapolati della fase di spinta e la prevalenza di patologie a carico dell’arto superiore nei pazienti arruolati, al fine di poter poi sviluppare protocolli di valutazione che aiutino il team riabilitativo nella scelta dell’assetto della carrozzina più idonea al singolo caso. Bibliografia 1.Newsam CJ, Rao SS, Mulroy SJ, Gronley JK, Bontrager EL, Perry J. Three dimensional upper extremity motion during manual wheelchair propulsion in men with different levels of spinal cord injury. Gait Posture. 1999 Dec;10(3):223-32. 2. J.Collinger, M. Boninger, A. Koontz, R.Price, S.A. Sisto, M. Tolerico, R.A. Cooper: Shoulder biomechanics during the push phase of wheelchair propulsion: a multisite study of persons with paraplegia. Arch Phys Med Rheabil vol 89, april 2008 3. Margaret A. Finley, MA, PT; Mary M. Rodgers, PhD, PT; Elizabeth K. Rasch, MS, PT; Kevin J. McQuade, PhD, PT; Randall E. Keyser, PhD: Reliability of biomechanical variables during wheelchair ergometry testing. Jour of Rehab Research and Development, Vol. 39 No. 1, January/February 2002
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Sviluppo di una APP per il trattamento riabilitativo domiciliare delle persone affette da sclerosi multipla
LA TELERIABILITAZIONE NELLA SCLEROSI MULTIPLA: SVILUPPO E UTILIZZO DI UN’APPLICAZIONE PER MIGLIORARE LA COMPLIANCE RIABILITATIVA Dott. D. Mazzoleni1, Dott.ssa E. Sigismondi2, Dott.ssa S. Villella3, Dott. G. Molinero 1. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitazione, Università degli Studi di Milano-Bicocca 2. U.F. di Riabilitazione Neuromotoria, Istituto Clinico Quarenghi, San Pellegrino (BG) 3. UOC Riabilitazione Specialistica-Unità Spinale, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo Introduzione Obiettivo dello studio: misurare la compliance e il gradimento di un servizio di teleriabilitazione per persone affette da sclerosi multipla (SM) di grado lieve-moderato mediante uso di un’applicazione mobile (MSRehLAB) realizzata in collaborazione dell’Ingegneria Informatica dell’Università degli Studi di Bergamo. Obiettivi secondari: verificare l’applicabilità dell’App, valutare il miglioramento di equilibrio, deambulazione e fatica neurologica dopo il trattamento domiciliare, valutare se esista correlazione al variare del numero delle sedute e/o della tipologia di esercizio e i punteggi dei tests, raccogliere suggerimenti per migliorare l’applicazione Materiali e Metodi Criteri di inclusione: età maggiore di 18 anni, EDSS tra 3 e 6, MMSE>24, possesso e dimestichezza nell’uso di smartphone (sistema Android). Criteri di esclusione: presenza di patologie croniche impattanti sull’iter riabilitativo. Le visite fisiatriche e l’addestramento all’utilizzo dell’App sono state effettuate nel Presidio Ospedaliero mentre la riabilitazione si è svolta al domicilio per 9 settimane. Il campione arruolato è composto da 17 partecipanti (6 maschi e 11 femmine), età media 54 anni (±9,95). Il quadro di SM più frequente era SM RR, EDSS media di 5,29 (±0,94). In accordo con la letteratura il programma riabilitativo proposto si compone di 2 sedute/sett di attività aerobica (almeno 10 minuti, a intensità moderata e con possibilità di pause): camminata all’aria aperta, su tapis roulant o cyclette e 2 sedute/sett di attività a corpo libero (possibili 21 esercizi su due livelli di difficoltà) per un totale di 36 sedute totali. Le scale di valutazione utilizzate: Berg Balance Scale (BBS), 10MWT, Fatigue Scale for Motor and Cognitive functions (FSMC). Si è proceduto all’analisi con: questionario di gradimento dell’App (10 domande con 4 scelte e 2 domande aperte); il test t di Student per dati appaiati per le misure 10MWT, BBS, Fatica Motoria (FM), Fatica Cognitiva (FC), Fatica Totale (FT) raccolti a inizio e fine studio; il calcolo della differenza per ogni scala a inizio e fine studio per ogni soggetto, analisi del grado di correlazione tra questa differenza ed il numero delle sedute differenziate per tipologia. Risultati La compliance riabilitativa media è stata del 62%, d.s del 30% e range di variazione campionario pari a 0,89. Solo 1 paziente ha aderito completamente al progetto. Utilizzando l’analisi t di Student per misurare la differenza tra i risultati pre e post trattamento si è ottenuto: velocità del cammino misurata con 10 MWT t=2,143 (P=0,050); equilibrio misurato con BBS t=2,581 (P=0,022); FM, FC e FT misurate con il questionario FSMC hanno ottenuto rispettivamente un valore t=-0,745 (P=0,468), t=-2.098 (P=0,055), t=-1,457 (P=0,167). Si può quindi affermare che le differenze dei valori osservati nel 10MTW all’inizio e al termine del periodo di osservazione sono variate in modo statisticamente significativo. Si può supporre che proponendo lo stesso trattamento ad altri pazienti si potrebbe ottenere un incremento medio delle prestazioni stimabile al 95% nell’intervallo fiduciario tra 0 e 0,32; parimenti per la BBS (P=0,02; intervallo fiduciario al 95% delle differenze compreso tra 0,42 e 4,52). Per le misurazioni FM, FC, FT vi è stata una riduzione della fatica percepita in tutti e tre i parametri, ma non statisticamente significativa. Si è osservato inoltre che ci sono delle relazioni tra le condizioni delle sedute di trattamento e le variazioni delle misure di outcome: le sedute aerobiche sono associate alla riduzione della fatica con un grado di correlazione alto e statisticamente significativo. L’aderenza al protocollo ha un piccolo grado di correlazione (0,34) con la scala BBS, mentre il numero delle sedute a corpo libero presenta un’associazione positiva di grado basso con tutte le scale ad eccezione del 10MTW. Quindi le sedute a corpo libero potrebbero migliorare la BBS e peggiorare la fatica. La misura di outcome 10MTW non presenta alcuna correlazione con nessuna delle condizioni di lavoro. Conclusioni Nell’attuale momento storico in cui l’emergenza COVID19 ci costringe a rimodulare le modalità di trattamento riabilitativo l’app MSRehLAB appare estremamente utile e apprezzata. Dallo studio emerge un miglioramento nei punteggi di tutte le scale applicate, il che, essendo l’SM una patologia cronica in cui l’obiettivo principale è il mantenimento delle performance funzionali, è già un importante risultato. Inoltre sembra che la fatica neurologica venga migliorata soprattutto dall’attività aerobica, mentre l’equilibrio dall’attività a corpo libero. Tali risultati potrebbero indirizzare il Progetto Riabilitativo futuro dei pazienti in base al deficit più invalidante. Tra gli obiettivi a breve e medio termine c’è l’impegno di accrescere il numero di pazienti che possano utilizzare MSRehLAB, aggiungendo esercizi a complessità modulabile per diversi livelli di disabilità con sedute più varie e personalizzate. Bibliografia • Amatya B, Galea MP, Kesselring J, Khan F. Effectiveness of telerehabilitation interventions in persons with multiple sclerosis: A systematic review. Multiple sclerosis and related disorders; 2015. • Amatya B, Khan F, La Mantia L. Non pharmacological interventions for spasticity in multiple sclerosis, Cochrane Database of systematic reviews; 2013. • American College of Sports Medicine. ACSM’s resources for clinical exercise physiology:musculosketal, neuromuscular, neoplastic, immunologic, and hematologic conditions, 2nd ed. Baltimore:Wolters Kluwer; 2010
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Valutazione delle alterazioni dei parametri spazio-temporali e cinematici nella deambulazione di pazienti portatori di PTA e PTG ad un anno dall’intervento mediante treadmill sensorizzato.
Valutazione delle alterazioni dei parametri spazio-temporali e cinematici nella deambulazione di pazienti portatori di PTA e PTG ad un anno dall’intervento mediante treadmill sensorizzato. D. Manco, M. Bravi, E. Gallotta, F. Santacaterina, E. Lopresti, M. Morrone, M. Maselli, S. Sterzi, S. Miccinilli, F. Bressi Università «Campus Bio-Medico» di Roma, UOC Medicina Fisica e Riabilitativa Introduzione In postumi di chirurgia totale di anca (PTA) e di sostituzione totale di ginocchio (PTG) è possibile osservare alterazioni dello schema del passo [1]: seppur laboriosi, i sistemi 3D di analisi del cammino ne rappresentano l’attuale gold-standard diagnostico [2]. Obiettivo del presente studio è quello di confrontare lo schema del passo di soggetti ad un anno da impianto di PTA e PTG, analizzato per mezzo di treadmill sensorizzato, con i valori di riferimento di adulti sani [3]. Materiali e Metodi 28 soggetti ad un anno dall’avvenuto intervento di sostituzione articolare (13 PTA e 15 PTG) sono stati sottoposti a 3 analisi consecutive del cammino mediante treadmill sensorizzato (Walker View Tecnobody, WV), successive ad una fase di training all’uso del dispositivo, con valutazione di: ROM di anca e ginocchio (piano sagittale), lunghezza e cadenza del passo, fase d’appoggio e di oscillazione. In fase di training si sono verificati 9 drop-out a causa di difficoltà esecutive. Risultati Parametri spazio-temporali: – Riduzione della cadenza (PTA – 99,5 passi/min; PTG – 81,4 passi/min) al confronto con i valori di riferimento (109 passi/min). – Riduzione della lunghezza del passo in entrambi i gruppi di pazienti (PTA – 33,5 cm; PTG – 35,9 cm) rispetto ai valori di riferimento (66 cm): se confrontata con l’arto sano (PTA – 33,9 cm; PTG 37,5 cm), i valori sono risultati simili, non mostrando asimmetria. – Incremento della fase d’appoggio (% del ciclo del passo) nei pazienti con PTA (73,3%) rispetto ai pazienti con PTG (66%) ed ai valori di riferimento (57,8%). – Riduzione della fase di oscillazione (% del ciclo dell’andatura) maggiore per PTG (26,6%) rispetto a PTA (33%) ed ai valori di riferimento (32,2%). Parametri cinematici: – Riduzione dell’escursione articolare sagittale dell’anca interessata (PTA – 30,8; PTG – 31,4) e dell’arto sano (PTA – 31,8; PTG – 30,4) rispetto al valore di riferimento (33,60). – Riduzione nell’escursione di flesso-estensione del ginocchio sia sull’arto operato (PTA – 41; PTG – 37,2) che sul controlaterale (PTA – 43,4 s; PTG – 36,2) rispetto ai valori di riferimento (47,7). Conclusioni I risultati hanno mostrato per entrambe le categorie di pazienti alterazioni dello schema del passo, sovrapponibili a quelle documentate in letteratura. Il treadmill sensorizzato si è rivelato uno strumento di analisi del cammino facile e rapido. Tuttavia, stando al numero di drop-out e alle plausibili differenze tra deambulazione effettuata sul suolo e deambulazione su treadmill, ad oggi si rendono necessari ulteriori studi di validazione. Bibliografia [1] Saleh M et al. The Journal of bone and joint surgery. British volume 1985; 67(2):237-241 [2] Wong WY et al. Prosthetics and Orthotics International 2007; 31(1):62–75 [3] Bovi G et al. A multiple-task gait analysis approach: kinematic, kinetic and EMG reference data for healthy young and adult subjects. Gait Posture. 2011 Jan; 33(1):6-13.
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Effetto della terapia con onde d’urto e ruolo dell’esercizio fisico eccentrico nella trocanterite.
«EFFETTO DELLA TERAPIA CON ONDE D’URTO E RUOLO DELL’ESERCIZIO FISICO ECCENTRICO NELLA TROCANTERITE» P.Lanzilotta*, A.Notarnicola, I.Ladisa*, I.Covelli, M.Megna*, B.Moretti U.O.C. di Ortopedia e Traumatologia – Università “Aldo Moro” di Bari *U.O.C. di Medicina Fisica e Riabiltazione – Università “Aldo Moro” di Bari INTRODUZIONE La sindrome dolorosa del grande trocantere (GPTS) è caratterizzata da dolore nella regione laterale della coscia. Tradizionalmente la diagnosi è clinica e si basa sulla dolorabilità nella regione del grande trocantere. L’utilizzo dell’ecografia e della risonanza magnetica hanno riconosciuto la tendinopatia glutea come una causa frequente in particolar modo nei casi cronici di GPTS. E’ stato dimostrato che la terapia con onde d’urto è efficace nella terapia delle tendinopatie con una percentuale di successo tra il 60-90%. Nelle tendinopatie è stato dimostrato inoltre che l’esercizio fisico eccentrico è superiore rispetto ad un protocollo di esercizio generico in quanto riduce il dolore e può contribuire ai processi di riparazione dei tendini. Scopo di questo studio è quello di verificare l’efficacia della terapia con onde d’urto focali e/o esercizio fisico eccentrico nella gestione del dolore e nel recupero funzionale nei pazienti affetti da tendinopatia glutea. MATERIALI E METODI Lo studio di tipo sperimentale, randomizzato, cross-over con valutazione in cieco degli esiti, prevede di arruolare un minimo di 30 pazienti affetti da tendinopatia glutea da almeno 3 mesi, accertata attraverso una imaging ecografica o RMN, con etàcompresa tra 18 e 80 anni e randomizzati in 2 gruppi: gruppo-A sottoposto a protocollo di esercizio fisico eccentrico (5 giorni/settimana, con 20 sedute per una durata di 4 settimane); gruppo-B sottoposto a terapia con onde d’urto focali (2000 colpi con generatore elettromagnetico ed energia 0.03-0.17 mJ/mm2 4 Hz, 1 seduta settimanale per 3 settimane). Per il gruppo di pazienti sottoposto ad esercizio fisico eccentrico viene fornito un protocollo di cinque tipologie differenti di esercizio terapeutico da effettuare a domicilio in autonomia. Sono controindicazioni all’arruolamento la presenza di altre cause di dolore dell’anca come la displasia, deformità, osteoartrosi severa dell’anca, patologie cardiorespiratorie non controllate, precedenti eventi traumatici degli ultimi 3 mesi e trattamenti chirurgici dell’arto inferiore e del rachide lombare, patologie infiammatorie croniche. Nei pazienti che dopo trattamento non avranno miglioramento, quantificato come punteggio NRS inferiore a 2 punti, è prevista la possibilità di cross-over dei trattamenti, ovvero i pazienti che avevano effettuato il trattamento con onde d’urto verranno sottoposti a protocollo di esercizio fisico e viceversa, ottenendo altri due gruppi di pazienti (rispettivamente gruppo C e D). I tempi di valutazione sono fissati a 2 mesi dal trattamento (T1), a 4 mesi (T2) e a 6 mesi (T3). Le scale di valutazione da somministrare sono la NUMERIC RATING SCALE (NRS), LOWER EXTREMITY FUNCTIONAL SCALE (LEFS) e la ROLE AND MAUDSLEY SCORE (RMS). ANALISI STATISTICA Il dimensionamento della numerosità campionaria è stato eseguito utilizzando l’apposita funzione del software statistico STATA MP15. Per calcolare la numerosità campionaria è stato ipotizzato un valore medio di NRS all’arruolamento (T0) pari 8,0 per entrambi i gruppi, con un valore medio a 3 mesi dall’inizio della terapia (T1) di 4,0 ± 1,5 nel gruppo A e di 2,0± 1,0 nel gruppo B. L’analisi statistica verrà effettuata mediante T-Student per campioni indipendenti per le variabili continue; T-Student per campioni appaiati per le misurazioni ai diversi follow-up. Modelli di regressione multipla per le variabili di confondimento. La significatività statistica è posta per p<0,05. RISULTATI I risultati preliminari permettono di ipotizzare un miglioramento della sintomatologia dopo entrambi i trattamenti. A termine dello studio sarà possibile verificare la presenza di una eventuale significatività statistica. CONCLUSIONI I risultati di questo studio potranno permettere di identificare il protocollo più adatto nella gestione della patologia (trattamento singolo o combinato e in quale sequenza) al fine di migliorare la qualità di vita del paziente affetto dalla sindrome dolorosa del grande trocantere (GPTS). BIBLIOGRAFIA Frizziero A, Trainito S, Oliva F, Nicoli Aldini N, Masiero S, Maffulli N. The role of eccentric exercise in sport injuries rehabilitation. Br Med Bull. 2014 Jun; 110(1):47-75. Furia JP, Rompe JD, Maffulli N. Low-energy extracorporeal shock wave therapy as a treatment for greater trochanteric pain syndrome. Am J Sports Med. 2009 Sep; 37(9):1806-13. Rompe JD, Segal NA, Cacchio A, Furia JP, Morral A, Maffulli N. Home training, local corticosteroid injection, or radial shock wave therapy for greater trochanter pain syndrome. Am J Sports Med. 2009 Oct; 37(10):1981-90.
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Utilizzo dei sistemi indossabili per la rilevazione del movimento della parete toraco-addominale mirato al monitoraggio respiratorio nello sport: scoping review dei dati disponibili in letteratura
UTILIZZO DEI SISTEMI INDOSSABILI PER LA RILEVAZIONE DEL MOVIMENTO DELLA PARETE TORACO-ADDOMINALE MIRATO AL MONITORAGGIO RESPIRATORIO NELLO SPORT: SCOPING REVIEW DEI DATI DISPONIBILI IN LETTERATURA S. Miccinilli1,2, E. Schena3, C. Massaroni3, M. Bravi1, F. Campiglia1, F. Santacaterina1, C. Foti4, F. Bressi1 and S. Sterzi1 1 Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitativa, Università Campus Bio-Medico di Roma, Italia 2 Phd Student in Tissue Engineering And Remodeling Biotechnologies For Body Function, Università degli studi di Roma Tor Vergata, Italia 3 Unità di Misurazioni e Strumentazioni Biomediche, Dipartimento di Ingegneria, Università Campus Bio-Medico di Roma, Italia 4 Dipartimento di Scienze Cliniche e Medicina Traslazionale; Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Italia Background • Gli atleti e le squadre professioniste richiedono un monitoraggio dei parametri fisiologici per pianificare l’intensità ed il volume dell’allenamento e sono alla ricerca di strumenti per migliorare le performance atletiche al fine di ottenere un vantaggio competitivo • Grazie ad i sistemi indossabili è possibile il monitoraggio continuo, personalizzato ed in tempo reale dei parametri del paziente in condizioni fisiologiche ed in qualsiasi ambiente • Poca importanza viene oggi attribuita al monitoraggio della frequenza respiratoria durante l’attività sportiva, sebbene questo parametro sia un importante marker di sforzo fisico. Obiettivi dello studio • Realizzare una scoping review per valutare il numero e il tipo di studi esistenti sulle tecnologie indossabili per l’analisi dei movimenti della gabbia toracica finalizzato al monitoraggio respiratorio nello sport e nel fitness. Materiali e Metodi • Inclusi studi sull’utilizzo di tecnologie indossabili contact based per la rilevazione del movimento del chest wall per il monitoraggio respiratorio durante lo sport professionale o amatoriale, durante il fitness e l’attività fisica. • Ricerca effettuata mediante uso di parole chiave su database elettronici PubMed/Medline, Scopus e Google Scholar • Due autori hanno analizzato indipendentemente i titoli, gli abstract ed i full text • Il data charting ha incluso: primo autore, data di pubblicazione, titolo, tipologia di studio, tecnologia utilizzata, tipo di sensore utilizzato, presenza di un sistema di riferimento, numero, tipo e sesso dei partecipanti, obiettivo dello studio, parametri analizzati e tipo di attività sportiva durante le misurazioni, giudizio degli autori su accuratezza, affidabilità, limiti degli studi Risultati • 670 risultati, 25 dei quali corrispondevano ai criteri di inclusione (20 studi su utilizzo di sensori di deformazione, 5 studi su sensori di movimento, nessuno studio su sensori di impedenza). Un totale di 484 soggetti sono stati analizzati, 429 dei quali erano sani (152 uomini e 104 donne), 55 dei quali erano atleti (11 uomini e 22 donne). 7 studi non hanno riportato il genere della popolazione partecipante. Parametri respiratori registrati: FR, FR media, FR massimale, Tidal Volume (TV), ventilazione/minuto, volume respiratorio, tempo inspiratorio ed espiratorio. I parametri respiratori sono stati registrati durante differenti attività. Solo 7 dei 25 studi hanno analizzato soggetti in un contesto di competizione, durante programmi di training e la pratica sportiva, gli altri in condizioni di test. La maggior parte delle tecnologie, confrontate con un sistema di riferimento, ha mostrato una buona accuratezza. Discussione Ci sono pochi studi sulla rilevazione dei parametri respiratori nello sport. La nostra ricerca in letteratura è risultata difficile e probabilmente ha prodotto solo una parte dei risultati. Spesso, infatti, non è richiamato nel titolo il nome ed il tipo di tecnologia utilizzata o la parola sport. Gli studi inclusi non sempre confrontano la tecnologia in uso con un sistema di riferimento, sono imprecisi nel riportare i dati della popolazione analizzata e spesso valutano la tecnologia in condizioni di test o di laboratorio, non durante la pratica sportiva. I sistemi basati su sensori capacitivi ed induttivi sembrano essere i più diffusi e commercializzati, tuttavia, sulla base dei dati disponibili, non siamo in grado al momento di trarre conclusioni su quale sia la tecnologia più affidabile in base allo sport praticato per il monitoraggio dei parametri respiratori. Bibliografia • Nicolò A, Massaroni C, Louis Passfield L. Respiratory Frequency during Exercise: The Neglected Physiological Measure. Front Physiol 2017;8:922. • Massaroni C, Nicolò A, Lo Presti D, et al. Contact-Based Methods for Measuring Respiratory Rate. Sensors (Basel) 2019;19(4):908. • Aliverti A. Wearable technology: role in respiratory health and disease. Breathe (Sheff) 2017;13(2):e27-e36.
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Fear Of Falling: la paura di cadere tra disabilità e psicologia nella malattia neurologica
FEAR OF FALLING: LA PAURA DI CADERE TRA DISABILITÀ E PSICOLOGIA NELLA MALATTIA NEUROLOGICA Varalta V.a, Filippetti M.a, Ferro O.a, Lorenzon P.b, Di Censo R.b, Ruffo G.a, Fonte C.a, Evangelista E.a, Picelli A.a, Smania N.a E-mail: valentina.varalta@.univr.it (a) Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento, Università degli studi di Verona, Italia. (b) Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli studi di Verona, Italia. INTRODUZIONE La Fear Of Falling (FOF) o “paura di cadere” si riferisce ad una condizione psicologica negativa relata al rischio di cadere. Diversi studi hanno riportato un’alta incidenza di cadute in pazienti con esiti di Ictus Cerebrale (IC) [1], con malattia di Parkinson (MP) [2] e con Sclerosi Multipla (SM) [3]. La FOF è legata ad uno stato di insicurezza durante la deambulazione ed è quindi associato, a livello emotivo, ad attivazione ansiosa e ad angoscia. Tale paura determina spesso una riduzione dell’autonomia e isolamento sociale. La FOF è stata ampiamente studiata nella popolazione anziana. Solo in anni più recenti è stato indagato tale fenomeno in soggetti con specifiche patologie. SCOPO DELLO STUDIO Obiettivo primario del presente studio è stato quello di indagare la presenza di FOF in una popolazione di soggetti affetti da patologie neurologiche. Obiettivo secondario è stato quello di valutare le possibili correlazioni tra FOF ed aspetti psicologici, personologici, cognitivi, motori e di disabilità in questi soggetti, identificando inoltre tali caratteristiche in varie tipologie di pazienti identificati dalla letteratura: consapevoli, vigorosi, ansiosi e stoici [4]. MATERIALI E METODI Soggetti Criteri inclusione • Età maggiore di 18 anni; • Diagnosi di IC, MP o SM; • Capacità di deambulare anche se con difficoltà – Punteggio alla FAC (Functional Ambulation Classification) ≥ 1. Criteri di esclusione • Concomitanza di due o più fra IC SM e PD; • Presenza di demenza – MMSE < 23.8; • Ritardo mentale in anamnesi; • Disturbi della comprensione gravi – valutati tramite NIHSS; • Disturbi psichiatrici in anamnesi; • Patologie di natura non neurologica (es. problematiche ortopediche) che compromettono la deambulazione in anamnesi Valutazione Medica • Barthel Index (BI); • Berg Balance Scale (BBS); • Falls Efficacy Scale – International (FES-I). Valutazione Psicologica e Cognitiva • Hamilton Anxiety and Depression Scale (HADS); • Brief Social Phobia Scale (BSPS). • Trail Making Test (parte A e parte B) (TMT-A e TMT-B); • Big Five Inventory – 10 item (BFI-10) Analisi statistica È stata effettuata un’analisi descrittiva del campione in base alla classificazione delle diverse tipologie di pazienti (consapevoli, vigorosi, ansiosi e stoici). È stata effettuata un’analisi statistica tramite software SPSS versione 26.0 per indagare le possibili correlazioni tra FOF e le varie variabili in oggetto (psicologiche, personologiche, cognitive, motorie e di disabilità). RISULTATI Dall’analisi statistica effettuata emerge una correlazione statisticamente significativa tra FES-I e: BFI-10 P (𝑃 < 0.015 and 𝜌 = -0.355), BFI-10 S (𝑃 < 0.015 and 𝜌 = -0.357), BFI-10 E (𝑃 < 0.031 and 𝜌 = -0.318), TMT-B (𝑃 < 0.032 and 𝜌 = 0.349), TMT-BA (𝑃 < 0.013 and 𝜌 = 0.401), BBS (𝑃 < 0.000 and 𝜌 = -0.500) e BI (𝑃 < 0.013 and 𝜌 = -0.362). DISCUSSIONE Lo studio ha identificato una correlazione tra FOF e aspetti personologici, cognitivi, motori e disabilità nei pazienti neurologici. Il presente studio inoltre è il primo che ha classificato i pazienti affetti da patologia neurologica in queste quattro categorie e ne ha descritto le caratteristiche. Un’adeguata classificazione dei pazienti e una conoscenza riguardo alla relazione tra i vari aspetti del paziente neurologico potrebbero aiutare il riabilitatore a scegliere l’approccio più adeguato alla specifica persona. Più precisamente, tali conoscenze permetterebbero di attuare interventi multidisciplinari, in cui la fisioterapia unitamente alla psicoterapia acquisterebbero un ruolo fondamentale. BIBLIOGRAFIA [1] Andersson, Å. G., Kamwendo, K., & Appelros, P. (2008). Fear of falling in stroke patients: relationship with previous falls and functional characteristics. International Journal of Rehabilitation Research, 31(3), 261-264. [2] Wood, B., Bilclough, J., Bowron, A. and Walker, R. (2002). Incidence and prediction of falls in Parkinson's disease: a prospective multidisciplinary study. Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry, 72(6), pp.721-725. [3] Matsuda, P. N., Shumway-Cook, A., Bamer, A. M., Johnson, S. L., Amtmann, D., & Kraft, G. H. (2011). Falls in multiple sclerosis. PM & R: the journal of injury, function, and rehabilitation, 3(7), 624–632 [4] Delbaere, K., Close, J., Brodaty, H., Sachdev, P., & Lord, S. (2010). Determinants of disparities between perceived and physiological risk of falling among elderly people: cohort study. BMJ, 341(aug18 4), c4165-c4165.
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L’Indice di Disabilità Facciale per la valutazione del paziente con paralisi periferica del VII nervo cranico: validazione psicometrica e perfezionamento con analisi di Rasch
L’Indice di Disabilità Facciale per la valutazione del paziente con paralisi periferica del VII nervo cranico: validazione psicometrica e perfezionamento con analisi di Rasch Chiara Pavese1,2, Andrea Giordano3, Elena Dalla Toffola1,4, Antonio Nardone1,2, Franco Franchignoni5 1 Dipartimento di Scienze Clinico Chirurgiche, Diagnostico e Pediatriche, Università degli Studi di Pavia 2 U.O. di Riabilitazione Specialistica, Istituti Clinici Scientifici Maugeri IRCCS, Pavia 3 Unità di Bioingegneria, Istituti Clinici Scientifici Maugeri IRCCS, Veruno (NO) 4 Unità di Medicina Fisica e Riabilitativa, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia 5 Unità di Medicina Fisica e Riabilitativa, Istituti Clinici Scientifici Maugeri IRCCS, Tradate (VA) Introduzione L’Indice di Disabilità Facciale1 (versione italiana validata del Facial Disability Index2) è una misura di outcome soggettiva ampiamente utilizzata per valutare le limitazioni funzionali e sociali nei soggetti affetti da paralisi periferica del VII nervo cranico, ma una approfondita analisi delle sue proprietà psicometriche non è mai stata realizzata. Scopo del nostro studio è la valutazione delle proprietà psicometriche dell’Indice di Disabilità Facciale applicando i metodi della Classical Test Theory e l’analisi di Rasch.3 Materiali e metodi Alla prima visita ambulatoriale, 186 pazienti affetti da paralisi di faciale di diversa eziologia e gravità hanno completato l’Indice di Disabilità Facciale1. Il questionario è formato da due sottoscale. La sottoscala di funzione fisica indaga cinque attività: assunzione di cibo, assunzione di bevande, articolazione del linguaggio, lacrimazione oculare e igiene orale. Il punteggio assegnato a ciascuna domanda può assumente un valore tra 2 (molta difficoltà) e 5 (nessuna difficoltà) per i soggetti che compiono l’attività, mentre i soggetti che non compiono l’attività possono assegnare 1 (per motivi di salute) o 0 (per altri motivi). La sottoscala di funzione sociale/benessere indaga le sensazioni di calma, irritabilità, disturbi del sonno, isolamento e le limitazioni alla partecipazione. Le sei opzioni di risposta fanno riferimento a quanto tempo l’individuo ha sperimentato un problema o una sensazione nel mese precedente e possono assumere un valore da 1 mai a 6 sempre. Ciascuna sottoscala fornisce un punteggio complessivo (massimo 100). Punteggi elevati denotano un miglior funzionamento. Le due sottoscale del questionario sono state analizzate separatamente applicando i metodi della Classical Test Theory e l’analisi di Rasch.3 Risultati Entrambe le sottoscale hanno confermato una adeguata unidimensionalità e validità interna di costrutto. Nella sottoscala di funzione fisica abbiamo rimosso le due opzioni di risposta scarsamente utilizzate (“Non l’ho fatto per 1 motivi di salute, o 0 per altri motivi”), riorganizzando le rimanenti. Solo l’item 4 relativo alla lacrimazione/secchezza oculare, ha mostrato un comportamento subottimale. Nella sottoscala di funzione sociale/benessere, le 6 categorie di risposta hanno mostrato un malfunzionamento che può essere risolto riducendo a 4 le opzioni di risposta. Gli indici di affidabilità delle due sottoscale indicano che entrambe sono applicabili solo per valutazioni di confronto tra gruppi. Conclusioni L’Indice di Disabilità Facciale detiene nel complesso buone caratteristiche psicometriche, ma necessita di un perfezionamento delle opzioni di risposta. Al fine di migliorare le proprietà metriche del questionario, proponiamo una versione perfezionata con una semplificazione delle opzioni di risposta. Questa richiederà ulteriori valutazioni nel contesto di futuri studi di validazione. Bibliografia 1. Pavese C, Cecini M, Camerino N, et al. Functional and social limitations after facial palsy: expanded and independent validation of the Italian version of the facial disability index. Phys Ther 2014;94:1327-36. 2. VanSwearingen JM, Brach JS. The Facial Disability Index: reliability and validity of a disability assessment instrument for disorders of the facial neuromuscular system. Phys Ther 1996;76:1288-98; discussion 98-300. 3. Tesio L. Measuring behaviours and perceptions: Rasch analysis as a tool for rehabilitation research. J Rehabil Med 2003;35:105-15.
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Descrizione di un caso clinico di sindrome da encefalopatia posteriore reversibile con atassia del cammino
Descrizione di un caso clinico di sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES) con atassia del cammino V. Barbieri1, V. Albertino2, V. Rivolta2, C.D. Ausenda2, L. Perucca3, A.M. Previtera4 1Scuola di specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano 2UOC Riabilitazione, Ospedale San Carlo, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano. 3 Dipartimento Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano. UO di Riabilitazione Neuromotoria, Istituto Auxologico Italiano, IRCCS Milano 4 Dipartimento Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano. UOC Riabilitazione, Ospedale San Paolo, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano Il paziente:Uomo, 51 anni • ex tossicodipendente in terapia metadonica • neuropatia periferica demielinizzante • epilessia generalizzata con episodi di stato di male • ipocorticosurrenalismo • ipertensione arteriosa refrattaria • IRC stadio V in dialisi • porfiria cutanea tarda • malattia di Paget • cardiopatia dilatativa ipocinetica esotossica • esiti di splenopancreasectomia per k pancreatico. Shock settico da MSSA con crisi epilettiche subentranti e successivo stato di male Quadro clinico-radiologico potenzialmente reversibile con edema cerebrale vasogenico e neurotossicità, prevalenti nelle regioni cerebrali posteriori. Esiti funzionali di gravità variabile Nel nostro caso interessamento prevalentemente cerebellare Rientro in riabilitazione • Deficit periferico statico e dinamico VII nc sinistro • Frenage e tremore telecinetico bilaterale alla prova I-N • Eloquio rallentato e disartrico • Agli arti inferiori dismetria a sinistra alla prova T-G • Retropulsione del tronco da seduto • Passaggi posturali con assistenza di un operatore • Stazione eretta con reazioni posturali inefficaci e retrocaduta • Deambulazione per pochi passi con due operatori, andatura atassica Barthel Index 46/100 Intervento riabilitativo e modulazione farmacoterapia Ogni giorno Logopedia: • Stimolazione propriocezione • Training motorio labio- linguo-facciale • Training pneumo-fono-articolatorio • Esercizi per la prosodia Fisioterapia: • mobilizzazione articolare • training passaggi posturali • esercizi di coordinazione a complessità crescente • training dell’equilibrio e del cammino su terreni stabili e instabili. Farmacoterapia: • Decalage della terapia metadonica, ottimizzazione della terapia antiepilettica, coordinato con le sedute di dialisi In dimissione • Miglioramento della prosodia e dell’accesso lessicale; • Miglioramento della stenia e coordinazione globale • Agli arti inferiori recupero simmetrico della forza • Buon controllo del tronco • Autonomo con compensi nei • passaggi posturali fino alla stazione eretta • Reazioni posturali rallentate • Deambulazione possibile per tratti medi con deambulatore 2R2P • Cambi direzionali incerti • Brevi percorsi in salita e discesa dalle scale con assistenza Barthel Index 77/100 Bibliografia: [1] W.S. Bartynski Posterior Reversible Encephalopathy Syndrome, Part 1: Fundamental Imaging and Clinical Features American Journal of Neuroradiology Jun 2008, 29 (6) 1036-1042; DOI: 10.3174/ajnr.A0928 [2] Fischer M, Schmutzhard E. Posterior reversible encephalopathy syndrome. J Neurol. 2017;264(8):1608–1616. doi:10.1007/s00415-016-8377-8 [3] Legriel S, Schraub O, Azoulay E, et al. Determinants of recovery from severe posterior reversible encephalopathy syndrome [published correction appears in PLoS One. 2013;8(11). doi:10.1371/annotation/2d87c752-042a-4c61-9254-9a3c73620bcd]. PLoS One. 2012;7(9):e44534. doi:10.1371/journal.pone.0044534
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Una rara associazione fra leucoencefalopatia genetica e polineuropatia assonale periferica, descrizione di un caso clinico
UNA RARA ASSOCIAZIONE FRA LEUCOENCEFALOPATIA GENETICA E POLINEUROPATIA ASSONALE PERIFERICA, DE-SCRIZIONE DI UN CASO CLINICO Autori: Rossana Brambilla, UOC Riabilitazione, Ospedale San Carlo, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano. Luigi Bonini, Scuola di Specia-lizzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano. Valentina Barbieri, Scuola di Specializzazione in Medi-cina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano. Carlo Domenico Ausenda, UOC Riabilitazione, Ospedale San Carlo, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano. Laura Perucca, Dipartimento Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano, UO di Riabilitazione Neuromotoria, Istituto Auxologico Italiano, IRCCS Milano. Antonino Michele Previtera, Dipartimento Scienze Bio-mediche per la Salute, Università degli Studi di Milano, UOC Riabilitazione, Ospedale San Paolo, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano. Introduzione: Descrizione di un caso clinico riguardante la presentazione con quadro di paraparesi areflessica in seve-ra polineuropatia assonale sensitivo motoria ai quattro arti di una paziente affetta da vasculopatia cerebrale a trasmis-sione autosomica dominante CADASIL (Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy with Subcortical Infarcts and leu-koencephalopathy) associata a mutazione del gene NOTCH3. La mutazione comporta una arteriopatia dei piccoli vasi ce-rebrali che determina un quadro RMN di leucoencefalopatia diffusa, infarti cerebrali lacunari e microsanguinamenti sot-tocorticali. I pazienti presentano sintomi piramidali, cefalea, depressione e decadimento cognitivo. Il test genetico è con-siderato il gold standard per la diagnosi. L’associazione di CADASIL con un interessamento neurologico periferico è meno descritta anche se le caratteristiche anomalie istologiche ed ultrastrutturali a livello arteriolare anche in altri tessuti (muscolo, nervo periferico) sono state documentate (ispessimento della tunica media, materiale granulare osmiofilico, materiale elettrodenso granulare) Materiali e Metodi: Paziente di 76 anni affetta da CADASIL ricoverata nella nostra Unità Operativa con un quadro clinico di paraplegia areflessica associata a severa polineuropatia assonale sensitivo motoria ai quattro arti, maggiore agli arti inferiori. Dal 2011 quadro RMN positivo per leucoencefalopatia cronica. Diagnosi di CADASIL confermata nel 2017 da test genetico positivo. Risultati: La paziente si è presentata con un quadro di paraparesi areflessica aggravata da concomitanti gravi esiti osteoarticolari di artrite reumatoide soprattutto agli arti superiori. Assenti tutti i classici fattori di rischio cardiovascolare. L’esame RMN encefalo ha confermato un quadro di encefalopatia vascolare con aree confluenti di gliosi interessanti la sostanza bianca cerebrale lobare e capsulare d’ambo i lati e il tronco dell’encefalo ed esiti di pregresse lesioni ischemiche lacunari nei nuclei della base. Inoltre, ha evidenziato esiti di microsanguinamento nella sostanza bianca sottocorticale, negli emisferi cerebellari, nel tronco dell’encefalo e nei nuclei della base. La Eletttromiografia ha documentato una poli-neuropatia assonale sensitivo motoria cronica grave ai 4 arti, maggiore agli arti inferiori. L’Elettroencefalogramma non ha documentato anomalie epilettiformi. I Test neuropsicologici hanno documentato globalmente un lieve decadimento cognitivo con compromissione delle funzioni attentivo – esecutive e alla scala sintomatica un quadro di lieve depressione. la paziente è stata trattata con ciclo di fisioterapia neuromotoria ed è stata introdotta una terapia antidepressiva con progressivo lento miglioramento funzionale. Conclusioni: Il possibile interessamento neurologico periferico in corso di malattia di CADASIL è stato descritto ma l’as-sociazione di CADSIL con un quadro di grave polineuropatia assonale ingravescente sensitivo motoria è molto raro. Que-sta associazione potrebbe essere dovuta alle note alterazioni istologiche della parete vascolare sia a livello del sistema nervoso centrale che periferico. Bibliografia CADASIL: Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy with Subcortical Infarcts and Leukoencephalopathy. Remco Hack MD et al. – Initial Posting: March 15, 2000; Last Update: March 14, 2019. CADASIL – GeneReviews® – NCBI Bookshelf/NCBI Bookshelf. A service of the National Library of Medicine, National Institutes of Health. CADASIL: a review with proposed diagnostic criteria. P. Davos – European Journal of Neurology 1998 Encephalopathy in a Large Cohort of British Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy With Subcortical Infarcts and Leu-koencephalopathy Patients. Anna M. Drazyk et al. – Stroke. 2019
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Riabilitazione di una paziente con Tumore Fibroso Solitario-Emangiopericitoma cerebrale
POSTER N 35 CONGRESSO SIMFER 2020 Riabilitazione di una paziente con Tumore Fibroso Solitario-Emangiopericitoma cerebrale D. Di Renzi2, A. Lacopo2,, M.C. Vulpiani2, M. Vetrano2, B. Flaviani1, S. Franz1, A. Selvanetti1, R. Tramontozzi1, P. Martinez1 Esistono pochi studi per una specifica riabilitazione nei pazienti con Tumore Fibroso Solitario (TFS) e più in generale per quanto riguarda i Tumori Cerebrali. La riabilitazione neuromotoria iniziata precocemente dopo l’intervento chirurgico mostra migliori outcome funzionali nei pazienti neuro oncologici. Presentiamo il caso di una paziente di 78 anni ricoverata presso la UOSD di Medicina Fisica e Riabilitativa per eseguire riabilitazione neuromotoria dopo sette giorni da rimozione chirurgica TFS. All’ ingresso si mostrava vigile, lucida, orientata nel tempo e parzialmente nello spazio, collaborante, emianopsia laterale omonima sinistra. Ipostenia bilaterale simmetrica arti inferiori (AAII) alle prove antigravitarie. Passaggi posturali possibili con aiuto esterno. Buon controllo del tronco da seduta. Venivano somministrate le seguenti scale: Mini Mental State Examination 20/30, Modified Cumulative Illness Rating Scale (24/13) 1.85; indice di comorbidità 3, Barthel index 25/100. Il programma riabilitativo effettuato dalla paziente comprendeva: esercizi di ricondizionamento graduale aerobico, stimolazione attentiva e percettiva del campo visivo sinistro, chinesi passiva ed attiva assistita poliarticolare degli arti, perfezionamento passaggi posturali, facilitazione reclutamento dei muscoli antigravitari degli arti, graduale verticalizzazione, esercizi per il controllo equilibrio ortostatico, esercizi di discriminazione cinestesica, esercizi propriocettivi per tronco ed AAII (fuori carico e sotto carico assistito), training del passo con deambulatore a carico simmetrico, addestramento alle attività di vita quotidiana (AVQ). Alla dimissione dopo 60 giorni non lamentava più evidenti deficit del campo visivo. Ai test antigravitari non erano più presenti slivellamenti degli arti inferiori. Aveva riguadagnato l’autonomia nei passaggi posturali e nei trasferimenti, con buon controllo del tronco in posizione seduta ed in ortostatismo, a base lievemente allargata e con minime oscillazioni sufficientemente controllate; inoltre era in grado di deambulare senza ausili benché necessitasse ancora di supervisione e si era mostrata autonoma nelle AVQ. Sono state poi somministrate di nuovo le scale di valutazione eseguite all’ingresso: Modified cumulative Illness Rating Scale 1.61 (21/13), Mini Mental State Examination 22/30, Barthel index 83/100, con miglioramento nei risultati. La riabilitazione neuromotoria iniziata precocemente dopo l’intervento chirurgico mostra migliori outcome funzionali nei pazienti neuro oncologici; nel nostro caso la paziente ha iniziato il percorso riabilitativo dopo una settimana dall’intervento di rimozione del SFT. Ci sono pochi studi per una specifica riabilitazione nei pazienti con Tumore Fibroso Solitario e più in generale per quanto riguarda i Tumori Cerebrali. Il trattamento riabilitativo non si discosta molto da quello che si attua nel caso di altri tumori cerebrali o dalla riabilitazione post-stroke o lesioni cerebrali acute. Risulta evidente come essa debba essere: multidisciplinare, centrata sul paziente, orientata sulla funzionalità, sull’integrazione sociale e sul benessere psicologico di questi pazienti, il più possibile aderente ai bisogni del singolo paziente affetto. Sarebbe opportuno che la riabilitazione nei malati neuro-oncologici si focalizzasse su obiettivi diversi a seconda delle fasi di malattia: nella fase acuta prediligendo gli obiettivi funzionali mentre nelle fasi avanzate dedicandosi maggiormente al benessere del paziente, alla prevenzione di complicanze, alla qualità della vita e, ove necessario, alla palliazione dei sintomi.
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Compromissione della qualità della vita in pazienti con acromegalia
COMPROMISSIONE DELLA QUALITA’ DELLA VITA IN PAZIENTI CON ACROMEGALIA A. Tisano*, D. Postorino*, M. Ragonese**; S. Cannavò**; D. Bruschetta* *UOC Medicina Fisica Riabilitativa e Medicina dello Sport AOU Policlinico “G. Martino” Messina ** UOC Endocrinologia AOU Policlinico “G. Martino” Messina INTRODUZIONE L’’acromegalia è una malattia rara cronica che colpisce entrambi i sessi con una lieve preponderanza di quello femminile (rapporto F/M 1.4:1). Nella maggior parte dei casi è causata da un adenoma ipofisario GH-secernente. L’eccessiva secrezione di ormone della crescita (GH) stimola la secrezione epatica del fattore di crescita insulino-simile di tipo 1 (IGF-1) che, a sua volta, causa cambiamenti caratteristici nell’aspetto fisico del paziente, deformità scheletriche e disturbi metabolici. Nell’acromegalia gli obiettivi di riduzione della mortalità e miglioramento della morbilità con normalizzazione dei valori target biochimici, sono stati raggiunti, tuttavia la QoL – intesa come benessere fisico, mentale e sociale soggettivo percepito – continua ad essere una preoccupazione importante. MATERIALI E METODI Sono stati studiati prospetticamente, in un periodo compreso fra il 2016 ed il 2019, 45 pazienti affetti da acromegalia. Sono stati inclusi i pazienti che avevano ricevuto una diagnosi clinica di acromegalia insieme ad un elevato livello di IGF1 o GH non soppresso dopo il test di tolleranza al glucosio per via orale. Obiettivo primario dello studio è stato quello di valutare l’eventuale correlazione fra qualità della vita e acromegalia. A ciascun paziente sono stati somministrati sei questionari: Scala Analogica Visiva (VAS) per il dolore; Western Ontario and McMaster Universities Osteoarthritis (WOMAC) per la valutazione della disabilità motoria conseguente a osteoartrosi; scale ADL (Activities of Daily Living) e IADL (Instrumental Activities of Daily Living) per la valutazione dell’autonomia nelle attività della vita quotidiana; Patient-assessed Acromegaly Symptom Questionnaire (PASQ) e AcroQoL, scale di valutazione specifiche per soggetti affetti da acromegalia. RISULTATI Il campione era costituito da 45 soggetti, le cui caratteristiche sono rappresentate in tab.1. Il punteggio medio del dolore alla scala WOMAC era di 7.5/20, la rigidità media era di 2.9/8 e il punteggio medio della funzionalità era di 25.82/68, con un punteggio totale medio di 36.49/96. Confrontando i punteggi ottenuti con i dati di riferimento della popolazione generale, i soggetti con acromegalia hanno presentato punteggi mediani significativamente più alti (cioè peggiori) per tutte le scale WOMAC (valore p < 0.001 per dolore, rigidità e funzione). ADL e IADL si sono dimostrate scarsamente discriminanti mostrando un evidente effetto soffitto, con più del 70% dei pazienti che hanno ottenuto il punteggio massimo in entrambe. Per quanto attiene alla valutazione della qualità della vita, il gruppo totale dei pazienti presentava alla scala PASQ (range 7 – 58) una media pari a 26.80 ± 10.59. All’AcroQol (range 22-110) il punteggio medio è risultato 29.16 (± 16.44); il dominio che risultava maggiormente compromesso era quello relativo all’immagine corporea 21.16 (± 7.02). È stata trovata una correlazione positiva statisticamente significativa tra WOMAC ed entrambe le scale di qualità della vita (AcroQoL e PASQ). La VAS ha mostrato una correlazione statisticamente significativa con i punteggi AcroQol problemi fisici e con i punteggi della PASQ. CONCLUSIONI L’artropatia riveste un ruolo importante nella disabilità dei pazienti affetti da acromegalia ed è associata ad una riduzione della qualità della vita. Come già rilevato in precedenti studi, la presenza di problemi articolari non è correlata ai livelli di GH, ma interessa sia i soggetti con malattia attiva sia quelli biochimicamente controllati. Non ci sono state differenze significative in termini di età, sesso e BMI, anche se il sesso femminile, il sovrappeso e l’età avanzata comportavano una maggiore compromissione articolare. I soggetti con maggiore compromissione articolare presentavano punteggi AcroQoL più bassi soprattutto per i domini fisici e di vita di relazione, dimostrando come l’artropatia incida negativamente sulla qualità della vita di questi pazienti, parametro che oggi è sempre più considerato un obiettivo importante nella gestione delle malattie croniche. BIBLIOGRAFIA The Quality of Life and Psychological, Social and Cognitive Functioning of Patients with Acromegaly. Szcześniak, D et al 2015, Advances in Clinical and Experimental Medicine, p. 167-172 Impact of exercise on quality of life and body-self perception of patients with acromegaly. Hatipoglu, E., et al. 2013, Pituitary Arthropathy in acromegaly: a questionnaire-based estimation of motor disability and its relation with quality of life and work productivity. Fatti, L. M., et al. 29 Aprile 2019, Pituitary The Official Journal of the Pituitary Society
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Il ruolo della riabilitazione nel paziente affetto da Covid-19: al San Raffaele di Milano un approccio multidisciplinare per una malattia multisistemica
Il ruolo della riabilitazione nel paziente affetto da covid-19: al san raffaele di milano un approccio multidisciplinare per una malattia multisistemica Brugliera Luigia, Castellazzi Paola, Cimino Paolo, Alemanno Federica, Emedoli Daniele, Tettamanti Andrea, Houdayer Elise, Iannaccone Sandro IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano INTRODUZIONE La diffusione della sindrome respiratoria acuta tipo 2 da Coronavirus (SARS-CoV-2) ha rapidamente assunto proporzioni pandemiche, con un immediato impatto sul settore delle cure acute del Servizio Sanitario Nazionale Italiano (dipartimenti dell’Emergenza-Urgenza, delle Cure Intensive) ma anche sui servizi riabilitativi. Le peculiari condizioni di questi pazienti (postumi di insufficienza respiratoria, allettamento, nuovi deficit neuro-cognitivi, complicanze vascolari) ed il loro setting (isolamento ospedaliero e/o domiciliare) hanno imposto un ripensamento dell’assistenza riabilitativa in senso lato, sia acuta, che post-acuta e cronica. MATERIALI E METODI A marzo 2020 è stato istituito il reparto di Riabilitazione Covid-19 dell’Ospedale San Raffaele di Milano, con 30 posti letto. Il team multidisciplinare del Reparto era formato dalle seguenti figure professionali: fisiatra, neurologo, cardiologo, otorinolaringoiatra, fisioterapista, logopedista, nutrizionista, psicologa. Tutti i pazienti ricoverati sono stati sottoposti, in ingresso e in dimissione, alle seguenti valutazioni e accertamenti (vedi flow-chart). I pazienti eseguivano due sedute di fisiochinesiterapia al giorno e una seduta di trattamento neuropsicologico. Alla negativizzazione del tampone naso-faringeo, i paziente che necessitavano di proseguire il trattamento riabilitativo, venivano trasferiti presso la Riabilitazione no-Covid, gli altri venivano dimessi al domicilio secondo i criteri di regione Lombardia. RISULTATI Da marzo 2020 a giugno 2020 sono stati ricoverati presso il Reparto di Riabilitazione Covid dell’Ospedale San Raffaele di Milano 200 pazienti affetti da infezione SARS COV-2, provenienti dai reparti di Terapia Intensiva e Medicina ad alta intensità di cura. Dall’analisi dei dati, si evidenzia un miglioramento di tutti gli indicatori di efficacia dall’ingresso alla dimissione. Si è invece evidenziato un miglioramento statisticamente significativo nell’outcome SPPB. CONCLUSIONI I nostri risultati supportano l’ipotesi che un trattamento riabilitativo precoce sia più efficace nel limitare i danni secondari da allettamento e prolungata ventilazione e a favorire la ripresa dell’autonomia funzionale del paziente. Ad oggi, mancano dati in letteratura che forniscano linee guida circa un modello riabilitativo da attuare nei pazienti affetti da malattia Covid-19. Sono quindi necessari ulteriori studi clinici, pur in considerazione dell’elevata eterogeneità di presentazione clinica in questi pazienti. Bibliografia 1. Brugliera L et al. Nutritional management of COVID-19 patients in a rehabilitation unit. Eur J Clin. 2020 Jun;74(6):860-863. 2. Pascarella et al. COVID-19 diagnosis and management: a comprehensive review. J Intern Med. 2020 Aug;288(2):192-206. 3. Gaspardone C et al. Lung Ultrasound in COVID-19 A Role Beyond the Acute Phase? J Ultrasound Med. 2020 Aug 8. doi: 10.1002/jum.15425.
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Il ruolo del trattamento riabilitativo nel paziente affetto Ca covid-19, dalla fase acuta alla fase cronica: l’esperienza dell’Ospedale San Raffaele di Milano da marzo a luglio 2020
Il ruolo del trattamento riabilitativo nel paziente affetto Ca covid-19, dalla fase acuta alla fase cronica: l’esperienza dell’Ospedale San Raffaele di Milano da marzo a luglio 2020 Castellazzi Paola, Brugliera Luigia, Cimino Paolo, Alemanno Federica, Emedoli Daniele, Houdayer Elise, Tettamanti Andrea, Iannaccone Sandro IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano INTRODUZIONE: La pandemia di coronavirus-2 (SARS-CoV-2) ha trasformato radicalmente la pianificazione delle organizzazioni sanitarie della regione Lombardia, la regione italiana dove la diffusione virale è stata più rapida e intensa. La riorganizzazione delle Unità di Riabilitazione dell’Ospedale San Raffaele di Milano ha permesso di garantire, nelle fasi acute di malattia, una precoce riabilitazione respiratoria nei Reparti di Terapia Intensiva e di Medicina ad alta intensità. MATERIALI E METODI: Nel mese di marzo è stato creato un reparto di Riabilitazione COVID con 30 posti letto di degenza. Nel reparto accedevano, previa valutazione fisiatrica dei criteri di ricovero, i pazienti dai Reparti di Terapia Intensiva o di Medicina Covid. Alla negativizzazione del tampone nasofaringeo, se il paziente necessitava di proseguire il trattamento riabilitativo in regime di ricovero, veniva trasferito presso il Reparto di Riabilitazione no-Covid. A un mese dalla dimissione dalla Riabilitazione Covid, i pazienti eseguivano una visita di follow-up multidisciplinare da parte delle stesse figure professionali che avevano seguito il paziente durante il ricovero riabilitativo. A seguito della rivalutazione collegiale, il paziente poteva proseguire il trattamento riabilitativo neuromotorio o neurocognitivo sia in regime ambulatoriale sia in remoto mediante telemedicina. RISULTATI: Da marzo a giugno 2020 sono stati ricoverati 200 pazienti provenienti dai reparti di Terapia Intensiva o di Medicina ad alta intensità; 68% uomini e 32% donne, con un’età media di 68 anni. La durata media dell’ospedalizzazione nella nostra degenza riabilitativa Riabilitazione Covid è stata di 18 giorni. La durata media della degenza presso il Reparto di Riabilitazione no-Covid è stata di 10 giorni. Dei pazienti dimessi, il 56% circa è rientrato al domicilio, il 30% è stato trasferito presso il Reparto di Riabilitazione no-Covid e il rimanente 14% è stato trasferito presso altri reparti per acuti per necessità cliniche intercorrenti. Da maggio a luglio 2020 sono stati valutati al follow-up multidisciplinare 120 pazienti. CONCLUSIONI: A causa della rapida diffusione del virus, i Reparti di Riabilitazione hanno notevolmente modificato la loro attività. L’esperienza maturata successivamente ci ha portato a consigliare l’istituzione di diverse Unità Riabilitative che seguissero il paziente in tutte le fasi di malattia. Fondamentale è stata la presa in carico del paziente sia nelle primissime fasi di malattia nei Reparti di Terapia Intensiva, sia nelle fasi post-acuta e cronica della malattia mediante visite di controllo, trattamenti ambulatoriali e trattamenti in remoto tramite la telemedicina. Bibliografia 1. Zangrillo A et al. Fast reshaping of intensive care unit facilities in a large metropolitan hospital in Milan, Italy: facing the COVID-19 pandemic emergency. Crit Care Resusc 2020 Apr 1. 2. Brugliera L et al. Rehabilitation of COVID-19 patients. J Rehabil Med.2020 Apr 15;52(4). 3. Iannaccone S et al. Role of Rehabilitation Department for Adult Individuals With COVID-19: The Experience of the San Raffaele Hospital of Milan. Arch Phys Med Rehabil. 2020 Sep;101(9):1656-1661.
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Presa in carico multidisciplinare del paziente post-COVID e outcome funzionale dopo trattamento riabilitativo in Day Service Riabilitazione Respiratoria.
Presa in carico multidisciplinare del paziente post-COVID e outcome funzionale dopo trattamento riabilitativo in Day Service Riabilitazione Respiratoria. Martina Boni*, Leonardo Ieri*, Beatrice Cialdi*, Franco Vannucci **, Simone Bonacchi °, Sara Lange°, Giovanni Tabone°, Bruna Lombardi*** *SOS Medicina fisica e riabilitativa Pistoia, ** SOS Pneumologia e endoscopia bronchiale Pistoia, °SOC Attività di riabilitazione funzionale Pistoia/Valdinievole, *** Dipartimento di Riabilitazione AUSL Toscana centro Introduzione: L’infezione da SARS-COV-2 puo’ presentarsi con differenti quadri fenotipici anche in relazione alla presenza di fattori di rischio/comorbilita’; superata la fase acuta i pazienti “COVD negativizzati”(post-COVID) possono riportare esiti differenti, per lo piu’ di natura neurologica (eventi cerebrovascolari acuti, CryMyNe, astenia, ecc.), respiratoria (prevalentemente sindrome restrittiva), neuro-cognitiva (deficit cognitivo, depressione, ansia, s.post-traumatica), metabolico-nutrizionale (maggiormente malnutrizione, sarcopenia), complicanze secondarie (infezioni, lesioni da pressione, ecc.). La presa in carico riabilitativa del paziente post-COVID ha lo scopo di proseguire quanto iniziato nei reparti di degenza, limitando i possibili danni a lungo termine. Nel nostro studio abbiamo valutato gli effetti di una iniziale educazione all’ autotrattamento eseguita durante una prima valutazione in Day Service Multidisciplinare c/o il Presidio Ospedaliero S. Jacopo di Pistoia, e di un successivo intervento riabilitativo respiratorio (quando indicato) presso il Day Service Riabilitativo della Ex-Filanda del Presidio Ospedaliero di Pescia. Materiali e Metodi: Sono stati arruolati 92 pazienti post-COVID (eta’ 63±11,M55%F45%) dopo dimissione da reparto per acuti Ospedale S.Jacopo di Pistoia, e valutati presso il Day Service Multidisciplinare dello stesso Ospedale, nell’ Aprile-Agosto 2020 (T0), con valutazione pneumologica (spirometria, emogasanalisi, eco-torace), valutazione fisiatrica (raccolta anamnestica, valutazione funzionale, valutazione comorbilita’ e outcome riabilitativo), valutazione fisioterapica (tolleranza allo sforzo: Sit-to-stand test 30’’ e1’ ; dispnea nelle ADL: mMRC; forza muscolare: Test Handgrip); i pazienti hanno ricevuto indicazioni per un corretto stile di vita e per autotrattamento (esercizi di rinforzo muscolare). 22 pazienti (eta’ 64±16,M63%F37%) che mostravano decondizionamento fisico/desaturazione da sforzo suscettibili di modificazione, sono stati arruolati (T1) per un programma di trattamento riabilitativo multidisciplinare (medico, fisioterapista, infermiere) c/o il Day Service Riabilitativo Ospedale di Pescia (media 4 accessi) con diversi tipi di esercizio aerobico (cammino libero, treadmill o cyclette) al fine di impostare un programma personalizzato di autotrattamento ; per i pazienti con presenza di secrezioni bronchiali è stata eseguita disostruzione bronchiale. E’ stata valutata ecograficamente la funzionalita’ diaframmatica (spessore alla zona di apposizione, dTdi, escursione). Al termine del trattamento (T2) e’ stata rivalutata la tolleranza allo sforzo (Sit-to-stand 30 ‘’ e 1’). Criteri di esclusione sono stati: assenza di dispnea e/o astenia, mancata compliance al trattamento proposto. Risultati: Alla prima valutazione (T0) sono state rilevate ipertensione (42%), BPCO (10%), diabete mellito (8%), obesità (6%), patologie reumatiche (6%), oltre a dislipidemia, insufficienza renale, scompenso cardiaco. Tra T0 e T1 per la tolleranza allo sforzo (e relativa dispnea da sforzo (Borg R), al Sit-to-stand e’ stato osservato un incremento statisticamente significativo nel numero di ripetizioni in 30’’ (10±4 vs 12±3,p<0.05), riduzione della Borg R finale (4±2 vs 3±2,p<0.05); non sono state rilevate variazioni per i parametri Borg M, SpO2, ripetizioni a 1’, FR, FC e tempi di recupero oggettivi e soggettivi (sostanziale stabilità dei parametri di funzionalità respiratoria). Tra T1 e T2 abbiamo evidenziato al Sit-to-stand un incremento sia nel numero di ripetizioni rilevate in 30’’ (12±3vs14±6,p<0.05) sia nel numero di ripetizioni in 1’ (22±11vs23±11,p<0.05), con una riduzione dei valori di FR finale (26±4vs25±4,p<0.05), di FC sia iniziale (72±13vs71±11,p<0.05) che finale (105±19vs101±19), di Borg R finale (3±2vs2±1,p<0.05), di Borg M finale (2±2vs1±2,p<0.05) e del tempo di recupero sia oggettivo che soggettivo (p<0.05) oltre ad un aumento dei valori di SpO2 finale (96±2vs97±1,p<0.05). Sono stati osservati miglioramenti nei differenziali delle singole variabili sopracitate (FR delta, FC delta, Borg R delta, Borg M delta). Per quanto riguarda la forza muscolare (Handgrip) abbiamo rilevato in T0-T1 un miglioramento (21 vs 27 arto sup. destro; 19 vs 26 arto sup. sinistro, p<0.05). Il 6MWT (T1) e’ stato 430±114m, ridotto in maniera significativa (p<0.05) rispetto al predetto di normalità (493 m), con forte correlazione (p<0.05) di SpO2 nadir ottenuto al Sit-to-stand di 1’. In 4 pazienti e’ stata evidenziata ecograficamente una lieve disfunzione diaframmatica (3 pazienti con lieve riduzione escursione monolaterale, spessori e dTi conservati, 1 paziente con lieve riduzione escursione bilaterale, spessori e dTi conservati). Conclusioni: i pazienti con infezione da Sars-CoV-2, dimessi con guarigione clinico-laboratoristica da reparto ospedaliero per acuti ad un tempo medio di circa 50 giorni dalla dimissione ospedaliera, hanno presentato ridotta forza muscolare appendicolare e ridotta tolleranza allo sforzo con insorgenza di sintomatologia respiratoria durante attività fisica; non è stata evidenziata ecograficamente disfunzione diaframmatica significativa o perdita di escursione/spessore del diaframma durante gli atti respiratori. I parametri funzionali sono andati progressivamente incontro a miglioramento con riduzione della associata severità dei sintomi respiratori, a seguito di un intervento riabilitativo ambulatoriale, personalizzato, differenziato in base al risultato della valutazione funzionale iniziale, seguito da programma di home-exercise, senza necessità di medicalizzare pazienti sottoposti già a periodi di ricovero prolungati. Per questa casistica abbiamo riscontrato la validità dell'utilizzo del Sit-to-stand 1’ nel rilevare desaturazioni sotto sforzo allo stesso modo del 6MWT. Bibliografia Clinical features of patients infected with 2019 novel coronavirus in Wuhan, China. Min Cao et al. Feb 2020; The Lancet. Considerations for Postacute Rehabilitation for Survivors of COVID-19. Lisa Mary Sheehy,May 2020; JMIR Public Health Surveill Joint statement on the role of respiratory rehabilitation in the COVID-19 crisis: the Italian position paper. Vitacca M et al, Mar 2020 [Online]
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Protesi ginocchio e riabilitazione con soletta a carico programmabile: futuro o presente?
PROTESI GINOCCHIO E RIABILITAZIONE CON SOLETTA A CARICO PROGRAMMABILE: FUTURO O PRESENTE? Dott.ssa R. Riso, Dr M. Merlini, Dr G. Castellarin Introduzione La chirurgia dell’arto inferiore prevede di consueto un periodo di carico parziale al fine di consentire una corretta osteointegrazione dei mezzi di sintesi o protesi, prevenire mobilizzazioni o rotture degli stessi, evitare lo scarico prolungato e le complicanze ad esso legate. La corretta osservanza da parte del paziente delle indicazioni sul carico resta ancora, tuttavia, di difficile attuazione. In questo lavoro, abbiamo testato un nuovo sistema di feedback che permetta ai pazienti di aderire più fedelmente alle indicazioni di carico fornite dal personale sanitario. Materiali e Metodi Il sistema di feedback è un sistema a soletta denominato Blu Insole (fig1 e fig 2), prodotta e commercializzata da FGP srl: molto sottile (<5mm) in poliestere flessibile. Al suo interno si trovano 214 sensori di tipo resistivo che misurano il carico con frequenza di 10Hz e tempo di risposta 0.2secondi. La soletta va collegata al dispositivo di acquisizione, a sua volta fissato alla caviglia del paziente, ed è dotata di una batteria ricaricabile con durata media di circa 40h di utilizzo. L'unità può essere programmata per fornire al paziente un feedback sonoro e/o tattile con due soglie diverse: una al raggiungimento del carico minimo ed una per il superamento del carico massimo. Il tempo di risposta molto breve di questa soletta ci ha permesso di istruire il paziente a correggere autonomamente gli eventuali eccessi o deficit di carico impostato. Abbiamo arruolato 30 pazienti di ambo i sessi con diagnosi di gonartrosi ed indicazione ad intervento di artroprotesi con età massima di anni 85 anni ed assenza co-morbidità o patologie neurologiche od ortopediche che potessero influire sul corretto utilizzo della soletta. Tutti i pazienti sono stati operati dallo stesso chirurgo, con la medesima tecnica chirurgica (3), utilizzando lo stesso modello protesico. I pazienti sono stati valutati con la soletta a tempo 0 (prima dell'intervento, al momento del ricovero in reparto di ortopedia) e rivalutati dalla stessa équipe (in reparto di riabilitazione) a 5, 10,15 e 30 giorni con le seguenti scale di valutazione: Numerical Rating Scale per il dolore, Knee Score System, Western Ontario McMaster Universities Index Osteoarthritis (redatti in lingua italiana) e scala Tinetti. Abbiamo, infine, intervistato i pazienti con scala NRS relativamente alla facilità di utilizzo, l'assenza di complicanze o dolore nell'utilizzo quotidiano della soletta Risultati Nessun paziente ha dovuto abbandonare lo studio o modificare il protocollo riabilitativo per complicanze legate direttamente all’utilizzo della soletta. Il valore di NRS preoperatorio medio di 6,58±1,97 era sostanzialmente invariato al 5° giorno postoperatorio, riducendosi fino al valore definitivo di 4,14± 3,48 al 30° giorno (Tab. 1). Il KSS preoperatorio era in media 53,33±6,44, mentre il KSS funzionale iniziale era 65,41 ± 23,1. Scende in 5° giornata a 49,54 ± 19,54, mentre la parte funzionale a 11,72± 210,71, aumentando fino al valore definitivo di 78,87 ± 12,88 e 71,42 ± 15,19 al 30° giorno (Tab. 1). . Un analogo andamento viene confermato dal punteggio WOMAC, che da un valore preoperatorio di 45,42±16,41 passa a 51,36±15,05 al 5° giorno per poi scendere definitivamente a 14,28±7,58 alla valutazione finale al 30° giorno (Tab. 1). . Il punteggio della scala di Tinetti per andatura mostra come in media i pazienti, dopo una breve difficoltà iniziale a seguire una corretta andatura rispettando il carico concesso, abbiano raggiunto tutti una deambulazione pressoché normale, passando da un punteggio preoperatorio di 8,07 ± 2,87 ad un punteggio 5,08 ± 1,88 in 5° giornata, 6,5 ± 1,56 in 10° giornata, 7,66 ± 1,37 alla 15° sino al definitivo 9,57 ± 1,81 (Tab. 1). Il punteggio NRS finale relativo alla soletta è stato in media 8.5, con una sola paziente che ha lamentato una certa difficoltà d'uso conseguente ad una distorsione TT subita nel periodo immediatamente precedente il ricovero. Abbiamo potuto constatare come in tutti i pazienti fosse pressoché impossibile rispettare il cosiddetto carico “sfiorante”, pari ad un range del 10-20% del peso corporeo (p.c.), senza evidenti alterazioni della marcia o modifiche dello schema motorio. Solo 4 pazienti su 30 sono riusciti a deambulare correttamente rispettando un range di carico sotto il 50% del peso corporeo. Oltre questa soglia, invece, 23 su 30 sono riusciti a rispettare il range prescritto (Tab. 2). Abbiamo registrato, inoltre, come le differenze di carico oltre 80-90% siano di fatto poco evidenti sulla dinamica del passo. Conclusioni Il presente studio sostiene l’utilizzo della soletta Blu Insole come dispositivo valido, efficace e di facile utilizzo durate la riabilitazione post PTG. L'aumento della responsabilità dei pazienti e un più profondo coinvolgimento durante il protocollo riabilitativo li ha resi più attivi e collaborativi, con un ulteriore miglioramento dei risultati e della compliance. Riteniamo che l’utilizzo della soletta possa essere esteso a tutti gli interventi chirurgici agli arti inferiori che necessitano di carico graduale e progressivo. Inoltre, in futuro sarà possibile valutare e monitorare i dati registrati dalla soletta da remoto, utilizzando un apposito software che invierà i dati per via elettronica. Appare un grande e indubbio vantaggio poter finalmente quantificare, registrare e rendere dimostrabile un parametro così importante nella chirurgia e traumatologia degli arti inferiori
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Ridotta percezione della qualità di vita e possibili ambiti di intervento riabilitativo in corso di Malattia di Crohn
Ridotta percezione della qualità di vita e possibili ambiti di intervento riabilitativo in corso di Malattia di Crohn Micheletti M.1 – Arsego D.2 – Nardi B.3 – Capecci M.1 – Ceravolo M.G.1 1 Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Clinica di Neuroriabilitazione, Università Politecnica delle Marche, Ancona; 2 Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica Sezione di Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, Università Politecnica delle Marche, Ancona; 3 Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Unità di Psichiatria, Sezione di Neuroscienze Cliniche, Università Politecnica delle Marche, Ancona INTRODUZIONE La Malattia di Crohn (MC) è una malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) che può colpire il tratto digerente nella sua interezza ma che può anche determinare manifestazioni extraintestinali configurando quadri sistemici. L’età di esordio più frequente è tra 20 e 30 anni, meno comunemente dopo i 50. L’incidenza appare in crescita, soprattutto in età pediatrica. È fondamentale, pertanto, contrastare il più possibile la progressione di malattia nel tempo, limitando l’insorgenza di complicanze e mirando al mantenimento del più elevato profilo funzionale dell’individuo. Molteplici sono le situazioni che possono beneficiare di interventi riabilitativi: possibili problematiche articolari (artrite periferica, assiale o spondilite anchilosante), complicanze che necessitino di intervento chirurgico, sindrome da decondizionamento, disfunzione del pavimento pelvico. La letteratura non sempre è concorde riguardo gli aspetti della patologia vissuti dal paziente come più invalidanti e fonte di maggiore limitazione nel quotidiano. Si è perciò pensato di evidenziare quali fossero gli aspetti maggiormente responsabili di una riduzione nella percezione della qualità di vita in corso di MC. Scopo della ricerca è stato quindi valutare in soggetti affetti da MC la relazione tra sintomi d’organo, sintomi sistemici, stato emotivo e partecipazione sociale rispetto alla qualità della vita percepita e indagare se vi fosse correlazione con le diverse fasi di attività della patologia per individuare gli ambiti su cui concentrare eventuali interventi riabilitativi. MATERIALI E METODI Il disegno di studio è osservazionale trasversale. È stato somministrato l’Inflammatory Bowel Disease Questionnaire (IBDQ-32) a 55 soggetti affetti da MC reclutati tra gli utenti dell’Azienda “Ospedali Riuniti” di Ancona con omogeneità per caratteristiche sociodemografiche. Criteri di inclusione erano: diagnosi accertata di MC, età compresa tra 18 e 80 anni, assenza di deficit cognitivi e un livello minimo di scolarità per la comprensione dei quesiti proposti. È stata inoltre raccolta un’intervista anamnestica con informazioni generali, demografiche e cliniche, fase di attività o remissione della patologia. L’IBDQ-32 è specifico per soggetti affetti da MICI ed è composto da 32 items su scala likert con punteggio da 1 a 7 (al crescere del punteggio attribuito la valutazione è più favorevole). Il questionario esplora 4 domini: Sintomi Intestinali (SI), Sintomi Sistemici (SS), Stato Emotivo (SE) e Partecipazione Sociale (PS). Per ogni paziente è stata calcolata la media dei punteggi attribuiti ad ogni dominio. Come indicatore di qualità di vita percepita (QoL) è stato identificato l’item 32, che richiede al paziente quanto si sente soddisfatto della sua vita. Al fine di cercare i fattori correlati ad una severa compromissione della qualità di vita, il campione è stato stratificato in due gruppi sulla base del punteggio attribuito all’item 32, distinguendo in tal modo il gruppo di soggetti che lamentava una severa compromissione della qualità di vita e presentava un punteggio compreso tra 1 e 3, rispetto a quello che riferiva una maggiore percezione di benessere (punteggio item 32 > 3). Pertanto, successivamente è stata effettuata un’analisi della varianza al fine di trovare differenze tra i due gruppi in termini demografici e clinici. Infine, è stato applicato il test χ2 per verificare la correlazione tra qualità di vita e fase (attiva o non attiva) di malattia. RISULTATI La stratificazione ha condotto alla formazione di due gruppi: – gruppo QoL 1-3 (percezione di qualità di vita peggiore): composto da 13 soggetti di età media pari a 42 anni; – gruppo QoL >3: composto da 42 soggetti di età media pari a 44 anni. Non si evidenziano differenze di età. Il gruppo QoL 1-3 più frequentemente presentava la malattia in fase attiva (χ2 =11; p.004). Inoltre, lamentava peggiori sintomi sistemici, emotivi e maggiori restrizioni della partecipazione sociale (Tab. 1; Fig.1). Il punteggio totale alla scala IBDQ-32 è significativamente minore nel gruppo dei soggetti con peggiore qualità di vita (Fig.2). CONCLUSIONI I risultati indicano che i sintomi sistemici sono determinanti per una ridotta percezione della qualità di vita. Importante appare, pertanto, monitorare tale aspetto per garantire un approccio multidisciplinare comprensivo di valutazione fisiatrica che identifichi precocemente l’indicazione all’avvio di un trattamento riabilitativo, a fronte di una popolazione di soggetti spesso molto giovani e con elevata richiesta funzionale. La partecipazione sociale, nonostante la presenza di sintomatologia d’organo e sistemica, risulta solo parzialmente ridotta. Questo potrebbe essere interpretato come una riprogrammazione della vita del soggetto affetto da MC con una pianificazione delle ADL sulla base della presenza dei sintomi, con un impatto negativo sulla sfera emotiva. Ulteriori studi sono richiesti al fine di caratterizzare più approfonditamente la popolazione oggetto di studio. BIBLIOGRAFIA 1. Matsuoka K., Kobayashi T., Ueno F., Evidence-based clinical practice guidelines for inflammatory bowel disease. J Gastroenterol. 2018; 53(3): 305–353. DOI: 10.1007/s00535-018-1439-1 2. Habibi F., Habibi M. E., Gharavinia A., Quality of life in inflammatory bowel disease patients: A cross-sectional study. J Res Med Sci. 2017; 22: 104. DOI: 10.4103/jrms.JRMS_975_16 3. Zhang M., Hong L., Zhang T., Illness perceptions and stress: mediators between disease severity and psychological well-being and quality of life among patients with Crohn’s disease. Patient Prefer Adherence. 2016; 10: 2387–2396. DOI: 10.2147/PPA.S118413
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Le bocce paralimpiche: tra straordinarie capacità riabilitative e limiti di inclusività
La boccia paralimpica: tra straordinarie capacità riabilitative e limiti di inclusività Farì G., Pignatelli G., Spedicato M., Maglie A., Quarta F., Zacheo M., Carbotta N., Capobianco L., Fiore P., Megna M. Introduzione: L’importanza dell’attività sportiva per le persone con disabilità è ormai un’evidenza acclarata. La boccia paralimpica è uno sport per persone con disabilità motoria conseguente a patologie che possono compromettere la funzione di tutti e quattro gli arti. In virtù della diversificazione delle abilità degli atleti sono state create quattro classi sportive: – BC1: comprende atleti che possono lanciare la boccia con la mano o con il piede, hanno diritto all’assistenza. – BC2: comprende atleti che lanciano la boccia con la mano e non hanno diritto all’assistenza. – BC3: comprende atleti con menomazioni motorie più gravi che inficiano la capacità di lancio, come disfunzioni nella presa o nella fase di rilascio, minore ampiezza del ROM (Range of Motion) del gomito (Po-Chang Huang et al.). Questi ultimi possono perciò gareggiare con un assistente che li aiuti nell’utilizzo di una rampa per lanciare la palla. – BC4: comprende atleti con una grave disfunzione locomotoria e con scarso controllo del tronco ma destrezza sufficiente a lanciare la boccia, per cui non hanno diritto all’assistenza. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di descrivere gli aspetti positivi di questo sport sugli atleti che lo praticano ed evidenziare quanto le difficoltà comunicative possano limitare gli atleti appartenenti alla categoria BC3. Materiali e Metodi: È stata effettuata una descrizione panoramica della letteratura esistente sulla boccia paralimpica, approfondendo i lavori che evidenziano gli effetti positivi sugli atleti e gli ostacoli limitanti la partecipazione alle competizioni ufficiali di specifiche categorie di persone con disabilità. Risultati: Lo studio ha dimostrato che la pratica di questo sport, oltre a produrre effetti benefici sul sistema motorio, respiratorio e cardiovascolare degli atleti, è anche un forte stimolo positivo per le funzioni cognitive. Sharon Barak et al (1) hanno condotto uno studio su individui affetti da grave disabilità, suddivisi in quattro gruppi: atleti delle categorie BC1 e BC2; atleti della categoria BC3; giocatori non agonisti; gruppo di controllo. Durante l’intervento gli atleti agonisti hanno condotto un programma di allenamento specifico svolto tre volte a settimana con elementi tecnici, tattici e fisici. Coloro che invece giocavano a boccia nel tempo libero hanno seguito un programma meno specifico per due volte a settimana. Tutti hanno seguito in parallelo il proprio programma riabilitativo. Si è visto che il gruppo composto da atleti agonisti riferiva maggiori miglioramenti in parametri relativi al benessere psicosociale dei soggetti, come umore, ansia, qualità della vita, autostima. Un altro studio che avvalora questa ipotesi è quello di Łosień et al (2), che attraverso un questionario ha evidenziato come la boccia paralimpica agevoli la creazione di interazioni sociali, migliori l’autostima nel 93,3% dei casi, porti ad un miglioramento nella capacità di affrontare i problemi quotidiani e venga considerata un buon supplemento al percorso riabilitativo. La nostra analisi descrittiva ha tuttavia evidenziato anche i limiti comunicativi degli atleti appartenenti alla categoria BC3. Essi infatti possono essere aiutati da un assistente, ma, stando agli attuali regolamenti, la comunicazione è esclusivamente unidirezionale (dall’atleta all’assistente). Questi atleti possono presentare tuttavia deficit nella comunicazione verbale, per cui si esprimono anche attraverso gesti, immagini e suoni o con l’utilizzo di ausili che possono migliorare la comprensione tra soggetto e allenatore/assistente. A questo proposito, Zioti et al. hanno elaborato degli strumenti digitali, come un gioco online e un libretto digitale educativo, che hanno permesso di facilitare il lavoro dell’allenatore nell’insegnamento della boccia paralimpica ai principianti. Anche in questo caso alcuni ostacoli, come la gestione del device elettronico, non sono stati superati, ma si tratta di un primo passo in una direzione che potrebbe essere efficace. Un altro valido strumento per la comunicazione è la tavola sportiva di comunicazione (SCB), introdotta per facilitare il dialogo tra atleta e assistente durante la competizione (3). Per mezzo di simboli e grafici di diversi colori, il soggetto può esporre la strategia di gioco all’assistente in modo più semplice e chiaro. Nei risultati sono stati registrati una riduzione del tempo di gioco del 22%, un miglioramento delle strategie di gioco e una maggiore precisione nei lanci. Purtroppo, nonostante le suddette strategie di facilitazione della comunicazione, alcuni di essi rimangono di fatto esclusi dalle competizioni ufficiali. È il caso degli atleti che non sono in grado di verbalizzare le proprie intenzioni, e contestualmente non eseguono movimenti coordinati con gli arti e gli occhi, a causa di problemi quali la distonia e il nistagmo. Nonostante si tratti di deficit facilmente oggettivabili, non è ancora stata approntata alcuna soluzione tecnologica efficace. Conclusioni: La boccia paralimpica è uno sport che migliora la qualità di vita degli atleti. La categoria BC3, dedicata alle persone con disabilità più gravi, non è purtroppo ancora del tutto inclusiva, giacché non accoglie pienamente gli atleti con severe difficoltà comunicative. Nonostante siano state proposte delle possibili soluzioni al limite comunicativo per coinvolgere maggiormente la categoria BC3, restano sempre delle lacune a riguardo: alcuni atleti di questa categoria non possono partecipare alle competizioni ufficiali in ragione delle loro peculiari condizioni fisiche. L’auspicio è che studi futuri mettano in pratica nuove strategie di facilitazione della comunicazione per queste persone con disabilità, sfruttando le potenzialità messe a disposizione dal sempre crescente progresso digitale. 1. Barak S, Mendoza-Laiz N, Fuentes MTG, Rubiera M, Huyzler Y. Psychosocial effects of competitive Boccia program in persons with severe chronic disability. J Rehabil Res Dev. 2016; 53(6):973-988. 2. Tomasz Łosień, Anna Mędrak, Paweł Plaskacz, Izabela Bajerska, Magdalena Reut, Emilia Dragon, Martyna Polko, Aleksandra Cebula. The influence of boccia on self-esteem and increasing the functional capabilities of disabled people. Journal of Education, Health and Sport. 2018; 8(08): 1099-1105. 3. Ana Paula de Araújo Alves, Helena Carla Castro, Leonardo Alves Miceli, Julio Vianna Barbosa. Sportive Communication Board: A Low Cost Strategy to Improve Communication of BC3-Paralympics Boccia Athletes. Creative education. 2018; 09(11):1743-1762.
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K mammella e AWS: l’importanza del drenaggio linfatico nel trattamento riabilitativo
K mammella e AWS: l’importanza del drenaggio linfatico nel trattamento riabilitativo D. Scaturro, S. Rizzo, A. Balbo, G. Letizia Mauro INTRODUZIONE Nel 2020 il K mammella è stato il tumore più frequentemente diagnosticato (54.976, pari al 14,6% di tutte le nuove diagnosi).1 I tassi di sopravvivenza negli ultimi anni sono notevolmente aumentati grazie alle campagne di screening ed ai trattamenti sempre più tempestivi. In letteratura è noto che le pazienti che hanno subito trattamento con mastectomia radicale modificata o chirurgia conservativa possano sviluppare complicanze come la capsulite adesiva, le disfunzioni miofasciali e nervose, il linfedema e la temibile Axillary Web Syndrome (AWS)3. Appare quindi fondamentale e necessario un programma di prevenzione delle complicanze per garantire una qualità di vita sufficiente per queste pazienti. Scopo dello studio è valutare l’efficacia di un progetto-programma riabilitativo di rieducazione funzionale della spalla associata al linfodrenaggio manuale in una popolazione di donne affette da K mammella sottoposte ad intervento chirurgico di mastectomia e linfoadenectomia vs la sola rieducazione funzionale, considerando i seguenti outcome: dolore, funzionalità, linfedema e qualità di vita. MATERIALI E METODI Presso l’ U.O.C. di “Recupero e Riabilitazione funzionale” dell’A.O.U.P. “P. Giaccone” di Palermo, in un periodo compreso tra Gennaio 2015 e Luglio 2020, sono state valutate 445 donne con pregresso carcinoma mammario di età compresa tra 25 e 80 anni, entro 30 giorni dall’intervento chirurgico (T0). Criteri di inclusione: pregresso k mammella trattato chirurgicamente con mastectomia; rimozione di almeno un linfonodo sentinella, algia e limitazione funzionale alla spalla (DASH > 50), NRS > 4, adeguata comprensione della lingua dello studio. Criteri di esclusione: storia di spalla congelata, pregressi interventi chirurgici alla spalla, deficit cognitivo, malattia psichiatrica grave. Di questi solo 150 donne reclutate e suddivise in 2 gruppi: A sottoposto a 20 sedute di rieducazione funzionale spalla omolaterale all’intervento e B stesso trattamento associato a linfodrenaggio manuale. Tutte le pazienti sono state valutate alla visita basale (T0) e alla fine del trattamento(T1). attraverso: l’NRS per il dolore, la scala DASH per la funzionalità della spalla e l’SF36 per la qualità della vita , veniva inoltre misurata la circonferenza dell’arto interessato a vari livelli utilizzando un metro flessibile. RISULTATI I risultati mostrano un miglioramento della qualità della vita misurata attraverso l’SF 36, dei valori della scala DASH e dell’NRS statisticamente significativi in entrambi i gruppi (P< 0.005) tra i valori al basale ed alla fine del trattamento riabilitativo. ella valutazione finale, i valori registrati tra T0 e T1 hanno evidenziato nel gruppo A un aumento del volume del braccio nel 34% delle pazienti e nel Gruppo B un aumento del volume del braccio nel 7% delle pazienti. CONCLUSIONI Seppur in maniera preliminare possiamo affermare che nelle donne affette da K mammella, sottoposte a mastectomia e linfoadenectomia, il trattamento precoce di rieducazione funzionale della spalla associato a linfodrenaggio manuale risulta efficace in termini di mantenimento dell’escursione articolare, del controllo del dolore, della prevenzione del linfedema secondario e della tanto temuta AWS assicurando una buona qualità della vita. Bibliografia 1. https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=88625 2. Taciser Kaya, Altnay Göksel Karatepe, Rezzan Günaydn, Halit Yetiş, Adam Uslu. Disability and health related quality of life after breast cancer surgery: relation to impairments. South Med J 2010 Jan;103(1):37-41. doi: 10.1097/SMJ.0b013e3181c38c41. 3. Youngki Cho, Junghwa Do, Sunyoumg Jung et al. Effects of physical therapy program combined with manual lymphatic drainage on shoulder function, quality of life, lymphedema incidence, and pain in breast cancer patients with axillary web syndrome following axillary dissection. Support Care Cancer (2016) 24:2047-2057
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Infezione da Sars-CoV-2 in pazienti con lesione midollare ricoverati in unità spinale: una serie di casi.
Infezione da Sars-CoV-2 in pazienti con lesione midollare ricoverati in unità spinale: una serie di casi. S. Volini, C. Kiekens G. Forestiere, A. Areni Obiettivo Valutare l’andamento clinico e l’outcome di pazienti ricoverati in Unità Spinale e risultati positivi all’infezione da SARS-COVID 19. Materiali e Metodi Studio di un gruppo di 8 pazienti con lesione midollare ricoverati in Unità Spinale con lesione midollare e affetti da infezione da SARS-COVID-19: valutazione delle caratteristiche cliniche, demografiche, della diagnosi e dell’outcome. Questa case series di 8 pazienti fa parte di uno studio osservazionale prospettico che coinvolge diverse Unità Spinali Italiane Risultati Età media 67. Maschi 7/8. Lesioni cervicali 3/8; 2 lesioni complete and 6 incomplete ; traumatiche 2/8. Sintomi: febbre (8), astenia/malessere (6), dispnea (2), tosse (1). Quattro pazienti hanno presentato polmonite, 3 hanno avuto necessità di ossigeno, 1 è stato intubato per ARDS ed è successivamente deceduto. Un paziente con molteplici comorbidità ha presentato un episodio di stroke e successivamente anemia emolitica da agglutinine fredde. IIn tutti I pazienti abbiamo osservato un lungo periodo di tempo per la negativizzazione del tampone naso faringeo (fino a 2 mesi) Conclusioni Nella nostra case series di 8 pazienti, 1 affetto da severa malattia da COVID_19 è deceduto. In 6 pazienti sono stati riscontrati segni di polmonite ” a vetro smerigliato” ma solo 4 hanno presentato segni clinici di polmonite e necessitato di ossigeno. La raccolta dei dati a livello mondiale consentirà di conoscere meglio l’andamento dell’infezione da sars-covid 19 in pazienti con lesione midollare e la migliore gestione della malattia in questa categoria di pazienti particolarmente fragili
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Alterazioni posturali nella gonartrosi: sinergismo di azione tra trattamento riabilitativo, farmacologico e infiltrativo
La gonartrosi ha un’incidenza progressiva con l’avanzare dell’età (picco tra i 70 e i 79 anni); interessa maggiormente il sesso femminile con un rapporto di 2:1 rispetto al maschile. Il ginocchio artrosico si caratterizza clinicamente con un dolore sordo di tipo “meccanico” a tre tempi; infatti si manifesta inizialmente al movimento attenuandosi con il riposo per divenire costante in fase avanzata. Il dolore, spesso determina una claudicatio di fuga e si accompagna talora a rigidità e tumefazione articolare che può essere correlata alla progressiva deformità. In alcuni casi può coesistere una cisti di Baker che provoca una sensazione di tensione o pressione nel cavo popliteo. Scopo dello studio è stato valutare se l’infiltrazione intra-articolare con Acido Ialuronico lineare a medio/alto p.m. comportasse un miglioramento clinico nella gonartrosi lieve-moderata (I-II grado Kellgren) e nell’assetto posturale. Sono stati confrontati pazienti trattati con infiltrazioni di ginocchio monolaterale associate al trattamento riabilitativo/farmacologico per os (condroprotettori e analgesici) con soggetti che hanno eseguito il trattamento riabilitativo e la medesima terapia farmacologica. In tutti i pazienti sono state riscontrate variazioni dei carichi pressori sull’appoggio podalico, modifiche dell’equilibrio in stazione eretta e alterazioni della postura sia in ortostatismo che nella deambulazione. Presso l’U.O.C. di “Recupero funzionale e Riabilitazione” dell’A.O.U.P. “Paolo Giaccone” di Palermo nel periodo compreso fra Novembre 2018 ed Gennaio 2020 sono stati reclutati 60 pazienti di età compresa tra i 45 e 85 anni (età media 66 anni) che presentavano gonartrosi clinicamente evidente con conferma radiologica di grado I o II secondo Kellgren-Lawrence. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: A, composto da 30 pazienti, (21 F e 9 M) sottoposti a terapia infiltrativa con terapia farmacologica e riabilitativa, ed un gruppo B, composto da 30 pazienti (23 F e 7 M) sottoposti solo a trattamento riabilitativo e terapia farmacologica. Il peso dei suddetti pazienti variava entro il range 68 e 100 kg; l’altezza tra i 160 e 175 cm; il numero della calzatura tra il 35 e il 42.Tutti i pazienti presentavano al momento del reclutamento un’artrosi del ginocchio sintomatica, con dolore moderato e limitazione funzionale, tale da condizionare la corretta postura e l’idoneo appoggio podalico con alterazioni sulla qualità della vita e sulle ADL. Il trattamento infiltrativo prevedeva un ciclo con n. 3 somministrazioni intra-articolari di 30 mg/2 ml di HA a medio/alto p.m ripetute settimanalmente; il programma riabilitativo eseguito per un periodo di 4 settimane consisteva nell’utilizzo del protocollo della Campbell clinic “modificato” con: MPC, esercizi di stretching muscolare, mobilizzazione passiva ed attiva assistita in catena cinetica chiusa ed aperta, esercizi isometrici ed isotonici, training deambulatorio e del passo, venivano inoltre effettuati esercizi posturali e propriocettivi con specchio quadrettato e tavolette surf, nonché Laser Co2 e TENS. Il trattamento farmacologico per os infine consisteva in condroprotettori (condroitin solfato, glucosamina solfato e metilsulfanilmetano) per 60 giorni e analgesici per 7 giorni. La valutazione clinica con la somministrazione di scale per il dolore (NRS), la mobilità (WOMAC e Lequesne), la forza e l’autonomia (KSS), la postura (test di Fukuda) è stata effettuata a T0 (visita basale), T1 (dopo 7 giorni), T2 (a 14 giorni) e infine T3 (al termine dello studio). Tutti i pazienti arruolati sono stati complianti sia per il ciclo infiltrativo che riabilitativo. Dall’analisi dei risultati è emersa una prevalenza sul sesso femminile (44 femmine e 16 maschi) e un’età media di 66 anni (con estremi di 48 e 84 anni). Per quanto riguarda il valore della NRS si è osservata una riduzione di circa il 30% già a tre settimane per entrambi i gruppi rispetto al basale, ad ulteriore conferma dell’efficacia del trattamento infiltrativo/riabilitativo. Andando ad analizzare nello specifico i valori NRS abbiamo osservato con il test di T-student un miglioramento statisticamente significativo dei valori della media di NRS. Per quanto riguarda l’indice di Lequesne il punteggio finale, sostanzialmente simile nei due gruppi alla valutazione basale, si riduceva sensibilmente alla terza settimana, evidenziando per entrambi beneficio secondario al trattamento infiltrativo/riabilitativo. Alla valutazione finale, il gruppo A ha conservato fino al termine del follow-up i valori ottenuti ai controlli. Per quanto riguarda la KSS e la WOMAC abbiamo rilevato una diminuizione del valore da T0 a T3 sia nel gruppo A che nel gruppo B. Sono stati valutati come parametri oggettivi l’asse del ginocchio, l’appoggio podalico e lo schema del passo. Dopo 4 settimane la risposta dei pazienti trattati con infiltrazioni, trattamento riabilitativo e terapia farmacologica migliora rispetto al gruppo sottoposto al trattamento riabilitativo/farmacologico. L’uso di antidolorifici si è ridotto dopo le prime 2 settimane in entrambi in gruppi. In nessuno è stato rilevato alcun effetto avverso. Il trattamento della gonartrosi con acido ialuronico a basso/alto p.m. è risultato essere efficace nel ridurre il dolore, migliorare la capacità funzionale, aumentare la velocità e la forza frenante durante la deambulazione. Il presente studio ha dimostrato che lo schema del passo alterato nella gonartrosi, dovuto ad non corretto appoggio podalico a causa della algia durante il carico, può subire un positiva in seguito ad infiltrazione associata a terapia riabilitativa. Si è infatti evidenziato nel gruppo A una riduzione del dolore sia in stazione eretta che nella deambulazione, un miglioramento dell’escursione articolare durante lo schema del passo con conseguente beneficio nella fase di appoggio e di swing. Auspichiamo di ampliare il numero di soggetti, creare un confronto più omogeneo e valutare anche a lungo termine gli effetti dell’associazione trattamento riabilitativo, infiltrazioni e terapia farmacologica.
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Efficacia dell’Expiratory Flow Accelerator(EFA) nella gestione delle secrezioni orofaringee in soggetti con lesioni cerebrali acquisite: proposta di un protocollo di intervento e case report
EFFICACIA DELL’EXPIRATORY FLOW ACCELERATOR (EFA) NELLA GESTIONE DELLE SECREZIONI OROFARINGEE IN SOGGETTI CON LESIONI CEREBRALI ACQUISITE: proposta di un protocollo di intervento e case report Cima A.1, Locatelli M.1, D’Abrosca F.2 1.San Pietro – Centro Polifunzionale, Monza 2. Associazione Riabilitatori Insufficienza Respiratoria, Milano INTRODUZIONE: Nei soggetti con Acquired Brain Injury (ABI) oltre al danno primario, al quale conseguono menomazioni senso-motorie, cognitive e comportamentali, si aggiungono quelli secondari, tra cui disturbi di coscienza(DOC), alterazioni deglutitorie e respiratorie. Tale popolazione è estremamente complessa nella presa in carico, proprio a causa della scarsa collaborazione, correlata a fluttuazione delle performance e del quadro clinico. I soggetti con ABI risultano poi portatori di cannula tracheostomica (CT) in una percentuale che va dal 44% al 73%[1]. La sua rimozione è uno tra i principali obiettivi nella riabilitazione dei soggetti con DOC[2] ma la letteratura non fornisce indicazioni univoche in merito al percorso di decannulazione in tale popolazione. Per ovviare a tali aspetti, appare utile l’utilizzo della tecnologia ‘Expiratory Flow Accelerator’(EFA®), che favorisce la rimozione delle secrezioni aumentando artificialmente il flusso espiratorio lungo le vie aeree sfruttando il principio di Venturi [3]. OBIETTIVO: Visto quanto emerso, ci si propone di indagare l’effetto della tecnologia EFA in supporto alla terapia logopedica e fisioterapica respiratoria classiche nella gestione delle secrezioni oro-faringee e nella decannulazione, verificandone l’impatto sulla disfagia, sugli aspetti cognitivi e respiratori. PROTOCOLLO SPERIMENTALE: Criteri inclusione: • Soggetti con ABI • Età > 18 anni • Portatore di CT • Stabilità clinica Criteri esclusione: • Patologie neoplastiche e/o polmonari croniche preesistenti • Complicanze neurologiche • Terapia antibiotica concomitante Terapia bigiornaliera con Suction Free (20 minuti a seduta, connesso a CT o maschera oro-nasale) per 15 giorni lavorativi in aggiunta alla terapia logopedica e alla fisioterapia respiratoria MISURE DI OUTCOME: • Outcome primari (deglutitori): – Mann Assessment of Swallowing Ability (MASA) – Pooling Score (P-Score) – Functional Oral Intake Scale (FOIS) • Outcome secondari (cognitivi- respiratori): – Coma Recovery Scale-revised (CRS-r) – Numero di broncoaspirazioni (BCA) giornaliere – saturazione(SpO2), frequenza respiratoria(FR), frequenza cardiaca(FC) CASE REPORT: Uomo di 51 anni in stato vegetativo per emorragia cerebrale nucleo-capsulare destra ed inondamento ventricolare. Portatore di CT cuffiata e tolleranza alla scuffiatura <4h/die. La presa in carico ha previsto 3 trattamenti logopedici/settimana, sedute giornaliere di disostruzione e applicazione della tecnologia EFA, come da protocollo, per ½ del tempo in CT e per ½ della somministrazione con maschera oro-nasale e CT scuffiata e occlusa. A livello clinico si è assistito ad un miglioramento significativo della gestione delle secrezioni tracheo-bronchiali e della saliva con un incremento dei tempi di scuffiatura della CT (8h/die) e l’introduzione di assaggi di consistenza semisolida omogenea. Ad un follow up eseguito a 30 giorni dal termine del trattamento si riscontra una sostanziale stabilità del quadro cognitivo (CRS-r 17) e respiratorio nonché un’ulteriore evoluzione positiva delle abilità deglutitorie (P-Score semisolidi 6). [1] «3° Conferenza Nazionale di Consenso - Buona pratica clinica nella riabilitazione ospedaliera delle persone con gravi cerebrolesioni acquisite», Salsomaggiore Terme, nov. 2010. [2] G. Garuti, C. Reverberi, A. Briganti, M. Massobrio, F. Lombardi, e M. Lusuardi, «Swallowing disorders in tracheostomised patients: a multidisciplinary/multiprofessional approach in decannulation protocols», Multidiscip Respir Med, vol. 9, n. 1, pag. 36, 2014, doi: 10.1186/2049-6958-9-36. [3] S. Belli, D. Cattaneo, F. D’Abrosca, I. Prince, G. Savio, e B. Balbi, «A pilot study on the non‐invasive management of tracheobronchial secretions in tracheostomised patients», Clin Respir J, vol. 13, n. 10, pagg. 637–642, ott. 2019.
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Efficacia dell’irrigazione transanale retrograda (TAI) nei pazienti sottoposti ad intervento di resezione anteriore del retto per K rettale complicata da stenosi dell’anastomosi
XLVIII Congresso Nazionale SIMFER UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE Efficacia dell’irrigazione transanale retrograda (TAI) nei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico di resezione anteriore del retto per K rettale complicata da stenosi dell’anastomosi Frasca G., De Palma L., Ladisa I., Vacca E., Falcone F., Dell’Olio L., Granile A., Cacace F., Pellegrini G., Megna M. INTRODUZIONE La resezione anteriore del retto è una tecnica chirurgica di asportazione parziale o completa del retto a seguito di una lesione neoplastica. Conseguentemente si possono verificare cambiamenti anatomo-funzionali responsabili della sindrome da resezione anteriore bassa (LARS) caratterizzata da urgenza defecatoria, incontinenza a feci e gas, frammentazioni delle feci, difficoltà nell’evacuazione. La gestione intestinale programmata con irrigatore trans-anale rappresenta una valida opzione terapeutica. Tuttavia nei casi in cui all’intervento chirurgico segua la radioterapia è possibile come complicanza la stenosi serrata dell’anastomosi che può comportare una non adattabilità alla TAI secondo modalità “regular”. In commercio sono disponibili sonde small e sonde a cono che possono superare questa difficoltà. OBIETTIVO Valutare l’efficacia dell’irrigazione trans-anale con sonde di tipo small o a cono nel migliorare la sintomatologia e la qualità della vita nei pazienti con LARS complicata da stenosi dell’anastomosi. MATERIALI E METODI Dal 2017 al 2019 presso l’ambulatorio di Area Sacrale dell’USU del Policlinico di Bari sono stati arruolati 5 pazienti(♀,età media 58 anni, distanza media dall’intervento di circa due anni). 4 pazienti hanno utilizzato TAI con sonda a cono ed 1 paziente con sonda rettale tipo small. I pazienti sono stati valutati all’inizio del trattamento e dopo sei mesi mediante Scala di Wexner e punteggio di LARS RISULTATI 1 paziente seppur riferito beneficio ha abbandonato il trattamento con TAI prima del T1 per disturbo ansioso reattivo. I restanti 4 pazienti hanno completato lo studio: 3 pazienti hanno mostrato miglioramento al punteggio LARS e alla scala di Wexner con riduzione degli episodi di incontinenza a feci e gas, dell’urgenza defecatoria e della frequenza giornaliera delle evacuazioni; 1 paziente non ha mostrato alcun miglioramento per scarsa aderenza al trattamento per riferita difficoltà di adattamento alla unità di controllo elettronico CONCLUSIONI Seppur limitato ad un piccolo campione, e per quel periodo in modalità off-label, i pazienti affetti da LARS con stenosi dell’anastomosi hanno trovato presso il nostro ambulatorio la possibilità di godere dei benefici dell’irrigazione transanale con sonda small o a cono con miglioramento dei sintomi e della qualità della vita facilitando il reintegro alla vita attiva e di relazione. Inoltre è stato possibile, per ottimizzare i risultati ottenuti, l’avvio alla fisiochinesiterapia del pavimento pelvico altresì ostacolata dalla presenza dei sintomi. Rosen HR, Kneist W, Fürst A, Krämer G, Hebenstreit J, Schiemer JF. Randomized clinical trial of prophylactic transanal irrigation versus supportive therapy to prevent symptoms of low anterior resection syndrome after rectal resection. BJS Open. 2019 Mar 18;3(4):461-465. doi: 10.1002/bjs5.50160. PMID: 31388638; PMCID: PMC6677104. Martellucci, J., Sturiale, A., Bergamini, C. et al. Role of transanal irrigation in the treatment of anterior resection syndrome. Tech Coloproctol 22, 519–527 (2018). Juul T, Ahlberg M, Biondo S, Emmertsen KJ, Espin E, Jimenez LM, Matzel KE, Palmer G, Sauermann A, Trenti L, Zhang W, Laurberg S, Christensen P. International validation of the low anterior resection syndrome score. Ann Surg. 2014 Apr;259(4):728-34. doi: 10.1097/SLA.0b013e31828fac0b. PMID: 23598379
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La correlazione tra deficit della rappresentazione mentale del corpo ed autonomia motoria e funzionale in seguito a danno cerebrale unilaterale acquisito
LA CORRELAZIONE TRA DEFICIT DELLA RAPPRESENTAZIONE MENTALE DEL CORPO ED AUTONOMIA MOTORIA E FUNZIONALE IN SEGUITO A DANNO CEREBRALE UNILATERALE ACQUISITO. Simona Raimo1, Maddalena Boccia2,3, Antonella Di Vita3,2, Teresa Iona4, Antonio Ammendolia5, Maria Cropano1, Mariachiara Gaita1, Valentina Angelillo6, Antonio Maiorino6, Roberto Colao7, Cecilia Guariglia2,3, Dario Grossi1, Liana Palermo5 1. Dipartimento di Psicologia, Università degli studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’, Caserta, Italia. 2. Dipartimento di Psicologia, Università degli studi di Roma ‘Sapienza’, Roma, Italia. 3. IRCCS Fondazione Santa Lucia, Roma, Italia. 4. Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università degli studi di Catanzaro ‘Magna Graecia’, Catanzaro, Italia. 5. Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli studi di Catanzaro ‘Magna Graecia’, Catanzaro, Italia. 6. Clinica di Riabilitazione ‘Villa delle Magnolie’, Castelmorrone, Caserta, Italia. 7. Centro di Riabilitazione ‘Aqua Salus’, Sellia Marina, Catanzaro, Italia INTRODUZIONE La rappresentazione mentale del corpo (RMC) è un processo complesso determinato dall’interazione di una varietà di informazioni proveniente da stimoli interni ed esterni al corpo che permette all’individuo di muoversi ed agire in maniera adeguata nell’ambiente circostante. Evidenze neuropsicologiche supportano la concettualizzazione della RMC secondo una tassonomia triadica (Schwoebel e Coslett, 2005) che comprende tre differenti tipologie di rappresentazione. Lo schema corporeo, che consiste nell’insieme di rappresentazioni senso-motorie del corpo che guidano le azioni; la rappresentazione strutturale del corpo, una mappa topografica dei diversi distretti corporei; e la rappresentazione semantica del corpo, ovvero una rappresentazione essenzialmente concettuale e linguistica del corpo. Precedenti studi hanno mostrato come in seguito a danno cerebrale acquisito possono emergere significativi cambiamenti nei tre tipi di RMC (Schowebel e Coslett, 2005). In considerazione dell’interazione tra RMC e il sistema motorio per la realizzazione delle azioni (Graziano et al., 2000), possiamo ipotizzare anche un impatto profondo di tali deficit sull’outcome motorio e funzionale dei pazienti cerebrolesi. L’obiettivo di questo studio è quello, quindi, di valutare la presenza di un’associazione tra cambiamenti nella RMC ed alterazioni motorie e funzionali in pazienti con danno cerebrale unilaterale acquisito. MATERIALI E METODI Settantaquattro pazienti con danno cerebrale unilaterale (41 con danno cerebrale destro, P-Dx; 33 con danno cerebrale sinistro, P-Sn) sono stati sottoposti ad una valutazione neuropsicologica di base, dell’autonomia funzionale e motoria, e ad un protocollo specifico per la valutazione della RMC (Figura 1). La valutazione della RMC comprendeva una batteria di compiti computerizzati: il compito di Associazione Oggetti-Parti del Corpo per la valutazione della semantica corporea; il compito di Rievocazione Fronte-Corpo per la valutazione della rappresentazione strutturale del corpo; il compito di Rotazione Mentale di Mani per la valutazione dello schema corporeo. I punteggi ottenuti al Barthel Index e al Rivermead Mobility Index sono stati raccolti come misura del grado di autonomia funzionale e motoria nello svolgimento delle attività di vita quotidiana. È stata eseguita un’analisi di correlazione (r di Pearson) per i due gruppi di pazienti (P-Dx e P-Sn) tra i punteggi ottenuti ai compiti valutanti le tre RMC e i punteggi ottenuti alle scale valutanti l’autonomia funzionale e motoria. Associazione Oggetti-Parti del Corpo Rievocazione Fronte-Corpo (Semantica corporea) (Rappresentazione strutturale del corpo) Compito di Rotazione Mentale di Mani (Schema corporeo) Figura 1. Presentazione dei compiti per la valutazione della RMC. Tabella 1. Correlazioni tra i punteggi ottenuti ai compiti valutanti le diverse RMC e alle scale di autonomia funzionale e motoria RISULTATI Nel gruppo P-Sn, l’analisi dei dati non ha evidenziato nessuna correlazione statisticamente significativa tra i punteggi ottenuti ai compiti valutanti le diverse RMC e i punteggi ottenuti al Barthlet Index (p≤0.342) e al Rivermead Mobility Index (p≤0.467). Nel gruppo P-Dx, invece, sono emerse correlazioni statisticamente significative tra il punteggio ottenuto al Rivermead Mobility Index e i punteggi al compito di Associazione Oggetti-Parti del Corpo (r=0.358, p=0.041) e al compito di Rotazione Mentale di Mani (r=0.353, p=0.044), ma nessuna correlazione significativa con il Barthlet Index (p≤0.088). Vedi Tabella 1. Barthel Index Rivermead Mobility Barthel Index Rivermead Mobility Associazione oggetti- Rievocazione fronte- parti del corpo corpo Pazienti con danno cerebrale destro (P-Dx) r 0.261 -0.189 p 0.164 0.326 r 0.358 0.258 p 0.041 0.155 Pazienti con danno cerebrale sinistro (P-Sn) r 0.034 -0.246 Rotazione mentale di mani 0.317 0.088 0.353 0.044 -0.239 p 0.896 r 0.174 p 0.467 0.342 0.389 0.032 -0.050 0.895 0.845 Per tutte le correlazioni, per facilitare l’interpretazione, una correlazione positiva indica che ad una prestazione migliore nei compiti di RMC è associato un miglior outcome funzionale/motorio . CONCLUSIONE Nei pazienti con danno cerebrale unilaterale destro (P-Dx) vi è una significativa associazione tra deficit motorio e RMC. In particolare, l’associazione tra disfunzionalità motoria e le alterazioni della rappresentazione sensori-motoria del corpo è in accordo con gli studi che trovano una associazione tra lesioni dell’emisfero destro e anosognosia per i deficit motori, che potrebbe essere reinterpretata come inconsapevolezza di un deficit delle funzioni cognitive di livello superiore (intenzionalità e pianificazione motoria, anticipazione delle conseguenze sensoriali del movimento; Vallar et al., 2003). Questi risultati sono di interesse in ottica riabilitativa dal momento che l’intervento sui deficit cognitivi della RMC potrebbe incidere anche sull’outcome motorio. Ricerche future dovrebbero essere condotte per implementare e valutare l’efficacia di programmi di riabilitazione volti anche al trattamento della RMC. BIBLIOGRAFIA Schwoebel, J., & Coslett, H. B. (2005). Evidence for multiple, distinct representations of the human body. Journal of Cognitive Neuroscience, 17(4), 543–553. Graziano, M. S., Cooke, D. F., & Taylor, C. S. (2000). Coding the location of the arm by sight. Science, 290(5497), 1782-1786. Vallar, G., Bottini, G., & Sterzi, R. (2003). Anosognosia for left-sided motor and sensory deficits, motor neglect and sensory hemiinattention: is there a relationship? Progress in Brain Research; 142, 289–301.
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Prevalenza a lungo termine del dolore cronico nel paziente amputato di arto inferiore: è presente una correlazione con l’utilizzo post-chirurgico di analgesia epidurale o perineurale?
Prevalenza a lungo termine del dolore cronico nel paziente amputato di arto inferiore: è presente una correlazione con l’utilizzo post-chirurgico di analgesia epidurale o perineurale? 1Donati D, 2Brunelli S, 1De Santis L, 1Mariani G, 1Bardelli R, 3Perrone M, 1Benedetti MG 1 U.O. Medicina Fisica e Riabilitativa- IRCSS-Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna, BO 2 Fondazione Santa Lucia- IRCCS- Neuroscienze e Riabilitazione, Roma, RM 3 Anestesia e Terapia Intensiva post-operatoria- IRCCS- Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna, BO Riferimento: 55 Introduzione La gestione del dolore a seguito di amputazione è uno dei problemi principali da gestire dal punto di vista clinico nella presa in carico multiprofessionale; le sensazioni percepite dal paziente possono essere differenziate in tre sindromi principali che si presentano con prevalenze diverse. La sindrome dell’arto fantasma (PLS) è riscontrabile nel 63-90% dei casi, la sindrome dell’arto fantasma doloroso (PLP) può comparire nel 46,7-76% dei casi mentre la sindrome del moncone doloroso (RLP) nel 32-93% dei casi. Lo scopo dello studio è stato: 1) indagare la presenza di dolore residuo cronico nel follow-up a lungo termine in una popolazione di pazienti amputati presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli e la sua eventuale correlazione al trattamento analgesico perioperatorio con blocco epidurale o nervoso periferico, 2) valutare la prevalenza della PLS, PLP, RLP e le loro correlazioni con età del paziente alla data dell’intervento, follow-up dall’intervento, diagnosi, tipo di amputazione ( trans-femorale, trans-tibiale o emi-pelvectomia ), BMI, uso di farmaci e trattamento riabilitativo [1]. Materiali e Metodi I pazienti sono stati reclutati attraverso il Centro Elaborazione Dati dell’Istituto mentre i rispettivi dati anagrafici sono stati recuperati dal Sistema Informatizzato Rizzoli. Lo studio è durato circa 20 mesi. I criteri di inclusione dei pazienti sono stati: individui sottoposti ad amputazione trans-tibiale, trans-femorale o emi-pelvectomia di qualsiasi eziologia presso il nostro Istituto dal 2008 al 2018. I criteri di esclusione erano: età <18 anni o >90 anni, pazienti residenti all’estero e pazienti non ambulatoriali per comorbidità. Ai pazienti idonei è stato chiesto di partecipare allo studio ed autorizzare la mailing dei questionari. Nei questionari somministrati ai pazienti sono stati richiesti dati antropometrici (peso, altezza), l’uso corrente di farmaci per la gestione del dolore, l’eventuale fisioterapia dopo l’amputazione, e gli items del questionario di valutazione protesica (PEQ) per valutare la presenza di dolore cronico post-chirurgico [2]. Dalle cartelle cliniche sono state registrate le caratteristiche epidemiologiche e i dati patologici e clinici specifici, incluse le informazioni sull’analgesia. Risultati In questo studio, 207 pazienti che hanno subito un’amputazione trans-femorale, trans-tibiale o emi-pelvectomia tra il 2008 e il 2018 erano idonei in base ai criteri di inclusione. Dei 145 questionari inviati dopo aver accertato attraverso le anagrafi delle città di residenza la esistenza in vita dei pazienti, 79 pazienti hanno reinviato dati completi del questionario. 9 pazienti avevano subito un’emi-pelvectomia, 36 un’amputazione trans-femorale e 34 un’amputazione trans-tibiale. Le cause principali di amputazione erano tumori muscolo-scheletrici in 28 casi, problematiche infettive in 29 casi o di altra natura nei restanti 22. L’età media dei pazienti era di 54.2±16.7 con una distanza media dall’amputazione di 5.1±2.4 anni. I dati sul trattamento analgesico mancavano in 23 pazienti perché le cartelle cliniche erano incomplete o erano assenti i dati pertinenti, per tale motivo sono stati analizzati solo i rimanenti 56 pazienti per l’obiettivo principale dello studio. L’età media dei 56 pazienti inclusi in questa parte dello studio era di 53.8±17.1 anni con una distanza media dall’amputazione di 4.4±2.3 anni. Il 68,5% dei pazienti ha riferito di aver avuto la sindrome dell’arto fantasma (PLS) nel mese precedente la compilazione del questionario, il 65,9% la sindrome dell’arto fantasma doloroso (PLP) ed il 53,3% la sindrome del moncone doloroso (RLP). La PLP risultava essere presente con maggior frequenza in relazione all’età (p=0,039). Non sono state identificate ulteriori correlazioni tra la prevalenza delle sindromi e la distanza dall’amputazione, la diagnosi, il tipo di amputazione (trans-femorale, trans-tibiale o emi-pelvectomia), il BMI, il trattamento riabilitativo e l’analgesia epidurale o perineurale [3]. Conclusioni La sindrome dell’arto fantasma (PLS), la sindrome dell’arto fantasma doloroso (PLP) e quella del moncone doloroso (RLP) nei pazienti amputati a livello trans-tibiale, trans-femorale ed emi-pelvectomia risultano problematiche clinicamente presenti nel lungo termine. A dimostrarlo sono i dati relativi alla loro prevalenza, coerenti con quanto riportato in letteratura. Non sono stati rilevati effetti favorevoli nella riduzione del dolore nel follow-up a lungo termine utilizzando cateteri nervosi periferici o femorali o epidurali. Nonostante l’enfasi posta sulla utilità di un approccio anestetico-analgesico perioperatorio multimodale per il controllo del dolore, il dolore cronico post amputazione è presente anche nel lungo follow-up in un’alta percentuale di pazienti. Un più puntuale e specifico intervento clinico-riabilitativo può essere attuato per il contenimento di tale problematica e la disabilità che ne consegue. Bibliografia 1. Ehde D, Czerniecki J, Smith D, Campbell K, Edwards W, Jensen M, Robinson L. Chronic phantom sensations, phantom pain, residual limb pain, and other regional pain after lower limb amputation. Arch Phys Med Rehabil 2000; 81(8): 1039-1044. 2. Ferriero G, Dughi D, Orlandini D, Moscato T, Nocita D, Franchignoni F. Measuring long-term outcome in people with lower limb amputation: cross-validation of the Italian versions of the Prosthetic Profile of the Amputee and Prothesis Evaluation Questionnaire. Eur Medicophys 2005; 41: 1-6. 3. Borghi B, D’Addabbo M, White PF, Gallerani P, Toccaceli L, Raffaeli W, Tognù A, Fabbri N, Mercuri M. The use of prolonged peripheral neural blockade after lower extremity amputation: the effect on symptoms associated with phantom limb syndrome. Anesth Analg 2010;111:1308–15.
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La scala di disabilità comunicativa: validità predittiva e accuratezza prognostica
LA SCALA DI DISABILITA’ COMUNICATIVA: VALIDITA’ PREDITTIVA E ACCURATEZZA PROGNOSTICA   Bruno Bernardini (1) – Giovanna Cerina (1) – Viviana Colantonio (1) – Carla Corsini (1) – Sara Ghirmai (1) – Marco Pagani (1) – Marisa Gardella (2) – Stefania Fracchia (1) – Francesca Cecchi (3) – Claudio Macchi (3) – Luigi Baratto (4) – Elisa Malagamba (4)   IRCCS Humanitas Research Hospital, Dipartimento di Riabilitazione, Neuroriabilitazione, Rozzano (Milano), Italia (1) – UO Riabilitazione, La Colletta, Arenzano, Italia (2) – SOD Riabilitazione Generale, AO Universitaria Careggi, Firenze, Italia (3) – ALISA, Regione Liguria, Genova, Italia (4)   Introduzione La piena competenza comunicativa presuppone buone capacità percettive, cognitive e psicomotorie che consentono l’utilizzo dei codici linguistici, gestuali e prossemici per lo scambio di informazioni, esperienze ed emozioni. Questa competenza è suscettibile sia agli effetti dell’invecchiamento fisiologico che alle malattie. La Scala di Disabilità Comunicativa (SDC)1 è stata progettata per la valutazione rapida dei disturbi della comunicazione e della partecipazione dei pazienti ricoverati in setting riabilitativi. E’ basata sul criterio generale del “peso” dello scambio comunicativo: quanto più grave è il disturbo, tanto maggiore sarà il peso che l’interlocutore e il caregiver dovranno sostenere nello scambio comunicativo. La SDC è costruita su tre assi principali: 1. le capacità verbali, 2. il rapporto con l’interlocutore, 3. la partecipazione e la collaborazione del paziente alle manovre dell’esame obiettivo o assistenziali. Come tutte le misure di disabilità, la SDC non spiega lo specifico dei disturbi (neuropsicologici, sensoriali o psicomotori) che, singolarmente o in combinazione, possono compromettere la comunicazione. La caratteristica di genericità è tuttavia utile perché permette di confrontare gruppi di pazienti con cause differenti di disabilità comunicativa (es. afasia, aprassia, neglect, demenza). Un ulteriore vantaggio della SDC è la possibilità di classificare pazienti anche molto compromessi per capacità comunicative che non sono valutabili con test neuropsicologici formali. Nel report originale, la SDC aveva dimostrato una sostanziale affidabilità tra gli esaminatori (inter-rater reliability, kappa pesato=0.80). La validità concorrente (grado di correlazione con i test riconosciuti validi) era stata di 0.85 con la scala di severità dell’afasia del Boston Diagnostic Aphasia Evaluation, 0.81 con il Token Test, e 0.57 con il Test di Albert per il neglect. In un ulteriore report interno su 138 pazienti, la correlazione tra la SDC ed il Mini Mental State Examination era stata di 0.74. La SDC ha successivamente avuto un ampio riscontro di “face validity”, essendo tuttora inserita tra gli strumenti di stadiazione della complessità clinica nei pazienti post-acuti in uso in Regione Lombardia per la transizione dei pazienti attraverso i differenti setting assistenziali.2 In questo contesto, più che le proprietà psicometriche dello strumento, è importante valutare la cosiddetta validità di criterio, cioè le performance diagnostiche e prognostiche di uno strumento rispetto ad un esito di salute significativo. Obiettivo di questo studio è di valutare la validità predittiva e l’accuratezza prognostica della SDC sul recupero della deambulazione indipendente alla dimissione dalla riabilitazione post-acuta.   Materiali e Metodi In questo studio abbiamo analizzato il database del Progetto IPER-2.0,3 un set multidimensionale di indicatori finalizzati al miglioramento della qualità dei processi di cura in riabilitazione raccolti durante uno studio osservazionale condotto secondo un disegno prospettico in 11 strutture riabilitative della Liguria e del nord Italia. Il database contiene i dati di 8.796 pazienti, di età maggiore di 18 anni, dimessi consecutivamente dal 2010 al 2014. La patologia principale dei pazienti è stata classificata secondo il sistema Rehabilitation Impairment Categories. La SDC è stata somministrata all’ingresso in riabilitazione. L’esito considerato di dipendenza nel cammino è stato misurato alla dimissione dalla riabilitazione secondo il subscore “deambulazione” del Barthel Index. I pazienti dipendenti, codificati “1”, erano incapaci o necessitavano di aiuto fisico o assistenza per camminare (subscore da 0 a 8). I pazienti indipendenti, codificati “0” erano in grado di deambulare autonomamente per meno o più di 50 metri (subscore 12 o 15). L’analisi ha escluso i pazienti operati di protesi di anca o di ginocchio ed i pazienti con patologie midollari, nei quali la prevalenza di disabilità comunicativa era <10%. L’analisi predittiva è stata effettuata con Stata 14.2, College Station, attraverso un modello di regressione logistica univariata, considerando la SDC come unico fattore predittivo sull’esito dicotomico di dipendenza nel cammino. Sono stati calcolati l’odds ratio di mancato recupero dell’autonomia nel cammino per gruppi a disabilità comunicativa crescente, l’accuratezza complessiva ed i valori predittivi della scala. È stata inoltre calcolata l’area under the receiver operator curve (AUC) come misura della capacità discriminante dello strumento.   Risultati Sono stati analizzati 6.215 pazienti di età media 74.3 anni, 60.5% di sesso femminile. L’analisi di regressione ha evidenziato come l’odds ratio di mancato recupero del cammino autonomo aumenta significativamente attraverso i gruppi identificati dallo score della SDC. In particolare, considerando il gruppo “nessuna disabilità comunicativa” (score=0) come riferimento, nei gruppi  a disabilità lieve, moderata, grave e completa, l’odds di cattivo esito risulta 3.2 (95% IC, 2.8-3.7); 6.0 (95% IC, 5.1-7.0); 10.4 (95% CI, 8.2-13); e 11.9 (95%CI, 9.0-15.8), rispettivamente. L’AUC della SDC sull’esito è risultata di 0.72 (95% CI, 0.71-0.73). Complessivamente, la sensibilità e la specificità della SDC sono risultate 45.0% e 87.2%, rispettivamente. I valori predittivi positivo e negativo sono risultati 74.3% e 65.9%.   Conclusioni La Scala di Disabilità Comunicativa è un valido predittore di mancato recupero dell’autonomia nel cammino alla dimissione dalla riabilitazione e può essere considerata come uno strumento di screening clinicamente utile per differenziare i percorsi di cura riabilitativi.  Sono necessarie ulteriori analisi per verificare la trasportabilità dello strumento all’interno delle varie categorie diagnostiche. Bibliografia
  1. Meinecke C, Cappadonia C, Bernardini B. Validazione di una semplice scala di impairment comunicativo nell’anziano. In: Basaglia N, Pace P, eds., Valutazione e qualità dell’assistenza in Medicina Riabilitativa. Atti del XXIII Congresso Nazionale SIMFER. Napoli: Gnocchi Editore 1995, pp. 56-57.
  2. Regione Lombardia, Agenzia di Controllo del Sistema Socio-Sanitario Lombardo. DDGS 3065 17 aprile 2015, Determinazioni relative alle attività ambulatoriali ed alla riabilitazione ad alta complessità (IAC), conseguenti alle DGR n. 1520, n. 1980 e n. 2989 del 2014.
  3. Bernardini B, Gardella M, Indicatori di Processo Esito in Riabilitazione versione 2 (IPER-2.0). Quaderno n° 10, Agenzia Sanitaria Regione Liguria, 2012.
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Correlazione tra TUG test e stabilometria dinamica nel paziente con malattia di Parkinson: dati preliminari
CORRELAZIONE TRA TUG TEST E STABILOMETRIA DINAMICA NEL PAZIENTE CON MALATTIA DI PARKINSON: DATI PRELIMINARI Vanzulli E, Robecchi Majnardi A, Perucca L Università degli Studi di Milano – Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa Unità operativa di Riabilitazione Neuromotoria, Istituto Auxologico Italiano, IRCCS, Milano La valutazione del rischio di caduta è cruciale nel paziente affetto da malattia di Parkinson (MP) che progressivamente manifesta alterazioni del controllo dell’equilibrio dinamico. Il Timed Up and Go (TUG) test è uno strumento clinico validato, di rapido utilizzo e con il quale si valuta un task motorio complesso che prevede anche un controllo dell’equilibrio a ridosso dei limiti di stabilità. I test strumentali, come la stabilometria dinamica, permettono una misura precisa delle oscillazioni del centro di gravità in prossimità dei limiti di caduta. MATERIALI E METODI Vengono presentati i dati relativi a 13 pazienti ambulatoriali con l’obiettivo di documentare se esista una correlazione tra il TUG test e il parametro di precisione del movimento Maximum Excursion (MXE) ottenuto nella prova dei Limits of Stability del sistema stabilometrico dinamico NeuroCom Balance Master®. RISULTATI Con i limiti dovuti alla ridotta numerosità campionaria, nessuna significatività statistica è emersa applicando l’indice di Spearman (-0.4) nel confronto tra i dati di TUG test e il parametro di MXE. Al contrario, il confronto tra TUG e MXE – quando considerati come variabili binarie – è risultato essere statisticamente significativo (χ2=6.9643, p=0.008). CONCLUSIONI Questo risultato preliminare sostiene la correlazione tra il TUG test e le percentuali di MXE rilevate con il Balance Master®. Sarà necessario condurre uno studio su un campione più numeroso per confermare tale associazione e permettere una più dettagliata interpretazione delle variabili motorie che compongono il complesso task motorio indagato dal TUG test. BIBLIOGRAFIA 1 Nocera JR, Stegemöller EL, Malaty IA, Okun MS, Marsiske M, Hass CJ, National Parkinson Foundation Quality Improvement Initiative Investigators. Using the Timed Up & Go test in a clinical setting to predict falling in Parkinson’s disease. Archives of Physical Medicine and Rehabilitation. 2013; 94(7):1300-5.
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La riabilitazione in un reparto Covid: prevalenza della sindrome neuro-motoria, rispetto al deficit respiratorio, per la limitazione nel recupero funzionale
LA RIABILITAZIONE IN UN REPARTO COVID: PREVALENZA DELLA SINDROME NEURO-MOTORIA, RISPETTO AL DEFICIT RESPIRATORIO, PER LA LIMITAZIONE NEL RECUPERO FUNZIONALE Marco Martinelli, Luciano Bissolotti, Vincenzo Gatteri, Stefania Pivetti, Rossella Tosini, Sonia Chiari Fondazione Teresa Camplani, CDC Domus Salutis, Riabilitazione Specialistica Introduzione Il covid-19 nel periodo marzo-maggio 2020 ha ribaltato gli assetti di gestione sanitaria determinando una saturazione di posti letto-dedicati quasi assoluta nelle varie realtà sanitarie. Alcuni posti letto della riabilitazione sono stati trasformati in reparti COVID accogliendo pazienti dedicati con un quadro di polmonite da Sars-Cov-19, accompagnata, talvolta, da insufficienza respiratoria.. Il reparto COVID non ha comunque mai abdicato alla propria genesi riabilitativa (attività riabilitativa in camera da parte dei fisioterapisti) e ha applicato le proprie capacità di recupero delle autonomie del paziente in condizioni molto difficili per i pazienti e gli operatori stessi. Entrambi hanno prodotto uno sforzo enorme per raggiungere lo stesso obiettivo: il ritorno a casa nelle migliori condizioni possibili. Questo piccolo studio è volto a verificare in che misura è stato possibile realizzare questo obiettivo nonostante le evidenti difficoltà. Materiali e Metodi E’ stato analizzato il periodo dal 14 aprile al 15 maggio 2020. I pazienti analizzati sono 32 (7 femmine , 25 maschi). L’età media è di 64 anni (32-90). Tutti i pazienti provenivano dai due principali Ospedali per acuti del territorio (Spedali Civili e Fondazione Poliambulanza) con diagnosi di trasferimento di polmonite da Sars-cov-19. Sono stati analizzate la durata della degenza, la tipologia di dimissione (domicilio, invio PS, presa in carico in altro reparto riabilitativo, struttura protetta), la somministrazione di ossigeno all’ingresso e alla dimissione, il Barthel index all’ingresso e alla dimissione. Risultati La durata media della degenza è stata di 18,5 giorni (7-42). All’ingresso circa la metà (17) dei pazienti (5 femmine 11 maschi) utilizzavano O2 terapia , in media 6l/m’ (1-15l/m’), in dimissione solo a 6 pazienti (1 femmina, 5 maschi) è somministrato O2 terapia in media 1,5l/m’ (1-2l/m’). Alla dimissione i pazienti sono stati inviati al proprio domicilio (44%), a struttura protetta intermedia (12%), a Pronto Soccorso (3%), in reparto riabilitativo (41%). La valutazione dell’indice di Barthel ha evidenziato all’ingresso e in dimissione rispettivamente dipendenza totale nel 31% e nel 22% dei pazienti, dipendenza severa nel 16% e 10%, moderata nel 19% e 9%, lieve nel 19% e 25%, minima nel 6% e 9%, autonomia nel 9% e 25%. Il campione preso in considerazione è stato sottoposto ad una ulteriore analisi distinguendo il sottogruppo di pazienti in ossigenoterapia all’ingresso in UO Covid (G-O2, N= 17) dai pazienti che non necessitavano di tale trattamento (G-AA, N= 16). I due sottogruppi non presentavano differenze significative nell’età (65,2±14,3 vs 62,2±15,3anni, p>0,05). Nel sottogruppo G-O2, il valore medio di flusso di O2 a supporto della saturazione all’ingresso era di 5,2±4,9l/min di O2. Il valore di Saturazione di ossigeno (SPO2%) del Gruppo G-O2 non ha dimostrato differenze significative da quello del Gruppo G-AA né al momento dell’ingresso né alla dimissione (95,2±2,3 vs 95,6±1,1 SPO2%). Al contrario il Gruppo G-AA presentava un valore di Barthel Index all’ingresso significativamente peggiore del Gruppo G-O2 (43,1±36,9 vs 64,1±35,2, p<0,05). Lo stesso dicasi al momento della dimissione (77,5±31,2 vs 58,2±40,7, p<0,05). Conclusioni Il quadro di insufficienza respiratoria nel percorso di ricovero è andato in gran parte attenuandosi o risolvendosi. Anche le abilità motorie globalmente all’ingresso gravemente compromesse in quasi la metà dei pazienti- 47%- si sono ridotte al 32% mentre il recupero delle abilità globali ha coinvolto il 59% dei pazienti. Dall’analisi, comunque, del sottogruppo di pazienti meno compromessi dal punto di vista respiratorio (G-AA) si evidenzia una peggiore compromissione funzionale sia all’ingresso che al momento della dimissione rispetto a coloro che necessitavano di O2 terapia all’ingresso. Concludendo, in questo piccolo campione, sembra emergere l’esistenza di una sindrome post-Covid di tipo squisitamente neuromotorio che si caratterizza per una compromissione funzionale nettamente superiore alla variante più squisitamente respiratoria. Bibliografia R. Simpson MD: Rehabilitation after critical illness in people with Covid-19 infection, Am J Phys Med Rehabil. 2020 Jun; 99(6): 470–474. PAHO: Rehabilitation considerations during the COVID-19 outbreak, 2020
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Disfagia e disturbi dello stato di vigilanza: Studio di efficacia di una profilassi con EFA
Disfagia e disturbi dello stato di vigilanza: Studio di efficacia di una profilassi con EFA A. Sorrentino¹, C. Buccheri1, F. D’Abrosca2, G. Mandalà1 1 U.O. Riabilitazione Osp Buccheri La Ferla-FBF 2 IRCCS Cà Granda – Ospedale Maggiore Policlinico Milano Introduzione La polmonite “Ab ingestis” è la seconda causa più comune di infezioni nosocomiali nei pazienti ricoverati, e la causa più comune di morte nei pazienti con disfagia. I tassi aumentano notevolmente nei pazienti con malattie neurologiche o con cerebrolesioni acquisite. Protocolli di intervento precoce potrebbero ridurre gli episodi di penetrazione-aspirazione. Lo scopo di questo studio pilota è verificare la validità di un protocollo multidisciplinare che includa l’applicazione di un dispositivo acceleratore del flusso espiratorio (EFA®), aggiunto alle cure usuali, per gestire le secrezioni e mantenere libere le vie aeree superiori in pazienti disfagici allettati e non responsivi, con tosse inefficace. Materiali e metodi Sono stati presi in considerazione per l’arruolamento tutti i pazienti con cerebrolesione acquisita ricoverati presso la nostra Unità di Terapia Intensiva Respiratoria (RICU), Ospedale “Buccheri La Ferla – Fatebenefratelli” di Palermo, da novembre 2017 a ottobre 2019, e già svezzati dal supporto di ventilazione meccanica. Tutti i soggetti (o il loro tutore legale) ed i loro parenti o caregiver, sono stati preventivamente informati sulle caratteristiche del protocollo e sulle finalità dello studio e hanno sottoscritto un consenso informato. Sono stati inclusi tutti i soggetti di età compresa tra i 18 e gli 85 anni, ricoverati per insufficienza respiratoria acuta da polmonite localizzata nel lobo inferiore destro (confermata da TC del torace e test ematochimici) o che presentavano almeno 2 dei predittori clinici di aspirazione prandiale (tosse inefficace, riflesso del vomito anormale, disfonia, disartria, tosse dopo la deglutizione e cambiamento della voce dopo la deglutizione) o già diagnosticati come disfagici. Il risultato principale riguarda il numero totale di polmoniti ab-ingestis durante le 21 settimane di osservazione. I risultati secondari sono stati:  numero di aspirazioni escluse quelle per l’igiene orale quotidiana (o della cannula tracheostomica),  punteggio PAS (penetration-aspiration scale)  punteggio DOSS (dysphagia outcome and severity scale)  pooling score Tutte le misure e le valutazioni sono state ripetute a 7, 14 e nel follow-up a 21 settimane dalla prima valutazione. I pazienti che soddisfacevano i criteri di ammissibilità sono stati divisi in gruppi in base allo stato di vigilanza, collaborazione ed efficacia della tosse volontaria. I pazienti non vigili e con riflesso della tosse debole sono stati assegnati al gruppo di studio, mentre quelli vigili con tosse efficace (PEF ≥ 270 l / min) hanno agito come gruppo di controllo. Abbiamo scelto di aggiungere EFA® al trattamento standard. Il programma di riabilitazione interdisciplinare individualizzato includeva logopedia e fisioterapia respiratoria volte a migliorare la coordinazione della deglutizione e la rimozione delle secrezioni. I pazienti del gruppo di studio, oltre al protocollo di profilassi e alla logopedia, sono stati trattati con EFA® (Free Aspire- Medical Product Research, Italia). Risultati Poiché si tratta di uno studio pilota senza precedenti studi comparabili, non è stato possibile calcolarne il valore statistico. Alla fine dello studio, tutti i pazienti hanno ridotto notevolmente il fabbisogno di aspirazione durante il giorno e il punteggio DOSS (p <0,0001), senza differenze tra i gruppi. Durante le 21 settimane di osservazione, la polmonite ab-ingestis si è verificata in due pazienti del gruppo di studio e in tre pazienti nel gruppo di controllo. I miglioramenti nella PAS e nella PEF sono stati significativi in entrambi i gruppi (p <0,0001) con una prevalenza nel gruppo di studio (rispettivamente p = 0,0042 e p <0,0001) Conclusioni L'uso della tecnologia EFA®, aggiunta a un protocollo di riabilitazione multidisciplinare precoce per la gestione della disfagia, ha permesso ai pazienti non vigili, con un alto rischio di polmonite ab-ingestis, di raggiungere risultati paragonabili a pazienti a basso rischio con un buon stato di vigilanza e tosse efficace Poiché l'EFA® non richiede una collaborazione attiva o uno sforzo da parte del paziente e può essere facilmente autogestito in modo indipendente a casa, potrebbe essere una valida strategia non invasiva per mantenere libere le vie aeree e ridurre il rischio di PA nei pz disfagici non vigili allettati e con tosse inefficace. I risultati sono incoraggianti e supportano ulteriori ricerche volte ad approfondire meglio le evidenze del ruolo di EFA® nella gestione della disfagia. Bibliografia  Accornero A, Cattaneo A, Ciccone G, Farneti D, Raimondo S, Schindler A, Vernero I, Visentin P. Linee guida sulla gestione del paziente disfagico adulto in foniatria e logopedia. 2007  Giulio Riboldazzi , Giada Spinazza, Laura Beccarelli, Paola Prato, Bruna Grecchi Francesco D’Abrosca, Antonello Nicolini: Effectiveness of expiratory flow acceleration in patients with Parkinson’s disease and swallowing deficiency: A preliminary study  G.Sanguedolce, V.La Mantia, G.Scaccianoce, A.Sorrentino, G. Mandalà."Effectiveness of the E.F.A. technology in the prevention of respiratory problems associated with deficit of the swallowing act, clinical case in patient with adenocarcinoma of the gastro-esophagus joint trated surgically affected by severe dysphagia. Acts of the 46° national congress SIMFER
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Effetti di un programma di riabilitazione respiratoria in Day Service Riabilitativo multidisciplinare per pazienti affetti da bronchiectasie.
Effetti di un programma di riabilitazione respiratoria in Day Service Riabilitativo multidisciplinare per pazienti affetti da bronchiectasie.Beatrice Cialdi *, Martina Boni *, Leonardo Ieri *, Michele Trezzi **, Laura Bertuccelli ***, Elena Tommasi *, Bruna Lombardi ° *SOS Medicina fisica e riabilitativa Pistoia, **SOC Malattie infettive Pistoia, *** SOC Attività di riabilitazione funzionaleValdinievole, °Dipartimento di Riabilitazione AUSL Toscana centro. Introduzione Le bronchiectasie sono una malattia polmonare cronica, potenzialmente progressiva, caratterizzata da dilatazioni permanenti e irreversibili della parete dei bronchi, a forma di sacchetto o cilindriche; si verificano in modo non uniforme a causa dei processi di cicatrizzazione e sono solitamente associate ad ispessimento della mucosa, alla formazione di tappi di muco e alla presenza di gradi variabili di iperinflazione. La malattia a volte è clinicamente silente, a volte è caratterizzata da tosse con espettorato, infezioni broncopolmonari ricorrenti, dispnea e ridotta tolleranza allo sforzo. Inoltre le bronchiectasie rappresentano il piu’ importante fattore di rischio (insieme alla BPCO) per la malattia polmonare da Micobatteri Non Tubercolari (NTM-LD); questa associazione e’ spesso gravata da un’ alta percentuale di ricorrenza dell’ infezione (fino al 20%). Le linee guida raccomandano l’inserimento dei pazienti con bronchiectasie in programmi di riabilitazione respiratoria al fine di incrementare la tolleranza allo sforzo e la qualità di vita, ridurre il numero di riacutizzazioni. Attualmente ci sono pochi studi relativi agli effetti di un programma di riabilitazione respiratoria in pazienti con bronchiectasie. Materiali e Metodi Sono stati arruolati 25 pazienti (13 donne, 12 uomini) di età compresa fra 25 e 84 aa (media±SD 68.2±14.0) per la presa in carico in un programma di riabilitazione respiratoria all’interno del Day Service Riabilitazione presso la Ex-Filanda del PO di Pescia; l’ equipe multidisciplinare e’ composta da fisiatra, fisioterapista, infermiere, con possibilità di consulenza logopedica e pneumologica. I pazienti sono stati valutati tramite Medical Research Council (mMRC,dispnea), Six Minute Walking test (6’WT, capacità di esercizio, con valutazione dei sintomi al termine della prova tramite scala di BORG modificata – respiratorio e muscolare). Le controindicazioni al trattamento sono state: instabilità cardiovascolare, patologia oncologica in atto. Il trattamento ha compreso esercizi di disostruzione bronchiale, addestramento ad utilizzo di device (PEP-mask), allenamento al treadmill o cicloergometro (per i pazienti con sintomatologia dispnoica), terapia educazionale e gestione della terapia farmacologica. I pazienti sono stati valutati all’ingresso e alla dimissione. Risultati Tutti i 25 pazienti arruolati hanno eseguito trattamento di disostruzione bronchiale,18 di essi presentavano dispnea (mMRC) ed hanno eseguito in fase di arruolamento, per meglio valutare la dispnea da sforzo, il 6’WT che è risultato ridotto in modo significativo rispetto al predetto (p<0.05); al termine del trattamento questo gruppo di pazienti ha ottenuto un miglioramento statisticamente significativo nella dispnea (mMRC) alla valutazione finale (p<0.001). Dei 18 pazienti con dispnea da sforzo 11 non erano risultati affetti da BPCO, ottenendo comunque una ridotta performance al 6’WT rispetto al predetto (con una differenza media di -33,5 metri, p<0.05). Conclusioni Sebbene sia stato analizzato un piccolo campione di pazienti affetti da bronchiectasie – la maggior parte di essi in assenza di concomitante diagnosi di BPCO, i nostri risultati rilevano una percentuale elevata di pazienti con sintomatologia disponica oltre ai tipici sintomi da ipersecrezione/ingombro bronchiale (68%); un trattamento riabilitativo strutturato in Day Service Respiratorio multidisciplinare ha permesso di ottenutere un miglioramento dei sintomatologia dispnoica (mMRC) oltre all’ apprendimento di tecniche di clearance bronchiale ed utilizzo di device per l’ autotrattamento domiciliare (PEP-mask), presupposto essenziale per la prevenzione di eventi di riacutizzazione bronchitica. Bibliografia Cakmak A, Inal-Ince D, Sonbahar-Ulu H, Bozdemir-Ozel C, Ozalp O, Calik-Kutukcu E, Saglam M, Vardar-Yagli N, Arikan H, Selcuk ZT, Coplu L. Physical activity of patients with bronchiectasis compared with healthy counterparts: A cross-sectional study. Heart Lung. 2020 Jan-Feb;49(1):99-104. doi: 10.1016/j.hrtlng.2019.09.004. Epub 2019 Sep 14. PMID: 31530430. Martín-Valero R, Jimenez-Cebrian AM, Moral-Munoz JA, de-la-Casa-Almeida M, Rodriguez-Huguet M, Casuso-Holgado MJ. The Efficacy of Therapeutic Respiratory Muscle Training Interventions in People with Bronchiectasis: A Systematic Review and Meta-Analysis. J Clin Med. 2020 Jan 15;9(1):231. doi: 10.3390/jcm9010231. PMID: 31952338; PMCID: PMC7019679. Sahin H, Naz I, Susam S, Erbaycu AE, Olcay S. The effect of the presence and severity of bronchiectasis on the respiratory functions, exercise capacity, dyspnea perception, and quality of life in patients with chronic obstructive pulmonary disease. Ann Thorac Med. 2020 Jan-Mar;15(1):26-32. doi: 10.4103/atm.ATM_198_19. Epub 2020 Jan 2. PMID: 32002044; PMCID: PMC6967141.
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Riabilitazione respiratoria in Day Service Riabilitativo e successivamente home-based per pazienti con paralisi emidiaframmatica: effetti e dati preliminari di funzionalita’ diaframmatica a 6 mesi.
Riabilitazione respiratoria in Day Service Riabilitativo e successivamente home-based per pazienti con paralisi emidiaframmatica: effetti e dati preliminari di funzionalita’ diaframmatica a 6 mesi. Leonardo Ieri*, Martina Boni*, Beatrice Cialdi*, Rosita Bellucci**, Maria Luisa Galardini*, Roberta Lorenzini*, Bruna Lombardi***. *SOS Medicina Fisica e Riabilitativa Pistoia,**SOC Attivita’ di Riabilitazione Funzionale Valdinievole, ***Dipartimento di Riabilitazione AUSL Toscana Centro Introduzione La paralisi diaframmatica e’ causa relativamente infrequente e spesso sottodiagnosticata di dispnea; rientra nel piu’ ampio capitolo delle disfunzioni diaframmatiche, puo’ interessare uno solo (di solito il paziente e’ asintomatico o riferisce dispnea da sforzo) o entrambi gli emidiaframmi (spesso presenta dispnea a riposo e maggiore durante clinostatismo), puo’ essere causata da miopatie, neuropatie, neoplasie, esiti post-chirurgici (in special modo chirurgia mediastinca), ventilazione meccanica, patologia polmonare, traumi. Il recupero funzionale è difficile da prevedere e può verificarsi anni dopo l’inizio della paralisi, in letteratura le opzioni terapeutiche finora descritte sono diverse in relazione al quadro clinico, nessun trattamento per i casi asintomatici, ventilazione meccanica invasiva o non invasiva per i pazienti con insufficienza respiratoria, plicatura diaframmatica per i casi piu’ severi e persistenti. Questo studio fornisce dati preliminari di pazienti affetti da paralisi diaframmatica monolaterale arruolati c/o il nostro Day Service per trattamento riabilitativo ambulatoriale multidisciplinare e successivamente home-based integrato con l’uso di un dispositivo per il training dei muscoli inspiratori per valutarne gli effetti sulla sintomatologia e sul recupero della funzionalita’ diaframmatica. Materiali e Metodi Sono stati arruolati 10 pazienti (eta’ 66,3 ± 13,3) con paralisi di un emidiaframma (7 a destra, 3 a sinistra) per causa: esiti chirurgia mediastinica (4), esiti chirurgia polmonare (2), patologia polmonare (1), non nota (4); la sintomatologia e’ stata rilevata all’ ingresso e alla dimissione con score mMRC (severa=4, moderato-severa=3, moderata=2, lieve=1, asintomatico=0). Una valutazione ultrasonografica bilaterale della funzione diaframmatica e’ stata condotta all’ arruolamento (t0) in B-mode con misure dello spessore alla zona di apposizione alla FRC (Tdi) e del suo ispessimento alla CV (deltaTdi), in M-mode della escursione in massima inspirazione (ecografo Esaote MyLab70, sonde lineare 7,5-9 MHz e convex 2,5-5 MHz) e ripetuta a 6 mesi dal termine del trattameto riabilitativo (t1). Un programma di riabilitazione respiratoria multidisciplinare strutturato (medico, fisioterapista, infemiere) e’ stato effettuato in regime ambulatoriale c/o il Day Service Riabilitativo della SOS Medicina Fisica e Riabilitativa Pistoia (Ospedale SS. Cosma e Damiano, Pescia). I pazienti alla dimissione sono stati istruiti con un programma di mantenimento domiciliare e con personalizzazione di dispositivo per il training dei muscoli inspiratori (Threshold IMT, Philips Respironics) adattando il livello soglia in base alle caratteristiche del paziente. Risultati Nove pazienti hanno completato il trattamento riabilitativo ambulatoriale, un paziente e’ stato trattato solo con intervento di disostruzione bronchiale per la severa compromissione cardiaca che ha controindicato ulteriore intervento. La valutazione dei sintomi ha dimostrato all’ ingresso presenza di sintomatologia severa in 4 pazienti, moderato-severa in 2 pazienti, lieve in 3 pazienti, asintomatico 1 paziente (mMRC mediana 3, media 2.33); alla dimissione e’ risultata moderata in 2 pazienti, lieve in 5 pazienti, asintomatico 2 pazienti (mMRC mediana 1, media 1) (p<0.05). La valutazione ultrasonografica dell’ emidiaframma affetto al t0 e’ risultata caratterizzata da riduzione del Tdi (mm 1,93 ± 0,50) e deltaTdi (% 23,44 ± 15,30) alla valutazione in B-Mode e da ridotta escursione in massima inspirazione (cm 3,53 ± 1,21) rispetto ai valori di normalita’; il controllo a t1 e’ stato condotto ad oggi per 5 pazienti con riscontro di stabilita’ del valore di Tdi (mm 1,78 ± 0,29), di moderato incremento del deltaTdi (% 39,60 ± 15,24) e della escursione diaframmatica in massima inspirazione (cm 4,70 ± 0,85). Conclusioni Ad oggi i risultati parziali di una serie di casi di paralisi diaframmatica unilaterale da diversa causa e con differente manifestazione sintomatologica sottoposti al trattamento riabilitativo ambulatoriale multidisciplinare e successivamente home-based integrato con l’uso di un dispositivo per il training dei muscoli inspiratori proposto dal nostro Day Service Riabilitativo sembrano evidenziare un miglioramento della dispnea al termine dello stesso ed un moderato incremento della funzionalita’ dell’ emidiaframma paretico rilevato al follow-up di 6 mesi. Bibliografia Gayan-Ramirez G et al. Functional recovery of diaphragm paralysis: a long-term follow-up study. Respir Med. 2008 May;102(5):690-8 Summerhill EM et al. Monitoring recovery from diaphragm paralysis with ultrasound. Chest. 2008 Mar;133(3):737-43. Kodric M et al. Inspiratory muscle training for diaphragm dysfunction after cardiac surgery. J Thorac Cardiovasc Surg. 2013 Mar;145(3):819-23.
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Gestione di un caso clinico di cisti aneurismatica tibiale in età scolare con esercizio terapeutico ed agopuntura
Gestione di un caso clinico di cisti aneurismatica tibiale in età scolare con esercizio terapeutico ed agopuntura Cantini L., Falcone G., Pasquetti P. Introduzione Impiego dell’agopuntura nella gestione del dolore nei pazienti affetti da cisti aneurismatica: evidenze Il presente studio valuta l’esperienza clinica personale di gestione con agopuntura ed esercizio terapeutico di un caso di cisti aneurismatica tibiale in giovane sportivo, di anni 13, con impotenza funzionale ed algia significativa (punteggio scala VAS= 9). Le cisti ossee aneurismatiche (Aneurismal Bone Cyst, ABC) sono lesioni ossee espansive benigne ad eziologia ignota. La lesione, primaria o secondaria necessita accurata diagnosi differenziale rispetto ad altre patologie espansive dell’osso quali osteoblastoma, condroblastoma, displasia fibrosa e variante telangectasica dell’osteosarcoma. L’aspetto delle lesioni è cistico con pareti sottili e contenuto misto ematico e fibroso, canali vascolari supportati da stroma fibroso con cellule giganti multinucleate ed osteina. La diagnosi è spesso effettuata in età pediatrica per insorgenza di algor, tumefazione a livello locale e/o fratture ossee patologiche. L’evoluzione clinica può essere aggressiva con deformità ossea e disfunzionalità. La diagnostica si basa su clinica, radiodiagnostica ed eventuale biopsia. Il gold standard è la risonanza magnetica ove, nelle sequenze triplanari T1 e T2 con soppressione fat-sat, la formazione ha aspetto lobulato, singolo o con cisti multisepimentate e livelli di fluido intracistico (“conformazione a presepio”) mentre all’esame radiografico l’area radiotrasparente, uni o multiloculare, ha aspetto a “bolla di sapone”. In letteratura esistono numerose evidenze di efficacia dell’agopuntura sul dolore in ambito osteomuscolare e neoplastico nei secondarismi ossei, un sola relativa al trattamento di pazienti affetti da cisti aneurismatica. L’agopuntura è una metodica in seno alle CAM (Complementary and Alternative Medicine) la cui azione terapeutica si basa su meccanismi di meccanotrasduzione a livello locale e determina l’attivazione delle aree corticali di reciproca rappresentazione delle zone trattate, con conseguente rilascio di neurotrasmettitori oppioidi endogeni che concorrono a modulare l’azione del gate control. Ne risulta un molteplice effetto antalgico, antiflogistico, immunomodulante e di rimaneggiamento tissutale. La gestione integrata con agopuntura ed esercizio terapeutico appare, inoltre, aumentare l’efficacia delle terapie convenzionali favorendo una riduzione dei tempi di recupero e del ricorso a farmaci, con diminuzione dell’impatto di eventuali danni iatrogeni cagionati dall’uso dei comuni antinfiammatori. Nel trattamento con l’agopuntura si utilizzano sia agopunti locali che a distanza TRATTAMENTO: La terapia si basa su puntura diretta ecoguidata della lesione con ago metallico ed iniezione di farmaci sclerosanti, embolizzazione, chirurgia conservativa o demolitiva e come ultima ratio radioterapia. La chirurgia è consigliata nelle lesioni sintomatiche in rapida progressione. L’embolizzazione è di prima scelta nelle localizzazioni raggiungibili per via endovascolare in assenza di fratture patologiche e può essere trattamento adiuvante in fase prechirurgica. Nell’ambito della Medicina Tradizionale Cinese in casi di questo tipo il dolore é legato ad una stasi di energia e/o sangue e si inquadra frequentemente in una Sindrome Dolorosa Ostruttiva, le cui cause possono essere esterne (eccesso di lavoro fisico, traumatismi, esposizione a fattori climatici), ovvero interne (condizioni di Vuoto o stasi di Energia o Sangue o problemi emotivi) a cui si possono aggiungere fattori predisponenti che possono aggravare l’effetto causale dei fattori eziopatogenetici. In base alle caratteristiche della sintomatologia clinica con dolore il più delle volte acuto, intenso, localizzato e/o accompagnato da senso di tensione, la patologia può essere interpretata come una condizione di stasi responsabile di un blocco nella circolazione di energia e/o di sangue, che non riescono a raggiungere in modo continuo e costante, l’epicondilo quale distretto corporeo al quale sono destinati del trattamento. Materiali e metodi Il paziente si è presentato a visita deambulando con canadesi. All’esame obiettivo tumefazione in sede tibiale anteriore, algia, limitazione nella flessione dorsale del piede, forza 3/5 nella flessione plantare. Riferito dolore gravativo anche a riposo, esacerbato dal carico. In anamnesi trauma distruttivo/compressivo del ginocchio sinistro. Eseguite una radiografia del ginocchio sotto carico ed un’ ecografia, con riscontro di sospetto fibroma non ossificante di 1 cm di diametro, la risonanza magnetica ha poi orientato verso la diagnosi di cisti aneurismatica e la consulenza chirurgica oncologica ha posto indicazione di trattamento conservativo. Si è proposto, quindi, un trattamento con esercizio terapeutico ed agopuntura in chimiopuntura con soluzione fisiologica. Sono state effettuate 3 sedute di chimiopuntura (tempo 0, +15 gg e + 30 gg). L’esercizio terapeutico ha previsto: 20 sedute di idrochinesiterapia alternate a 10 sedute di esercizio terapeutico assistito con rieducazione motoria degli arti superiori ed inferiori, potenziamento muscolare, esercizio isometrico ed isotonico, propriocezione e core stability. OBIETTIVI: verificare l’andamento del dolore nel trattamento integrato del paziente con agopuntura ed esercizio terapeutico CASO CLINICO: patiente di 13 anni, normopeso, sportivo, affetto da algia persistente tibiale dx da cisti aneurismatica. In anamnesi trauma diretto in allenamento sportivo. All’atto della visita impossibile la deambulazione autonoma per cui si avvale di stampelle, per insorgenza di algia al carico, un ROM ridotto a 40° in flessione, 30° in estensione Risultati e conclusioni Riferimenti Bibliografici Il trattamento integrato è risultato efficace nella gestione del dolore e nel rapido recupero del tono muscolare e del ROM articolare: il paziente ha conseguito immediato sollievo dall’algia (punteggio VAS= 7, 5 e 0 rispettivamente in 1°, 2° e 3°seduta). A distanza di 15 giorni dall’inizio della terapia ha iniziato lo svezzamento dagli ausili che ha abbandonato al 21° giorno. Ad un mese ha ripreso gradualmente l’attività sportiva per ritornare all’agonismo con recupero completo il secondo mese. Esegue ora follow up annuale. . La nostra esperienza nel caso trattato ha confermato che la terapia integrata con agopuntura ed esercizio terapeutico appare utile al fine di ottenere una rapida risoluzione della sintomatologia algica nel paziente affetto da cisti aneurismatica tibiale senza indicazione chirurgica con completo recupero funzionale in poco tempo per cui la scelta terapeutica di utilizzare tale approccio appare in linea con if dati presenti in letteratura circa ta la gestione dl dolore osseo con agopuntura. Chronic suppurative inflammatory cyst in the sacrum Jun-Yeong Seo 1 , Kee-Yong Ha 2 Eur J Orthop Surg Traumatol . 2012 Nov;22 Suppl 1:5-8. doi: 10.1007/s00590-011-0910-y. Epub 2011 Nov 26. PMID: 26662739 DOI: 10.1007/s00590-011-0910-y ; Physical, Aneurysmal bone cyst (ABC) : treatment options and proposal of a follow-up regime. Hauschild O, Lüdemann M, Engelhardt M, Baumhoer D, Baumann T, Elger T, Südkamp NP, Herget GW.Hauschild O, et al. Acta Orthop Belg. 2016 Aug;82(3):474-483.Acta Orthop Belg. 2016. PMID: 29119887; Current studies of acupuncture in cancer-induced bone pain animal models. Ryu HK, Baek YH, Park YC, Seo BK.Ryu HK, et al. Evid Based Complement Alternat Med. 2014;2014:191347. doi: 10.1155/2014/191347. Epub 2014 Oct 14.Evid Based Complement Alternat Med. 2014. PMID: 25383081
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Le disfunzioni sessuali nei pazienti ricoverati in riabilitazione: studio epidemiologico utilizzando l’IIEF (International Index of Erectile Function) ed il FSFI (Female Sexual Function Index)
Le disfunzioni sessuali nei pazienti ricoverati in una struttura riabilitativa di terzo livello: studio epidemiologico utilizzando l’IIEF (international index of erectile function) e l’FSFI (female sexual function index). Pelizzari L [1], Penati R [1], Oddone E [2], Nardone A [1,3], Camerota TC [4] [1] Department of Clinical-Surgical, Diagnostic and Pediatric Sciences, University of Pavia, Pavia, Italy [2] Department of Public Health, Experimental and Forensic Medicine, University of Pavia, Pavia, Italy [3] Neurorehabilitation and Spinal Units, ICS Maugeri SPA SB, Institute of Pavia, IRCCS, Pavia, Italy [4] Urology Unit, ICS Maugeri SPA SB, Institute of Pavia, IRCCS, Pavia, Italy Introduzione La sessualità̀ umana è multifattoriale e multisistemica: dipende dall’integrità̀ e dal coordinamento tra sistema nervoso, vascolare, ormonale, muscolare, metabolico e immunitario e da fattori psicoemotivi e contesto-correlati.[1] Per questo le disfunzioni sessuali, maschili e femminili, interessano numerose persone, con un’aumentata prevalenza nei soggetti anziani, fragili e/o con multimorbilità. [2-3] I pazienti ricoverati nelle strutture riabilitative hanno caratteristiche peculiari (comorbidità neurologiche, cardiovascolari, limitazioni funzionali, età media) che li potrebbero predisporre a sviluppare disfunzioni sessuali. Ad oggi non vi sono studi epidemiologici sulle disfunzioni sessuali in pazienti ricoverati in strutture riabilitative. Lo scopo di questo studio è di evidenziare la prevalenza di queste disfunzioni nei pazienti ricoverati presso una struttura riabilitativa di terzo livello al fine di adeguare l’offerta assistenziale. Materiali e Metodi Abbiamo valutato tutti i pazienti ricoverati presso l’ospedale ICS Maugeri (Pavia) durante un periodo di 4 mesi, a prescindere dalla diagnosi di accettazione. Il criterio di esclusione era l’età <18 anni. Ai pazienti sono stati somministrati un questionario anamnestico generale ed un questionario sulla funzione sessuale, agli uomini l’IIEF (International Index of Erectile Function) e alle donne l’FSFI (Female Sexual Function Index). L’IIEF è un questionario internazionale, validato per lo studio della funzione sessuale maschile e costituito da 15 domande a risposta multipla. I risultati del questionario si stratificano in: disfunzione erettile 1 assente, 2 lieve, 3 moderata, 4 grave. Il FSFI è un questionario internazionale, validato per lo studio della funzione sessuale femminile e costituito da 15 domande a risposta multipla. Viene considerato patologico ed indice di disfunzione sessuale femminile il valore ≤ 26.6. I confronti tra due gruppi di variabili continue sono stati effettuati con il test t di Student, mentre le associazioni tra le variabili qualitative sono state studiate con il test del chi2 o il test esatto di Fisher. Il livello di significatività è stato fissato a p <0.05. Le analisi sono state condotte con il software STATA, versione 14 (Stata Corporation, College Station, TX, USA, 2015). Risultati In totale 364 pazienti (Donne, D 189, 51.9%) hanno partecipato allo studio, età media 63.3 anni (63.4 anni Uomini, U; 63.2 anni D). La disfunzione sessuale femminile aveva una prevalenza del 25% e la disfunzione sessuale maschile del 67%. C’era una correlazione positiva tra IIEF e FSFI ed età, sia suddivisa in classi (p=0.001) sia come variabile continua (p<0.001). Nei pensionati la prevalenza delle disfunzioni sessuali era maggiore rispetto ai lavoratori attivi (U p=0.003 e D p< 0.001). Nelle donne con bassa scolarità era più frequente la disfunzione sessuale (p=0.009), a differenza degli uomini per cui la bassa scolarità non si associava a peggiori valori di IIEF (p=0.234). Il numero di farmaci assunti influenzava negativamente la funzione sessuale (D p<0.001, U p<0.001) così come il numero di patologie presenti (D p=0.001, U p=0.008). Suddividendo i farmaci con il sistema di classificazione anatomico, terapeutico e chimico (ATC), c’era una correlazione positiva tra peggiore IIEF e l’assunzione di farmaci muscolo-scheletrici (p=0.001) o metabolici (p<0.001) e tra peggiore FSFI e farmaci: cardiologici (p=0.001) urologici (p=0.02), neurologici (p=0.007), ormonali (p=0.001) e metabolici (p=0.019). Le malattie correlate ad un aumento delle disfunzioni sessuali erano quelle cardiovascolari (U p<0.001, D p=0.006) e oncologiche (U p=0.001, D p=0.048). Conclusioni Il nostro studio risulta essere il primo studio epidemiologico sulle disfunzioni sessuali nei pazienti ricoverati in struttura riabilitativa. Lo studio mostra, come già noto, una prevalenza significativa di disfunzioni sessuali con l’età, soprattutto nei soggetti di sesso maschile, nei soggetti con multimorbilità e in politerapia. La riabilitazione basata sul modello bio-psico-sociale incentiva una presa in carico globale del paziente. Pertanto aspetti come le disfunzioni sessuali, che influiscono negativamente sul benessere e sulla qualità di vita delle persone e comportano anche un costo socio-economico, vanno sempre considerati nella presa in carico riabilitativa. Il medico fisiatra dovrebbe quindi considerare e indagare i fattori di rischio di queste disfunzioni nel percorso di cura dei pazienti. I risultati suggeriscono di creare dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali condivisi, elaborati da un team multidisciplinare di esperti, per agevolare e standardizzare la presa in carico delle persone con disfunzione sessuale. Bibliografia 1. Graziottin A. Similarities and differences between female and male sexual functions and dysfunctions. The Journal of Men’s Health & Gender, 1(1): 71-76, 2004 2. Towe, M., Huynh, L. M., El-Khatib, F., Gonzalez, J., Jenkins, L. C., & Yafi, F. A. A Review of Male and Female Sexual Function Following Colorectal Surgery. Sexual Medicine Reviews. 2019 Jul;7(3):422-429. 3. Taylor A et al. Sexuality in older age: essential considerations for healthcare professionals. Age Ageing. 2011 Sep;40(5):538-43.
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Recupero della deglutizione tramite esercizio del gusto dopo inter-vento di glossectomia parziale e ricostruzione per tumore della lingua
RECUPERO DELLA DEGLUTIZIONE TRAMITE ESERCIZIO DEL GUSTO DOPO INTERVENTO DI GLOSSECTOMIA PARZIALE E RICOSTRUZIONE PER TUMORE DELLA LINGUA Rossella Pagani*, Alessia Corio, Monica Casu, Antonino Michele Pre-vitera. INTRODUZIONE Le neoplasie della lingua sono tra i più gravi e diffusi tumori del cavo orale. Il trattamento chirurgico in elezione prevede la glos-sectomia parziale e la successiva ricostruzione chirurgica tramite innesto. A seguito dell’intervento chirurgico può insorgere un’ipostenia lin-guale, associata a un deficit percettivo e di controllo motorio, con conseguenti alterazione e difficoltà nell’esecuzione di attività funzionali quali la deglutizione, la fonazione e la respirazione (1). Tali disabilità spesso determinano un peggioramento delle qua-lità della vita del paziente, con alterazione della propria perce-zione estetica, isolamento sociale e sintomatologia depressiva. In letteratura sono descritti protocolli riabilitativi che compren-dono esercizi di rinforzo della muscolatura linguale, finalizzati al miglioramento della fase orale della deglutizione. Un approccio ria-bilitativo alternativo potrebbe essere basato sull’esperienza per-cettiva e sull’integrazione multisensoriale a partire dal gusto, funzione sensitiva principale della lingua, ma di competenza anche dell’alta laringe e della parte posteriore dell’orofaringe. Questo approccio potrebbe condizionare positivamente il recupero della mo-tricità della lingua consentendo un miglioramento della fase orale della deglutizione e della fonazione. MATERIALI E METODI In quest’ottica, abbiamo condotto uno studio pilota al quale hanno preso parte due pazienti sottoposte a un intervento di emiglossecto-mia destra e ricostruzione del difetto chirurgico residuo mediate lembo microvascolare fascio-cutaneo di avambraccio sinistro. Nella fase pre-operatoria, le pazienti sono state sottoposte a una valutazione della fase orale della deglutizione e della fonazione mediante una prova di lettura. Sono state raccolte le informazioni riguardanti le preferenze alimentari in termini di gusto, consisten-za, temperatura, nonché la bevanda e il cibo preferiti. Dopo l’intervento, ciascuna paziente è stata sottoposta a un trai-ning riabilitativo di riconoscimento dei cibi, utilizzando i canali olfattivo, tattile e gustativo. Le sedute riabilitative sono state eseguite ogni due-tre settimane per un periodo di tre mesi. Sono stati scelti quattro alimenti compatibili con le preferenze in-dicate dal paziente. Il paziente è stato guidato nel richiamare alla mente le sensazioni provate nel momento in cui ha consumato quel de-terminato alimento. Successivamente sono stati introdotti due ali-menti standard (succo di limone e sciroppo alla menta) Esposizione al cibo  canale OLFATTIVO Applicazione di cibo sulla lingua  canale TATTILE e GUSTATIVO Riconoscimento del SAPORE (a occhi chiusi) Rilevazione dell’intensità gustativa (da 0: nessuna percezione del gusto  a 3: percezione del gusto corrispondente al ricordo) RISULTATI Entrambe le pazienti hanno aderito con buona compliance al tratta-mento riabilitativo. Hanno presentato un miglioramento della perce-zione dei sapori. Si è osservato un miglioramento della deglutizio-ne, con riduzione del numero degli atti deglutitori necessari, e della fonazione, con riduzione del tempo impiegato alla prova di lettura. Il programma di trattamento si è rivelato di facile appli-cazione. DISCUSSIONE Questo studio propone un approccio riabilitativo finalizzato al re-cupero della motilità linguale attraverso esperienze percettive. Il gusto origina da recettori specializzati, capaci di rispondere a sensazioni semplici quali dolce, amaro, acido, salato e umani. L’esperienza multisensoriale nasce dall’interazione delle molecole del cibo con i recettori dei diversi canali sensitivi che ricevono gli stimoli e li traducono in rappresentazioni neurali. Quando le informazioni sensoriali raggiungono i centri cerebrali su-periori presso i quali sono interpretate, si costituisce una vera e propria rappresentazione percettiva del sapore. Quando mangiamo, la percezione del sapore è un processo che coinvolge sia le sensibilità speciali (in particolare olfatto e gusto, ma anche la vista), sia il sistema limbico, dando luogo a un “unico sistema cerebrale umano del sapore” (2). CONCLUSIONI Un training d’integrazione multisensoriale (gusto, olfatto, tempera-tura, consistenza del cibo e vista) potrebbe essere una proposta riabilitativa efficace (3). Somministrando al paziente input multisensoriali congruenti si sti-molano le aree del cervello responsabili della creazione della rap-presentazione percettiva del sapore. Queste aree sono interconnesse a quelle che gestiscono il movimento della lingua. In tal modo, si potrebbe migliorare o preservare la rappresentazione corticale della lingua e aumentare il reclutamento della muscolatura linguale, non-ché la consapevolezza e il controllo del movimento. (1) Lazarus CL, Husaini H, Falciglia D, DeLacure M, Branski RC, Kraus D, Lee N, Ho M, Ganz C, Smith B, Sanfilippo N. Ef-fects of exercise on swallowing and tongue strength in patients with oral and oropharyngeal cancer treated with primary radio-therapy with or without chemotherapy. Int J Oral Maxillofac Surg. 2014 May;43(5):523-30. doi: 10.1016/j.ijom.2013.10.023. Epub 2013 Dec 11. PMID: 24332586. (2) Verhagen JV, Engelen L. The neurocognitive bases of human multimodal food perception: sensory integration. Neurosci Bi-obehav Rev. 2006;30(5):613-50. doi: 10.1016/j.neubiorev.2005.11.003. Epub 2006 Feb 2. PMID: 16457886. (3) Yau JM, DeAngelis GC, Angelaki DE. Dissecting neural cir-cuits for multisensory integration and crossmodal processing. Philos Trans R Soc Land B Biol Sci. 2015 Sep 19; 370(1677): 20140203. doi: 10.1098/rstb.2014.0203
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Sviluppo e validazione di un sistema robotico bio-cooperativo per la riabilitazione ed il reinserimento in contesti lavorativi di soggetti affetti da patologia muscolo-scheletrica acuta del distretto
“Sviluppo e validazione di un sistema robotico bio-cooperativo per la riabilitazione ed il reinserimento in contesti lavorativi di soggetti affetti da patologia muscolo-scheletrica acuta del distretto di spalla.” Bressi Federica 1, Bravi Marco 1, Manco Dorotea 1, Santacaterina Fabio 1, Morrone Michelangelo 1, Maselli Mirella 1, Miccinilli Sandra 1 e Silvia Sterzi 1 1UOC di Medicina Fisica e Riabilitativa, Università Campus Bio-Medico di Roma. Introduzione I sistemi di tipo bio-cooperativo rappresentano una delle ultime frontiere della Riabilitazione Robotica: attraverso piattaforme multi-modali, essi sono in grado di modulare la terapia erogata dal robot in base alla registrazione ed alla integrazione delle informazioni bio-meccaniche e psico-fisiologiche del paziente [1]. Nel caso della Riabilitazione Ortopedica, il delicato equilibrio tra necessità di immobilizzazione e ritorno al movimento che si instaura nella fase post-acuzie, impone un trattamento riabilitativo che si dimostri gradualmente efficace: in tale contesto, la ricerca si sta muovendo affinché i robot possano inserirsi come valide e sicure risorse di potenziamento della fisioterapia tradizionale [2]. Tra le affezioni di pertinenza ortopedica, le patologie muscolo-scheletriche acute di spalla rappresentano una delle più comuni cause di accesso alle cure cliniche e di assenza dal lavoro [3]. In tale contesto, il trattamento riabilitativo prevede obiettivi scanditi nel tempo e ben strutturati, dal controllo del dolore, al recupero delle autonomie nelle attività di base e strumentali della vita quotidiana fino al ritorno al gesto lavorativo [4]. Stando al consistente impatto che le suddette affezioni mostrano avere in termini di qualità di vita, e considerando le potenzialità riabilitative dei sistemi robotici bio-cooperativi [1], scopo di questo studio è stato quello di verificare la sicurezza e l’efficacia di un sistema robotico bio-cooperativo (RehaRobo@Work) applicato nel trattamento della patologia muscolo-scheletrica acuta di spalla. Materiali e Metodi Cinque adulti affetti da patologia muscolo-scheletrica acuta di spalla (3 ricostruzioni chirurgiche di cuffia dei rotatori, 2 osteosintesi di frattura prossimale di omero), sono stati inclusi nel nostro studio. Al raggiungimento di 90° di elevazione di spalla, i pazienti sono stati sottoposti ad 8 settimane di protocollo sperimentale, strutturato in due fasi. Fase 1: 20 sedute di 30’ di fisioterapia tradizionale + 30’ di terapia robotica (reaching robot-assistita ed esercizi contro resistenza). Fase 2: previa randomizzazione in due sottogruppi occupazionali (“movimentazione carichi” e “martellamento”), sono seguite 20 sedute di 30’ di reaching tradizionale + 30’ di trattamento robotico occupazionale in base alla sottocategoria di appartenenza. Al tempo T0 (prima della Fase 1), T1 (al termine della Fase 1) e T2 (al termine della Fase 2) è stata effettuata la valutazione degli outcome primari considerati, ovvero: dolore, articolarità e forza di spalla (Constant Scale); funzionalità dell’arto superiore (DASH); traiettoria eseguita/attesa nei movimenti di reaching (registrazione attraverso i sensori del robot). Al tempo T2 sono stati inoltre somministrati dei questionari (VAS, QUEST, SAM, NASA-TLX) per la valutazione degli outcome secondari dello studio, quali: gradimento, sicurezza e carico di lavoro percepiti nei confronti del robot. Nel corso del trattamento sono stati registrati i parametri vitali del paziente, le forze di interazione tra uomo e robot, la cinematica articolare e l’attività muscolare dell’arto superiore. Risultati Nel caso degli outcome primari, l’andamento dei punteggi relativi alla Constant Scale (CS) e alla DASH ha espresso globalmente in entrambi i casi un miglioramento clinico graduale e progressivo nel tempo per i 5 pazienti trattati, come confermato anche dalla variazione assoluta e percentuale dei valori di entrambe le scale rispetto ai tre tempi di follow-up considerati. Nel confronto tra le variazioni percentuali osservate negli intervalli T0-T1 e T1-T2, tale trend si è confermato per la DASH (-24.9% in T0-T1 vs -36.5% in T1-T2) ma non per la CS (65.5% in T0-T1 vs 45.8% in T1-T2). Il confronto grafico tra la traiettoria del movimento eseguito dal paziente e quella attesa dal robot ha mostrato globalmente un miglioramento della precisione nell’esecuzione del movimento richiesto ed un aumento dell’escursione articolare in elevazione. Infine, per quanto concerne gli outcome secondari, i pazienti hanno espresso indici di gradimento al trattamento medio-elevati (VAS 9.2/10, QUEST 4.5/5, SAM 7.6/9), mostrando invece una sottile eterogeneità nella percezione del carico di lavoro (NASA-TLX 35.2/100). In questa fase preliminare di studio, non sono stati inclusi i valori relativi ai parametri bio-meccanici e fisiologici rilevati dal robot. Discussione e conclusioni I risultati, sebbene preliminari, permettono di considerare RehaRobo@Work un device robotico sicuro e di facile applicazione nella categoria dei pazienti studiati. Questo in linea con la letteratura che vede sempre più l’intervento della robotica in ambito riabilitativo anche diverso da quello neurologico. Inoltre, al fine di confermare e meglio interpretare i dati che oggi sembrano deporre a favore dell’efficacia clinica del trattamento con RehaRobo@Work, si impone la necessità di uno studio clinico randomizzato controllato e condotto su adeguato campione. La possibilità di integrare i punteggi di CS e DASH con i parametri bio-meccanici e fisiologici registrati dal robot, permetterà non solo una più chiara comprensione degli effettivi progressi riabilitativi, ma anche di individuare strategie terapeutiche migliori per il singolo paziente. Infine, il confronto tra gruppo sperimentale e gruppo controllo, contestualmente ad un follow-up adeguato, permetterà di meglio saggiare gli eventuali vantaggi derivati dal trattamento robotico bio-coperativo anche a lungo termine [5]. Bibliografia 1. Simonetti D., Zollo L. et al. Reprint of multimodal adaptive interfaces of 3D robot-mediated upper limb neuro-rehabilitation: an overview of bio-cooperative systems. Robot Auton Syst. 2017; 90: 86-96. 2. Sicuri C.. Porcellini G. et al. Robotics in shoulder rehabilitation Muscles Ligaments Tendons J. 2014; 4(2): 207–213. 3. Linaker C.H., Walker-bone K. et al. Shoulder disorders and occupation. Best Pract Res Clip Rheumatol. 2015; 29(3): 405-423. 4. Nikolaidou O., Migkou S. et al. Rehabilitation after rotator cuff repair. The Open Orthopaedics J. 2017; 11:154-162 5. Scotto di Luzio F., Simonetti D. et al. Bio-Cooperative Approach for the Human-in-the-Loop Control of an End-Effector Rehabilitation Robot. Front Neurorobot. 2018; 12: 67.
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Appropriatezza in Riabilitazione: l’importanza della proposta di ricovero
Appropriatezza in Riabilitazione: l’importanza della Proposta di Ricovero C. Cavallaro1, M. Daniele1, F. Cosentino1, S. Balsamo1, S. Magrì1, M. Vecchio2. Casa di Cura Riabilitativa – VILLA SOFIA, Acireale (Catania)1; Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa – Università degli Studi di Catania2 Introduzione Si discute ormai da più di un decennio, a livello nazionale ed internazionale, riguardo i criteri di “appropriatezza” dei ricoveri nei reparti di Medicina Fisica e Riabilitativa (cod. 56) e sulla conseguente “efficienza” di tali trattamenti. Il primo passo formale per l’attivazione di un ricovero in Riabilitazione Intensiva post acuta (che prevede un trattamento riabilitativo quotidiano di 180 min) è rappresentato dalla presentazione del modulo di Proposta di Ricovero, inoltrato dal reparto per acuti in cui è ricoverato il paziente o dal Medico Curante (nel caso in cui il paziente provenga dal domicilio). La riflessione su questi argomenti ha portato l’equipe Fisiatrica della Casa di Cura Riabilitativa “Villa Sofia” di Acireale (CT), con la collaborazione della Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa dell’Università degli Studi di Catania, ad avviare una analisi della qualità delle proposte di ricovero ricevute dai reparti per acuti nell’anno 2019 ed a valutare l’influenza della congruenza di tali proposte con le reali condizioni del paziente all’atto del ricovero e la ricaduta sul futuro percorso riabilitativo del paziente e sul suo recupero funzionale e dell’autonomia. Materiali e Metodi Si è provveduto ad estrapolare in modo randomizzato un campione di 150 cartelle cliniche (circa il 25% dell’anno 2019). A tale campione sono stati applicati i seguenti criteri di inclusione: • Ricoveri ordinari • Pazienti provenienti da reparti per acuti Criteri di esclusione: • Ricoveri in DH riabilitativo • Ricoveri privati • Ricoveri ripetuti nello stesso anno solare • Pazienti autodimessi • Tutti I tipi di ricovero con durata inferiore ai 3 giorni • Ricoveri con proposte compilate dai Medici di Famiglia Dopo tale filtro, sono state analizzate 95 cartelle cliniche, confrontando i singoli items del modulo di richiesta di ricovero (20 campi, valutati con punteggio 0-1-2, crescente con l’incongruità) con i dati delle valutazioni iniziali fisiatriche ed internistiche e derivandone un punteggio indicativo del grado di congruità (0 = sovrapponibile, 40 = totalmente incongruo). Le cartelle sono state quindi suddivise in 3 gruppi (A 0-4 buono / B 5-9 mediocre / C >=10 scarso). L’intero campione e successivamente i singoli gruppi sono stati rivalutati secondo il grado di miglioramento funzionale (necessità di ausili all’ingresso ed in uscita), alla destinazione del paziente dopo ricovero ed all’incremento del punteggio del Barthel Index, ottenendo un punteggio indicativo del miglioramento complessivo del paziente a termine del periodo di degenza. L’analisi statistica è stata eseguita attraverso applicazione di media, percentuale e coefficiente di correlazione di Pearson (P). Risultati L’analisi statistica ha messo in evidenza la prevalenza nel campione di ricoveri di riabilitazione Ortopedica (66%) rispetto ai ricoveri di riabilitazione Neurologica (26% tra Neurologia e Neurochirurgia), più una piccola quota di ricoveri provenienti da reparti di Medicina o altri (8%). L’età media del campione era di 72 anni, Il punteggio medio di congruità delle proposte di ricovero era di 7 punti ed il miglioramento complessivo medio di 9,5 punti. La distribuzione dei gruppi ha avuto un andamento quasi omogeneo, con minima prevalenza del gruppo A (37% del totale). Analizzando la composizione dei 3 gruppi, si rilevava una omogenea distribuzione dei ricoveri provenienti dalle Ortopedie, mentre i ricoveri provenienti da reparti di Neurologia e Neurochirurgia tendevano ad avere maggiore rappresentazione nei gruppi A e B. Rivalutando i gruppi in relazione al reparto di provenienza, i gruppi A e B tendevano a mantenere la distribuzione similare al totale, mentre il gruppo C aveva una prevalenza di ricoveri ortopedici (79%). Applicando la P di Pearson al campione totale, si rilevava una debole correlazione negativa fra età e miglioramento, incongruità delle proposte di ricovero e miglioramento, degenza ed incongruità delle proposte di ricovero; si rilevava invece una moderata correlazione positiva fra durata della degenza e miglioramento totale. Applicando la P di Pearson ai 3 gruppi, esisteva una moderata correlazione negativa fra età e miglioramento nel gruppo C, una moderata correlazione positiva fra incongruità delle proposte di ricovero e miglioramento nel gruppo A, una moderata correlazione positiva fra degenza ed incongruità delle proposte di ricovero in tutti e 3 i gruppi ed una moderata correlazione positiva fra periodo di degenza e miglioramento nel gruppo A. Conclusioni L’analisi dei dati ci ha consentito di evidenziare che le proposte di ricovero provenienti dai reparti di Ortopedia riportavano maggiori incongruità rispetto a quelle provenienti da reparti di Neurologia e di Neurochirurgia. L’appropriatezza delle proposte di ricovero, tuttavia, sembra avere influenzato l’outcame in termini temporali: il punteggio attribuito alle incongruità delle proposte di ricovero è apparso direttamente correlato alla durata della degenza, la quale appariva inoltre strettamente correlata all’outcame finale. Questo dato potrebbe essere indicativo del fatto che i soggetti in trattamento con una proposta di ricovero parzialmente incongrua, e con mancata segnalazione di dati riguardanti diagnosi, comorbidità, grado di collaborazione et cetera, non impediscono al team riabilitativo di raggiungere gli obiettivi previsti dal Progetto Riabilitativo, ma certamente sono responsabili di un prolungamento dei tempi di degenza, verosimilmente legato alla necessità di stabilizzare il quadro clinico del paziente. I risultati ottenuti ci spingono a proseguire la nostra analisi, incrementando il campione, al fine di migliorare la forza delle correlazioni riscontrate con l’obiettivo di stabilire quanto l’incongruità influenzi negativamente i tempi di recupero e se possibile stabilire un cutoff oltre il quale l’incongruità influenzi in maniera inaccettabile il percorso riabilitativo. Bibliografia Appropriatezza in riabilitazione, Dario GUERINI ROCCO, MR Giornale Italiano di Medicina Riabilitativa 2018 August;32(2):79-84 Appropriatezza e qualità delle prestazioni riabilitative, A. SALVIA, V. REBELLA, F. PAPALIA, S. AMATO, G GERONTOL 2004;52:211-217
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Stimolazione cerebellare transcranica diretta sul recupero sensori-motorio dell’arto superiore e implicazioni cognitive in pazienti con esiti cronici di ictus: studio pilota randomizzato controllato
Testo del poster n. 68 dal titolo: STIMOLAZIONE CEREBELLARE TRANSCRANICA DIRETTA SUL RECUPERO SENSORI-MOTORIO DELL’ARTO SUPERIORE E IMPLICAZIONI COGNITIVE IN PAZIENTI CON ESITI CRONICI DI ICTUS: STUDIO PILOTA RANDOMIZZATO CONTROLLATO M. Filippettia, V. Varaltaa, C. Fontea, L. Zenerea, E. Evangelistaa, O. Ferroa, N. Smaniaa, A. Picellia (a) Centro di Ricerca in Riabilitazione Neuromotoria e Cognitiva, Sezione di Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento, Università degli Studi di Verona, Verona, Italia. INTRODUZIONE Da recenti studi è emerso come nei pazienti colpiti da ictus cerebrale le metodiche di neuromodulazione, quale la stimolazione elettrica diretta a corrente continua (tDCS), possano determinare un vantaggio nel recupero funzionale rispetto al solo training convenzionale [1]. La presenza di deficit funzionale dell’arto superiore dopo ictus è un evento comune con importanti ripercussioni non solo sulla funzione ma anche sull’attività e partecipazione. Vi sono inoltre sempre maggiori evidenze riguardo l’influenza negativa dei disturbi cognitivi sul grado di recupero funzionale dopo ictus [2] e i possibili risvolti positivi sulle abilità cognitive di un training neuromotorio [3]. OBIETTIVI Primario. Confrontare l’efficacia di un trattamento neuromotorio associato o meno (sham) ad un protocollo di neuromodulazione non invasiva mediante stimolazione elettrica cerebellare diretta a corrente continua (tcDCS) di tipo catodico ipsilesionale sul recupero sensori-motorio dell’arto superiore in pazienti con esiti cronici di ictus. Secondari. Valutare l’effetto sul recupero funzionale dell’arto superiore, sulla destrezza manuale, sulla spasticità e sue implicazioni sulla funzionalità cognitiva. MATERIALI E METODI Criteri di inclusione • Età maggiore di 18 anni • Oltre 6 mesi dal primo ictus ischemico sovratentoriale • Più di 3 mesi da infiltrazioni con tossina botulinica e da altri trattamenti riabilitativi • Motricity Index pari o superiore a 11 per la presa a pinza, 9 per la flessione di gomito e l’abduzione di spalla, ma globalmente <100 • MAS< 4 • Mini Mental State Examination >23.8. Criteri di esclusione • Epilessia o EEG suggestivo di elevata eccitabilità corticale • Presenza di impianti metallici a livello cranico o spinale • Precedenti interventi di chirurgia cranica o spinale • Patologie cardiovascolari o impianto di pacemaker • Terapia con farmaci in grado di alterare l’eccitabilità corticale (quali antiepilettici, neurolettici, benzodiazepine, antidepressivi) o modificare la plasticità cerebrale (quali dopamina, fluoxetina, D-anfetamina) • Presenza di neglect o aprassia • Disturbi del visus non adeguatamente corretti • Altre patologie neurologiche od ortopediche degli arti superiori che ne limitino la compliance. Outcome motori primario e secondari • Fugl-Meyer Assessment (FMA) • Arat Research Arm Test (ARAT) • Motricity Index – Upper Extremitiy (MI-UE) • Modified Ashworth Scale (MAS) • Nine Hole Peg Test (NHPT) Outcome secondari cognitivi • Trail Making Test (TMT) • Digit Span Forward e Reversal • Memoria con interferenza • Test di copia di disegni geometrici • Test di Corsi Forward e Reversal Protocollo di trattamento Riabilitazione convenzionale • Sequenza di 12 esercizi standardizzati volti alla rieducazione sensori-motoria dell’arto superiore. • Eseguito sotto guida di un fisioterapista tcDCS catodo  O1 o O2 anodo  m. buccinatore Area elettrodi: 8 cm² Intesità/durata della stimolazione: 2mA/20’ CONCLUSIONI Dai dati a nostra disposizione, seppur preliminari e su un piccolo campione, non è possibile rilevare un vantaggio significativo del gruppo sperimentale rispetto a quello di controllo per quanto riguarda l’outcome primario e le misure secondarie motorie. Tuttavia, si rafforzano le evidenze riguardo l’effetto positivo di un training motorio combinato a tecniche di neuromodulazione sulle funzioni cognitive quali memoria a breve termine (digit spoan forward), working memory (copia di disegni geometrici) e abilità prassico-costruttiva (memoria con interferenza). Infine si conferma la nota sicurezza della tDCS applicata al cervelletto [1]. BIBLIOGRAFIA: [1] Picelli A, Brugnera A, Filippetti M et al. Effects of two different protocols of cerebellar transcranial direct current stimulation combined with transcutaneous spinal direct current stimulation on robot-assisted gait training in patients with chronic supratentorial stroke: a single blind, randomized controlled trial. Restor Neurol Neurosci 2019;37(2):97-107. [2] AA Mullick, SK Subramanian and MF Levin. Emerging evidence of the association between cognitive deficits and arm motor recovery after stroke: A meta-analysis. Restor Neurol Neurosci 2015;33(3):389–403. [3] Varalta V, Picelli A, Fonte C, et al. Effects of contralesional robot-assisted hand training in patients with unilateral spatial neglect following stroke: a case series study. J Neuroeng Rehabil. 2014 Dec 5;11:160.
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Gestione della disabilità e del dolore da cicatrici retraenti in medicina fisica e riabilitazione: case report
Gestione della disabilità e del dolore da cicatrici retraenti in medicina fisica e riabilitazione: case reprot Cantini L., Falcone G., Pasquetti P. Introduzione Il presente studio riporta i risultati dell’esperienza clinica personale nella gestione del dolore e della limitazione funzionale in due pazienti affetti da cicatrici retraenti trattate con esercizio terapeutico ed agopuntura. In letteratura è noto l’impatto delle cicatrici retraenti su biomeccanica, postura e disfunzionalitá fisica ed emozionale del paziente, indipendentemente dall’origine, con alterazioni della core stability, sollecitazione miofasciale, linfatica, immunitaria, endocrina e metabolica ed attivazione di cascate citochiniche, con persistenza dello stimolo infiammatorio cronico ed instaurarsi di un circolo vizioso di dolore ed alterazione funzionale Materiali e metodi Sono stati esaminati rispettivamente una donna di 56 anni, con un cheloide in sede sovraclaveare sinistra a seguito di alterata cicatrizzazione di ferita chirurgica per rimozione di un nevo, ed un giovane di 21 anni con una cicatrice retraente in sede infrapatellare sinistra a seguito di caduta su asfalto. Nel primo caso in anamnesi un doppio intervento chirurgico di asportazione del cheloide ed una terapia infiltrativa e locale con steroidi sono risultati inefficaci. Tecniche impiegate: 1) scollamento della cicatrice con soluzione fisiologica; 2) a seguire, sedute bisettimanali di agopuntura ed in concomitanza con la prima seduta di agopuntura è stato prescritto esercizio terapeutico da effettuarsi in autogestione a domicilio ed applicazione di crema alla capsaicina per 2 mesi al fine di riattivare l’azione drenante del microcircolo. Per quanto concerne l’agopuntura si è utilizzata la distanza individuati secondo diagnostica di medicina tradizionale cinese e sono stati trattati i punti ashi di dolore. Nel primo caso si sino eseguite 6 sedute di agopuntura, nel secondo 3. L’esercizio terapeutico è consistito in mobilizzazioni attive, esercizi di propriocezione ed esercizio isotonico ed isometrico del settore con indicazione di eseguire continuativamente l’attività individuale per 2 mesi per 6 giorni a settimana. tecnica di chimiopuntura con soluzione fisiologica negli agopunti locali ed a Paziente 1 Paziente 2 inizio fine Risultati e conclusioni Entrambe i pazienti hanno presentato significativa riduzione del punteggio della VAS misurata al termine di ciascuna seduta di agopuntura: nel primo caso punteggio 7, 5, 5, 4, 4, 2, nel secondo caso punteggio 7, 5, 0. Hanno, inoltre, presentato miglioramento della forza muscolare, con recupero funzionale completo dell’articolarità di collo e spalla nel primo caso e ripresa della normale attività ginnico sportiva ed totale assenza di dolore nel secondo caso. Le cicatrici in ambo i casi si sono appiattite e nel cheloide in particolare si è assistito ad una riduzione di volume pari al 75%. Il trattamento delle cicatrici retraenti con agopuntura ed esercizio terapeutico nella nostra esperienza ha fornito positivi risultati rispetto a dolore, limitazione funzionale ed inestetismi. Atteso l’impatto della problematica sulla vita ed il benessere psicofisico del paziente, indipendentemente dall’età, sarebbe opportuno procedere con ulteriori studi per valutare su una popolazione più consistente l’effetto a breve e lungo termine dello schema di gestione clinica proposto. Riferimenti Bibliografici Hunter J. Acupuncture for keloid scar. Acupunct Med. 2011 Mar;29(1):2. doi: 10.1136/aim.2011.010011. PMID: 21383388. 2: Dunning J, Butts R, Mourad F, Young I, Flannagan S, Perreault T. Dry needling: a literature review with implications for clinical practice guidelines. Phys Ther Rev. 2014 Aug;19(4):252-265. doi: 10.1179/108331913X13844245102034. PMID: 25143704; PMCID: PMC4117383. 3; Fang S. The successful treatment of pain associated with scar tissue using acupuncture. J Acupunct Meridian Stud. 2014 Oct;7(5):262-4. doi: 10.1016/j.jams.2014.05.001. Epub 2014 Jun 24. PMID: 25441952. 4; Tuckey C, Kohut S, Edgar DW. Efficacy of acupuncture in treating scars following tissue trauma. Scars Burn Heal. 2019 Mar 11;5:2059513119831911. doi: 10.1177/2059513119831911. PMID: 30886746; PMCID: PMC6415480.
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E se la luce potesse aiutare? L’uso della Fotobiomodulazione transcranica nella malattia di Parkinson: uno studio clinico controllato
E se la luce potesse aiutare? L’uso della fotobiomodulazione transcranica nella malattia di Parkinson: uno studio clinico controllato Introduzione – Background Teorico Nel morbo di Parkinson (PD), si osserva una degenerazione delle cellule nervose dei gangli basali e nella parte compatta della sostanza nera. La degenerazione, che colpisce aree cerebrali sottocorticali, coinvolge i neuroni situati nella sostanza nera unita ad accumuli di proteine alfa-sinucelina, e una diminuzione nella produzione di dopamina. L’effetto della deplezione di dopamina è il verificarsi dell’ipocinesia, una riduzione complessiva dell’uscita dei segnali motori. La fotobiomodulazione (PBM) è una tecnica di stimolazione transcranica non invasiva e indolore che va ad agire a livello corticale, generando attraverso vari processi biochimici la modulazione dei processi neuroinfiammatori e agendo sulla sintomatologia che ne deriva. La fotobiomodulazione agisce a livello della superficie corticale cerebrale e coinvolge le aree motorie presenti nell’area corticale del cervello. Tra gli effetti documentati della fotobiomodulazione ritroviamo benefici sulla microcircolazione cerebrale, sul metabolismo, sullo stress ossidativo, sulla neurogenesi, sull’apoptosi. L’intuizione del nostro gruppo di ricerca riguarda il controllo che l’area corticale cerebrale può avere sull’area sottocorticale. Obiettivo Lo scopo del nostro studio è quello di studiare se una riabilitazione fisioterapica di 4 settimane combinata con il trattamento di PBM in transcranica in pazienti con PD è più efficace della sola riabilitazione motoria e se il miglioramento persiste a 1 mese di follow-up. Metodi Tabella 1 descrive la ripartizione dei pazienti PD nei 2 gruppi, la fascia d’età e il percorso riabilitativo e di valutazione che hanno svolto. Tabella 2 mostra i metodi di indagine utilizzati per la valutazione dell’efficienza cognitiva globale (MMSE) e per la valutazione funzionale della patologia Il gruppo sperimentale esegue una riabilitazione fisioterapica unita a trattamento PMB Near-InfraRed a 810 nm su aree specifiche come mostrato in Figura 1. CAN 1  area motoria, premotoria e visiva con intensità stimolazione 100% CAN 2  area esecutiva, sensoriale e linguistica con intensità stimolazione 75% Risultati Tutti i parametri sono migliorati in ogni gruppo; i miglioramenti più significativi alla fine del trattamento si sono avuti nel gruppo sperimentale. Gruppo di controllo: 1° Misurazione: punteggio medio di compromissione moderato 2° Misurazione: punteggio medio di compromissione lieve. 3° Misurazione: punteggio medio di compromissione moderato. Gruppo sperimentale: 1° Misurazione: punteggio medio di compromissione moderato. 2° Misurazione: punteggio medio di compromissione minima. 3° Misurazione: punteggio medio di compromissione lieve. Gruppo sperimentale: a livello motorio: riduzione tremore, miglioramento orientamento visuo-spaziale, postura eretta e camminata sicura. A livello ADL: miglioramento dell’umore, minor sonnolenza e affaticamento e ridotta sensazione di mancamento nell’assumere la posizione eretta –> permane anche al follow-up di 1 mese. Il trattamento di PBM si dimostra efficace nel miglioramento delle funzioni motorie e cognitive riportate a seguito del trattamento e fino a 4 settimane dopo in quanto in grado di migliorare il profilo metabolico cellulare e tissutale. I nostri risultati dimostrano che la combinazione del trattamento di PBM (Near-InfraRed) a 810 nm unito a riabilitazione fisioterapica è stata efficace nel migliorare i sintomi motori nei pazienti affetti da PD e il miglioramento dell’equilibrio, dell’andatura e del tremore è stato parzialmente mantenuto dopo 1 mese; rimangono evidenti miglioramenti per quanto riguarda i sintomi cognitivi. Rimane da vagliare la possibilità che la PBM possa influenzare e agevolare la captazione dopaminica nei neuroni dopaminergici. Bibliografia Samorindo Peci., et al. “A Pilot Study of Photobiomodulation Therapy Using Nir: Pre and Post 810 Nm Stimulation in Patients Affected by Neurological Diseases”. EC Neurology 12.4 (2020): 103-118. Goetz CG, et al.; Movement Disorder Society UPDRS Revision Task Force. “Movement Disorder Society-sponsored revision of the Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (MDS-UPDRS): scale presentation and clinimetric testing results”. Mov Disord. 2008 Nov 15;23(15):2129-70.
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Tossina botulinica di tipo a nel trattamento dell’ipersalivazione indotta da clozapina in un paziente affetto da schizofrenia ad esordio precoce – case report
TOSSINA BOTULINICA DI TIPO A NEL TRATTAMENTO DELL’IPERSALIVAZIONE INDOTTA DA CLOZAPINA IN UN PAZIENTE AFFETTO DA SCHIZOFRENIA AD ESORDIO PRECOCE – CASE REPORT Marra F., Andrani M., Ianieri G., Marvulli R., Gallo G., Ranieri M., Megna M. . U.O.C. Medicina fisica e riabilitazione e Unità Spinale Unipolare – Dipartimento di Scienze Mediche di Base, Neuroscienze e Organi di Senso, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” ABSTRACT Introduzione La scialorrea (definita anche ptialismo o ipersalivazione) è causata da un’eccessiva produzione di saliva all’interno della cavità orale. La prevalenza di essa nei pazienti sottoposti a trattamento con clozapina è di circa il 30% (10-92%); tale fenomeno avverso tende a svilupparsi precocemente con l’avvio della terapia e risulta essere più frequente dell’agranulocitosi, uno dei principali e temuti effetti collaterali di tale farmaco (Maher et al. 2016). L’ipersalivazione indotta da clozapina (CIH) può comportare l’insorgenza di macerazioni muco-cutanee orali, alitosi, disfonia, tosse, risvegli notturni, disturbi del sonno fino a polmonite ab ingestis da aspirazione salivare (Bird et al. 2011). Tali conseguenze inficiano la qualità di vita del paziente che tende all’isolamento sociale e alla scarsa compliance terapeutica (Yesilyurt et al. 2010). L’unico intervento terapeutico capace di avere il massimo effetto nella riduzione della CIH risulta essere legato all’inoculazione di Tossina Botulinica (BoNT) (Yesilyurt et al. 2010, Bird et al. 2011) a livello delle ghiandole salivari parotide e sottomandibolare bilateralmente. L’attuale letteratura internazionale riporta solo sei case reports trattati attraverso l’inoculazione di BoNT di cui quattro trattati con Tossina Botulinica di tipo B e due trattati con Tossina Botulinica di tipo A. Materiali e metodi Il presente lavoro è inerente il caso clinico di un paziente affetto da Schizofrenia ad esordio precoce e CIH non responsiva alla terapia di primo livello e sottoposto ad inoculazione (sotto guida ecografica) di Incobotulinumtoxin a livello delle ghiandole salivari con un dosaggio complessivo di 90 U ad una diluizione di 1 cc di soluzione fisiologica; in particolare sono state trattate le ghiandole parotidi ad un dosaggio di 25 U e le ghiandole sottomandibolari ad un dosaggio di 20 U ciascuna. La quantificazione dell’ ipersalivazione è stata effettuata con “test della garza” (si esegue attraverso il posizionamento di garze sterili a livello sotto linguale e latero-gengivale al fine di quantificare, con l’utilizzo di un bilancino elettronico di precisione, la produzione salivare nell’intervallo di tempo di un minuto). Dopo la seduta infiltrativa (T0) il paziente è stato sottoposto a controllo clinico e strumentale ad intervalli prefissati: il mese successivo al trattamento (T1), a distanza di tre mesi (T2) e a distanza di quattro mesi (T3). Risultati Il beneficio clinico è risultato evidente sin dal primo controllo post infiltrativo (T1) con una riduzione superiore al 50% della CIH rispetto al livello basale; la persistenza del trattamento si è ulteriormente implementata fino al controllo T3 (Test della garza: T0 + 1,5 grammi, T1 + 0,7 grammi, T2 + 0,6 grammi, T3 + 0,4 grammi). Conclusioni Il trattamento della CIH attraverso l’inoculazione eco-guidata di Incobotilumtoxin a livello delle ghiandole salivari è un trattamento sicuro ed efficace con ripercussioni positive e di lunga durata sia dal punto quantitativo (riduzione della produzione salivare indotta) sia dal punto di vista della qualità di vita del paziente e della gestione quotidiana da parte dei caregivers. Parole chiave: schizofrenia, clozapina, scialorrea, tossina botulinica tipo A, ghiandole salivari. Bibliografia • Saha S, Chant D, Welham J, McGrath J. A systematic review of prevalence of schizophrenia. PLoS Med 2005;2:e141. • Nicolson R, Rapoport JL. Childhood-onset schizophrenia: rare but worth studying. Biol Psychiatry 1999;46:1418-28. • Gillberg D, Hellgren L, Gillberg C. Psychotic disorders diagnosed in adolescence: outcome at age 30 years. J Child Psychol Psychiatry 1993; 34:1173-85. • Siskind, D., McCartney, L., Goldschlager, R., & Kisely, S. (2016). Clozapine v. first- and second-generation antipsychotics in treatment-refractory schizophrenia: Systematic review and meta-analysis. British Journal of Psychiatry, 209(5), 385-392. doi:10.1192/bjp.bp.115.177261 • Potkin, S.G., Kane, J.M., Correll, C.U. et al. The neurobiology of treatment-resistant schizophrenia: paths to antipsychotic resistance and a roadmap for future research. npj Schizophr 6, 1 (2020). • Maher, S., Cunningham, A., O’Callaghan, N., Byrne, F., Mc Donald, C., McInerney, S., & Hallahan, B. (2016). Clozapine-induced hypersalivation: an estimate of prevalence, severity and impact on quality of life. Therapeutic Advances in Psychopharmacology, 178–184. • Verma, R., Anand, K.S. Botulinum toxin: a novel therapy for clozapine-induced sialorrhoea. Psychopharmacology 235, 369–371 (2018). • Yesilyurt S, Aras I, Altinbas K, Atagun MI, Kurt E (2010) Pathophysiology of clozapine induced sialorrhea and current treatment choices. Düşünen Adam 23(4):275–281 • Bird AM, Smith TL, Walton AE (2011) Current treatment strategies for clozapine-induced sialorrhea. Ann Pharmacother 45(5):667–675.
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Utilizzo delle onde d’urto extracorporee nella riabilitazione del paziente con linfedema post-mastectomia: dati preliminari
Utilizzo delle onde d’urto extracorporee nella riabilitazione del paziente con linfedema post-mastectomia: dati preliminari. Autori: F. Flocco, C.Cantarella, V.Liotti, C.D’Aurizio Corrispondenza: P.O. Popoli U.O.C. Riabilitazione Introduzione Una delle complicanze più importanti del trattamento del carcinoma mammario è costituito dallo sviluppo dl linfedema. La terapia decongestionante complessa, che include linfodrenaggio manuale, bendaggio elestocompressivo, esercizi isotonici, norme igieniche e trattamento farmacologico, ha mostrato in diverse review una buona efficacia. Tuttavia, è un trattamento che richiede un notevole consumo di risorse. Pertanto, negli ultimi anni sono stati condotti studi per investigare l’efficacia di trattamenti alternativi, compresa la terapia con onde d’urto extracorporee (ESWT). Studi su modelli animali hanno recentemente dimostrato che la ESWT stimola la linfoangiogenesi e riduce il linfedema attraverso un incremento del rilascio di VEGF. Materiali e Metodi Abbiamo selezionato le pazienti con linfedema al III° stadio giunte alla nostra osservazione per trattamento riabilitativo. Al trattamento con linfodrenaggio manuale, bendaggio elastico multistrato, ginnastica isotonica, prescrizione di un adeguato indumento elastico di contenimento, abbiamo associato un ciclo di onde d’urto extracorporee radiali con manipolo power ( Swiss Dolorclast master ). La durata di un ciclo di trattamento varia dalle 3 alle 4 settimane, in relazione all’entità dell’edema, alla fibrosi, della risposta al trattamento stesso. Le onde d’urto sono state eseguite a frequenza settimanale, durante il periodo del trattamento, per un totale di 4 accessi, con pressione di 3 bar, a 10 Hz, 2000 colpi con energia di 102,8mJ/mm², con la tecnica della spazzolata sulle aree maggiormente fibrotiche. Per la valutazione sono state utilizzate la Check list ICF per il linfedema, la scala DASH con i Brief Core set per il carcinoma della mammella e la misurazione centimetrica. Risultati Abbiamo arruolato 4 pazienti con linfedema al III° stadio di età compresa tra 54 e 64 anni, già in passato sottoposte ad almeno un ciclo di terapia complessa decongestionante nel nostro ambulatorio divisionale. In tutte le pazienti era stato eseguito svuotamento dei linfonodi ascellari e radioterapia almeno due anni prima. Il trattamento con onde d’urto extracorporee è stato ben tollerato dalle pazienti, e non abbiamo riscontrato nessun effetto collaterale, se non un transitorio arrossamento dell’area trattata in un caso. Abbiamo ottenuto una significativa riduzione dell’edema alla misurazione centimetrica, più evidente rispetto ai cicli eseguiti in precedenza senza applicazione delle onde d’urto. Alla Check list abbiamo riscontrato un miglioramento soprattutto nei domini uso fine della mano ( d440) e nel prendersi cura di singole parti del corpo ( d520). Conclusioni Il numero dei casi trattati è ovviamente ancora esiguo e non si presta ad analisi statistiche. Tuttavia, in accordo con i dati di letteratura, abbiamo potuto riscontrare una buona tollerabilità e risposta all’applicazione delle onde d’urto nelle aree maggiormente fibrotiche. Questo trattamento, di semplice applicazione nei casi appropriatamente selezionati e relativamente poco costoso, può sicuramente costituire un utile strumento nella gestione del linfedema, consentendo di ottenere risultati migliori e più duraturi nel tempo. Questo dato riveste una particolare importanza, se si considerano la necessità di ripetere numerosi cicli di terapia decongestionante nel tempo e l’esiguità delle risorse disponibili per assistere adeguatamente le persone con grosso braccio post-mastectomia. Bibliografia M.Kubo, T-S Li, T.Kamota et al. Extracorporeal shock wave therapy ameliorates secondary lymphedema by promoting lymphoangiogenesis. Journal of Vascular Surgery, 2010vol52, number 2, pag.429-434 H.Bae, H.J.Kim Clinical Outcomes of Extracorporeal Shock Wave Therapy With Secondary Lymphedema: A Pilot Study Ann Rehabil Med 2013; 37 (2) 229-234M. A.Cebicci, S.T.Sutbeyaz, S.S. Goksu et al Extracorporeal Shock Wave Therapy for Breast cancer-Related Lymphedema: A Pilot Study Arch Phys Med and Rehabil 2016:97, 1520-5
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modello sperimentale CorsiaRiabilitaCovid
48°Congresso Nazionale in modalità digitale RIPARTIRE…DA LONTANI PERCHE’ NESSUNO RESTI INDIETRO 2-4 dicembre 2020 UN PROGETTO ORGANIZZATIVO/ GESTIONALE “CorsiaRiabilitaCovid” Autori: Giuseppina Franzone, Manuela Di Virgilio, Marino Iommarini, Enrico Marini, Francesco Delle Monache, Bruno Raggiunti, Dino Macera, Anna Ceci, Cocchini Camillo, Del Papa Marcella, Pisciella Nadia, Iacone Antonella, Fortuna Giovanna, Di Antonio Francesco, Mazzocchetti Federica, Riccitelli Marco, Piantini Fabio Luca. Introduzione Il progetto denominato “CorsiaRiabilitaCovid-19” è prodotto dall’ equipe di Medicina Fisica e Riabilitazione del PO di Atri (Ospedale Covid-19), si prefigge attraverso la riabilitazione respiratoria e motoria di aiutare i pazienti affetti da Covid-19 in fase acuta, subacuta e degli esiti, al controllo dei sintomi e al miglioramento delle loro attività quotidiane. I percorsi di presa in carico dei pazienti differenziati per complessità di cure, metaforicamente rappresentati dal «semaforo», sono: 1) percorso rosso: presa in carico riabilitativa ospedaliera; 2) percorso giallo: isolamento fiduciario domiciliare; 3) percorso verde: ambulatoriale e /o domiciliare. Obiettivi Il fine principale della riabilitazione respiratoria-motoria, è quello di contrastare l’allettamento, migliorare la dinamica respiratoria, contrastare l’immobilità e ridurre gli esiti delle complicanze della fase acuta; recuperare la performance fisica in fase post acuta con miglioramento della qualità della vita; riduzione della durata della degenza ospedaliera; miglioramento dell’ integrazione “rete ospedale e territorio”, attraverso l’attivazione del modello organizzativo delle dimissioni protette, in raccordo con strutture ADI e DSS e altre istituzioni presenti sul territorio; garantire continuità assistenziale- riabilitativa nei diversi setting assistenziali; orientare ed educare il paziente e caregiver nel proprio ambiente di vita. Materiali e Metodi Costituzione gruppo di miglioramento: creazione di un’equipe multidisciplinare/multiprofessionale tra UUOO/servizi interessati coinvolti nell’ erogazione della riabilitazione respiratoria/motoria. Passaggi di comunicazioni istituzionali. Audit organizzativo: valutazione e condivisione dei processi organizzativi di supporto alla attività riabilitative (sistemi informativi aziendali, procedure organizzative finalizzate al raccordo dei professionisti coinvolti, scelta delle scale di misura da utilizzare, predisposizione cartelle condivise tra MFR PO e DSB). Formazione interna U.O.S.D. M.F.R. P.O. di Atri: formazione, addestramento pratico e video tutorial aziendali al corretto uso dei DPI/percorsi e protocolli interni per il personale sanitario, come previsto dalla normativa vigente Materiale: saturimetri, ausili per la deambulazione, incentivatori di flusso, cyclette, scale di misura, utilizzo dei sistemi informatizzati. Risultati I risultati attesi, in linea con gli obiettivi prefissati, saranno misurati con specifici indicatori e resi noti nel 1 trimestre 2021: N. presenza del PRI / richieste pervenute; N. dimissioni protette (NAIOT)/richieste pervenute; N. scale test di misura somministrate/ sul totale dei casi trattati; N. follow-up eseguiti / numero pazienti presi in carico; somministrazione questionari di gradimento/sul numero totale casi trattati. Conclusioni Concludendo possiamo affermare che i risultati parziali fin ora analizzati evidenziano che: • è necessari eseguire durante la riabilitazione respiratoria in regime di ricovero valutazioni dell’andamento clinico mediante scale di valutazione ed esami ematici e radiografici; • la riabilitazione respiratoria allevia i sintomi di dispnea, ansia e depressione, migliora la funzione fisica e la qualità della vita; • per ricoverati gravi / critici, la prestazione precoce della riabilitazione polmonare non è suggerita; • i pazienti isolati a domicilio, la riabilitazione polmonare e condotta attraverso video educativi, manuale di istruzioni o consultazione a distanza migliora gli outcome. Bibliografia • “Gestione pneumologica dei pazienti con infezione respiratoria da COVID-19”. ITS (Italian Thoracic Society), AIPO (Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri) , SIP (Società Italiana Pneumologia).Versione 08 Marzo 2020. • “Linee Guida Cinesi sulla Gestione di COVID-19”. Versione 7°. Pubblicate in data 3/3/2020 dalla Commissione della Salute Nazionale della R.P.C. e dall’Amministrazione Nazionale della Medicina Tradizionale della R.P.C. Tradotto da Jinwei Sun. • “Raccomandazione di gestione ottimale dei pz COVID” in Riabilitazione Società Scientifica Riabilitazione (S.S.R.). Milano, 31 marzo 2020.
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Un’analisi secondo icf degli effetti dell’interruzione del trattamento con tossina botulinica in pazienti con paresi spastica durante la pandemia Covid-19: Cortox
Introduzione La pandemia COVID-19 ha colpito i sistemi sanitari di tutto il mondo, compresa l’attività ambulatoriale del trattamento della spasticità con neurotossina botulinica di tipo A (BoNT-A). L’obiettivo dello studio è stato studiare l’impatto dell’interruzione del trattamento con BoNT-A sui pazienti affetti da spasticità nel periodo di lockdown durante la pandemia di COVID-19. Materiali e Metodi Abbiamo condotto uno studio trasversale multicentrico svolto in quattro dei principali centri di spasticità italiani (Foggia, Costa Masnaga, Verona, Novara). È stata condotta un’indagine telefonica nel periodo che andava da marzo a maggio 2020. Sono stati inclusi nell studio pazienti (>18 anni) affetti da paresi spastica in esiti di ictus e lesioni cerebrali traumatiche già in terapia con BoNT-A da almeno un anno, che hanno dovuto interrompere il trattamento a causa dell’interruzione delle attività ambulatoriali in seguito al lockdown. Sulla base della classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF), è stato sviluppato un questionario ad hoc per indagare le esperienze dei pazienti a seguito dell’interruzione del trattamento e gli effetti sulla percezione della salute. Il questionario ha valutato le condizioni dei pazienti ed esplorato diversi domini ICF correlati alla paresi spastica: sensazioni spiacevoli, mobilità, cura di sé, facilitatori e fattori psicosociali. La somma di questi domini rappresentava il punteggio CORTOX (Max 142). Il questionario ha anche raccolto dati sull’impatto del COVID-19 sul benessere dei pazienti (umore, sonno, relazioni, vita di comunità, motivazione) e su opinioni riguardo l’utilità del trattamento con BONT-A. Risultati Un totale di 151 partecipanti ha completato il questionario. La maggior parte dei partecipanti (72,2%) ha sperimentato un peggioramento della spasticità percepita, il 53% è peggiorato nell’indipendenza e il 70,9% ha avuto un impatto negativo sulla qualità della vita. Il punteggio CORTOX medio è stato 52,85 ± 27,25, riflettendo un peggioramento percepito in tutti i domini ICF studiati. Sono state trovate correlazioni da moderate a forti tra i diversi punteggi parziali del questionario e la gravità della spasticità (p <0,001). I fattori psicosociali COVID-19 erano associati alla perdita di indipendenza (p <0,05) ma solo l'umore era associato al peggioramento della spasticità (p <0,001). La mancanza di terapia riabilitativa è stata associata significativamente al peggioramento dell'indipendenza ma non al peggioramento della spasticità. Infine, gli intervistati hanno riferito che il trattamento BoNT-A fosse utile per la loro condizione (99,3%) e che non dovrebbe essere interrotto (77,5%). Conclusioni L'interruzione del trattamento con BoNT-A è stata associata a un peggioramento delle attività, della partecipazione e della spasticità percepita nei pazienti affetti da spasticità. I problemi e la riabilitazione correlati a COVID-19 hanno mostrato un'associazione con la perdita di indipendenza. Questo può fornire informazioni utili nel campo della gestione della spasticità attraverso l’utilizzo di un approccio centrato sul paziente. Bibliografia 1 Royal College of Physicians. Spasticity in Adults: Management using Botulinum Toxin. 2018. 2 Turner-Stokes L, Ashford S, Esquenazi A, Wissel J, Ward AB, Francisco G, et al. A comprehensive person-centered approach to adult spastic paresis: A consensus-based framework. Eur J Phys Rehabil Med. 2018;54(4):605–17. 3 Phadke C, Reid S, Sasaki A, Choi K, Peters J, Chapman E, et al. ICF-WHO Model to Describe Goal Characteristics Among Individuals with Spasticity Receiving Botulinum Injections. Arch Phys Med Rehabil. 2016 DOI: 10.1016/j.apmr.2016.08.124
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Lesioni da decubito e riabilitazione un binomio sempre molto intenso
LESIONI DA DECUBITO E RIABILITAZIONE UN BINOMIO SEMPRE MOLTO INTENSO L.SCALZO, L.CRUDO Casa di Cura Villa Rachele Maida Introduzione: Le lesioni da decubito rappresentano un elemento molto importante nel progetto riabilitativo individuale e nel processo di presa in carico globale. Esse si riscontrano frequentemente sia nelle disabilità di origine ortopedica che di origine neurologica e influenzano il processo di recupero funzionale. (1) Materiali e Metodi: Nella nostra UO nel periodo compreso tra il 1 Gennaio e il 28 Febbraio 2020 abbiamo esaminato 20 pazienti ( 12 D e 8 F età media 65,6 anni ) che venivano alla nostra osservazione prevalentemente per esiti di frattura femorale o per esiti di ictus cerebri esaminando l’incidenza del fenomeno lesione da decubito e come questa avesse ritardato il processo di recupero. Sono stati divisi i pazienti in due braccia : pazienti con frattura di femore o con ictus cerebri senza lesione da decubito e pazienti con frattura di femore o ictus cerebri e lesione da decubito. La lesione è stata studiata secondo le scale di Norton e di Braden e sottoposta a trattamento quotidiano in modo diverso in rapporto all’intensità del danno tissutale. (2) Risultati: E’ stato visto che i pazienti con lesione da decubito hanno un recupero più lento in alcuni ITEM della scala FIM sia sotto l’aspetto motorio che sotto l’aspetto cognitivo e vi è anche una modifica di alcuni qualificatori ICF connessi alle strutture e funzioni corporee e alle attività e partecipazione(3). Conclusioni: La conoscenza delle lesioni da decubito, della fisiopatologia dei decubiti rappresenta un elemento da tenere presente nella realizzazione del progetto riabilitativo al fine di stratificare le tecniche di intervento in modo più appropriato garantendo una presa in carico globale migliore della persona. Bibliografia: 1) Linee guida di prevenzione delle ulcere da pressione – European Pressare Ulcer Advisory Panel, edizione italiana, 2000; 2) Prevenzione e cura delle lesioni da decubito Guida per una corretta assistenza a domicilio A.I.S.L. e C. 1999; 3) Di Giulio P. La valutazione del rischio di contrarre lesioni da decubito nei pazienti ospedalizzati. Rivista dell’infermiere 1995, 4; 187-193;
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La riabilitazione del pavimento pelvico nell’incontinenza urinaria femminile ed effetti sulla quality of life. review sistematica
LA RIABILITAZIONE DEL PAVIMENTO PELVICO NELL’INCONTINENZA URINARIA FEMMINILE ED EFFETTI SULLA QUALITY OF LIFE. REVIEW SISTEMATICA Alessandra Aglieco , Maria Giuseppa Onesta, Lucia D. Rapisarda, Michele Vecchio Medico Fisiatra IRCCS Morgagni, Catania ; Direttore Unità Spinale Unipolare, AOEC, Catania ; Dirigente Medico Unità Spinale Unipolare,AOEC, Catania ; Direttore Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitazione, Catania  Introduzione L’incontinenza urinaria UI è una patologia che affligge il 4% – 8% della popolazione. Essa viene classificata in: incontinenza urinaria da stress SUI, da urgenza UUI e mista MUI. L’incontinenza urinaria da stress è la perdita involontaria di urine durante lo sforzo. Il meccanismo responsabile è il deficit del supporto uretrale dovuto ad una insufficienza del Pelvi Floor Muscle e dello sfintere interno. Tale patologia ha un impatto psicologico importante sulla vita privata, sociale e professionale delle donne che ne sono affette, riducendone la qualità di vita QoL. Il Pelvic Floor Muscle Training gioca un ruolo essenziale nel trattamento delle disfunzioni del pavimento pelvico, quali: prolasso, disfunzioni sessuali, deficit muscolari, dolore pelvico cronico, con il più alto livello di evidenza nel trattamento conservativo dell’incontinenza urinaria. Risultati Per valutale la Quality of life delle pazienti con riferimento alle disfunzioni urinarie, il questionario maggiormente utilizzato è l’I-QoL, seguito dal KHQ ed ICIQ-SF. La durata ideale del trattamento è di 12 settimane. La PFMT supervisionata sembra dare risultati migliori. Il PFMT può essere usato sia come mono-trattamento che in trattamento combinato con altre metodiche, FES e BFB. L’utilizzo del diario minzionale è un valido mezzo diagnostico-terapeutico. Il Pad test risulta essere un metodo utile e presente nella quasi totalità degli studi per valutare l’entità delle perdite urinarie. La PFM streght viene valutata maggiormente avvalendosi della palpazione digito vaginale da parte di un Obiettivi: obiettivo primario è valutare gli degli interventi sulla incontinenza urinaria ed effetti il loro operatore, tramite il PC test o tramite l’uso di un perineometro che è in grado di dare risultati oggettivi. impatto sulla qualità di vita delle donne che ne sono affette. Metodi: Nell’agosto 2020, sono stati selezionati solo articoli RCT dal 1995 al 2020. Conclusioni L’analisi della letteratura ci ha permesso di confermare l’utilità del trattamento riabilitativo della SUI e MUI. Statisticamente significativi sono anche i miglioramenti nella qualità di vita delle pazienti, in campo personale, sociale, lavorativo e di relazione con il proprio partner. Un dato che emerge dal nostro studio di revisione di particolare rilievo è che la compliance delle pazienti è maggiore se il trattamento non dura più di 3 mesi e se sottoposte a fisioterapia assistita rispetto a coloro che eseguono gli esercizi nel proprio ambiente domestico Bibliografia 1. Abrams P, Cardozo L, Wagg A, Wein A. Incontinence, 6th edition 2017. 6th International nsultation on Incontinence, Tokyo, September, s. 22, 87–88. 3. Edwall L, Carlst 2. Farage MA, Miller KW, Berardesca E, Maibach HI. Psychosocial and societal burden of incontinence in the aged population: a review. Arch Gynecol Obstet. 2008;277(4):285– 290 www.postersession.com www.postersession.com
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Efficacia di un trattamento con piattaforma robotica sull’instabilità posturale in pazienti con malattia di Parkinson lieve: uno studio pilota, in singolo cieco, randomizzato e controllato
Introduzione L’instabilità posturale è uno dei sintomi cardinali motori del Morbo di Parkinson. L’instabilità posturale è definita come l’inabilità a mantenere l’equilibrio in condizioni statiche e dinamiche. È un sintomo che solitamente si manifesta negli stadi avanzati di malattia, tuttavia recenti studi hanno dimostrato che è presente anche negli stadi precoci e può essere riscontrato nei pazienti con diagnosi de-novo1. Una precoce identificazione dell’instabilità posturale ed un efficace e tempestivo trattamento della stessa sono indispensabili per limitarne la progressione e l’impatto negativo sulla qualità di vita e sul rischio di caduta dei pazienti con morbo di Parkinson. È noto che l’esercizio e la fisioterapia hanno un effetto benefico2. L’approccio migliore è iniziare l’attività fisica nelle prime fasi della malattia con un trattamento riabilitativo personalizzato che abbia come target il deficit motorio e allo stesso tempo potenzi la neuroplasticità3. In questo contesto, i recenti sviluppi della tecnologia robotica nel campo della riabilitazione hanno portato all’introduzione di nuove apparecchiature per il trattamento dei pazienti con Parkinson. Tra queste una alternativa è hunova® (Movendo Technology, Genova, Italia), una piattaforma robotica “end-effector” sviluppata per la riabilitazione sensorimotoria degli arti inferiori e del tronco in condizioni statiche e dinamiche. L’obiettivo primario dello studio è stato quello di valutare l’efficacia di un trattamento su piattaforma robotica hunova® nel migliorare la stabilità posturale nei pazienti con malattia di Parkinson negli stadi precoci. L’obiettivo secondario è stato valutare se il trattamento su piattaforma robotica avesse un effetto benefico anche sulla qualità della vita e sulla velocità del cammino. Materiali e Metodi È stato condotto uno studio pilota randomizzato in singolo cieco su 22 pazienti con malattia di Parkinson lieve (H&Y 1-2) nella struttura complessa di medicina fisica e riabilitativa degli Ospedali Riuniti di Foggia. I pazienti sono stati randomizzati in due gruppi: gruppo sperimentale (11 soggetti, età media: 68 ± 6,9) per il trattamento robotico e gruppo di controllo per il trattamento convenzionale (11 soggetti, età media: 67,27 ± 4,85). Entrambi i gruppi hanno eseguito un trattamento per migliorare l’equilibrio statico, proattivo e reattivo. Ogni paziente ha ricevuto 20 sedute di trattamento (45 minuti / sessione, 5 volte / settimana). Sono state condotte valutazioni in cieco prima e dopo il trattamento e 1 mese dopo il trattamento. Le misure di outcome primarie erano il Mini Best test e la Berg Balance Scale; le misure di outcome secondarie erano il 10 meter walking test e il Parkinson’s Disease Questionnaire 39 (PDQ-39). Il gruppo sperimentale ha eseguito il trattamento sul dispositivo robotico hunova®. hunova® è un dispositivo dotato di due pedane robotiche con due gradi di libertà posizionate una sotto i piedi e una sotto la seduta, permettendo un training sia in stazione eretta che in posizione assisa con diversi gradi di assistenza. Il sistema è integrato con un personal computer con schermo touch interattivo e un sensore IMU (Inertial Measurement Unit) posizionato sul tronco del paziente che permette di tracciare il movimento del paziente. Durante il training la pedana può essere ferma, può avere diversi gradi di movimento e può fornire perturbazioni. Il paziente inoltre riceve feedback visivi e uditivi e il terapista può regolare il livello di difficoltà adattandolo alle capacità del paziente. Risultati Sia i partecipanti al gruppo sperimentale che quello di controllo sono migliorati significativamente dopo il trattamento di equilibrio nelle misure di outcome primarie (Berg Balance Scale e Mini BEST test). Risultati simili sono stati trovati per tutte le misure di outcome secondario. Il gruppo sperimentale ha ottenuto risultati significativamente migliori rispetto a quelli del gruppo del trattamento convenzionale sia nella valutazione post-intervento che nel follow-up negli outcome primari (p <0,05). Nessuna differenza significativa tra i gruppi è stata trovata negli outcome secondari. Conclusioni Il trattamento con pedana robotica hunova® potrebbe essere uno strumento promettente per migliorare la stabilità posturale nei pazienti con malattia di Parkinson lieve. Il dispositivo robotico consente un trattamento intenso, divertente, orientato al compito, stimolante e personalizzato migliorando l'apprendimento motorio e la neuroplasticità. Bibliografia 1. Johansson C, Lindström B, Forsgren L, Johansson GM. Balance and mobility in patients with newly diagnosed Parkinson’s disease – a five-year follow-up of a cohort in northern Sweden. Disabil Rehabil. 2020;42(6):770-778. doi:10.1080/09638288.2018.1509240 2. Tomlinson CL, Herd CP, Clarke CE, et al. Physiotherapy for parkinson’s disease: A comparison of techniques. Cochrane Database Syst Rev. 2014;2014(6):1-119. doi:10.1002/14651858.CD002815.pub2 3. Abbruzzese G, Marchese R, Avanzino L, Pelosin E. Rehabilitation for Parkinson’s disease: Current outlook and future challenges. Park Relat Disord. 2016;22:S60-S64. doi:10.1016/j.parkreldis.2015.09.005
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Danno cerebrale e conseguenze neuropsicologiche: quale relazione?
Danno cerebrale e conseguenze neuropsicologiche: quale relazione? Pisanu P.*, Lucchetti D.*, Contu N.*, Cinquina A.*, Leocata R.A.*, Saraceni V.M.* *Reparto di Riabilitazione post-acuta e Neuroriabilitazione, Mater Olbia Hospital Introduzione Il lobo temporale partecipa a numerose funzioni sensoriali e intellettive tra cui processi mnemonici, comprensione e organizzazione del linguaggio parlato, percezione olfattiva, controllo dei processi emozionali e affettivi [1]. Pertanto, una lesione in questa specifica area potrebbe comprometterne il normale funzionamento [2]. Il nostro studio osservazionale evidenzia una sorprendente non lineare correlazione tra lesione cerebrale e danno funzionale: nonostante la presenza di una vasta area ipodensa in sede temporale destra, si evince un quadro cognitivo integro che ha consentito di svolgere un adeguato programma riabilitativo con evidenti miglioramenti relativi alla codifica, immagazzinamento e recupero del corretto schema del passo e a una buona adesione al trattamento con un conseguente miglioramento delle autonomie. Materiali e Metodi Maschio, 76 anni, operato di PTG sinistro. All’arrivo nel Reparto di Medicina Fisica e Riabilitazione le condizioni generali appaiono buone. Alla Valutazione Barthel il paziente ottiene un punteggio di 43. Lo stato funzionale evidenzia una condizione parzialmente dipendente. Viene redatto il Progetto Riabilitativo Individuale (PRI) della durata di 14 giorni con l’obiettivo di recupero di una deambulazione autonoma. Date l’integrità delle funzioni cognitive il paziente risponde positivamente al trattamento riabilitativo eseguendo correttamente anche gli esercizi più complessi. Al mattino del quinto giorno di degenza a seguito di caduta accidentale e trauma contusivo a livello della regione occipitale del capo sul pavimento, il medico fisiatra richiede:  Tomografia Computerizzata (TC) del cranio con successiva TC alle 24 ore;  Valutazione neurologica, cardiologica e Eco Doppler TsA;  Valutazione Neuropsicologica; Risultati La TC evidenzia a destra, in sede temporale, cortico-sottocorticale un’area ipodensa, a margini sfumati e limiti mal definiti, che misura 52 x 30 mm nei maggiori diametri, da riferire a esiti di pregressa lesione vascolare di cui non si riesce a risalire alla datazione in quanto sconosciuto al paziente. La TC di controllo dopo 24 ore appare sostanzialmente invariata rispetto a quella precedente. Alla visita neurologica il paziente appare vigile ed orientato, non emergono deficit di forza o di sensibilità, nervi cranici indenni, non disturbi dell’attenzione spaziale, NIHSS 0. Lo studio cardiologico ha evidenziato la presenza di una Fibrillazione Atriale in atto sconosciuta al paziente, che a domicilio esegue terapia anti-ipertensiva. L’Eco Doppler dei TsA non evidenzia lesioni ateromasiche significative nè stenosi emodinamiche. Viene eseguita indagine neuropsicologica con l’obiettivo di valutare l’eventuale presenza di deficit delle funzioni cognitive. All’esame cognitivo il paziente è apparso vigile, orientato nel tempo e orientato nello spazio. L’atteggiamento è risultato congruo al contesto. Al colloquio non presenta alterazioni di forma e contenuto del pensiero. Il linguaggio spontaneo appare fluente, veicola una discreta quantità di informazioni con una prosodia e articolazione nella norma. La comprensione appare conservata. Nonostante quanto emerso dalle neuroimmagini la valutazione neuropsicologica ha permesso di evidenziare un funzionamento cognitivo-comportamentale nella norma pertanto non sono state poste indicazioni per eseguire un programma di stimolazione cognitiva. L’integrità delle funzioni cognitive sopra citate si traduce in una risposta adeguata al trattamento riabilitativo con il raggiungimento degli obiettivi sottostanti al momento della dimissione:  buona codifica, immagazzinamento e recupero del corretto schema del passo con conseguente incremento di lunghezza dei percorsi deambulatori e recupero della capacità di salire e scendere le scale;  recupero dell’ autonomia nelle A.D.L., come dimostrato dalla ri-valutazione Barthel in cui il paziente ottiene un punteggio di 96. Lo stato funzionale risulta essere quasi autonomo. Conclusioni Il nostro studio consente di osservare una sorprendente non lineare correlazione tra lesione cerebrale e danno funzionale. Ciò che emerge è un funzionamento cognitivo-comportamentale integro in un quadro caratterizzato da un’importante lesione dell’area temporale destra, deputata a numerosi processi sensoriali e intellettivi [1]. Pertanto, questo dato solleva almeno due interrogativi: al danno cerebrale corrisponde sempre una lineare correlazione funzionale? o il recupero funzionale dipende dalla capacità dei circuiti nervosi di riorganizzarsi in modo adattivo alla lesione?[3]. Bibliografia [1] Ainyette I.C., Bowers P., Mimiko O., Ahmed M., Lazar M., Lliguin H. (2001). Right temporal lobe function. Journal of Neurosurgery 95(2):372-3. [2] Pavlovic D., Pekic S., Stojanovic M., Popovic V. (2019). Traumatic brain injury: neuropathological, neurocognitive and neurobehavioral sequelae. Pituitary 22(3):270-282. [3] von Bernhardi R., Bernhardi L.E., Eugenín J. (2017). What Is Neural Plasticity? Advances in Experimental Medicine and Biology; 1015:1-15.
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Analisi delle problematiche funzionali nel lavoro in smart working durante l’emergenza Covid-19
Introduzione L’emergenza sanitaria da COVID-19 ha portato all’implementazione del lavoro da casa. In letteratura mancano studi caratterizzanti i lavoratori da remoto sia in termini di risultati lavorativi che di salute fisica. Lo scopo di questo studio è stato valutare l’impatto del lavoro agile sulla produttività percepita, sulla soddisfazione e sullo stress lavorativo nonché sull’insorgenza di disturbi muscoloscheletrici. Materiali e Metodi Lo studio trasversale che abbiamo condotto si basa sulla somministrazione di un questionario a lavoratori da remoto. Sono stati raccolti dati riguardanti la produttività percepita, lo stress e l’organizzazione della postazione di lavoro a casa. La soddisfazione lavorativa è stata valutata tramite la Utrecht Work Engagement Scale (UWES), mentre il dolore muscoloscheletrico correlato al lavoro è stato studiato mediante il Brief Pain Inventory (BPI) ed il Fear Avoidance Beliefs Questionnaire (FABQ). Risultati I 51 partecipanti hanno percepito una minore produttività (39,2%), minore stress (39,2%) ed uguale soddisfazione lavorativa (51%) rispetto al periodo di lavoro in ufficio. Il 41,2% ha riferito la presenza di lombalgia mentre il 23,5% di dolore cervicale. Il lavoro da remoto ha portato ad un peggioramento della cervicalgia nel 50% dei partecipanti, a differenza della lombalgia che non è peggiorata nel 47,6% dei casi. La maggior parte dei partecipanti ha utilizzato una sedia, un tavolo e un monitor non regolabili in altezza. Conclusioni Una postazione di lavoro a casa non confortevole aumenta i rischi per la salute, in particolare a carico della colonna vertebrale. L’utilizzo di attrezzature ergonomiche e l’assunzione di una postura congrua, può ridurre significativamente i rischi per la salute, con effetti positivi anche sulla produttività e sulla soddisfazione lavorativa. Bibliografia 1. Savic, D. COVID-19 and Work from Home: Digital Transformation of the Workforce. Grey J. (TGJ) 2020, 16, 101–104. 2.Baker, R et al. The Short Term Musculoskeletal and Cognitive Effects of Prolonged Sitting During Office Computer Work. Int. J. Environ. Res. Public Health 2018, 15, 1678. 3. Grant, CA et al. An exploration of the psychological factors affecting remote e-worker’s job effectiveness, well-being and work-life balance, Empl. Relat. 2013, 35, 527–546.
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Recupero funzionale delle persone con deficit conseguenti a infezione da Sars-CoV2 ricoverate presso l’UOC di Riabilitazione dell’Ospedale “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo
Recupero funzionale delle persone con deficit conseguenti a infezione da Sars-CoV2 ricoverate presso l’UOC di Riabilitazione dell’Ospedale “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo Dott.ssa S. Villella ¹, Dott. D. Mazzoleni², Ft A. Bertacco ¹, Dott. G. Molinero¹ 1. UOC Riabilitazione Specialistica-Unità Spinale, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo 2. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitazione, Università degli Studi di Milano-Bicocca Introduzione Il primo paziente positivo al Sars-CoV2 è stato ricoverato presso l’Ospedale “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo il 22/02/2020, dopo una settimana già 2 reparti (96 posti letto) erano occupati da pazienti COVID-19. A meno di un mese dal primo ricovero l’Ospedale ospitava 550 pazienti positivi (di cui 92 in ICU). In totale, al 31/07/2020, sono stati effettuati 2965 accessi al Pronto Soccorso per COVID-19 e di questi 2019 sono stati ricoverati presso il nostro Nosocomio. L’emergenza COVID-19 ha comportato, di conseguenza, un ridimensionamento e una trasformazione della nostra degenza riabilitativa e di tutte quelle del territorio. Scopo dello studio è quello di illustrare la tipologia e i deficit funzionali e clinici dei pazienti post COVID-19 ricoverati nel reparto di Riabilitazione Specialistica dell’Ospedale “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo durante l’emergenza COVID-19. Materiali e Metodi Tutti i pz inclusi nello studio erano provenienti da ICU (presso cui era stato eseguito doppio tampone Sars-CoV2 con esito negativo) e presentavano esiti neurologici, motori e/o cognitivi oltre che respiratori e cardiocircolatori conseguenti all’infezione da Sars-CoV2. Dal 21/04/2020 al 31/07/2020 nel nostro reparto di Riabilitazione sono stati ricoverati 33 pazienti (di cui 25 maschi e 8 femmine) post COVID-19. L’età media è stata di 59 anni (min 42-max 82, DS 9). La durata media della degenza in Riabilitazione è stata di 40 gg (min 10-max 109; DS 24). La principale diagnosi di dimissione è stata tetraipostenia (35%), a seguire S. di Guillain Barré (23%), multineuriti (21%), ictus cerebri (9%), critical illness (6%), mieliti (6%). A tutti i pz sono state somministrate all’ingresso e alla dimissione le seguenti scale di valutazione: FIM, Barthel Index (BI), Brief Fatigue Inventory (BFI), Barthel Index Dispnea (BID), 6MWT, Borg. I pz sono stati sottoposti a trattamento riabilitativo neuro-motorio, respiratorio, logopedico e a terapia occupazionale in base alle diverse esigenze cliniche e funzionali, inoltre tutti sono stati sottoposti a valutazione neurocognitiva e, all’occorrenza, a supporto psicologico. Risultati Tutti i pazienti hanno mostrato un recupero funzionale e motorio evidenziato dal miglioramento alle scale di valutazione somministrate. In particolare: il punteggio medio della FIM è passato da 80/123 (DS 24) a 117/123 (DS 9,8), la FIM motoria media è incrementata da 48 (DS 20) a 83 (DS 6,17), il BI medio da 52,3 (DS 26,2) a 93,6 (DS 10,4); la BFI media è scesa da 49,1 (DS 23,5) a 16,4 (DS 11,3); la BID media è migliorata da 59 (DS 26,26) a 91,7 (DS 7,8); il 6MWT medio è salito da 139 ,2 m (DS 92,9) a 272,4 m (DS 111,5). Conclusioni L’intervento riabilitativo proposto per ogni paziente è stato personalizzato e mirato ai differenti deficit e complicanze che ci siamo trovati ad affrontare. Tutti i nostri pazienti hanno mostrato un recupero motorio, respiratorio e funzionale significativo, soprattutto tenendo conto degli importanti deficit iniziali (sia in termini di fatica fisica che psicologica) che manifestavano i primi giorni di trattamento. Dalle scale di valutazione somministrate si evince un miglioramento funzionale globale con un guadagno medio di punti FIM (37 punti) e di BI (41 punti) significativo soprattutto se correlato ai tempi di degenza media (40 gg), con un incremento di quasi 1 punto FIM/die e più di 1 punto die di BI. Altrettanto interessante è il dato relativo alla riduzione dell’astenia al termine del ricovero, valutata tramite BFI. Essa ha mostrato una riduzione media di 32,7 punti che rapportato alla degenza media mostra una riduzione di quasi 1 punto/die. Per quanto riguarda la dispnea la riduzione media è stata pari a 32,7 punti pari, anche in questo caso, a poco meno di 1 punto/die. Bibliografia 1. Guan WJ, Ni ZY, Hu Y, Liang WH, Ou CQ, He JX, et al. Clinical characteristics of Coronavirus disease 2019 in China. N Engl J Med 2020 Feb 28 [Epub ahead of print]. 2. Robert M Barker-Davies et al. The Stanford Hall consensus statement for post-COVID-19 rehabilitation Br J Sports Med. 2020 Aug; 54(16): 949–959 3. Boldrini P, Bernetti A, Fiore P; SIMFER Executive Committee and SIMFER Committee for international affairs. Impact of COVID-19 outbreak on rehabilitation services and Physical and Rehabilitation Medicine (PRM) physicians’ activities in Italy. An official document of the Italian PRM Society (SIMFER). Eur J Phys Rehabil Med. 2020 Mar 16. doi: 10.23736/S1973- 9087.20.06256-5.
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I microRNA come biomarcatori del funzionamento cognitivo nei pazienti con malattie neurodegenerative: loro ruolo in neuroriabilitazione.
I microRNA come biomarcatori del funzionamento cognitivo nei pazienti con malattie neurodegenerative: loro ruolo in neuroriabilitazione Paolo Bongioanni1, Marco Bacci1, Renata Del Carratore2 1. SD Gravi Cerebrolesioni Acquisite, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana 2. Ist. Fis. Clinica – CNR Pisa INTRODUZIONE Durante l’invecchiamento un’alterata espressione di specifici miRNA può incrementare i processi neurodegenerativi, il danno neuromuscolare ed il rischio di declino cognitivo: una disregolazione nell’espressione di differenti miRNA, infatti, è stata documentata in pazienti affetti da varie malattie neurodegenerative, sia a livello neuronale sia nel sangue. Lo scopo del nostro Studio è stato quello di ricercare, sistematicamente, nella letteratura scientifica informazioni relative a studi clinici e sperimentali sulla modulazione di specifici miRNA correlati al funzionamento cognitivo. MATERIALI E METODI È stata eseguita una revisione della letteratura scientifica per individuare i miRNA (sia come molecole libere, sia all’interno di esosomi) verosimilmente coinvolti nello sviluppo e nel decorso della compromissione cognitiva lieve (Mild Cognitive Impairment, MCI) e nella sua possibile conversione in Demenza di Tipo Alzheimer (Dementia of Alzheimer’s Type, DAT), per poter impostare successivamente uno studio diacronico con soggetti affetti da MCI e da DAT sulla modulazione dell’alterata espressione di specifici miRNA a seguito di trattamento neuroriabilitativo cognitivo. In particolare, su vari motori di ricerca (tra cui Pubmed®) sono state inserite parole chiave ad hoc (“miRNA*”, “cognit*”, “cognitive impairment*”, “MCI” e “Alzheimer*”, ecc.), limitando la ricerca agli ultimi dieci anni. Tra i vari miRNA riscontrati sono stati selezionati solo quelli per i quali è stato osservato un andamento congruo nelle due condizioni morbose: in particolare, sono stati scelti specifici miRNA con un’espressione aumentata in entrambe le tipologie di pazienti negli studi esaminati. RISULTATI Elevati valori di miR-519d-3p ematici sono stati osservati in pazienti con MCI o DAT. Nel plasma dei pazienti affetti da MCI o DAT si è riscontrato un incremento di miR-502-3p, miR-200a-3p, miR-483-5p, miR-486-5p: tra questi, gli incrementi dei livelli plasmatici di miR-486-5p e miR-483-5p sembrano essere più significativamente correlati con MCI e/o DAT. Elevati livelli di miR-135a e miR-384 si repertano negli esosomi sierici. Un’aumentata espressione di miR-206 è stata osservata nel sangue e nel siero di pazienti con MCI: i livelli sierici di tale miRNA si correlano con il declino cognitivo. Inoltre, l’incremento di miR-206 sembra predire la conversione di MCI in DAT. Parimenti, un altro marker utile per predire l’aggravamento funzionale di pazienti con iniziale deficit cognitivo in DAT è risultato il miR-613, i cui livelli sierici sono elevati sia in soggetti con MCI, sia in pazienti affetti da DAT. I dati sono riassunti nella seguente tabella: CONCLUSIONI Dalla ricerca bibliografica effettuata è stata osservata, in pazienti con MCI o con DAT, l’iperespressione di alcuni specifici miRNA nel sangue, nel plasma e nel siero, sia come molecole libere sia all’interno di esosomi. La loro relativamente facile identificazione quali/quantitativa e la correlazione positiva con il declino funzionale cognitivo li rendono biomarcatori diacronici fisiopatologici funzionalmente congrui nel valutare la risposta al trattamento neuroriabilitativo cognitivo, stante la modulazione esercitata dal trattamento stesso se di utile impatto funzionale. BIBLIOGRAFIA Giau, V.V., E. Bagyinszky, and S.S.A. An, Potential Fluid Biomarkers for the Diagnosis of Mild Cognitive Impairment. International journal of molecular sciences, 2019. 20(17): p. 4149. Shi, D., et al., Circulating MicroRNAs as Diagnostic Biomarkers of Clinical Cognitive Impairment: A Meta-Analysis. Am J Alzheimers Dis Other Demen, 2020. 35: p. 1533317520951686. Tao, Y., et al., The Predicted Key Molecules, Functions, and Pathways That Bridge Mild Cognitive Impairment (MCI) and Alzheimer’s Disease (AD). Front Neurol, 2020. 11: p. 233.
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Effetti della riabilitazione robotica tramite sistema hunova sull’equilibrio posturale statico e dinamico e sull’autonomia nelle ADL in pazienti affetti da stroke
EFFETTI DELLA RIABILITAZIONE ROBOTICA TRAMITE SISTEMA HUNOVA SULL’EQUILIBRIO POSTURALE STATICO E DINAMICO E SULL’AUTONOMIA NELLE ADL IN PAZIENTI AFFETTI DA STROKE Ribatti P. 2, Macchiarola D. 2, Tattoli P. 1, Papeo G. 1, Maltese L. 1, Dinoia L. 1, Idrissi S. 1, Del Re A.C. 1, Napolitano M. 1, Fanizza V. 1, Megna M. 2 1 C.M.R.F. Riabilia Bari – gruppo Korian; 2 Dipartimento di scienze mediche di base, neuroscienze e organi di senso – Universita’degli studi di Bari «A.Moro» Introduzione Lo stroke è un disturbo cerebrovascolare che colpisce 15.000.000 di persone ogni anno. Tra loro, circa il 50% presenta disabilità a lungo termine e instabilità posturale, direttamente correlate con maggiore rischio di cadute e minore autonomia nelle ADL. Anche se diversi studi riportano un miglioramento clinico in pazienti sottoposti ad allenamento dell’equilibrio, vi è scarsa evidenza a supporto dell’efficacia di ogni singolo tipo di metodo riabilitativo. L’obiettivo dello studio è stato verificare gli effetti della riabilitazione robotica, tramite sistema Hunova, associata al trattamento fisioterapico tradizionale, sull’equilibrio posturale statico e dinamico e sull’autonomia nelle ADL in pazienti affetti da stroke, in comparazione al solo training tradizionale. Materiali e Metodi I partecipanti con diagnosi clinico strumentale di stroke sono stati pazienti ricoverati presso il Centro Medico di Rieducazione Funzionale Riabilia di Bari da Aprile ad Ottobre 2020, i quali hanno sottoscritto il consenso informato e sono stati sottoposti ai seguenti criteri di: inclusione (deficit sensori-motorio dovuto ad ictus acuto o cronico, di natura ischemica o emorragica; Scala Rankin modificata-mRS<= 4; Mini Mental State Evaluation-MMSE >= 18); esclusione (patologie neurologiche differenti dallo stroke; lesioni cerebellari o di entrambi gli emisferi cerebrali; severa spasticità; mRS = 5; MMSE tra 0 e 17; patologie ortopediche in atto; instabilità metabolica e cardiorespiratoria). La valutazione clinica è avvenuta mediante il “Protocollo di valutazione di minima della persona con Ictus Cerebrale del 2020”, che secondo ICF considera: menomazioni delle strutture e funzioni corporee (Trunk Control Test e Motricity Index); attività (FunctionalAmbulationClassification, Barthel Index, Functional Independence Measure). Inoltre, è stata somministrata la scala Tinetti per il rischio di caduta e la Visual Analog Scale per il grado di soddisfazione del paziente nei confronti del trattamento riabilitativo effettuato. Tale valutazione è stata condotta al baseline (T0), dopo 10 (T1), 20 (T2), 30 (T3), e 60 giorni (T4) di trattamento, ad eccezione della VAS somministrata a T3 e T4. I pazienti sono stati suddivisi casualmente in due gruppi: controllo (programma riabilitativo tradizionale, secondo i metodi Bobath e Kabat, svoltosi nell’arco di tre ore quotidiane per sei giorni a settimana e durata complessiva di due mesi); sperimentale (ha previsto in più tre sedute settimanali della durata di 30 minuti con il dispositivo robotico Hunova). Hunova consente la valutazione funzionale sensori-motoria e il training di differenti distretti corporei (dagli arti inferiori al tronco) e di abilità funzionali, quali equilibrio e core stability. Ogni seduta di trattamento riabilitativo, sia esso tradizionale o robotico, si è focalizzata sulle tre componenti dell’equilibrio: steady state, proactive e reactive balance. Per l’analisi statistica e’stato utilizzato: test t-student per dati indipendenti per comparare le medie dei punteggi tra i due gruppi; test t-student per dati appaiati per le differenze in ogni gruppo tra T0 e T1, T2, T3, T4; coefficiente di Pearson per la correlazione tra menomazioni delle strutture e funzioni corporee e attività. Per tutti i test il valore di p<0.05 è stato considerato statisticamente significativo. Risultati Gli indici clinici calcolati hanno rilevato un miglioramento in entrambi i gruppi, senza una differenza statisticamente significativa (p>0.05). In particolare, il confronto dei risultati tra T0, T1, T2, T3, T4 ha mostrato un miglioramento del punteggio per tutte le scale somministrate in percentuale maggiore nel gruppo sperimentale, con una differenza statisticamente significativa tra T0 e T4 (p<0.05). MI e TCT sono fortemente correlati con FAC, BI e FIM prima e dopo il trattamento riabilitativo (p<0.05). A T4 l’indice di gradimento è risultato maggiore per il gruppo sperimentale, pur non essendoci stata una differenza statisticamente significativa con il gruppo controllo (p>0.05). Conclusioni Entrambi i programmi riabilitativi si sono mostrati efficaci nel migliorare controllo del tronco, forza muscolare, autonomia nelle ADL e rischio di cadute nei pazienti affetti da stroke, con una differenza percentuale di miglioramento a due mesi dall’inizio del trattamento superiore nel gruppo sperimentale, probabilmente per i vantaggi della terapia robotica come la possibilità di somministrare protocolli riabilitativi standardizzati, ripetibili, intensivi e congrui con le funzioni sensori-motorie residue del paziente. Pertanto, il trattamento combinato è un valido strumento nei pazienti affetti da stroke, in accordo con le linee guida di riabilitazione e recupero dei pazienti adulti affetti da stroke dell’AHA/ASA di Luglio 2020. Bibliografia 1-Protocollo di valutazione riabilitativa di Minima della persona con Ictus cerebrale, versione 2020. SIMFER 2-De Luca et al. Dynamic stability and trunk control improvements following robotic balance and core stability training in chronic stroke survivors: a pilot study. Front. Neurol., 17 June 2020 | https://doi.org/10.3389/fneur.2020.00494PMID: 32625162 3-Lynne M. Weber, Joel Stein. The use of robots in stroke rehabilitation: A narrative review. NeuroRehabilitation, vol. 43, no. 1, pp. 99-110, 2018.24 July 2018.DOI: 10.3233/NRE-172408PMID: 30056437
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Valutazione dell’efficacia di un trattamento con treadmill in associazione a stimolazione cerebello-spinale tramite tDCS in pazienti con atassia degenerativa: studio pilota
Valutazione dell’efficacia di un trattamento con treadmill in associazione a stimolazione cerebello spinale tramite tDCS in pazienti con atassia degenerativa: studio pilota Michela Lissoni, Cecilia Perin, Daniele Piscitelli, Cesare Cerri, Cesare Maria Cornaggia Università degli Studi di Milano-Bicocca INTRODUZIONE L’atassia degenerativa è un disturbo disabilitante attualmente senza cura effettiva. Di recente è stata proposta la possibilità di utilizzare la stimolazione elettrica trans cranica (tDCS) in associazione ad un ciclo riabilitativo standard in patologie neurodegenerative ad espressione cerebellare per stimolare i circuiti cerebellari e modulare i circuiti midollari. Uno studio recente ha evidenziato l’efficacia di un trattamento combinato a livello cerebellare e spinale in pazienti affetti da atassia degenerativa. E’ stato dimostrato come questa stimolazione riduca la sintomatologia atassica e riequilibri l’inibizione sulla corteccia motoria esercitata dalle strutture cerebellari (Benussi et al., 2018). OBIETTIVO Studio pilota per valutare l’efficacia della stimolazione elettrica transcranica (tDCS) cerebello-spinale in associazione a trattamento su treadmill sui sintomi motori in pazienti affetti da atassie degenerative. MATERIALI E METODI 4 pazienti affetti da atassia degenerativa (possibile MSA-C) hanno eseguito Trattamento A + Trattamento B (cross-over) con sedute a cadenza trisettimanale Trattamento A  10 sedute di stimolazione anodica cerebellare e catodica spinale a 2 mA per 20 minuti più training del cammino su treadmill Trattamento B  10 sedute di tDCS sham più training del cammino su treadmill Al T0, alla fine del primo (T1) e del secondo trattamento (T2) e al follow up dopo 3 mesi (T3) i soggetti sono stati valutati tramite: • Scale for assessment and rating of ataxia (SARA), • International co-operative ataxia rating scale (ICARS), • 10 meters walking test (10MWT), • Timed up and go (TUG), • SF36, • ADL e IADL, • parametri quantitativi del cammino su treadmill RISULTATI La stimolazione cerebello-spinale con tDCS associata a treadmill ha mostrato un significativo miglioramento negli score relativi alle perfomance motorie (TUG, 10MWT, ICARS) ed ai parametri quantitativi del cammino su treadmill. In particolare si è visto un miglioramento clinicamente significativo tra T0 e T1 per i valori relativi a:  TUG,  10MWT,  sezione posture and gait della scala ICARS,  sezioni gait e stance della scala SARA  parametri del cammino valutati al treadmill (lunghezza e larghezza del passo, fase di appoggio e swing). Dopo ciclo sham (T2) invece, la significatività clinica non si è mantenuta pur non tornando ai valori relativi al T0. CONCLUSIONI Un trattamento combinato con tDCS anodica cerebellare e catodica spinale associato a treadmill della durata di 10 sedute migliora le performance motorie in pazienti con atassia degenerativa, aprendo la strada ad un possibile utilizzo terapeutico in questo tipo di pazienti. Bibliografia: Benussi A, Dell’Era V, Cantoni V, et al. Cerebello-spinal tDCS in ataxia. A randomized, double-blind, sham-controlled, crossover trial. Neurology 2018;91:e1090-e1101
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L’esperienza corporea in soggetti con Chronic Low Back Pain: confronto con una popolazione di controllo
48° Congresso Nazionale SIMFER in modalità digitale. 2-4 dicembre 2020 L’esperienza corporea in soggetti con Chronic Low Back Pain: confronto con una popolazione di controllo A.Esposito, C. Perin, G. Valagussa, D.Piscitelli, C.G.Cerri, C.M. Cornaggia Università degli Studi di Milano Bicocca, Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Milano, Italy Introduzione Con il termine di esperienza corporea si intende la consapevolezza conscia e inconscia del proprio corpo di percepire e localizzare il proprio corpo nello spazio e pianificare ed eseguire i movimenti in relazione con l’ambiente esterno1. In letteratura si ritrovano molti lavori nei quali l’utilizzo del termine rappresentazione corporea e immagine corporea sono utilizzati in modo interscambiabile. Di recente, gli autori concordano sui tre tipi di definizioni dell’esperienza corporea che si ritengono distinti ma sovrapposti: lo schema corporeo ovvero la localizzazione dei segmenti corporei e del corpo stesso nello spazio2; l’immagine corporea ovvero la percezione che un individuo ha del proprio corpo3; la matrice corporea ovvero la percezione multisensoriale dello spazio personale e delle relative simmetrie4. Quest’ultima definizione (matrice corporea), ha trovato un nucleo di interesse all’interno delle speculazioni intorno ad alcuni disturbi molto comuni: le lombalgie croniche (chronic low back pain). In particolare, un autore (Mosely), ha ipotizzato che l’esperienza dolorosa comporti una riorganizzazione dell’area sensorimotoria primaria e secondaria e che questa riorganizzazione possa essere documentabile attraverso una riproduzione grafica: il ‘body drawing test’. Il Body Drawing(BD) è un test di riproduzione dell’immagine corporea ideato da Moseley nel 2008, nel quale viene chiesto di disegnare, partendo da una sagoma anteriore e una posteriore tronco accennata in alcuni punti, il contorno del proprio corpo, basandosi sulla percezione soggettiva della propria struttura corporea. Secondo l’autore chi soffre di CLBP tende a disegnare asimmetrica o ad omettere di disegnare la parte del tronco dove è localizzato il dolore. Obbiettivo: Dato che il disegno della propria sagoma può essere influenzato da numerosi fattori tra cui l’abilità grafica, l’attenzione ai propri sintomi e la focalizzazione su alcuni aspetti del sintomo (tensione, disestesia ecc.), ci si è posti, con questo lavoro, l’obbiettivo di valutare se il BDtest somministrato a soggetti con CLBP differisce da quello eseguito da soggetti di controllo. Materiali e metodi Sono stati reclutati i soggetti di età compresa tra i 18 E i 70 anni, affetti da Chronic Low back Pain al momento della valutazione , diagnosticati utilizzando i criteri diagnostici di O’Connel, con un punteggio alla NRS maggiore o uguale a 2, punteggio alla RMDQ (Roland Morris Disability questionnaire) maggiore o uguale a 5. Inoltre sono stati inclusi solo i soggetti in grado di scrivere e parlare fluentemente l’italiano e che non fossero stati sottoposti a terapie fisiche o fisiokinesiterapia, nei tre mesi antecedenti la valutazione. Oltre al BD sono stati somministrati due questionari: il Fremantle Back Awareness Questionnaire (FreBAQ) allo scopo di ottenere i parametri descrittivi del dolore e il BD-questionnaire per valutare in base a quali indizi venisse costruito il modello. Come gruppo di controllo, sono stati reclutati 74 soggetti con età compresa tra i 20 e i 79 anni, che non avessero patologie accertate né dolore cronico, che non avessero deficit cognitivi noti né disabilità fisiche di alcun tipo. Risultati Il gruppo con CLBP è risultato di 44 persone (età media:40, deviazione standard: 14; genere: 29 femmine e 15 maschi), il gruppo di controllo è composto da 74 soggetti (età media: 37, deviazione standard: 16; genere: 43 femmine e 31 maschi). Nel Body Drawing, tutti i soggetti hanno disegnato completamente la sagoma. Dall’analisi è emerso che i soggetti CLBP presentano una percezione asimmetrica del proprio tronco nella sagoma posteriore, mentre, nella sagoma anteriore, è stato visto che c’è una differenza significativa delle asimmetrie per il quadrante inferiore, ma non per quello superiore. Le strategie per disegnare utilizzate maggiormente dal gruppo di controllo sono state la consapevolezza (66%) e la visualizzazione (54,1%), mentre il gruppo CLBP, oltre a queste, ha utilizzato per il 29,5% il dolore e per il 25% la tensione e la rigidità. Nel FreBAQ sono emersi come significativi gli item 4, 5, 7 e 9 che riguardano la percezione delle dimensioni del proprio tronco e la consapevolezza della propria colonna durante il movimento. In particolare, per l’item 9 “Sento la mia schiena come se fosse asimmetrica” è stata registrata una differenza significativa tra i due gruppi. Conclusioni Il Body Drawing test ha evidenziato che i soggetti con CLBP utilizzano strategie legate al sintomo “Dove ho sentito il mio dolore” e “Dove ho sentito la tensione o rigidità” per completare il disegno a differenza delle strategie che normalmente vengono usate nel campione di soggetti sani (consapevolezza, visualizzazione e conoscenza del proprio corpo). Da questo studio è emerso quindi Che soggetti affetti da CLBP sembrano presentare alterazioni dell’esperienza corporea nella dimensione della matrice corporea. Bibliografia 1. De Vignemont F. A review of Shaun Gallagher, How the body shapes the mind. Psyche (Pasadena). 2006;12(2006):1-7. 2. De Vignemont F. Body schema and body image-Pros and cons. Neuropsychologia. 2010;48(3):669-680. 3. J. Paillard. Body Schema and Body Image – A Double Dissociation in Deafferented Patients.Mot Control Today Tomorrow. 1999 4. Moseley GL, Gallace A, Spence C. Bodily illusions in health and disease: Physiological and clinical perspectives and the concept of a cortical “body matrix.” Neurosci Biobehav Rev. 2012;36(1):34-46.
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Effetti del lockdown su equilibrio e cammino in pazienti neurologici
EFFETTI DEL LOCKDOWN SU EQUILIBRIO E CAMMINO IN PAZIENTI NEUROLOGICI Nicole Bompani1, Antonio Robecchi Majnardi2, Laura Perucca1,2. 1Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano; 2UO Riabilitazione Neuromotoria, IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano BACKGROUND E OBIETTIVI La sedentarietà determina una progressiva riduzione delle performance motorie in particolar modo nei soggetti affetti da patologie neuromotorie. Durante il lockdown, instaurato per arginare la pandemia da COVID-19, le attività riabilitative sono state interrotte e i pazienti affetti da disabilità neuromotoria sono stati costretti in ritiro domiciliare per circa 80 giorni. La presente case series descrive le variazioni quantitative delle performance di cammino ed equilibrio avvenute in un ridotto cluster di pazienti affetti da differenti patologie neurologiche, confrontando valutazioni effettuate prima (T0) e dopo (T1) il lockdown. MATERIALI E METODI Sono stati raccolti a posteriori i dati relativi a 4 pazienti ambulatoriali in T0 e T1: #1 stroke ischemico, #2 e #3 Morbo di Parkinson (MP), #4 Sclerosi Multipla (SM). Le performance di cammino sono state valutate con 10 meters walking test/walk ratio (WR). L’equilibrio è stato valutato con stabilometria statica e dinamica su NeuroCom BalanceMaster System, di cui sono stati considerati i parametri modified Clinical Test of Sensory Interaction on Balance (mCTSIB) – indice di gestione del conflitto sensoriale -, Endpoint Excursion (EPE), Maximum Excursion (MXE) – indici di precisione del movimento – , in associazione alle scale Equiscale e Dizziness Handicap Inventory short form (DHI). RISULTATI CARATTERISTICHE DEI PAZIENTI E VARIAZIONI DEI PARAMETRI TRA T0 E T1 (tabella) CONSIDERAZIONI RELATIVE AI SINGOLI CASI #1 ha presentato una stabilità dei parametri; tuttavia essendo affetto da esiti stroke cerebrovascolare recente può andare incontro ad un miglioramento spontaneo nelle fasi iniziali nonostante l’assenza di riabilitazione. #2 ha avuto il peggioramento maggiore: è il soggetto più anziano e presentava le condizioni funzionali in T0 più compromesse. #3 nonostante sia affetto da MP come #2, ha avuto un peggioramento meno evidente perché di età inferiore e verosimilmente con maggiori riserve funzionali. #4 nonostante le condizioni funzionali compromesse in T0, ha migliorato il punteggio del WR, probabilmente per la giovane età e per l’attività fisica svolta in autogestione al domicilio. CONCLUSIONI Nel ristretto campione valutato, la sedentarietà indotta dal lockdown non ha modificato le performance di cammino ed equilibrio in modo omogeneo nei pazienti affetti da patologia neuromotoria. La riduzione di attività motoria potrebbe aver influito su altre performance (i.e. quelle cardiocircolatorie), che avrebbero potuto essere meglio documentate con altro strumento (i.e. il 6 minutes walking test). BIBLIOGRAFIA 1 Pelosin et al. (2009) Effects of treadmill training on walking economy in Parkinson’s disease: A pilot study. Neurol Sci 30, 499-504. 2 Rota V. et al. Walk Ratio (step length/cadence) as a summary index of neuromotor control of gait: application to Multiple Sclerosis. Int J Rehab Res 2011;34:265-9 3 BALANCE MASTER® SYSTEM OPERATOR’S MANUAL, Version 8.1. March 23, 2004
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Analisi dello sviluppo neurocognitivo nella Sindrome di Dravet: una revisione della letteratura
Analisi dello sviluppo neurocognitivo nella Sindrome di Dravet: una revisione della letteratura Margherita Bertuccelli, Karen Verheyen, Ann Hallemans, Josemir W. Sander, Francesca Ragona, Patrizia Bisiacchi, Stefano Masiero, Alessandra Del Felice Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Riabilitazione, Università di Padova, Padova (Italia) MOVANT, Faculty of Medicine and Health Science, University of Antwerp, Antwerp, Belgium UCL Queen Square Institute of Neurology, NIHR University College London Hospitals Biomedical Research Centre, London, WC1N 3BG, and Chalfont Centre for Epilepsy, Chalfont St Peter SL9 0RJ United Kingdom Department of Paediatric Neuroscience, IRCCS Foundation Neurological Institute C. Besta, Milano, Italy Department of General Psychology, University of Padova, Padova, Italy INTRODUZIONE La sindrome di Dravet è una rara e severa sindrome epilettica cui si associano rallentamento nello sviluppo psicomotorio e deficit comportamentali entro il secondo anno di vita. Tra i disturbi cognitivi, le capacità visuo-spaziali, di integrazione sensorimotoria e di produzione linguistica risultano essere più frequentemente compromesse [1]. Varie ipotesi sono state avanzate per identificare un modello teorico capace di descrivere lo sviluppo cognitivo atipico nella sindrome di Dravet (ipotesi della vulnerabilità della via dorsale, deficit cerebellare, deficit di integrazione sensorimotoria). Tuttavia, un quadro teorico unificante è ancora assente. Abbiamo condotto una revisione della letteratura esistente (scoping review) per sintetizzare i risultati fin qui raccolti in merito alla caratterizzazione dello sviluppo cognitivo e comportamentale nella sindrome di Dravet, e categorizzarli alla luce delle tre principali teorie proposte. MATERIALI E METODI La ricerca è stata condotta sui database elettronici PubMed, Scopus, PsycInfo and MEDLINE allo scopo di identificare la letteratura esistente relativa a deficit cognitivi e comportamentali nella sindrome di Dravet, nell’arco temporale compreso tra il 1978 e il 15 Marzo 2020. Tutti i risultati sono stati riportati seguendo le direttive indicate nel “Preferred-Reporting-Items-for-Systematic-Reviews-and-Meta-Analyses extension for scoping review” (PRISMA-ScR) [2]. Ventuno articoli sono stati infine selezionati e analizzati da tre revisori indipendenti sulla base di un protocollo di estrazione dei dati e di criteri di eleggibilità precedentemente condivisi [3]. RISULTATI Diciotto articoli dei ventuno analizzati, riportano i punteggi relativi alle scale di valutazione del quoziente intellettivo globale, evidenziando un’ampia eterogeneità nel grado di compromissione cognitiva da lieve (IQ = 50-69) a profonda (IQ<20). Undici di questi, hanno analizzato i punteggi dei singoli test concorrenti alla determinazione del punteggio cognitivo globale, mostrando una maggior compromissione nelle sotto-scale di performance rispetto a quelle verbali. Gli studi che hanno analizzato le prestazioni delle singole funzioni cognitive, evidenziano un precoce deterioramento nelle capacità visive, nella manualità fine e grossolana, nelle abilità di integrazione sensorimotoria e uditivo-motoria, nell’elaborazione spaziale, nelle capacità visuo-attentive, nelle funzioni esecutive e nella produzione linguistica. Le anomalie comportamentali, riportate in 14 studi, mostrano prevalenza di tratti autistici, disturbi dell’iperattività e dell’attenzione tendenti a migliorare all’aumentare dell’età. CONCLUSIONI Il profilo cognitivo patologico caratterizzante la sindrome di Dravet, così come le anomalie comportamentali e motorie associate, possono essere racchiuse in un unico modello teorico comprensivo delle tre principali ipotesi avanzate: un diffuso deficit di integrazione sensorimotoria, che comprende il circuito occipito-parieto-frontale (via dorsale), e un co-esistente deficit cerebellare. RINGRAZIAMENTI Gli autori ringraziano l’Associazione ONLUS Italiana Sindrome di Dravet e l’associazione ONLUS gruppo famiglie Dravet BIBLIOGRAFIA 1. Dravet, C., & Oguni, H. (2013). Dravet syndrome (severe myoclonic epilepsy in infancy). In Handbook of clinical neurology (Vol. 111, pp. 627-633). Elsevier. 2. Tricco, A. C., Lillie, E., Zarin, W., O'Brien, K. K., Colquhoun, H., Levac, D., ... & Hempel, S. (2018). PRISMA extension for scoping reviews (PRISMA-ScR): checklist and explanation. Annals of internal medicine, 169(7), 467-473. 3. Higgins, J. P., Thomas, J., Chandler, J., Cumpston, M., Li, T., Page, M. J., & Welch, V. A. (Eds.). (2019). Cochrane handbook for systematic reviews of interventions. John Wiley & Sons. CONTATTI Margherita Bertuccelli, margherita.bertuccelli@phd.unipd.it
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Analisi muscolare durante l’equilibrio dinamico e statico negli anziani
ANALISI MUSCOLARE DURANTE L’EQUILIBRIO DINAMICO E STATICO NEGLI ANZIANI M. Rubega, R. Di Marco, E. Formaggio, M. Bertuccelli, A. Del Felice, S. Masiero Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Riabilitazione, Università di Padova, Padova (Italia) INTRODUZIONE Le cadute sono la seconda causa di decessi accidentali o involontari in tutto il mondo. L’invecchiamento altera la capacità di rispondere alle perturbazioni inattese dell’equilibrio, aumentando la probabilità di caduta. Infatti, circa il 30% degli adulti di età superiore ai 65 anni sperimenta almeno una caduta all’anno [1]. Indagare i modelli neurofisiologici dell’equilibrio statico e dinamico negli anziani è un’area di ricerca emergente con l’obiettivo finale di implementare nuove strategie di riabilitazione e ridurre il rischio di cadute [2]. In questo lavoro, abbiamo quantificato l’attivazione muscolare in 9 anziani e 8 giovani adulti durante il mantenimento dell’equilibrio su due piani inclinati e su una tavola propriocettiva mentre eseguivano il paradigma dell’odd-ball. L’obiettivo principale è indagare le attivazioni muscolari legate all’età e coinvolte nel controllo posturale in soggetti sani impegnati in un’attività secondaria (compito visivo). Tale attività potrebbe imitare una situazione di distrazione nella vita reale che produce instabilità negli anziani. MATERIALI E METODI Come primo compito, per escludere il deterioramento delle funzioni esecutive e attentive, ai partecipanti è stato chiesto di eseguire il Trail Making Test, ovvero un test neuropsicologico della velocità motoria e dell’attenzione visiva composto da due parti: TMT A (tempo necessario per collegare 25 numeri consecutivi senza sollevare la penna dal foglio) e TMT B (tempo necessario per collegare numeri e lettere in sequenza crescente alternata – cioè 1-A-2-B, ecc.). Abbiamo poi monitorato le ampiezze dei segnali EMG registrate da 8 sensori wireless su erector spinae, rectus femoris, vastus lateralis, biceps femoris, tibialis anterior, peroneus longus e gastrocnemius lateralis durante quattro diverse singole attività posturali (stare in piedi su un piano inclinato dello 0%, + 22%, -22% e su una tavola propriocettiva) e durante le stesse attività posturali in parallelo al paradigma odd-ball in 9 anziani (> 64 anni) e 8 giovani (<35 anni) adulti sani. RISULTATI Nessuno dei nostri partecipanti ha mostrato una prestazione anomala nel TMT A e B. Il tempo necessario per eseguire i test è risultato (tramite t-test poiché i dati erano distribuiti normalmente) maggiore: 1) nell'esecuzione del TMT-A rispetto al TMT-B (in particolare per gli anziani p<0,001) 2) nella performance degli anziani rispetto a quella dei giovani (p<0,01). Questi risultati sono in linea con la letteratura, infatti si è riscontrato che le prestazioni del TMT diminuiscono, in media, nel normale invecchiamento e che le prestazioni del TMT-B diminuiscono significativamente rispetto al TMT-A negli anziani sani. Valutando il rapporto tra la radice quadratica media delle ampiezze durante ciascuna condizione sperimentale e la condizione base (la semplice posizione eretta), abbiamo riscontrato le seguenti differenze statistiche tramite analisi della varianza con correzione per confronti multipli: Nei giovani adulti: • l’ampiezza media del rectus femoris differisce significativamente dal mantenere l’equilibrio sulla tavola propriocettiva rispetto allo 0% e al -22% in tutte le condizioni; • per il peroneus longus: -22% differisce da 0% e + 22% in tutte le condizioni; Negli anziani: • per l’erector spinae: la tavola propriocettiva differisce dal 0% e da -22% durante il duplice compito visivo-posturale; • per il tibilalis anterior: la tavola propriocettiva differisce da tutte le altre inclinazioni in tutte le condizioni; • per il gatrocnemius lateralis: la tavola propriocettiva differisce da tutte le altre inclinazioni durante il singolo compito posturale, e 0% da + 22% durante il doppio compito visivo-posturale. CONCLUSIONI Abbiamo quantificato le differenze nell’attivazione muscolare tra giovani adulti e anziani sani (con velocità motoria e attenzione visiva nella norma secondo il TMT). Per mantenere l’equilibrio, gli anziani sembrano attivare principalmente i muscoli della parte inferiore della gamba e i muscoli della schiena, mentre i giovani adulti usano sia i muscoli della parte superiore sia quelli della parte inferiore della gamba senza reclutare significativamente i muscoli della schiena. BIBLIOGRAFIA 1. World Health Organization (WHO): https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/falls 2. Woollacott, M. & Shumway-Cook, A., Attention and the control of posture and gait: a review of an emerging area of research. Gait & posture16, 1–14 (2002). CONTATTI: M.Rubega maria.rubega@unipd.it Progetto SoftAct finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
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L’esercizio fisico in piccolo gruppo migliora la funzione e promuove l’attività e la partecipazione nelle pazienti con sindrome dolorosa cronica post-mastectomia ad ogni età
L’ESERCIZIO FISICO IN PICCOLO GRUPPO MIGLIORA LA FUNZIONE E PROMUOVE L’ATTIVITA’ E LA PARTECIPAZIONE NELLE PAZIENTI CON SINDROME DOLOROSA CRONICA POST-MASTECTOMIA AD OGNI ETA’ C. Cosoli, I. Barboni, F. Tarini, M. Micheletti, C. Scattolari, A. Gastaldi, M. Marchegiani, MG Ceravolo, M. Capecci Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica Clinica di Neuroriabilitazione AOU Ospedali Riuniti di Ancona Università Politecnica delle Marche 48° CONGRESSO NAZIONALE SIMFER: «RIPARTIRE ..DA LONTANI PERCHE’ NESSUNO RESTI INDIETRO» IN MODALITA’ VIRTUALE, 2-4 DICEMBRE 2020 INTRODUZIONE La Sindrome Dolorosa Cronica Post-Mastectomia (SDCPM) è una condizione caratterizzata da dolore persistente per almeno 3 mesi dopo intervento di chirurgia senologica che può associarsi a edema, disturbi sensitivi, contratture e sensazione di debolezza con localizzazione preferenziale alla regione anteriore del torace, all’ascella e/o alla superficie mediale del braccio e al rachide cervicale. E’ una complicanza frequente: interessa il 20-50% delle donne sottoposte a chirurgia oncologica mammaria. Determina una compromissione significativa della qualità di vita della persona ed elevati costi socio-sanitari. OBIETTIVI 1)Valutare l’effetto di un approccio riabilitativo in piccoli gruppi, omogenei per età e disabilità, su funzioni, attività e partecipazione di donne con SDCPM rispetto a variabili demografiche e cliniche. 2) Determinare l’impatto dell’età delle pazienti sugli effetti a lungo termine della riabilitazione. MATERIALI E METODI Il disegno dello studio è prospettico con follow-up a 3 mesi. Sono state arruolate 30 donne che rispettassero i criteri di inclusione. Le pazienti sono state divise in piccoli gruppi (massimo 5 persone) omogenei per età e livello di disabilità e sottoposte a 10 sedute di un’ora ciascuna, 2 volte/sett, comprensivi di rieducazione funzionale della postura, dell’arto superiore ed allenamento aerobico. CRITERI DI INCLUSIONE Età > 18 anni Carcinoma mammario in stadio I, II, III a Diagnosi di Sindrome Dolorosa Cronica Post-Mastectomia (SDCPM) CRITERI DI ESCLUSIONE Presenza di secondarismi ossei Documentati deficit cognitivi (MMSE < 23) Controindicazioni all’attività fisica MISURE DI OUTCOME Disability of the Arm, Shoulder and Hand Scale completa (DASH) Range Of Motion (ROM) di spalla Numeric Pain Rating Scale (NRS) Mc Gill scale Qualità del sonno Variazioni dell’attività lavorativa La valutazione dell’outcome è stata eseguita all’avvio (T0), al termine (T1) e dopo 3 mesi dal termine (T2) del trattamento. RISULTATI • L’età media delle donne è di 59.4±10.5, 15 con più di 60 anni (n15: 68±6 anni e n15 di 50±5 anni). • Al tempo T0: • Le donne di età < 60 anni mostrano una compromissione funzionale e soprattutto una sindrome dolorosa maggiore; • il 61% delle signore lavora, il 39% è disoccupato; • il 67% si è sottoposto a mastectomia, il 33% a chirurgia conservativa; • il 50% ha eseguito chirurgia ricostruttiva; • il 50% ha eseguito chemioterapia, il 3% l’ha effettuata durante il trattamento; • il 70% si è sottoposto a radioterapia, il 7% l’ha effettuata durante il trattamento. • Al tempo T1: • tutte le misure di outcome migliorano significativamente indipendentemente dall’età; • le condizioni lavorative sono invariate; • la qualità del sonno migliora nel 50% dei casi. • Al tempo T2: • i benefici sono mantenuti, in particolare nel sottogruppo di donne giovani, nonostante a T0 presentino una maggiore severità della SDCPM; • analizzando gli items della DASH secondo i domini dell’ICF si osserva un costante miglioramento di funzione, attività e partecipazione nelle donne più giovani; • le donne con più di 60 anni mostrano un peggioramento di ROM di spalla e del punteggio DASH rispetto a T1; • le condizioni lavorative migliorano in un terzo delle pazienti; • Il miglioramento della qualità del sonno è mantenuto. CONCLUSIONI L’esercizio fisico in piccolo gruppo è efficace nel migliorare la funzione dell’arto superiore e nel promuovere l’attività e la partecipazione sociale nelle donne con Sindrome Dolorosa Cronica Post-Mastectomia (SDCPM). I benefici sono mantenuti nel lungo termine nelle donne di età inferiore a 60 anni. La presa in carico riabilitativa per garantire efficacia nel lungo termine deve tenere conto di aspetti clinici e demografici, con un approccio «patient-tailored», basato sul grado di disabilità correlato alla patologia, volto a promuoverne il ruolo attivo sociale senza tralasciare fattori personali e sociali. BIBLIOGRAFIA Penttinen, H.; Utriainen, M.; Kellokumpu-Lehtinen, P.L.; Raitanen, J.; Sievänen, H.; Nikander, R. et al. Effectiveness of a 12-month exercise intervention on physical activity and quality of life of breast cancer survivors; five-year results of the BREX-study. In Vivo 2019, 33, 881–888. Olsson Möller U, Beck I, Rydén L, Malmström M. A comprehensive approach to rehabilitation interventions following breast cancer treatment - a systematic review of systematic reviews. BMC Cancer. 2019.
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Processo di rotolamento del piede al suolo in persone con Sindrome di Dravet
Introduzione La Sindrome di Dravet (DS) è un’encefalopatia dell’età evolutiva caratterizzata da gravi crisi farmaco resistenti e associate a disabilità cognitiva e motoria, con particolare riferimento ad alterazioni della deambulazione Durante il cammino, il piede svolge una funzione di supporto e ad un alterato appoggio corrisponde una potenziale caratteristica dell’alterazione dell’intera marcia [1, 2]. Lo scopo del presente studio è di caratterizzare l’evoluzione del processo di rotolamento del piede al suolo durante il cammino in persone con DS rispetto ad una popolazione di controllo (CTRL) mediante baropodometria. Materiali e Metodi A 31 persone con DS (bambini e adulti: età 5,2-32,8 aa, 17 di femminile, 174 passi in totale) e 30 soggetti di controllo (bambini e adulti: età 6,0-32,9 aa, 16 di sesso femminile, 180 passi in totale) è stato chiesto di camminare a velocità auto-selezionata in un corridoio strumentato con pedana baropodometrica (100 Hz, 4 sensori/cm², Novel GmbH, DE). La progressione (percentuale di tempo speso in ogni porzione del piede rispetto al tempo di contatto totale), la lunghezza e la smoothness (spectral arc length [3]) della traiettoria del Centro di Pressione (CoP), pre-filtrata con filtro di Butterworth del 4° ordine (20 Hz), sono state quantificate per studiare il processo di rotolamento del piede. Le differenze tra i passi il cui contatto iniziale avviene a livello del tallone (DS-CT) e quelli a livelli del mesopiede o avampiede (DS-nCT), e tra gruppo DS e di controllo sono state testate mediante modelli lineari misti, considerando come covariate l’età, il tempo di contatto totale al suolo e la lateralità. Risultati Per 15 partecipanti con DS è stata rilevata un’inconsistenza dell’appoggio iniziale, passando da contatto al tallone ad alternativamente mesopiede e avampiede. Quando il contatto iniziale avviene al tallone in persone con DS (DS CT), si osserva una ridotta progressione del CoP nel retropiede (16,5 ± 10,4 %; p < 0,001) e aumentata nel mesopiede (29,9 ± 13,0 %; p = 0,003) rispetto alla popolazione di controllo (rispettivamente 19,5 ± 7,7 % e 22,6 ± 7,4 %). Nel caso di contatto iniziale non al tallone (DS-nCT), oltre ad osservare una traiettoria a “V” per il CoP in luogo del normale svolgimento da retropiede ad avampiede, il contatto del suolo con l’avampiede è risultato aumentato rispetto ai controlli (DS-nCT: 64,7 ± 18,3 %; CTRL: 56,5 ± 8,4 %; p < 0,001), così come la lunghezza della traiettoria del CoP rispetto alla lunghezza del piede (DS nCT: 1,14 ± 0,30 %; CTRL: 0,98 ± 0,09 %; p < 0,001). Risulta ridotta invece la smoothness (DS nCT: 4,29 ± 1,40; CTRL: -2,64 ± 0,44; p < 0,001), indicando una minor stabilità della marcia. Inoltre, il modello lineare misto ha rilevato un effetto del tempo di contatto totale al suolo su tutti i parametri per il gruppo con DS (p max = 0,03), mentre è limitato l’effetto dell’età (ridotta smoothness: p = 0,007; aumentato tempo di contatto all’avampiede: p = 0,001). Conclusioni Uno su cinque passi delle persone con DS sono risultati inconsistenti tra loro, indicando differenti pattern di rotolamento del piede al suolo. Le differenze osservate tra i due gruppi suggeriscono instabilità e immaturità della marcia dovuta a scarsa stabilità dell’appoggio del piede al suolo. Un intervento volto a migliorare la stabilità e il corretto svolgimento del processo di rotolamento del piede è quindi auspicabile in persone con Sindrome di Dravet, sia in termini di esercizio fisico riabilitativo, sia mediante l’utilizzo di scarpe e plantari, specialmente in caso di deformità del piede, che aumentino la stabilità a livello del piede e della caviglia. Ringraziamenti Gli autori ringraziano i partecipanti e le famiglie per la disponibilità e il dr Erik Fransen per il supporto con l’analisi statistica. Lo studio è stato finanziato dall’Associazione Italiana Sindrome di Dravet Onlus (Dravet Italia ONLUS) e da YouReCa KU Leuven. Bibliografia [1] C. Dravet, “The core Dravet syndrome phenotype,” Epilepsia, vol. 52, no. SUPPL. 2, pp. 3–9, 2011. [2] I. E. Scheffer et al., “ILAE classification of the epilepsies: Position paper of the ILAE Commission for Classification and Terminology,” Epilepsia, vol. 58, no. 4, pp. 512–521, 2017. [3] S. Balasubramanian, A. Melendez-Calderon, A. Roby-Brami, and E. Burdet, “On the analysis of movement smoothness,” J. Neuroeng. Rehabil., vol. 12, no. 1, pp. 1–11, 2015.
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Valutazione di un programma di riabilitazione post-operatoria nei pazienti affetti da neoplasia del colon e candidati a chirurgia resettiva colica
Valutazione di un programma di riabilitazione post-operatoria nei pazienti affetti da neoplasia del colon e sottoposti a chirurgia resettiva colica: uno studio pilota Background: I pazienti neoplastici sottoposti ad intervento chirurgico e alle terapie anti-tumorali sperimentano spesso un declino fisico e cognitivo con conseguente peggioramento della qualità della vita (QoL). Numerosi studi dimostrano che l’esercizio fisico contrasta gli effetti collaterali delle terapie anti-tumorali. Minori sono gli studi sui suoi effetti nella prima fase post-operatoria dei pazienti. L’obiettivo primario dello studio pilota è stato quello di valutare gli effetti di un programma di riabilitazione post-operatoria sulla QoL dei pazienti affetti da neoplasia del colon, sottoposti a chirurgia resettiva colica, ad 8 settimane dall’inizio dell’esercizio fisico (EF). Gli obiettivi secondari sono stati quelli di valutare lo stato di ansia e depressione, la qualità del sonno, la fitness cardiorespiratoria, la performance fisica, la forza muscolare, la massa muscolare e lo stato nutrizionale ad 8 settimane dall’inizio dell’EF, e a 2 e 4 mesi dalla fine dell’EF. Materiali e Metodi: Questo è uno studio pilota in cui i pazienti sono stati assegnati al gruppo di intervento (pazienti elegibili che accettavano di partecipare allo studio) o al gruppo di controllo (pazienti impossibilitati ad effettuare il programma riabilitativo per motivi logistici). Il gruppo di intervento veniva sottoposto ad un programma di esercizio fisico supervisionato combinato (aerobico e di rinforzo muscolare) per 3 volte/settimana per 8 settimane. Successivamente proseguiva con un programma di esercizio fisico home-based 3 volte/settimana per 6 mesi. Il gruppo di controllo veniva istruito su un’attività fisica giornaliera appropriata (essere fisicamente attivi per 5 giorni/settimana per 30’ al giorno). MISURE DI OUTCOME: EORTC-QLQ-C30: qualità di vita; HOSPITAL ANXIETY AND DEPRESSION SCALE (HADS): stato di ansia e di depressione; THE PITTSBURGH SLEEP QUALITY INDEX (PSQI) : qualità del sonno; SIX MINUTES WALKING TEST (6MWT): fitness cardio-respiratoria; SHORT PHYSICAL PERFORMANCE BATTERY (SPPB): performance fisica; FORZA DI PRESA tramite dinamometro; BODY MASS INDEX (BMI): indice di massa corporea; ANGOLO DI FASE (PhA) tramite bioimpedenziometro: stato nutrizionale; SKELETAL MUSCLE INDEX (SMI) tramite bioimpedenziometro: indice di massa muscolare scheletrica. FOLLOW-UP: T0: dopo l’intervento chirurgico; T1: 8 settimane dall’inizio dell’esercizio fisico; T2: 2 mesi dalla fine dell’esercizio fisico; T3: 4 mesi dalla fine dell’esercizio fisico. RISULTATI: 11 pazienti affetti da neoplasia del colon e sottoposti a chirurgia resettiva colica sono stati reclutati. 6 pazienti sono stati assegnati al gruppo di intervento e 5 pazienti al gruppo di controllo. Una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi è stata trovata a T1 a favore del Gruppo di intervento nelle seguenti sottoscale dell’EORTC QLQ C30: Physical Functioning (p=0.030), Cognitive Functioning (p=0.018) and Fatigue (p=0.018), e nella componente 2 (latenza del sonno) della scala PSQI (p=0.019). Non vi è stata una differenza statisticamente significativa a T1 tra i due gruppi nella HADS. Per quanto riguarda le valutazioni all’interno dei gruppi, è stata trovata una differenza statisticamente significativa da T0 a T3 nel gruppo di intervento sia del Social Functioning (p=0.027), che dell’Angolo di fase (p=0.027). Non sono state trovate differenze statisticamente significative per gli outcome funzionali. Non è stato registrato nessun effetto avverso durante l’esercizio. Il 100% dei pazienti di entrambi i gruppi non ha sviluppato complicanze post-chirurgiche. Conclusioni: I risultati attuali di questo studio pilota suggeriscono che un programma di EF precoce post operatorio, di tipo combinato e supervisionato, può avere effetti positivi nel migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da neoplasia del colon, sottoposti ad intervento di chirurgica resettiva colica, dopo 8 settimane dall’inizio dell’EF. I risultati devono essere confermati da un trial randomizzato controllato. Bibliografia • Campbell KL,Winters-Stone KM, Wiskemann J,May AM, Schwartz AL, Courneya KS, et al. Exercise Guidelines for Cancer Survivors: Consensus Statement from International Multidisciplinary Roundtable. Med Sci SportsExerc.2019;51(11):2375–90. • Awasthi, R.; Minnella, E.M.; Ferreira, V.; Ramanakumar, A.V.; Scheede-Bergdahl, C.; Carli, F. Supervised exercise training with multimodal pre-habilitation leads to earlier functional recovery following colorectal cancer resection. Acta Anaesthesiol. Scand. 2019, 63, 461–467. • Myers JS, Erickson KI, Sereika SM, Bender CM. Exercise as an Intervention to Mitigate Decreased Cognitive Function From Cancer and Cancer Treatment: An Integrative Review. Cancer Nurs. 2018 Jul/Aug;41(4):327-343
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Il ruolo della riabilitazione nella pandemia COVID-19: il progetto REH-COVER di Cochrane Rehabilitation
Il Progetto REH-COVER sintetizza e diffonde evidenze in riabilitazione nella pandemia COVID-19 INTRODUZIONE La pandemia COVID-19 ha colpito in meno di un anno oltre 55 milioni di persone e causato più di un milione di decessi Le conseguenze della malattia e delle terapie necessarie a trattare i casi acuti esitano in disabilità che necessitano riabilitazione Il corpus di ricerca sulla riabilitazione di pazienti affetti dalle conseguenze della COVID-19 sta crescendo a ritmi elevati Sintetizzare e diffondere l’evidenza prodotta è fondamentale per supportare i professionisti della riabilitazione a rispondere ai bisogni di salute dei pazienti MATERIALI E METODI Revisione sistematica rapida e dinamica Ricerca su 6 database Criteri d’inclusione e esclusione per selezionare gli articoli Estrazione dati comprensiva delle informazioni principali Metodologia raffinata nel corso delle edizioni Sintesi interattiva dell’evidenza Una tabella dinamica condensa i dati estratti aggiungendo funzioni di filtro e ricerca La mappa dell’evidenza incrocia le limitazioni al funzionamento di interesse riabilitativo con i quesiti di ricerca. I disegni di studio sono indicati con colori differenti Definizione delle priorità di ricerca I membri del comitato direttivo del progetto, tramite sondaggio, hanno espresso un giudizio sulla priorità di due set di quesiti clinici, uno generale ed un proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità Collezione speciale della Cochrane Library Le condizioni cliniche sono state identificate con una ricerca sulle possibili conseguenze della COVID-19 Un processo di priorizzazione ha coinvolto i Comitati Direttivo del progetto, Consultivo e Esecutivo di Cochrane Rehabilitation portando alla selezione delle revisioni sistematiche Cochrane RISULTATI Pubblicazione1 in accesso libero di due edizioni per un totale di 7 articoli Aggiornamento a Settembre Inclusi, valutati e sintetizzati 147 articoli in totale Pubblicazione sul sito di Cochrane Rehabilitation della Tabella dinamica e della Mappa dell’evidenza Inclusione e sintesi di tutti i dati estratti fino all’aggiornamento di settembre Identificati quattro quesiti di ricerca: Epidemiologia delle limitazioni del funzionamento Evidenze in riabilitazione a livello individuale (micro), di servizio, (meso) e di sistema (macro) La collezione speciale è pubblicata nella Cochrane Library e include: ARDS e malattie restrittive polmonari Sindrome post-terapia intensiva Disturbi deglutitori post-estubazione Sindrome da disfunzione multiorgano, shock Disturbo da stress post-traumatico Bibliografia: (1)Ceravolo MG, Arienti C, de Sire A, Andrenelli E, Negrini F, Lazzarini SG, et al.; The International Multiprofessional Steering Committee of Cochrane Rehabilitation REH-COVER action. Rehabilitation and COVID-19: the Cochrane Rehabilitation 2020 rapid living systematic review. Eur J Phys Rehabil Med 2020;56:642-51. DOI: 10.23736/S1973-9087.20.06501-6 Il ruolo della riabilitazione nella pandemia COVID-19: il progetto REH-COVER di Cochrane Rehabilitation Kiekens C1, Patrini M2, Ceravolo MG3, Gimigliano F4, Andrenelli E3, Arienti C1, de Sire A5,6, Lazzarini SG1, Negrini F6, Negrini S6,7, membri dello Steering Committee 1 Unità Spinale, Montecatone Rehabilitation Institute, Imola, Bologna; 2IRCCS Fondazione Don Carlo Gnocchi, Milan, Italy; 3Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ancona; 4Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Preventiva, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli; 5Medicina Fisica E Riabilitativa, Dipartimento Di Scienze Della Salute, Università Del Piemonte Orientale “a. Avogadro”, Novara; 6Unità di Riabilitazione, Ospedale Mons L. Novarese, Moncrivello, Vercelli; 6IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, Milano; 7Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche ed Odontoiatriche, Università La Statale, Milano
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La presa in carico riabilitativa nei pazienti affetti da COVID-19: una necessità inderogabile
La presa in carico riabilitativa nei pazienti COVID-19: una necessità inderogabile L. D’Auria, M.G. Cinotti, N. Incerti, E. Mercante Introduzione La malattia da Covid-19 può dare origine a un ampio spettro di condizioni cliniche che possono determinare disabilità. Durante questi mesi, sono stati valutati pazienti in reparti per acuti e subacuti con ripercussioni respiratorie, cardio-circolatorie, neuromotorie, cognitive e psichiche che hanno portato a quadri molto complessi (soprattutto se conseguenti a un prolungato ricovero) con necessità di un approccio riabilitativo multidisciplinare. Considerando tali premesse, ci siamo proposti di valutare nella realtà dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, le principali problematiche riabilitative, la tipologia di trattamento in degenza e nel post dimissione e la disabilità residua. Materiali e Metodi Nell’Azienda Ospedaliera Universitaria S.Orsola Malpighi è presente un percorso interno per cui i pazienti ricoverati in Terapia Intensiva sono stati precocemente presi in carico fisioterapico con l’obiettivo di prevenire i danni primari e secondari da immobilità. Negli altri reparti per acuti la presa in carico riabilitativa è avvenuta dopo valutazione Fisiatrica e definizione del Progetto Riabilitativo Individuale (PRI). Nel periodo compreso tra Marzo e Giugno 2020, abbiamo valutato e reclutato 116 pazienti. Lo studio ha preso in esame alcuni parametri e valutati al T0 (Prima consulenza) e al T1 (dopo tre mesi, mediante intervista telefonica). I dati presi in considerazione al T0 sono: • valutazione Fisiatrica al letto: gravità del quadro clinico, stato cognitivo, neuromotorio e funzionale, necessità di attivazione di un trattamento specifico in base al PRI redatto; • valutazione delle autonomie nelle ADL tramite Barthel Index scale (BI). T1 (Al follow up telefonico a 3 mesi): • stima della disabilità residua nelle attività di vita quotidiana tramite la Barthel Index scale; • quantificazione soggettiva della difficoltà respiratoria tramite la scala di Borg modificata per la dispnea; • eventuale percorso riabilitativo intrapreso presso le strutture territoriali e/o al domicilio; • necessità di supporto respiratorio; • persistenza di sintomi (anosmia, disgeusia, mialgia, artralgia, disfagia); • necessità di ausili. Risultati Per quanto riguarda le caratteristiche dei 116 pazienti osservati, abbiamo riscontrato una distribuzione pressoché uniforme della malattia in entrambi i sessi (50M, 66F) con un’età media di 76.97 anni (max 96, min 42), un tempo di degenza media di 42.92 giorni e una BI media di 11.94 (T0) (Figura 1). Nella Tabella 1 sono riportate le comorbilità del nostro campione. Per quanto riguarda le principali condizioni cliniche osservate sul totale dei pazienti si può far riferimento al diagramma in Figura 2; nello specifico, nei reparti di degenza ordinaria è stata prevalente la sindrome ipocinetica mentre nei 51 pazienti ricoverati in T.I. sono stati descritti quadri di sindrome da allettamento (10), CIP (5), paralisi di SPE (4), sindrome ipocinetica (15). 86 soggetti hanno avuto problematiche respiratorie tali da richiedere ossigenoterapia (occhiali nasali, ventimask, NIV, CPAP,… ) e 31 sono stati sottoposti a intubazione orotracheale. Altra condizione portata alla nostra attenzione è stata la disfagia, presente in 20 pazienti (10 in T.I.). Queste sono state le caratteristiche generali di tutti i pazienti da noi valutati, di seguito verranno approfondite quelle relative ai 60 pazienti, contattati al follow-up a 3 mesi, che hanno accettato l’intervista telefonica da noi proposta. Dei restanti, 23 non hanno risposto o dato il consenso, 10 non hanno un recapito telefonico valido, 23 sono deceduti. Dei 60 pazienti intervistati: 16 presentavano già una ridotta autonomia pre-ricovero, 53 hanno eseguito trattamento riabilitativo specifico in degenza, 9 sono stati indirizzati verso strutture riabilitative esterne, 7 sono stati istituzionalizzati, in 28 lo hanno proseguito anche al domicilio . La BI media, nei pazienti sottoposti a una presa in carico riabilitativa precoce, al T0 è stata di 11,79 e al T1 di 69,52, con un incremento di 57,73 punti. Sulla base delle principali patologie riscontrate abbiamo individuato dei sottogruppi ed analizzato per ognuno la variazione della BI tra T0 e T1 come mostrato dal seguente grafico (Figura 3). Durante la degenza 49 su 60 pazienti sono stati supportati con ossigenoterapia (occhiali nasali, ventimask, NIV, CPAP, …), 4 sono stati sottoposti a sola intubazione orotracheale, 6 sono stati sia intubati sia tracheostomizzati ed 1 è stato solamente tracheostomizzato. Al T1, in 9 stanno continuando ossigenoterapia al domicilio (in continuo o al bisogno). I pazienti che hanno mostrato una persistenza dei sintomi quali anosmia, disguesia, mialgia, altralgia e/o disfagia nel follow-up sono stati 17 (Figura 6). Altro sintomo residuo (T1) valutato è stata la dispnea quantificata con la scala Borg modificata per la dispnea con un valore medio di 1 (dispnea molto lieve), un minimo di 0 ed un massimo di 7 (Figura 4). Una buona percentuale ha necessitato di ausili anche nel post-dimissione (Figura 5), sia intra che extramoenia, e in 16 continuano attualmente trattamento riabilitativo specifico. Discussione e conclusioni L’incremento riscontrato alla BI tra il T0 ed il T1 avvalora l’importanza di una precoce presa in carico riabilitativa; questa unitamente alla possibilità di proseguire il trattamento fisioterapico post-dimissione porta a un miglioramento delle autonomie e a una riduzione della disabilità residua. I maggiori risultati si sono osservati per quelle patologie che ricadevano nella categoria da noi indicato con “Altro” (paralisi di SPE, plessopatie, …), che avevano un carattere più localizzato, rispetto ad esempio al sottogruppo della sindrome ipocinetica in cui la variazione è stata meno marcata. Si segnala che, per quanto concerne i quadri di disfagia, 2 dei 3 pazienti ricontattati al follow up erano già dipendenti nelle ADL nel pre-ricovero, cosa che ha influenzato il valore della BI media al T0 ed al T1, con un incremento che, seppur presente, risulta inferiore se comparato con gli altri gruppi analizzati. È da considerare che la persistenza di sintomi quali disgeusia, anosmia, mialgie, artralgie e dispnea e di condizioni come la disfagia impatta sulla qualità di vita dei pazienti, anche se il recupero motorio globale è stato ottimale. Il recupero dell’endurance cardiorespiratoria richiede tempi più prolungati, influenzando in modo importante la risposta ai trattamenti e la loro stessa durata, alla luce anche della complessità di questi malati che richiedono una presa in carico di tipo multidisciplinare.
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Inquadramento clinico-strumentale dei pazienti con disabilità conseguente a COVID-19
INQUADRAMENTO CLINICO-STRUMENTALE DEI PAZIENTI CON DISABILITÀ CONSEGUENTE A COVID-19 Elisabetta Camilla Ghioni1, Fabrizio Gervasoni2, Antonella Lo Mauro3, Andrea Aliverti3, Giorgio Meloni4, Chiara Gambirasio5, Arnaldo Andreoli2, Antonino Michele Previtera6. 1. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa – Università degli Studi di Milano – Milano, Italia. 2. U.O. Riabilitazione Specialistica – A.S.S.T. Fatebenefratelli Sacco – Ospedale “Luigi Sacco” – Milano, Italia. 3. Politecnico di Milano – Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria – Milano, Italia. 4. Ingegneria industriale – Curriculum Biomedico – Università Niccolò Cusano – Roma, Italia. 5. Ingegneria biomedica – Politecnico di Milano, DEIB – Milano, Italia. 6. Università degli Studi di Milano – Dipartimento di Scienze della Salute – A.S.S.T. Santi Paolo e Carlo – Ospedale “San Paolo” – U.O. Riabilitazione Specialistica – Milano, Italia. INTRODUZIONE La malattia da SARS-CoV2 (COVID-19) è nota principalmente per l’interessamento dell’apparato respiratorio che porta, nei casi più gravi, allo sviluppo di una polmonite bilaterale richiedente ospedalizzazione e, nei pazienti critici, il supporto ventilatorio meccanico per insufficienza respiratoria acuta. Sono, tuttavia, sempre più numerose le evidenze che la Coronavirus Disease-19 non sia un’affezione solo respiratoria, ma una malattia multisistemica. Tra le complicanze extrapolmonari più frequenti vi sono i disturbi neurologici centrali e periferici, tra cui ictus, encefalite e sindrome di Guillain-Barré. Un altro apparato coinvolto è quello muscolo-scheletrico, come dimostrato dal riscontro nei pazienti con COVID-19 di elevati livelli ematici di creatinfosfochinasi e dalla manifestazione di mialgie e artralgie. Il medico fisiatra, chiamato a valutare le necessità riabilitative dei pazienti affetti da COVID-19 che hanno superato la fase acuta di malattia, deve identificare possibili esiti disabilitanti a carico di questi sistemi, in modo da impostare un adeguato percorso di recupero funzionale. Obiettivo di questo studio è elaborare una procedura clinico-diagnostica che permetta di individuare eventuali problematiche neuromuscolari associate agli esiti respiratori dell’infezione da SARS-CoV2, attraverso l’utilizzo di esami elettrofisiologici, spirometria, test di tolleranza all’esercizio fisico, sistemi di analisi del movimento e pletismografia optoelettronica. MATERIALI E METODI INQUADRAMENTO CLINICO E STRUMENTALE Eseguito presso l’Ospedale «Luigi Sacco» di Milano A.S.S.T. Fatebenefratelli Sacco PROVE EFFETTUATE ■ Valutazione elettrofisiologica Elettroneurografia (ENG) Elettromiografia (EMG) ■ Spirometria semplice ■ 6-Minutes Walking Test ■ Valutazione della forza della muscolatura respiratoria Massima Pressione Inspiratoria (MIP) Massima Pressione Espiratoria (MEP) GAIT ANALYSIS Eseguita presso il Laboratorio di analisi del movimento di ORThesys – Via A. Bazzini, 2 – Milano PROVE EFFETTUATE Sono stati raccolti dati con protocollo di analisi del movimento Davis, piattaforme dinanometriche e sonde elettromiografiche di superficie wireless durante la statica e la deambulazione in diverse condizioni: ■ Cammino in piano ■ Cammino con superamento di scalino ■ Cammino crouch ■ Squat PLETISMOGRAFIA OPTOELETTRONICA (OEP) Eseguita presso il Laboratorio “LARES” del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano PROVE EFFETTUATE Sono stati raccolti dati con protocollo di analisi a 89 e 52 markers, in posizione assisa e supina rispettivamente, nelle seguenti condizioni: ■ Respiro spontaneo ■ Inspirazioni ed espirazioni massimali ■ Respirazione con l’utilizzo di un incentivatore di flusso RISULTATI VALUTAZIONE ELETTROFISIOLOGICA È presente una sofferenza acuta del sistema nervoso periferico in otto dei dieci pazienti reclutati. Tra questi tre presentano una sofferenza acuta del nervo frenico. SPIROMETRIA, MIP E MEP, 6-MINUTES WALKING TEST Si rileva un quadro compatibile con sindrome restrittiva lieve in due soggetti. MIP e MEP sono ridotte in quattro pazienti. Non si sono rilevati episodi di desaturazione al test del cammino. Il livello di dispnea percepito al termine della prova è stato tra 1 e 2 alla Scala di Borg CR10. ANALISI DEL MOVIMENTO – GAIT ANALYSIS Alla prova di cammino in piano l’escursione articolare di anca, ginocchio e caviglia risulta complessivamente diminuita in otto pazienti e si osserva una riduzione della potenza di caviglia erogata in nove pazienti. Alla prova di cammino con scalino si rilevano asimmetrie articolari >5° tra arto inferiore destro e sinistro in cinque pazienti Solo cinque e tre pazienti sono stati in grado di eseguire le prove di cammino crouch e di squat rispettivamente PLETISMOGRAFIA OPTOELETTRONICA Non vi sono anomalie di rilievo nel pattern respiratorio a riposo, mentre si riscontra una riduzione della Capacità Inspiratoria durante manovra massimale. Il livello di dispnea percepito al termine della respirazione con incentivatore di flusso è risultato tra 0 e 4 alla Scala di Borg CR10. CONCLUSIONI È importante effettuare un attento esame clinico-strumentale del paziente affetto da COVID-19, poiché la prevalenza di esiti neuromuscolari è elevata. A tale scopo risultano utili la valutazione elettrofisiologica e i sistemi di analisi del movimento, al fine di elaborare un progetto riabilitativo mirato, incentrato sul recupero stenico globale e il ricondizionamento all’esercizio fisico attraverso l’attività aerobica. I risultati di spirometria, MIP e MEP, 6-Minutes Walking Test e OEP suggeriscono, invece, in questa tipologia di paziente, limitate necessità riabilitative in ambito respiratorio. Pertanto, l’inquadramento clinico e strumentale dei pazienti con sindrome post-COVID, deve interessarsi delle problematiche sia respiratorie (che sembrano manifestarsi in misura minore rispetto alle previsioni), sia neuromotorie, che possono condizionare il benessere del paziente e il pieno recupero dell’autonomia nella deambulazione e nello svolgimento delle attività della vita quotidiana. BIBLIOGRAFIA 1. Ghannam M, Alshaer Q, Al-Chalabi M, Zakarna L, Robertson J, Manousakis G. Neurological involvement of coronavirus disease 2019: a systematic review. J Neurol. Published online 2020. 2. Mao L, Jin H, Wang M, et al. Neurologic Manifestations of Hospitalized Patients with Coronavirus Disease 2019 in Wuhan, China. JAMA Neurol. 2020;77(6):683-690. 3. Disser NP, De Micheli AJ, Schonk MM, et al. Musculoskeletal Consequences of COVID-19. J Bone Jt Surg Am Vol. 2020;102(14):1197-1204.
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Aderenza e persistenza al denosumab 60 mg nelle pazienti con cancro mammario durante la pandemia Covid-19
Aderenza e persistenza al denosumab 60 mg nelle pazienti con cancro mammario durante la pandemia Covid-19 S. Tarchini1, A. Filice2, M. Pinto2 1 Dipartimento Multidisciplinare di Specialità Medico-Chirurgiche e Odontoiatriche, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli 2 U.O.C.Medicina Fisica e Riabilitativa, Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione G. Pascale Napoli Introduzione La pandemia da COVID-19 è una drammatica sfida per il Sistema Sanitario Nazionale. Soluzioni quali il distanziamento sociale ed il lockdown , adottate per cercare di limitare il diffondersi del contagio, insieme alla paura di contagiarsi nel recarsi in ospedale o ambulatorio potrebbero aver influito negativamente sull’aderenza e persistenza al trattamento farmacologico in molte patologie ed in particolare in categorie di pazienti quali i pazienti oncologici con profilo di immunodepressione aumentato rispetto alla popolazione generale.1 Nel nostro Istituto abbiamo un ambulatorio dedicato alla prevenzione delle fratture in corso di terapia con Inibitori delle Aromatasi nel cancro della mammella positivo per i recettori per estrogeni e progesterone ed in particolare molte pazienti sono in trattamento antiriassorbitivo con l’anticorpo monoclonale denosumab. Lo scopo del nostro lavoro è stato di valutare se l’aderenza e la persistenza al trattamento con denosumab 60mg/6 mesi sono state modificate e quali comportamenti sono emersi nel corso della pandemia da COVID-19 nella popolazione di pazienti con cancro della mammella afferenti al nostro ambulatorio di terapia osteometabolica. Materiali e Metodi Abbiamo effettuato uno studio retrospettivo su pazienti affette da cancro della mammella in terapia con Inibitori delle Aromatasi e denosumab 60mg/6 mesi,2 afferenti all’ambulatorio di terapia osteometabolica della S.C. Medicina Riabilitativa dell’ Istituto Nazionale Tumori –IRCCS- “Fondazione G. Pascale”. Utilizzando come metodo indiretto la frequenza delle prescrizioni a mezzo piano terapeutico Aifa e per la Campania anche Saniarp, consultabili sulle rispettive piattaforme, sono state analizzate : 1) l’aderenza al trattamento considerata come l’aver ricevuto due iniezioni consecutive di farmaco a distanza di 6 mesi ± 4 settimane dalla precedente ; 2) la persistenza al trattamento considerata come l’aver ricevuto l’iniezione entro 6 mesi + 8 settimane dalla precedente.3 Abbiamo inoltre effettuato una intervista telefonica alle pazienti non aderenti e/o non persistenti indagando sui motivi del ritardo nella effettuazione della terapia. Criteri di inclusione sono stati: sesso femminile, età superiore ai 18 anni, menopausa, trattamento con denosumab in corso di blocco ormonale adiuvante in donne con carcinoma mammario. Criteri di esclusione sono stati: presenza di neoplasie diverse da quella mammaria, malattia metastatica, severe comorbilità cardiorespiratorie, neurologiche, psichiatriche. Abbiamo incluso nel report tutte le pazienti rispondenti ai criteri di inclusione in trattamento con denosumab che avevano ricevuto il piano terapeutico per la dose di Denosumab nel 1° semestre 2019 ed abbiamo rilevato le successive prescrizioni sino al 30 giugno 2020. Risultati Abbiamo analizzato i dati di 25 pazienti (età media 65,24 ± 8,53 anni ) che rispettavano i criteri di inclusione ed esclusione ed avevano ricevuto la prescrizione di denosumab 60mg nei primi 6 mesi 2019 . A distanza di 1 anno ovvero nel primo semestre 2020 : 14 pazienti sono risultate aderenti e persistenti al trattamento, ovvero hanno rispettato i range di tolleranza cronologici rispetto alla iniezione precedente, 1 paziente è risultata persistente ma non aderente e 10 pazienti non sono risultate né aderenti né persistenti al trattamento. In particolare tra le cause di mancata persistenza ed aderenza le problematiche di ordine logistico ed emotivo legate alla pandemia di COVID-19 sono state le più numerose (n=6/11), seguite da insorgenza di problematiche di natura odontoiatrica (n=2/11), insorgenza di nuove problematiche oncologiche (n=2/11) e interruzione del trattamento per peggioramento delle patologia osteoporotica e sfiducia nella terapia (n=1/11). Conclusioni Dai nostri dati risulta che tranne una paziente che ha interrotto il trattamento di sua volontà per sfiducia nella terapia, in tutte le altre pazienti aderenti e non persistenti il ritardo nell’assunzione del denosumab è stato attribuito a problemi correlati alla pandemia da COVID-19. Pertanto in considerazione del persistere della pandemia, non solo è necessario un maggior impegno nell’educazione dei pazienti riguardo la sicurezza e l’importanza della terapia antiriassorbitiva, in particolare con farmaci biologici ma è necessario conservare il contatto con i pazienti con l’ implementazione di servizi di teleconsulto per assicurare una corretta aderenza e persistenza alle terapie per tutta la durata dell’emergenza sanitaria. Bibliografia 1) Jindal V, Sahu KK, Gaikazian S, Siddiqui AD, Jaiyesimi I. Cancer treatment during COVID-19 pandemic. Medical Oncology (Northwood, London, England). 2020 May;37(7):58. DOI: 10.1007/s12032-020-01382-w. 2) Nota 79 Aifa: http://www.agenziafarmaco.gov.it/content/nota-79 3) Hadji P, Papaioannou N, Gielen E, Feudjo Tepie M, Zhang E, Frieling I, Geusens P, Makras P, Resch H, Möller G, Kalouche-Khalil L, Fahrleitner-Pammer A. Persistence, adherence, and medication-taking behavior in women with postmenopausal osteoporosis receiving denosumab in routine practice in Germany, Austria, Greece, and Belgium: 12-month results from a European non-interventional study. Osteoporos Int. 2015 Oct;26(10):2479-89. doi: 10.1007/s00198-015-3164-4. Epub 2015 May 28. PMID: 26018090; PMCID: PMC4575374.
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Inquadramento clinico e trattamento linfodrenante di una paziente con linfedema di arto inferiore, insorto dopo distorsione traumatica dell’articolazione femoro-rotulea controlaterale
INQUADRAMENTO CLINICO E TRATTAMENTO LINFODRENANTE DI UNA PAZIENTE CON LINFEDEMA DI ARTO INFERIORE, INSORTO DOPO DISTORSIONE TRAUMATICA DELL’ARTICOLAZIONE FEMORO-ROTULEA CONTROLATERALE. Claudia Consentino 1, Fabrizio Gervasoni 2, Antonella Manna 2, Laura Airoldi 2, Maria Rosa Zanoni 2, Chiara Gambirasio 3, Giorgio Meloni 4, Arnaldo Andreoli 2. 1. Università degli Studi di Milano – Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Milano – Italia. 2. Ospedale “Luigi Sacco” – A.S.S.T. Fatebenefratelli Sacco – U.O. Riabilitazione Specialistica, Milano – Italia. 3. Politecnico di Milano, DEIB – Ingegneria biomedica, Milano – Italia. 4. Università Niccolò Cusano – Ingegneria industriale – Curriculum Biomedico, Roma – Italia. INTRODUZIONE Il linfedema è una patologia cronica a carico del sistema linfatico conseguente a un’elevata concentrazione proteica nel comparto interstiziale, che favorisce il richiamo di liquidi e il loro accumulo, e a cui consegue una saturazione dei meccanismi di compenso del circolo linfatico.  MAGGIO 2019 La paziente ha riportato un trauma distorsivo a carico dell’articolazione femoro-rotulea destra, trattato conservativamente con il posizionamento di un tutore articolato bloccato e con indicazione allo scarico con l’utilizzo di due bastoni canadesi per un mese.  SETTEMBRE 2019 Ha iniziato a manifestare un aumento volumetrico dell’arto inferiore controlaterale (sinistro); inizialmente solo in sede perimalleolare e, progressivamente, esteso a gamba e coscia, esitando in un’asimmetria artuale che la famiglia ha imputato in un primo momento a una ipotrofia dell’arto inferiore destro, recentemente traumatizzato. La problematica edematosa appariva però progressivamente ingravescente, invitando la famiglia a sottoporre la paziente ad accertamenti clinici e strumentali.  GENNAIO 2020 È stata sottoposta a una valutazione fisiatrica presso altra struttura, al termine della quale è stato diagnosticato linfedema a carico dell’arto inferiore sinistro, con prescrizione di un presidio elastocompressivo (i.e. calza emicollant 18-20 mmHg, sostituita con gambaletto nei mesi estivi). Nel medesimo periodo, a causa del lockdown imposto dalle autorità italiane per il controllo dell’emergenza pandemica da COVID-19, la paziente non è stata sottoposta né a trattamento linfodrenante né ad altre procedure. Per il persistere del quadro edematoso, ha però eseguito nuovi accertamenti (i.e. esami ematochimici, ecografie addominale e muscolo-tendinea dell’arto inferiore sinistro), che hanno escluso significative problematiche compressive, orientando la diagnosi verso una verosimile eziologia primaria slatentizzata dall’ipercarico sull’arto inferiore sinistro, conseguente al risparmio motorio post-traumatico dell’arto destro. MATERIALI E METODI Dati paziente Sesso: Femminile Età: 15 anni Diagnosi: Linfedema Analisi del movimento Eseguita presso il Laboratorio di gait analysis di ORThesys – Via A. Bazzini, 2 – Milano. Valutazione funzionale Linfedema a carico dell’arto inferiore sinistro. La deambulazione è possibile in autonomia senza ausili. Prove effettuate  Sono stati raccolti dati con protocollo di analisi del movimento Davis Heel durante il mantenimento della stazione eretta e la deambulazione.  Rilevazioni centimetriche artuali prima di ogni seduta linfodrenante. COMPLEX DECONGESTIVE THERAPY LINFODRENAGGIO MANUALE Trattamento fisioterapico linfodrenante con Complex Decongestive Therapy (C.D.P.), ovvero linfodrenaggio manuale e bendaggio elastocompressivo. La paziente è stata sottoposta a 9 sedute riabilitative con accessi bisettimanali. BENDAGGIO ELASTOCOMPRESSIVO Durante ogni seduta è stato realizzato il bendaggio elastocompressivo multistrato dalle teste metatarsali fino a livello inguinale. PROVA CON TUTORE ELASTOCOMPRESSIVO Per una maggiore semplicità d’uso del tutore, si è deciso di optare per velcro wraps per articolazione tibio-tarsica e piede, gamba e coscia. Al fine di assicurare un’adeguata e uniforme compressione lungo tutto l’arto, sono stati selezionati tutori dotati di scale graduate di compressione. CARATTERISTICHE DEI TUTORI Tutore avvolgente con parte sagomata. Dispositivo di compressione graduata. Ogni tutore può essere regolato sul grado di compressione selezionato (23-32 mmHg nel caso in studio), chiaramente contrassegnato con intervalli di compressione di differenti colorazioni che facilitano in ogni momento la regolazione del grado di compressione con precisione e uniformità. RISULTATI ANALISI DEL MOVIMENTO RILEVAZIONI CENTIMETRICHE La gait analysis ha documentato: asimmetria nell’utilizzo degli arti inferiori, con tendenza alla deviazione in valgo durante la fase propulsiva del ginocchio sinistro e ridotta plantiflessione del piede omolaterale al termine della fase di doppio appoggio. È stato inoltre evidenziato un moderato basculamento pelvico con retroversione del bacino bilaterale e moderata extrarotazione dell’emibacino sinistro durante l’intero ciclo del passo. L’outcome del trattamento linfodrenante sono state le rilevazioni centimetriche raccolte contestualmente a ogni accesso. Al termine del ciclo riabilitativo è stata documentata una riduzione volumetrica dell’arto linfedematoso: da un Δ 28,4 cm sinistro/destro misurato alle rilevazioni centimetriche delle circonferenze alla prima seduta; fino a ottenere una riduzione del Δ a 6,5 cm all’ultima seduta. CONCLUSIONI Al termine del trattamento riabilitativo, verificando la stabilità della riduzione volumetrica conseguita con C.D.P., è stato necessario prescrivere un presidio elastocompressivo finalizzato al mantenimento dei risultati raggiunti. Per una maggiore semplicità d’uso del suddetto presidio, si è deciso di optare per velcro wraps per articolazione tibio-tarsica e piede, gamba e coscia. Al fine di assicurare un’adeguata e uniforme compressione lungo tutto l’arto, sono stati selezionati tutori dotati di scale graduate di compressione. In questo modo la paziente è in grado di applicare in autonomia i wraps, dosando correttamente la compressione a ogni livello dell’arto, senza generare effetto “laccio” né aree di compressione insufficiente. È stata infine programmata una rivalutazione fisiatrica dopo 4-6 mesi dalla fine del trattamento riabilitativo, per un’eventuale ripresa del trattamento linfodrenante. Si dovrà inoltre considerare la possibilità di effettuare una linfoscintigrafia, finalizzata alla conferma strumentale dell’ipotesi di linfedema primario slatentizzato da un sovraccarico biomeccanico conseguente al noto traumatismo dell’arto controlaterale. BIBLIOGRAFIA 1. Depairon M, Lessert C, Tomson D, Mazzolai L. Lymphœdème primaire [Primary lymphedema]. Rev Med Suisse. 2017 Dec 6;13(586):2124-2128. French. PMID: 29211371. 2. Grada AA, Phillips TJ. Lymphedema: Pathophysiology and clinical manifestations. J Am Acad Dermatol. 2017 Dec;77(6):1009-1020. doi: 10.1016/j.jaad.2017.03.022. PMID: 29132848.
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Analisi del movimento nell’atleta per la prevenzione del reinfortunio sportivo
ANALISI DEL MOVIMENTO NELL’ATLETA PER LA PREVENZIONE DEL REINFORTUNIO SPORTIVO Francesca Morello1, Fabrizio Gervasoni2, Arnaldo Andreoli2, Giorgio Meloni3, Antonino Michele Previtera4. 1. Istituto Auxologico Italiano – U.O. Riabilitazione Neuromotoria – Milano, Italia. 2. Ospedale “Luigi Sacco” – A.S.S.T. Fatebenefratelli Sacco – U.O. Riabilitazione Specialistica – Milano, Italia. 3. Università Niccolò Cusano – Ingegneria industriale – Curriculum Biomedico – Roma, Italia. 4. Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze della Salute – A.S.S.T. Santi Paolo e Carlo – Ospedale San Paolo – U.O. Riabilitazione Specialistica – Milano, Italia. INTRODUZIONE Obiettivo del presente studio è ricercare con sistemi di analisi del movimento, baropodometria e sensori inerziali eventuali asimmetrie nel movimento degli arti inferiori in atleti che hanno già ripreso l’attività agonistica dopo un periodo d’inattività per infortunio. Si ipotizza infatti che, oltre all’ipotrofia e all’ipostenia conseguenti all’evento traumatico, possa verificarsi un risparmio motorio (i.e. “non utilizzo appreso”) dell’arto colpito. MATERIALI E METODI Il campione è stato suddiviso in due gruppi: a) trained b) non trained PROTOCOLLO 1. Anamnesi. 2. Compilazione del questionario per la determinazione dell’arto dominante e della scala visuo-analogica della simmetria di carico (VASoL-Scale – Visual-analogic symmetry of loading scale) in stazione eretta e durante il salto. 3. Misure antropometriche. 4. Analisi strumentale VALUTAZIONI ESEGUITE – BAROPODOMETRIA STATICA E DINAMICA – STATICA SU PEDANA DINAMOMETRICA – CAMMINO – SQUAT E SQUAT JUMP – STATICA IN MONOPODALICA – COUNTER MOVEMENT JUMP (CMJ) – COUNTER MOVEMENT JUMP CON SPINTA DELLE BRACCIA – COUNTER MOVEMENT JUMP RIPETUTO – STIFFNESS – VASoL-Scale VISUAL-ANALOGIC SYMMETRY OF LOADING SCALE RISULTATI Dai risultati ottenuti si evidenzia che esiste una differenza tra la simmetria di carico percepita e la spinta, statisticamente non significativa durante le prime fasi del salto (fase ortostatica di preparazione al salto e fase di spinta). Risulta invece significativa la differenza tra la simmetria percepita dagli atleti e quella che presentano durante la fase di atterraggio dopo il salto, quella maggiormente interessata dagli infortuni. È stato, inoltre, osservato quanto, negli atleti sottoposti a training specifico per la propriocezione di uno degli arti inferiori, la percezione di asimmetria risulti più simile alla reale asimmetria di carico misurata strumentalmente, rispetto agli atleti che non sono stati sottoposti a un allenamento specifico. DISCUSSIONE La discrepanza tra la simmetria percepita dagli atleti e la simmetria rilevata strumentalmente rappresenta una sorta di “dispercezione funzionale”, che potrebbe comportare sovraccarichi biomeccanici di strutture anatomiche continuamente sollecitate durante la pratica sportiva. L’aspetto rilevante è la mancanza di consapevolezza dell’atleta relativamente alla scorretta distribuzione dei carichi sugli arti inferiori, in particolare durante l’esecuzione del gesto atletico. L’importanza di una corretta distribuzione dei carichi durante la fase di atterraggio è supportata dal fatto che, spesso, gli infortuni avvengono proprio nel momento in cui l’energia generata nella fase di spinta, insieme alla forza di gravità, è nuovamente assorbita dagli arti inferiori quando i piedi prendono contatto con il suolo. Inoltre, i tre sport oggetto di studio (i.e. pallavolo, pallacanestro e rugby) prevedono un elevato numero di salti. CONCLUSIONE Il trattamento riabilitativo dopo un infortunio è una tappa fondamentale per il recupero psico-fisico dell’atleta e per il suo successivo ritorno in campo. In questo contesto, l’accurata valutazione clinica dell’atleta è indispensabile per il corretto approccio al paziente e può essere qualitativamente e quantitativamente completata da valutazioni strumentali, come l’analisi del movimento o il ricorso a sensori inerziali, anche sul terreno di gioco. BIBLIOGRAFIA – Le Pellec A, Maton B. Anticipatory postural adjustments depend on final equilibrium and task complexity in vertical high jump movements. J Electromyogr Kinesiol. 2000;10(3):171–8. – Lipshits MI, Mauritz K PK. Quantitative analysis of anticipatory postural components of a complex volun-tary movement. 1981. – André JM, Didier JP, Paysant J. “Functional motor amnesia” in stroke (1904) and “learned non-use phenomenon” (1966). J Rehabil Med. 2004;36(3):138–40.
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L’impatto del COVID-19 sulle attività riabilitative in Lombardia: l’esperienza del gruppo regionale SIMFER
L’impatto del COVID-19 sulle attività riabilitative in Lombardia: l’esperienza del gruppo regionale SIMFER Antonio Robecchi Majnardi1, Calogero Malfitano1, Francesco Negrini2, Michele Bertoni3, Emanuela Facchi4, Giorgio Ferriero,5 Silvia Galeri6, Franco Molteni7, Stefano Respizzi8, Alessandro Tomba9, Giovanna Beretta10 1 – IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano; 2 – IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, Milano; 3 – ASST Settelaghi, Varese; 4 – Fondazione Richiedei, Gussago (BS); 5 – IRCCS Istituti Clinici Scientifici Maugeri IRCCS, Tradate (VA); 6 – IRCCS Fondazione Don Gnocchi, Rovato (BS); 7 – Ospedale Valduce Villa Beretta, Costa Masnaga (LC); 8 – IRCCS Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (MI); 9 – ASST Pini-CTO, Milano; 10 – ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano MARZO 2020: LA PRIMA ONDATA La pandemia da SARS-CoV2 (COVID-19) a partire dal marzo 2020 ha investito i sistemi sanitari di tutto il mondo e quello lombardo è stato il primo ad essere travolto. I numeri parlano chiaro: alla data del 5 di novembre in Lombardia sono stati registrati più di 230.000 casi, quasi un terzo del totale italiano. La pandemia ha avuto un effetto devastante sulla maggior parte delle attività cliniche incluse quelle riabilitative. FASE DELL’EMERGENZA: tutte le strutture sanitarie regionali di ogni ordine e grado sono state coinvolte per l’esigenza di garantire posti letto e facilitare i trasferimenti dai reparti di medicina e di terapia intensiva. La priorità è stata quella di garantire percorsi separati per pazienti positivi o meno al COVID-19 secondo le esigenze di intensità di cura e andando a porre in secondo piano eventuali altre distinzioni patologia specifiche. Nel frattempo è stato implementato un modello hub-spoke per garantire risposta alle patologie note per essere tempo-dipendenti (traumi, cerebrovascolari, cardiovascolari, etc). Le attività di area riabilitativa però non sono state prese in considerazione. FASE DI STABILIZZAZIONE: la progressiva riduzione dei contagi inizata con il 21 marzo 2020 (data del picco massimo dei contagi – 6,557 nuovi casi) ha avviato la seconda fase. Per garantire la ripresa della attività riabilitative è stato necessario riorganizzare setting e percorsi considerando quattro tipologie prevalenti di pazienti: – riabilitativi NON COVID-19: trattamento della disabilità e prevenzione della infezione; – riabilitativi COVID-19 (a): trattamento riabilitativo per disabilità NON determinate dalla infezione virale ma complicate dalla sola positività al virus; – riabilitativi COVID-19 (b): trattamento riabilitativo per disabilità neuromotorie e/o respiratorie determinate dalla infezione virale (i.e. sindromi respiratorie ostruttive, mieloradicoliti, etc); – COVID-19 non (più) riabilitativi: trasferimento in setting a diversa intensità di cura dove proseguire l’isolamento. FASE DI CONVIVENZA: nella successiva fase di riorganizzazione dei setting riabilitativi COVID-free sono state considerate due classi di rischio, definite rispettivamente sui criteri fondanti di prevenzione e protezione: – Classe A – osservazione (prevenire): pazienti genericamente sintomatici (febbre, sintomi influenzali) & tampone naso-faringeo (TNF) negativo; pazienti recentemente trasferiti da altra struttura (seppure con TNF negativo); contatti stretti di altri pazienti ricoverati documentati TNF-COVID +; pazienti con recente (i.e < 7 giorni) negativizzazione del TNF. - Classe B - protezione (proteggere): pazienti ricoverati tempo superiore a quello di incubazione e sempre con TNF negativi; pazienti provenienti da Classe A e confermati TNF negativi. FOCUS – LA TEMPO DIPENDENZA DELLA RIABILITAZIONE Dall’esperienza lombarda emerge critico il concetto di tempo dipendenza della riabilitazione: non tutti i deficit funzionali posso attendere nel tempo di essere trattati quando la priorità è prevenire la disabilità. La riorganizzazione di un sistema sanitario di fronte ad una catastrofe deve abbandonare il concetto obsoleto che la Medicina Fisica e Riabilitativa sia un mero trattamento generico e sintomatico di sequele tardive di “vere” malattie. - Remuzzi, A.; Remuzzi, G. COVID-19 and Italy: what next? Lancet Lond. Engl. 2020, 395, 1225–1228, doi:10.1016/S0140-6736(20)30627-9. - Mesa Vieira, C.; Franco, O.H.; Gómez Restrepo, C.; Abel, T. COVID-19: The forgotten priorities of the pandemic. Maturitas 2020, 136, 38–41, doi:10.1016/j.maturitas.2020.04.004. - Tesio, L.; Buzzoni, M. The illness-disease dichotomy and the biological-clinical splitting of medicine. Med. Humanit. 2020, doi:10.1136/medhum-2020-011873.
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Alterazioni in baropodometria statica in pazienti con metatarsalgia bilaterale
ALTERAZIONI IN BAROPODOMETRIA STATICA IN PAZIENTI CON METATARSALGIA BILATERALE Andrani M., Ladisa I., Papagni G., Ranieri M., Megna M. . U.O.C. Medicina Fisica e Riabilitazione – U.S.U. – Dipartimento di Scienze Mediche di Base, Neuroscienze e Organi di Senso – Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” INTRODUZIONE Per metatarsalgia intendiamo un disturbo del piede, caratterizzato da una sensazione dolorosa in corrispondenza delle ossa metatarsali, causato da un’alterazione dell’assetto delle stesse. Può trattarsi di una condizione primaria (dovuta a cause biomeccaniche che comportano sovraccarico o una cattiva distribuzione del carico dell’avampiede, come la presenza di piede cavo, piede piatto, utilizzo di tacchi alti o scarpe a punta), secondaria (a seguito di gotta, artrite reumatoide, sesamoidi, traumi e fratture da stress) o terziaria (iatrogena, per interventi ortopedici sul piede come la correzione dell’alluce valgo). La metatarsalgia può essere vista più come un sintomo che come una entità clinica distinta. Il trattamento solitamente consiste nell’utilizzo di calzature adeguate, plantari, terapia fisica e interventi farmacologici. Se il trattamento conservativo fallisce possono essere prese in considerazione opzioni chirurgiche. L’obiettivo del nostro lavoro è stato quello di evidenziare quali sono le alterazioni più comuni di alcuni parametri valutati in Baropodometria statica che si riscontrano nei pazienti con metatarsalgia bilaterale. CASISTICA, MATERIALI E METODO Da Ottobre 2019 a Marzo 2020 sono stati arruolati presso il nostro ambulatorio di Baropodometria elettronica del reparto di Medicina Fisica e Riabilitazione del Policlinico di Bari 83 pazienti con metatarsalgia bilaterale. Presupposto per l’esecuzione dell’esame era la possibilità di mantenere in autonomia la stazione eretta, senza l’utilizzo di ausili, per la durata dell’esame. Abbiamo inoltre considerato criteri di esclusione la presenza di talalgia come da fascite plantare, patologie neurologiche e precedenti interventi chirurgici sul piede. Sono stati quindi ritenuti eleggibili 55 pazienti (43 donne e 12 uomini) con un’età compresa tra i 28 e gli 85 anni e con un’età media di 52 anni. Per eseguire gli esami di Biometria digitalizzata è stato utilizzato il Biometric Software versione 3.0.0 (Diasu Health Thecnologies). I parametri che abbiamo considerato nel nostro studio sono stati: • L’impronta plantare (fisiologica, piede piatto o cavo); • Lo scostamento COG-COP : scostamento tra il centro geometrico del poligono di appoggio (COG) ed il centro di pressione (COP) rilevato tra i due piedi. Permette di valutare disuniformità della distribuzione del carico sulla superficie pressoria in direzione anteriore-posteriore; • Il Punto di Massima Pressione (PMP) destro e sinistro: descrive dove è rilevato il valore massimo di pressione podalica. Fisiologicamente si localizza nel retropiede; • Rapporto Peso/Superficie A/R in %: mette in evidenza quanta percentuale di carico è rilevata nell’avampiede rispetto al retropiede. E’ un indicatore che permette di valutare la presenza di ipercarichi; • Aree di ipercarico patologico sull’avampiede. RISULTATI Dall’analisi baropodometrica statica abbiamo ottenuto questi risultati: • Il COP si trovava fisiologicamente in corrispondenza del COG (Lo scostamento COG-COP era quindi nullo) nel 20% dei pazienti, era shiftato anteriormente nel 33% del campione, posteriormente nel 47% . • Il PMP era localizzato per il piede destro in sede avampodalica nel 44% dei pazienti, mentre si rilevava a livello del retropiede nel restante 56%. Per il piede sinistro osservavamo che il PMP si trovava a livello avampodalico nel 40% del campione, nel restante 60% a livello retropodalico. • Osservavamo la presenza di piede cavo in poco più della metà del nostro campione (51%), di piede piatto nel 15% dei pazienti e di impronta fisiologica nel restante 34%. • La media del rapporto A/R in % era per il piede sinistro 40,8%, per il destro 39,9%. • Per il piede sinistro circa il 29% del nostro campione presentava un appoggio fisiologico, il 13% iperappoggio su tutto l’avampiede ed il restante 58% solo su parte dello stesso. • Per il piede destro il 16% dei pazienti aveva un appoggio fisiologico, il 9% presentava iperappoggio su tutto l’avampiede ed il restante 75% solo su parte dello stesso. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE La nostra casistica, seppur esigua, ha messo in evidenza che, nei soggetti con metatarsalgia, si riscontra in Baropodometria statica frequentemente uno shift posteriore del COP rispetto al COG, segno questo di possibile sbilanciamento compensatorio posteriore del baricentro corporeo. Si rileva sovente la presenza di PMP patologicamente spostato sull’avampiede, segno questo di importante impegno metatarsale. In accordo con i dati di letteratura, abbiamo osservato nel nostro campione di pazienti con metatarsalgia una forte associazione con anomalie della morfologia del piede, in particolar modo con la presenza di piede cavo (51% dei casi) e di piede piatto (15%). Nonostante l’evidenza di frequente ipercarico sull’avampiede, si osservava mediamente un valore di rapporto peso/superficie tra regione anteriore e posteriore del piede pressoché nella norma. La maggioranza dei soggetti arruolati presentava inoltre ipercarico patologico avampodalico che prediligeva alcuni specifici raggi metatarsali (in particolare il II e III). Ci proponiamo in un prossimo futuro di ampliare la casistica al fine di riuscire ad effettuare controlli baropodometrici dopo utilizzo di plantari, per verificare eventuali modifiche dell’appoggio podalico. Sarebbe interessante inoltre integrare e confrontare questi dati con quelli ottenuti da misurazioni baropodometriche dinamiche. BIBLIOGRAFIA -Hodes A, Umans H. Metatarsalgia. Radiol Clin North Am. 2018 Nov;56(6):877-892. doi: 10.1016/j.rcl.2018.06.004. PMID: 30322488. -Charen DA, Markowitz JS, Cheung ZB, Matijakovich DJ, Chan JJ, Vulcano E. Overview of Metatarsalgia. Orthopedics. 2019 Jan 1;42(1):e138-e143. doi: 10.3928/01477447-20181206-06. Epub 2018 Dec 13. PMID: 30540873. -Troiano G, Nante N, Citarelli GL. Pes planus and pes cavus in Southern Italy: a 5 years study. Ann Ist Super Sanita. 2017 Apr-Jun;53(2):142-145. doi: 10.4415/ANN_17_02_10. PMID: 28617260. -Shumway-Cook, A., Woolacott, M.H., 1995. Motor Control: Theory and Practical Applications. Williams & Wilkins, Baltimore, MD. -Chien HL, Lu TW and Liu MW. Effects of long-term wearing of high-heeled shoes on the control of the body’s center of mass motion in relation to the center of pressure during walking. Gait Posture 2014; 39: 1045–1050. -Shang J, Geng X, Wang C, Chen L, Zhang C, Huang J, Wang X, Yan A, Ma X. Influences of high-heeled shoe parameters on gait cycle, center of pressure trajectory, and plantar pressure in young females during treadmill walking. J Orthop Surg (Hong Kong). 2020 Jan-Apr;28(2):2309499020921978. doi: 10.1177/2309499020921978. PMID: 32390534.
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Ossigenoterapia in pazienti con esiti di polmonite bilaterale da Covid: confronto tra metodica standard e ad alto flusso
Ercole Zanotti, Rodolfo Massimiliano Murgia, Patrizia Bibbo’, Roberto Antenucci§ UOSD Riabilitazione Respiratoria, P O di Castel San Giovanni, AUSL Piacenza §UOSD Medicina Riabilitativa Val Tidone, P O di Castel San Giovanni, AUSL Piacenza OSSIGENOTERAPIA IN PAZIENTI CON ESITI DI POLMONITE BILATERALE DA COVID: CONFRONTO TRA METODICA STANDARD E AD ALTO FLUSSO Introduzione L’ insufficienza respiratoria secondaria a polmonite bilaterale da Covid 19 è di tipo ipossiemico e necessita di ossigenoterapia. Spesso l’estensione delle lesioni polmonari, specie se in fase di organizzazione, richiede alti flussi che possono causare eccessiva secchezza delle prime vie aeree ed essere poco tollerati dai pazienti; inoltre, non sempre consentono di raggiungere livelli di saturazione soddisfacenti. Una alternativa all’ossigenoterapia convenzionale è l’ossigenoterapia ad alto flusso riscaldata ed umidificata (HFOT) che comprende un generatore di flusso (fino a 60 L/min), un miscelatore aria ambiente/ossigeno, che consente di ottenere fino al 100% di FiO2, un sistema di umidificazione e riscaldamento dei gas. Studi precedenti hanno dimostrato che la metodica è ben tollerata e, su casi selezionati, più efficace dell’ossigenoterapia standard. Materiali e Metodi Lo studio è stato condotto su 28 pazienti ricoverati in Riabilitazione Respiratoria nel periodo marzo – maggio 2020 per gli esiti bilaterali di polmonite interstiziale da Covid 19. All’ingresso tutti presentavano insufficienza respiratoria con necessità di ossigenoterapia continua. Di tutti i pazienti sono stati raccolti emogasanalisi, saturazione incruenta, frequenza respiratoria e frequenza cardiaca all’ingresso. Il trattamento iniziale consisteva nella somministrazione di ossigenoterapia con occhialini o maschera facciale ad un flusso sufficiente ad ottenere una saturazione > 95%. Nell’impossibilità di raggiungere questo target malgrado elevati flussi di O2, su 10 pazienti è stato necessario ricorrere al trattamento con ossigenoterapia ad alto flusso (in media flusso 45 L/min; TC 34 °C; FiO2 44,7%) tramite le cannule nasali dedicate ed utilizzando umidificazione continua. La procedura è stata ben tollerata da tutti i pazienti e non ci sono stati effetti indesiderati. Risultati I risultati finali mostrano che in questa popolazione il trattamento con ossigenoterapia ad alto flusso è in grado di incrementare la saturazione e di ridurre frequenza respiratoria e cardiaca. Non ci sono state differenze nel grado di ossigenazione tra le due metodiche, né in termini di giornate di degenza. Conclusioni L’ossigenoterapia ad alto flusso può essere utile nel trattamento degli esiti bilaterali di polmonite interstiziale da Covid 19 refrattari all’ossigenoterapia standard. Bibliografia Maggiore SM et al.: “Nasal high flow versus Venturi mask oxygen therapy after extubation. Effects on oxygenation, comfort and clinical outcome” – Am J Respir Crit Care Med 2014;190:282-288 Omote N et al.: “High-flow nasal cannula therapy for acute respiratory failure in patients with interstitial pneumonia: a retrospective observational study” – Nagoya J Med Sci. 2020 May;82(2):301-313 Zhang P et al.: “The novel coronavirus (COVID-19) pneumonia with negative detection of viral ribonucleic acid from nasopharyngeal swabs: a case report” – BMC Infect Dis. 2020 Apr 30;20(1):317
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Efficacia delle infiltrazioni intra-articolari di acido ialuronico cross-linkato e triamcinolone esacetonide (HA), ossigeno-ozono (O2O3) e la combinazione di entrambi nel trattamento dell’osteoartrosi del ginocchio (RCT)
Efficacia delle infiltrazioni intra-articolari di acido ialuronico cross-linkato e triamcinolone esacetonide (HA), ossigeno-ozono (O2O3) e la combinazione di entrambi nel trattamento dell’osteoartrosi del ginocchio (RCT). A. De Masi De Luca 1, L. Meccariello 3, C. Attanasi 1, M.R. Fracella 1, M. Sanapo 2, A. Carluccio 2, G. Rollo 4 1. Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitazione, Ospedale S. Caterina Novella Galatina (Le) Italia 2. LIFE Centro Medico e Fisioterapico Maglie (Le) Italia 3. Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia, AORN San Pio, Benevento, Italia 4. Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia, PO Vito Fazzi, Lecce, Italia La gonartrosi rappresenta una delle cause principali di disabilità nell’anziano. L’intervento di artroplastica totale di ginocchio (TKR) rappresenta, invece, un metodo chirurgico efficace e specifico per trattare la gonartrosi severa. Tuttavia, la TKR si accompagna anche ad un rischio potenziale di complicanze serie e di costi elevati. Il ricorso, pertanto, a terapie alternative a basso rischio è in grado di ritardare o rendere inutile il ricorso alla chirurgia. Questo studio confronta i risultati clinici tra l’infiltrazione intra-articolare di acido ialuronico (HA) (Cingal), le infiltrazioni di Ossigeno Ozono (O2O3) e la combinazione di entrambe, in pazienti affetti da osteoartrosi lieve-moderata e moderata (OA) del ginocchio (Grado 2-3 di Kellgren-Lawrence). Sono stati arruolati 66 pazienti assegnati in modo casuale in tre gruppi, con un età compresa tra 48 e 77 anni con almeno un anno di dolore al ginocchio e una VAS score pari o maggiore di 4.Ventidue pazienti con OA del ginocchio sono stati randomizzati per effettuare infiltrazioni intra-articolari di HA (una singola dose di Cingal), ventiquattro pazienti sono stati sottoposti a infiltrazioni di O2O3 intra-articolare (una infiltrazione con una concentrazione crescente di O2O3, una volta alla settimana per 3 settimane); un terzo gruppo composto da venti pazienti ha combinato il trattamento O2O3 con HA (HA + O2O3) una volta alla settimana per 4 settimane consecutive; il trattamento consisteva nell’infiltrazione intra-articolare di 3 dosi ad una concentrazione crescente di O2O3 (alla concentrazione iniziale dai 15mcg/ml a 20mcg/ml) una volta alla settimana per 3 settimane, concludendo il trattamento con una singola infiltrazione di HA. Sono state somministrate le scale Womac e VAS a tutti i pazienti prima del trattamento (T0), a 2 mesi (T2), a 6 mesi (T3) e a 1 anno (T4) dopo il trattamento. L’analisi dei dati ha evidenziato un miglioramento significativo (P<0,05) di tutti i parametri nei punteggi WOMAC e VAS, e un miglioramento significativo (P<0,05) in tutti i gruppi HA, O2O3, HA + O2O3 per i sintomi dolore, rigidità e funzione (ROM), miglioramento delle attività della vita quotidiane quindi della qualità della vita. Inoltre, la combinazione del trattamento con O2O3 e HA ha evidenziato un miglioramento significativo degli esiti specialmente al follow-up T3 e T4 (P <0,01) rispetto a HA e O2O3 somministrati singolarmente dei pazienti affetti da OA del ginocchio. Sulla base delle prove attualmente disponibili, sono necessari ulteriori RCT per confermare l’efficacia dell’infiltrazione combinata HA e O2O3, che grazie al nostro studio ne ha validato le potenzialità nel lungo termine (6 e 12 mesi) rispetto alle infiltrazioni non combinate nel trattamento conservativo della gonartrosi. .
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Recupero motorio post-ictus: da un giro in Vespa sui Sampietrini romani al trattamento con vibrazione muscolare focale (fMV)
Recupero motorio post-ictus: da un giro in Vespa sui Sampietrini romani al trattamento con vibrazione muscolare focale (fMV). Introduzione L’ictus è la principale causa di disabilità a lungo termine con mobilità ridotta in più della metà dei sopravvissuti di età pari o superiore a 65 anni. La vibrazione muscolare focale ripetitiva (fMV) è una tecnica di stimolazione non invasiva capace di migliorare il recupero motorio dei pazienti post-ictus sia nella fase acuta che cronica [1, 2]. Descrizione paziente Un paziente settantaduenne con emiparesi destra e spasticità in esito a pregresso ictus emorragico riferiva un miglioramento soggettivo dell’ipertono alla gamba destra dopo un giro in Vespa di 30 minuti sui “sampietrini” di Roma. Considerato l’aneddoto del paziente e le attuali linee guida che raccomandano la fMV nel trattamento della spasticità post-ictus, è stato iniziato il trattamento con fMV sul quadricipite femorale, tricipite surale ed ischiocrurali, effettuando valutazioni clinico-strumentali standardizzate pre (T0) e post-trattamento (T1) (Figura 1). Obiettivi Gli obiettivi del nostro studio sono: • valutare se il trattamento con fMV porti ad un miglioramento clinicamente evidente (MDC95) dell’outcome motorio; • valutare la plasticità indotta dalla fMV a livello corticale e midollare tramite SPECT e EMG. Risultati Dopo il trattamento con fMV (T1), il paziente ha riportato: • Un significativo miglioramento clinico (MDC95) del deficit di forza e della spasticità valutato con FMA, MI e MAS (Tabella 1). • Alla gait analysis abbiamo riscontrato un miglioramento clinicamente significativo (MDC95) della simmetria del passo dopo il trattamento con fMV. • Con l’EMG, abbiamo valutato l’ampiezza del riflesso H che è risultata diminuita da 1 mv (T0) a 0,1 mv (T1). Il rapporto H/M espresso in percentuale era dell’81,9% a T0, mentre alla fine del trattamento fMV era del 25,9%; • La SPECT (Figura 2) effettuata prima e dopo fMV mostra un aumento della distribuzione di 99mTc-HMPAO in regione frontale sx (1a vs. 2a), parietale sx (1b vs. 2b), occipitale sx (1c vs. 2c). Conclusioni I dati della SPECT e dell’EMG supportano l’evidenza di una concomitante plasticità cerebrale e spinale promossa dal trattamento con fMV. La concomitante induzione di plasticità corticale e spinale è sottesa al miglioramento clinicamente rilevante della forza, simmetria del passo e della spasticità riscontrato nel nostro paziente dopo trattamento con fMV.
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Presa in carico riabilitativa precoce multiprofessionale ed interdisciplinare in pazienti post covid19: elemento di efficacia per la domiciliazione del soggetto con gravi sequele
Ercole Zanotti1, Rodolfo Massimiliano Murgia1 Patrizia Bibbò1, Anna Cassio2, Roberto Antenucci2, Maria Paola Gruppi2 1UOSD Riabilitazione Respiratoria PO di Castelsangiovanni (AUSL PC) 2UOSD Medicina Riabilitativa Valtidone PO di Castelsangiovanni (AUSL PC) PRESA IN CARICO RIABILITATIVA PRECOCE MULTIPROFESSIONALE ED INTERDISCIPLINARE IN PAZIENTI POST COVID19: ELEMENTO DI EFFICACIA PER LA DOMICILIAZIONE DEL SOGGETTO CON GRAVI SEQUELE INTRODUZIONE Il Covid 19 ha determinato spesso un variabile grado di disabilità nei pazienti affetti, comportando problematiche di carattere respiratorio, neuromotorio, dismetaboliche, deglutitorie, fonatorie e cognitivo-comportamentali. MATERIALI E METODI Nel periodo aprile-giugno 2020 nel reparto di Riabilitazione Respiratoria dell’ospedale di Castelsangiovanni (AUSL di Piacenza) abbiamo ricoverato 18 pazienti provenienti da reparti per acuti (rianimazione, pneumologia e subintensiva) con diagnosi di “insufficienza respiratoria e polineuropatia del paziente critico” secondari a polmonite da covid 19 con decorso clinicamente complesso, alcuni portatori di tracheostomia, ossigeno e associata ventilazione che hanno necessitato di lunga permanenza in ambiente intensivo. La degenza media nei reparti per acuti era stata di 52 giorni variando da un minimo di 24 ad un massimo di 152 giorni. Tutti i pazienti all’ingresso sono stati sottoposti a valutazione clinica e respiratoria effettuata dallo pneumologo e valutazione riabilitativa e funzionale effettuata dal fisiatra e dal fisioterapista; veniva effettuata se necessario una valutazione logopedica per gli aspetti deglutitori e fonatori nonché una valutazione del terapista occupazionale per le componenti relative alle autonomie personali. La presa in carico era completata dal personale infermieristico e dalle OSS per tutti gli aspetti assistenziali di nursing, gestione della terapia farmacologica, dei devices presenti e per la cura dei decubiti. Dopo realizzazione del Progetto Riabilitativo Individuale ogni paziente, compatibilmente con il quadro clinico è stato sottoposto a trattamento riabilitativo respiratorio e neuromotorio con l’obiettivo di graduale progressivo soddisfacente e funzionale recupero del cammino, delle ADL e IADL e possibilità di ritorno al domicilio. Venivano inoltre eseguiti alcuni test di valutazione, compatibilmente con la condizione di allettamento o parziale autonomia del paziente, come Barthel Index, MRC, Sit to stand e 6MWT. Il trattamento respiratorio prevedeva: ossigenoterapia se indicata, manovre di detersione bronchiale, svezzamento tracheostomia laddove presente, esercizi di coordinazione respiratoria, ricondizionamento cardiorespiratorio con utilizzo anche di treadmill e cyclette. Il trattamento neuromotorio prevedeva: esercizi di mobilizzazione passiva e attiva assistita al letto, passaggi posturali e successiva verticalizzazione per passaggio in bascula; esercizi per recupero stenico a carico degli arti superiori, del tronco e degli arti inferiori; pedaliera per arti inferiori; elettrostimolazione quadricipiti; esercizi di sollevamento del bacino con appoggio degli arti superiori e in attivo – assistito per i quadricipiti; mobilizzazione in carrozzina con progressivo allungamento dei tempi di permanenza; esercizi per graduale tentativo di verticalizzazione; training del passo; deambulazione assistita dapprima con girello poi graduale passaggio ai bastoni e, laddove possibile, ripresa del cammino autonomo. Sono sempre stati mantenuti i contatti con i familiari con diverse modalità tra cui telefono e videochiamata fino al momento in cui è stato possibile ii reingresso nel reparto, seppur contingentato, dei familiari; tale condizione ha permesso la realizzazione di incontri diretti tra l’équipe e gli stessi familiari ai fini di programmare la dimissione e concordare il setting post-dimissione con la possibilità di garantire la prosecuzione del trattamento riabilitativo neuromotorio e respiratorio in regime ambulatoriale con follow up del paziente. Prima della dimissione, se necessario, si provvedeva alla valutazione degli ausili necessari e delle eventuali barriere architettoniche presenti presso l’abitazione attraverso una visita in loco effettuata dal terapista occupazionale. RISULTATI La degenza media nel reparto di riabilitazione é stata di 38 giorni variando da un minimo di 14 ad un massimo di 100 giorni. Tutti e 18 i pazienti sono rientrati al proprio domicilio, quasi tutti con supporto di ausilio per la deambulazione e alcuni con ossigenoterapia. La maggior parte di questi ha proseguito il trattamento respiratorio e neuromotorio per via ambulatoriale, senza necessità di trattamento in setting domiciliare, segno di un’adeguata globale ripresa sul piano clinico-funzionale. CONCLUSIONI L’esperienza descritta mostra come, anche in caso di ricoveri prolungati in ambiente intensivo con tutte le problematiche annesse derivate da tale setting che condizionano disabilità anche gravi sia di carattere respiratorio sia neuromotorio, il paziente che giunge in un reparto di riabilitazione respiratoria pur in condizioni clinico-funzionali “devastate” può ambire al ritorno a domicilio se viene effettuata una rapida e adeguata presa in carico multiprofessionale ed interdisciplinare con corretta realizzazione di un Progetto Riabilitativo Individuale declinato nei diversi Programmi svolti dagli operatori del team, con verifica periodica e coinvolgimento dei familiari. BIBLIOGRAFIA Vitacca M et al.: “Joint statement on the role of respiratory rehabilitation in the COVID-19 crisis Respiration” 2020 May 19:1-7. doi: 10.1159/000508399 Lazzeri M et al.: “Respiratory physiotherapy in patients with COVID-19 infection in acute setting: a Position Paper of the Italian Association Respiratory Physiotherapists (ARIR)” Monaldi Arch Chest Dis 2020; 90:1285 Kiekens C, Boldrini P et al.: “Rehabilitation and respiratory management in the acute and early post-acute phase. “Instant paper from the field” on rehabilitation answers to the COVID-19 emergency” Eur J Phys Rehabil Med, 2020 Jun;56(3):323-326. doi: 10.23736/S1973-9087.20.06305-4. Epub 2020 Apr 15.
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La riabilitazione del paziente con osteoporosi severa
Il paziente con osteoporosi severa Introduzione L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una ridotta massa ossea e da alterazioni microstrutturali dell’osso, con aumentata fragilità ossea e suscettibilità alle fratture. Secondo una stima del 2015, in Italia circa 4 milioni di persone sono affette da osteoporosi, di cui 3.2 milioni di donne e 0.8 milioni di uomini: la prevalenza è del 23.1% per le donne e del 7% per gli uomini. La classificazione eziopatogenetica dell’osteoporosi distingue una forma primaria (80%), a sua volta divisa in involutiva (post-menopausale, sotto i 70 anni, dovuta al deficit estrogenico, e senile, sopra i 70 anni) e giovanile idiopatica (dell’infanzia e adolescenza), ed una forma secondaria (20%), associata ad altre condizioni patologiche e farmaco-indotte. Osteoporosi primaria • Involutiva 1. Post-menopausale 2. Senile • Giovanile idiopatica Osteoporosi secondaria • Malattie Endocrine e Metaboliche 1. Iperparatiroidismo 2. Ipogonadismo 3. Tireotossicosi 4. Ipercorticosurrenalismo 5. Diabete Mellito 6. Iperprolattinemia 7. Deficit di GH 8. Acromegalia • Malattie ematologiche 1. Leucemie 2. Mieloma multiplo 3. Mastocitosi sistemica 4. Talassemia • Malattie Gastrointestinali 1. Celiachia 2. Gastrectomia e Bypass gastrico 3. Malassorbimento intestinale 4. Malattie infiammatorie intestinali 5. Epatopatie Croniche 6. Cirrosi biliare primitiva • Malattie genetiche 1. Osteogenesi imperfetta 2. Sindrome di Ehler-Danlos 3. Malattia di Gaucher 4. Glicogenosi 5. Ipofosfatasia 6. Emocromatosi 7. Omocistinuria 8. Fibrosi Cistica 9. Sindrome di Marfan • Malattie Reumatiche 1. Artrite reumatoide 2. LES 3. Spondilite Anchilosante 4. Artrite Psoriasica 5. Sclerodermia • Malattie Renali 1. Insufficienza Renale Cronica 2. Ipercalciuria Idiopatica 3. Acidosi Tubulare renale • Altre malattie 1. Anoressia nervosa 2. Fibrosi Cistica 3. BPCO 4. Malattia di Parkinson 5. Sclerosi Multipla • Da Farmaci 1. Glucocorticoidi 2. L-Tiroxina a dosi soppressive 3. Eparina e anticoagulanti orali (AVK) 4. Anticonvulsivanti 5. Inibitori dell’Aromatasi 6. Antiandrogeni 7. Antagonisti del GnRH 8. Immunosoppressori 9. Antiretrovirali 10. Tiazolinedioni 11. Inibitori di Pompa Protonica (PPI) 12. Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) • Da Trapianto di organi La classificazione strumentale, basata sui valori densitometrici rilevati con apparecchiatura Dexa e sulla presenza o meno di fratture da fragilità ossea, definisce: “normalità” valori di T-score > -1 DS, “osteopenia”, valori di T-score compresi tra -1 e -2.5, “osteoporosi”, valori di T-score ≤ -2.5 DS o la presenza di una frattura da fragilità ossea prevalente con T-score > -2.5 DS ed “osteoporosi severa” valori di T-score ≤ -2.5 DS e la presenza di una frattura da fragilità ossea prevalente o da due fratture da fragilità ossea prevalenti indipendentemente dal T- score. In Italia, nel 2017 sono state registrate circa 560.000 frattura da fragilità ossea, di cui il 20% di femore, il 15% di vertebra e il 65% di altri siti. Il rischio di subire una frattura osteoporotica maggiore in soggetti con più di 50 anni è del 34% per le donne e del 16% per gli uomini. Si stima che nel 2030 il numero di fratture da fragilità ossea raggiungerà i 700.000 casi all’anno. Le sedi prevalenti di frattura da fragilità ossea sono: il corpo vertebrale (30%), soprattutto in donne di età superiore ai 65 anni, asintomatiche nei 2/3 dei casi; l’estremità prossimale del femore (20%), soprattutto in donne di età superiore a 80 anni; l’estremità distale del radio (20%), soprattutto in donne di età compresa tra i 60 ed i 70 anni ed in uomini con meno di 70 anni; l’estremità prossimale dell’omero (10%), soprattutto in donne di età superiore a 65 anni; altre sedi (20%) tra cui l’estremità distale di tibia e perone, le costole, il bacino, il piede, ecc. La frattura da fragilità ossea del femore è la 4° causa di morbilità dopo l’infarto del miocardio, la demenza ed il tumore del polmone. La frattura da fragilità ossea del corpo vertebrale in una donna aumenta di circa 5 volte il rischio di una nuova frattura vertebrale e di circa 2 volte il rischio di una frattura del femore. In Italia, ad un anno da una frattura da fragilità ossea del femore, la mortalità raggiunge il 20%, la disabilità residua è del 40% ed il rischio di nuove fratture da fragilità ossea aumenta di circa 2.5 volte. Nel 2017, la spesa sanitaria per il trattamento delle fratture da fragilità ossea in Italia è stata di circa 9 miliardi di euro e raggiungerà i 12 miliardi di euro nel 2030. Secondo il rapporto OSMED del 2017, in Italia solo il 21.2% dei pazienti con frattura da fragilità ossea riceve un’adeguata terapia con farmaci anti-fratturativi. La diagnosi e terapia precoce dell’osteoporosi severa permetterebbe di ridurre la mortalità, la disabilità e le ri-fratture da fragilità ossea e di conseguenza la spesa sanitaria per il loro trattamento. Inoltre, essendo le fratture da fragilità ossea dovute per il 97% a caduta a terra, un’adeguata valutazione e correzione dei fattori di rischio per cadute ridurrebbe ulteriormente il loro numero. L’allenamento fisico incentrato sulla modificazione dei fattori di rischio intrinseci e quindi sulla prevenzione comportamentale è una parte fondamentale dei programmi di prevenzione delle cadute. Un intervento di prevenzione delle cadute attraverso esercizi fisici dovrebbe essere rivolto soprattutto al miglioramento della forza e dell’equilibrio ed essere integrato dal mantenimento della mobilità e della funzionalità. Inoltre anche attività fisiche come il Tai Chi, esercizi su base musicale come l’euritmia, la danza e programmi di movimento informatizzati come exergaming, la passeggiata, la danza possono integrare i programmi di prevenzione delle cadute. Materiali e Metodi L’individuazione dei fattori di rischio per frattura da fragilità ossea è fondamentale per una corretta diagnosi. Fattori di rischio per fratture da fragilità ossea Età Familiarità per frattura da fragilità ossea vertebrali o femorali Storia di fratture atraumatiche Bassa densità minerale ossea (BMD) Fumo di sigaretta Immobilizzazione protratta Co-morbilità Fattori di rischio per cadute La diagnosi di osteoporosi severa è basata su dati clinici, anamnesi ed esame obiettivo, strumentali, Rx, Tc, RMN e MOC e di laboratorio, esami di primo e secondo livello. Il Defracalc79 è un algoritmo che valuta la percentuale di rischio di fratture maggiori a 10 anni analizzando i principali fattori di rischio per fratture da fragilità ossea ed i valori densitometrici, femorale e vertebrale; inoltre il Defracalc79 fornisce indicazioni sulle scelte terapeutiche con i farmaci in nota 79 stratificando il rischio di fratture in basso, medio, alto e molto alto. Il trattamento farmacologico prevede un adeguato introito di calcio con la dieta o la supplementazione, la correzione di eventuali carenze di vitamina D e l’utilizzo di farmaci anti-fratturativi secondo la Nota 79. La prevenzione del rischio di cadute è inoltre fondamentale per evitare di cadere. Circa ¾ delle cadute avvengono in casa ed 1/3 sono causate da ostacoli ambientali domestici. I fattori di rischio per cadute si dividono in intrinseci o personali ed estrinseci o ambientali. La valutazione del rischio di caduta si basa quindi sull’identificazione dei fattori di rischio intrinseci, tramite anamnesi ed esame obiettivo, e dei fattori di rischio estrinseci tramite un sopralluogo ambientale domestico. L’utilizzo di 4 test permette la valutazione della mobilità, della forza muscolare degli arti inferiori e dell’equilibrio statico e dinamico: Timed Up and Go, velocità del cammino, Chair stand e Romberg modificato. Programmi che prevedono molteplici categorie di esercizi svolti in gruppo o a casa (ad es. programmi basati su evidenze come Otago, FaME, LiFE), contenenti solitamente sia un allenamento di equilibrio che per aumentare la forza muscolare, si sono dimostrati efficaci nel ridurre le cadute. Altre categorie di esercizi possono essere incluse in questo tipo di programmi, come il 3D training (movimento attraverso i tre piani spaziali costante e ripetitivo non supportato), il Tai Chi e lo square stepping, attività fisica generale intesa come gruppi di cammino, allenamento di flessibilità o resistenza. Il programma LiFE, che comprende esercizi di equilibrio e forza inseriti all’interno delle attività di vita quotidiana, si è dimostrato efficace nel ridurre il tasso di cadute. Conclusioni La diagnosi ed il trattamento precoce del paziente affetto da osteoporosi severa ha un’importanza clinica riducendo la mortalità, dovuta soprattutto alle fratture femorali, la disabilità, conseguente soprattutto alle fratture femorali e vertebrali e circa il 30% delle fratture successive alla prima con una conseguente riduzione della spesa sanitaria per il loro trattamento. Bibliografia Linee Guida Intersocietarie: Gestione dell’Osteoporosi e delle Fratture da fragilità Tarantino et al. Arch. Osteoporos 2018 Dang Y et al. J Am Acad Orthop Surg 2018
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Medicina narrativa e polmonite interstiziale covid 19: una storia a lieto fine
Ercole Zanotti1, Roberto Antenucci2, Rodolfo Massimiliano Murgia1, Patrizia Bibbò1, Anna Cassio2, Maria Paola Gruppi2, Claudio Arzani3 1UOSD Riabilitazione Respiratoria, P O di Castel San Giovanni, AUSL Piacenza 2UOSD Medicina Riabilitativa Val Tidone, P O di Castel San Giovanni, AUSL Piacenza 3Direttore Amministrativo Rete Ospedaliera AUSL Piacenza MEDICINA NARRATIVA E POLMONITE INTERSTIZIALE COVID 19: UNA STORIA A LIETO FINE Introduzione La Medicina Narrativa analizza i vissuti del paziente, la sua sofferenza, le sue speranze, la sua relazione col percorso di cura. Così acquistano importanza ascolto, condivisione ed empatia Materiali e Metodi Uomo, 66 aa, sovrappeso, pregresse FA e trombosi auricola sn., iperteso, diabetico. Và in PS Osp. di Piacenza il 22/03 per febbre e dispnea: tampone POS. Ecotorace: linee B diffuse; O2reservoir 15L, poi ventilazione in casco CPAP TAC: multiple aree a vetro smerigliato sul 75% del parenchima polmonare Ricovero Infettivi, poi TI: sedato, intubato, curarizzato e ventilato. Cicli di prono-supinazione, migliorato, il 30/3 inizia weaning, ma il 4/4 tracheostomia percutanea L’8/4 trasferito in UTIR a Castelsangiovanni (PC) prosegue VAM. Il 13/4 toglie SNG, inizia alimentazione per os + NP; fine ventilazione il 14/4; il 15/4 rimossa tracheo, O2 5L Era il 22/03 ore 22.30, non respiravo. Mia moglie, spaventatissima, chiama il 118, arriva ‘ululante’ un’ambulanza. Mi provano la saturazione e il verdetto è uno solo: subito al PS. Salgo, forse perdo coscienza o forse la mia mente abbassa la saracinesca, rifiuta i ricordi. Vivo una realtà parallela fatta di sogni. Tra i tanti: non voglio e non posso morire, ho progetti da portare a buon fine, l’1/5 sarà il mio ultimo giorno da dipendente, non voglio superare il confine che mi separa dall’altrove. Così fino al 24/04 Il 16/4 trasferito in Riabilitazione Respiratoria: O2 4L, allettato, assistito nei passaggi posturali e controllo del tronco. Visita fisiatrica del 30/5: deficit bilat. SPE; decubito sacrale e tallone dx.; passaggi posturali autonomi sino a postura seduta; seduto-eretto in appoggio a girello basso; deambula con steppage bilaterale + girello e assistenza Mi risveglio, esco dal sogno, mi ritrovo sommerso in un lago, ne esco. Reparto di Riabilitazione: immobile a letto con ossigeno, muscolatura azzerata, spondine, un decubito da far paura, lesione corda vocale e laringe, niente voce, piedi insensibili, barba mal tenuta. Lo pneumologo dice che il quadro non è male e riflette se togliermi l’ossigeno. Infermiere in giacca blu e bardatura postnucleare e OSS con mascherina, guanti, casco, grembiule mi accudiscono, una mi fa la barba, mi lavano, mi faranno la doccia quando, settimane dopo, raggiungerò, aiutato, il bagno. Ci vuole forza, necessito totale assistenza, mi sento umiliato, ma loro sono gentilissimi e attenti all’aspetto umano. Ciò mi aiuta, mi strappa sorrisi, mi rassegno al tempo che passa e mi tranquillizzo. Mangio cibi ‘molli’. Non posso lasciarmi andare, ho progetti da realizzare, solo rinviati, non certo per mia volontà. Finalmente col girello esco in corridoio. Inciampo. Dottoressa e terapista mi fanno conoscere le ‘molle di Codivilla’ che sosterranno le gambe per ovviare ai nervi SPE ‘dormienti.’ Voglio uscire, tornare da mia moglie che, a maggio, scoprirò, senza corretta consapevolezza della situazione, a sua volta ricoverata, in quella notte del 23/3. La sento col cellulare, per fortuna Risultati Dimesso il 17/6 senza O2: “Esiti polmonite interstiziale bilaterale da Covid 19; esiti di tracheostomia; disfonia e disfagia per i liquidi da ipomobilità emilaringe e corda vocale dx. sottoslivellata; neuropatia assonale SPE bilaterale in polineuropatia assonale sensitiva e metabolica su base diabetica; decubito sacrale e tallone dx.; diabete; ipertensione arteriosa” Finalmente ‘la liberazione’: 17/06, 88 giorni ‘dopo’. Un’ambulanza mi porta a casa, conosco i volontari, chiacchieriamo: l’assistenza dal punto di vista umano è fondamentale. Entro in casa sulla carrozzina, sono commosso e felice. Peso 70 kg, come a militare nel ’74, avevo 20 anni. Irriconoscibile. Poi ‘scopro’ la mascherina e l’obbligo di portarla, mi raccontano il lockdown. Essere a casa è importante, ho il supporto di mia moglie che mi assiste in tutto: lavarmi, preparare dieta apposita, sostenermi anche fisicamente. L’AUSL garantisce ausili, infermiere a domicilio e due terapiste per recuperare il cammino, prima col girello, poi con le stampelle. A settembre palestra AUSL; a fine ottobre cammino con un ‘semplice’ bastone, i piedi mostrano segni di recupero, il decubito è ridotto. Sono passati 7 mesi. Sbrigare pratiche: invalidità, ‘la 104’, riconoscere Infortunio sul lavoro, permesso auto per circolare assistito. Controlli medici. Danno biologico permanente. Ottimo supporto medico di base. Verrà Natale e forse camminerò senza tutori. In libreria, la ragazza che ci conosce dice che siamo un esempio di forza, un messaggio vivente, un invito a non lasciarsi andare. I miei figli, con mogli e nipotine mi sono stati vicini al mio rientro in casa Conclusioni La Vita rinasce Un figlio ha ricordato la notte in cui il cellulare ha squillato: una dottoressa dell’ospedale, piangendo, comunicava che non ce la facevo, mi stavano perdendo, non avrei visto l’alba e la famiglia rimase col fiato sospeso. L’altro figlio ha detto: “siamo stati fortunati, abbiamo avuto un’opportunità in più, altro tempo per vivere insieme” Bibliografia Igor J Koralnik et al.: “COVID-19: A global threat to the Nervous System” Ann Neurol. 2020 July; 88(1): 1-11 Zaharias G.: “What is narrative-based medicine?” – Can Fam Physician 2018 Mar; 64(3):176-180 Giarelli G. et al.: “Storie di cura. Medicina narrativa e medicina delle evidenze: l’integrazione possibile”, Franco Angeli, 2005
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Impatto di un protocollo riabilitativo di esercizio sulla fatigue in donne con carcinoma mammario: a proof-of-principle study
Impatto di un protocollo riabilitativo di esercizio sulla fatigue in donne con carcinoma mammario: a proof-of-principle study Borg MB1,2, de Sire A1,3, Pasqua S2, Gennari A4,5, Cisari C1,3, Baricich A1,3, Invernizzi M1,3 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2 Medicina Fisica e Riabilitativa, Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità, Novara 3 Medicina Fisica e Riabilitativa, CRRF Mons. Luigi Novarese, Moncrivello, Vercelli 4 Oncologia Medica, Dipartimento di Medicina Traslazionale, Università del Piemonte Orientale, Novara 5 Oncologia Medica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità, Novara Introduzione La Breast Cancer Fatigue (BCF) rappresenta una complessa condizione multidisciplinare. È caratterizzata dalla presenza e persistenza di una sensazione di stanchezza fisica e mentale che determina un gravoso impatto sulla Health Related Quality of Life (HRQoL) nelle pazienti sopravvissute ad un carcinoma mammario1,2. Lo scopo del nostro studio era valutare la fattibilità e l’efficacia terapeutica di uno specifico protocollo riabilitativo della durata di 4 settimane sulla BCF in una popolazione di donne recentemente trattate per carcinoma mammario. Materiali e Metodi In questo studio di coorte prospettico abbiamo incluso donne trattate chirurgicamente per carcinoma mammario nei 2 mesi precedenti ed aventi una diagnosi di BCF, in accordo ai criteri dell’International Classification of Diseases 10. Sono state escluse le pazienti che avevano valori di emoglobina inferiori a 9 g/dl, piastrine inferiori a 150 000/mm3 o storia recente di sanguinamento, ipotiroidismo non in terapia sostitutiva e che presentavano metastasi ossee o cerebrali. Tutte le pazienti selezionate sono state sottoposte ad un protocollo riabilitativo di esercizi terapeutici costituito da sessioni bisettimanali di 60 minuti ciascuna per 4 settimane. L’obiettivo primario che abbiamo valutato è stato il Brief Fatigue Inventory (BFI); come obiettivi secondari abbiamo indagato l’European Organization for Research and Treatment of Cancer Quality of Life Questionnaire (EORTC QLQ-C30), l’Hand Grip Strength Test (HGS), lo Short Physical Performance Battery (SPPB), il 10-meter walking test (10MWT) ed il 6-minute walking test (6MWT). Questi parametri sono stati valutati all’ingresso in studio (T0), dopo un mese di trattamento riabilitativo (T1) e ad un successivo follow-up a distanza di 3 mesi (T2). Risultati Di 102 donne affette da carcinoma mammario inizialmente selezionate, 36 sono state incluse nello studio. Le pazienti avevano un’età media di 55.17±7.76 anni ed un Body Mass Index (BMI) medio di 25.15±5.52 kg/m2. Per quanto concerne il BFI, abbiamo trovato differenze statisticamente significative ai vari tempi indagati (T1: 5.4±1.6 vs. 4.2±1.7; p = 0.004) (T2: 5.4±1.6 vs. 4.4±1.6; p = 0.004), sono stati inoltre riportati miglioramenti significativi anche per quanto concerne la qualità di vita (EORTC QLQ-C30) ed i parametri funzionali indagati (HGS, SPPB, 10 MWT, 6 MWT), sia al T1 (p < 0.01) che al T2 (p < 0.05). Conclusioni Il protocollo riabilitativo studiato è risultato quindi sicuro, applicabile ed efficace nel ridurre significativamente la BCF in donne recentemente trattate per carcinoma mammario. Inoltre, questo protocollo ha determinato un incremento significativo in termini di HRQoL, forza e performance muscolare, sia al termine delle sedute di trattamento riabilitativo (T1) che al follow-up a 3 mesi (T2). Nuovi studi saranno necessari per determinare più accuratamente quali siano gli effetti dell’esercizio fisico nella complessa gestione multidisciplinare del BCF e quale sia il miglior protocollo attuabile in queste pazienti. Bibliografia 1. Bower JE, Bak K, Berger A, Breitbart W, Escalante CP, Ganz PA, et al. Screening, assessment, and management of fatigue in adult survivors of cancer: an American Society of Clinical Oncology Clinical Practice Guideline Adaptation. J Clin Oncol. (2014) 32:1840–50. doi: 10.1200/JCO.2013.53.4495 2. Thong MSY, van Noorden CJF, Steindorf K, Arndt V. Cancer-related fatigue: causes and current treatment options. Curr Treat Options Oncol. (2020) 21:17. doi: 10.1007/s11864-020-0707-5. Note Il lavoro è stato citabile come: Invernizzi M, de Sire A, Lippi L, Venetis K, Sajjadi E, Gimigliano F, Gennari A, Criscitiello C, Cisari C, Fusco N. Impact of Rehabilitation on Breast Cancer Related Fatigue: A Pilot Study. Front. Oncol 2020. 10:556718. doi: 10.3389/fonc.2020.556718.
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Valutazioni ecografiche, elettroneurografiche e correlazioni clinico-funzionali nei pazienti sottoposti a decompressione chirurgica del nervo ulnare al gomito
DIDASCALIE POSTER “Valutazioni ecografiche, elettroneurografiche e correlazioni clinico-funzionali nei pazienti sottoposti a decompressione chirurgica del nervo ulnare al gomito” INTRODUZIONE La sindrome del canale cubitale è la seconda neuropatia da intrappolamento più comune, dopo quella del nervo mediano. La valutazione diagnostica si effettua tramite esame elettroneurografico (gold standard) ed ecografico. L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare in termini anatomico-funzionali le condizioni del nervo ulnare nei pazienti sottoposti a decompressione e neurolisi del nervo al gomito con o senza trasposizione anteriore rispetto ad una popolazione sana. Si è valutato, infine, se alterazioni di tipo elettrofisiologico ed ecografico potessero interessare anche il nervo mediano omo e controlateralmente al nervo ulnare operato. MATERIALI E METODI Sono stati reclutati, nel periodo Gennaio- Marzo 2020, 15 pazienti (GS) sottoposti ad intervento chirurgico afferenti agli ambulatori di Medicina Fisica e Riabilitativa e di Chirurgia Generale del Policlinico Umberto I di Roma e 14 pazienti (GC) risultati negativi agli esami elettrofisiologici. Entrambi i gruppi sono stati sottoposti ad esame clinico, esame ecografico con valutazione della CSA (Cross-selection area), DAP (diametro antero-posteriore) e DLL (diametro latero-laterale) ed elettroneurografico con valutazione della latenza e della velocità distale sensitiva e motoria. Il GS è stato valutato anche mediante l’uso scale valutative specifiche (BISHOP-PRUNE-DASH). RISULTATI Valutazioni elettroneurografiche • Confronto dei valori tra il GS e il GC per i parametri elettroneurografici • Confronto dei valori tra il GS e il lato sano GS per i parametri elettroneurografici Valutazione clinica • Confronto tra sintomi pre e post-intervento • Correlazione tra i dati delle scale valutative e i pazienti sottoposti a trattamento riabilitativo Valutazione ecografica • Confronto dei valori tra il GS e GC per i parametri ecografici • Confronto dei valori tra il GS e il lato sano del GS per i parametri ecografici CONCLUSIONI Concludendo si può affermare che i pazienti oggetto dello studio presentano sia in termini clinici che strumentali esiti significativi a lunga distanza dal trattamento e che la chirurgia non è risolutiva nel miglioramento degli outcome clinici. Bibliografia 1. Ke-Vin Chang, Wei-Ting Wu, Der-Sheng Han, Levent Ozcakar. Ulnar nerve cross-sectional area for the diagnosis of cubital tunnel syndrome: a meta-analysis of ultrasonographic measurements. Archives of Physical Medicine and Rehabilitation, 2018, 99:743-757. 2. Shulman B, Bekisz J, Lopez C, Maliha S, Mahure S, Hacquebord J. The association between concomitant ulnar nerve compression at the elbow and carpal tunnel syndrome. Hand (N Y), 2020 May;15(3):335-340.
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La riabilitazione post COVID-19 nell’esperienza dell’Ospedale San Carlo di Milano
Poster Congresso SIMFER 2020 La riabilitazione post COVID-19 nell’esperienza dell’Ospedale San Carlo di Milano L. Bonini1, E. Campi2, C. D. Ausenda2, L. Perucca3,4, A. M. Previtera3,5 1 Università degli Studi di Milano, Milano 2 UOC Riabilitazione, Ospedale San Carlo, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano 3 Dipartimento Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano, Milano 4 UO di Riabilitazione Neuromotoria, Istituto Auxologico Italiano, IRCCS Milano 5 UOC Riabilitazione, Ospedale San Paolo, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano Introduzione Nel periodo marzo-agosto 2020, l’Unità di Riabilitazione Specialistica dell’Ospedale San Carlo di Milano ha preso in carico pazienti provenienti da reparti per acuti e post-acuti dedicati alla COVID-19, applicando protocolli di trattamento riabilitativo polmonare, cardiaco e neuromuscolare. L’esperienza della nostra Unità si inserisce all’interno di quel gruppo di ospedali che hanno assistito in prima linea all’ondata di COVID-19 che ha colpito inizialmente e in modo particolarmente intenso il nord Italia. Materiali e Metodi Sono stati analizzati parametri clinici e di laboratorio, esami strumentali, questionari e scale di valutazione della forza, dispnea e autonomia nelle ADL di una coorte di 23 pazienti, di età compresa tra 34 e 81 anni, rilevati prima e dopo un ciclo di trattamento riabilitativo neuromuscolare e cardiorespiratorio. A tutti i pazienti reclutati era stata confermata la guarigione virologica, tramite esecuzione di due tamponi NF per SARS-COV-2. Risultati L’indice di Barthel mediano è migliorato da 42 a 88 in uscita. Il rapporto P/F alle emogasanalisi è risultato complessivamente sovrapponibile in ingresso e dimissione (453 vs 457). La distanza percorsa alla prova 6MWT è aumentata di circa il 15%. Il Barthel Dyspnea Index mediano è migliorato da 5,5 a 2. La stenia mediana alla scala MRC è aumentata da 3 a 5. Caratteristiche elettromiografiche I pazienti che hanno mostrato all’EMG un quadro di polineuropatia o di miopatia, riconducibile pertanto ad una diagnosi di CRIMYNE (Critical Illness Myopathy and Neuropathy), sono stati 9 (il 39% del totale): in particolare 8 hanno sviluppato critical illness neuropathy (il 35%), mentre 1 ha sviluppato critical illness myopathy (il 4%). Caratteristiche di autonomia, dati clinici e di laboratorio in ingresso e dimissione A tutti i pazienti, in base alle condizioni cliniche e alla disponibilità, sono stati fatti eseguire dei test di valutazione della stenia e della resistenza fisica in ingresso e in dimissione: • 6-minute walking test (6MWT) • Scala di Borg sulla percezione della dispnea e dell’affaticamento (durante il 6MWT) • MMT (Manual Muscle Test) • SPPB (Short Physical Performance Battery) Sono state inoltre somministrate scale di valutazione della dispnea e della capacità respiratoria: • mMRC (Modified British Medical Research Council Questionnaire) • Barthel Dyspnea Index • Single breath counting Caratteristiche radiologiche dei pazienti in fase acuta e in fase post-acuta Discussione e Conclusioni Dai risultati ottenuti emerge che il trattamento riabilitativo nella COVID-19 non è marginale ma ha un’importanza notevole e può cambiare notevolmente le sorti cliniche, non solo migliorando le variabili di outcome, ma anche accellerando il recupero dell’autonomia. Specifici protocolli di riabilitazione globale hanno pertanto un impatto rilevante nei pazienti post-COVID-19 dopo la stabilizzazione clinica. Rileva il fatto che in questi pazienti l’approccio riabilitativo non è limitato a una semplice riabilitazione respiratoria, ma include un programma di training neuromuscolare responsabile in modo considerevole del grado di recupero finale del paziente. Bibliografia – Carda et al., «The role of physical and rehabilitation medicine in the COVID-19 pandemic» – Iannaccone et al., «Role of Rehabilitation Department for Adult Individuals With COVID-19» – Estraneo et al., «Not Only Pulmonary Rehabilitation for Critically Ill Patients with COVID-19»
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Impatto della riabilitazione sulle funzioni motorie e non motorie di persone con Malattia di Parkinson: studio retrospettivo di coorte
IMPATTO DELLA RIABILITAZIONE SULLE FUNZIONI MOTORIE E NON MOTORIE DI PERSONE CON MALATTIA DI PARKINSON: STUDIO RETROSPETTIVO DI COORTE Alice Lambertucci1, Paola Bisoglio1, Sarah Ercoletti1, Luca Latini1, Martina Grugnetti2, Margherita Hibel2, Elisa Andrenelli1, Maria Gabriella Ceravolo1,2, Marianna Capecci1,2 1. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ancona 2. Clinica di Neuroriabilitazione, AUO Ospedali Riuniti di Ancona, Ancona. 48° CONGRESSO NAZIONALE SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA FISICA E RIABILITATIVA 2-4 DICEMBRE 2020 INTRODUZIONE La progressione della disabilità nella Malattia di Parkinson (MP) è associata all’incidenza, alla severità all’esordio ed alla evoluzione sia dei sintomi motori che di quelli non motori. La riabilitazione si è dimostrata efficace nel migliorare le funzioni motorie e le attività delle persone con malattia di Parkinson (MP). Studi preliminari hanno evidenziato che l’esercizio motorio può avere effetti positivi anche su alcuni disturbi non motori, soprattutto in ambito cognitivo e comportamentale. OBIETTIVI Lo scopo dello studio è valutare l’impatto dell’intensità di una riabilitazione ambulatoriale basata su protocolli di allenamento task-oriented ed aerobici sulla progressione a breve e medio termine dei disturbi non motori nei soggetti con MP. MATERIALI E METODI CRITERI DI INCLUSIONE: § Aver effettuato un singolo ciclo / anno di allenamento aerobico e task-oriented tra il 2011 e il 2018; § Aver una terapia farmacologica stabile durante l’intero periodo di studio; § Disponibilità del punteggio alla Movement Disorder Society – Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (MDS-UPDRS) ed alla Non Motor Symptoms Scale (NMSS) sia relativo all’avvio del trattamento riabilitativo (basale, T0), alla fine del trattamento (T1) ed a 4±2 mesi dal riabilitazione (T2). MISURE DI OUTCOME: § PRIMARIE: Ø MDS-UPDRS parte I (Sintomi non motori – punteggio 0-48) Ø NMSS • SECONDARIE: Ø UPDRS parte II (indip. ADL) – III (Sintomi motori) Ø terapia timolettica Ø risultato ai test TUG Ø 6MWT FIGURA 1: Protocolli di allenamento FIGURA 2: Flow chart dello studio RISULTATI Alla valutazione basale NMSS (Graf 1) e MDS-UPDRS-I (Graf 2) correlavano con età (p=0,004) ed erano indipendenti da durata, severità della malattia e LEDD; il 48% dei soggetti assumeva timolettici. A fine trattamento (T1) NMSS e MDS-UPDRS-I miglioravano nel gruppo HIT (p=0,02). I minuti dell’allenamento correlavano col punteggio NMSS al follow-up indipendentemente da età, durata e gravità della malattia. A lungo termine NMSS e MDS-UPDRS-I rimanevano stabili solo nel gruppo HIT, peggiorando significativamente nell’altro. La terapia timolettica veniva sospesa nel 10% dei soggetti HIT ed introdotta nel 12% dei LIT (p=.007). Il punteggio UPDRS-II migliorava maggiormente nel gruppo HIT (p=.02), risultando migliore anche al T2 (p=.01) (Graf 3). Gli outcomes secondari sono migliorati dopo l’allenamento (Graf 4-6) e peggiorano significativamente a T2 nel gruppo LIT, mentre rimangono stabili nell’HIT. CONCLUSIONI Una durata totale dell’allenamento di almeno 1200 minuti (ovvero 60-90 minuti / sessione per 20 sessioni) orientato alle attività task-oriented ed attività aerobiche è raccomandata nella Malattia di Parkinson al fine di garantire un miglioramento immediato dei sintomi motori e non motori ed una riduzione della disabilità globale correlata alla malattia nel lungo termine. BIBLIOGRAFIA 1. Ekker MS, et al. Neurorehabilitation for Parkinson’s disease: Future perspectives for behavioural adaptation. Parkinsonism Relat Disord. 2016 Jan;22 Suppl 1:S73-7. 2. Marusiak J, et al. Eight Weeks of Aerobic Interval Training Improves Psychomotor Function in Patients with Parkinson’s Disease. Randomized Controlled Trial. Int J Environ Res Public Health. 2019 Mar 11;16(5) 3. Seppi K, et al. Update on treatments for nonmotor symptoms of Parkinson’s disease-an evidence-based medicine review. Mov Disord. 2019 Feb;34(2):180-198.
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Protocolli riabilitativi per pazienti con esiti di Covid-19: un approccio di telemedicina
Protocolli riabilitativi per pazienti con esiti di Covid-19: un approccio di telemedicina Paola Bisoglio1, Alice Lambertucci1, Martina Pigliapoco1, Michela Coccia2, Lauredana Ercolani2, Michela Aringolo2, Marzia Millevolte2, Margherita Hibel2, Anna Gastaldi2, Enrica Maria Magiera2, Elisa Andrenelli1,2, Rossella Cima1, Luca Spalazzi3, Lucia Pepa3, Maria Gabriella Ceravolo1,2, Marianna Capecci1,2 1Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ancona 2Clinica di Neuroriabilitazione, AOU Ospedali Riuniti di Ancona 3Dipartimenti di Ingegneria dell’informazione, Università Politecnica delle Marche, Ancona 48° CONGRESSO NAZIONALE SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA FISICA E RIABILITATIVA 2-4 DICEMBRE 2020 INTRODUZIONE L’attuale pandemia causata dal virus SARS-CoV-2 è caratterizzata da una sindrome respiratoria acuta (Covid-19) che richiede l’ospedalizzazione in circa il 18.4% dei casi. In accordo con la recente letteratura scientifica, almeno la metà dei pazienti con esiti di Covid-19 può manifestare una sindrome da decondizionamento, da moderata a severa, fatigue, perdita di massa muscolare e dolore, vertigini, scarsa tolleranza ai minimi sforzi, depressione, ansia, sindrome neurologica post-critica e neuropatia periferica. L’approccio riabilitativo potrebbe essere efficace al fine di recuperare la disabilità dovuta al Covid-19. Inoltre, l’esperienza comune e il punto di vista degli esperti suggeriscono che sia necessario un potenziamento del sistema tele-riabilitativo e dei servizi a domicilio al fine di migliorare l’assistenza sanitaria. OBIETTIVO L’obiettivo dello studio è quello di verificare la praticabilità e il livello di soddisfazione degli utenti di servizio educativo, erogato in modalità remota, che propone protocolli riabilitativi per persone con esiti di Covid-19. MATERIALI E METODI  E’ stato progettato da un team multidisciplinare un originale programma riabilitativo disponibile dal 31 marzo 2020, gratuitamente, in lingua italiana e inglese, tramite una piattaforma web (fig.1), accessibile da qualsiasi dispositivo (smartphone, tablet, laptop) e sistema operativo (android, windows, iOs). Esso è indirizzato a pazienti in remissione da Covid-19 e può essere utilizzato in remoto sotto controllo medico.  una selezione di 28 filmati (fig.2) con esercizi respiratori e muscolari con una voce guida che fornisce istruzioni specifiche su come eseguire correttamente i movimenti.  La scala Borg (fig.3) e la scala Barthel per la dispnea (fig.4) sono state utili rispettivamente per la sicurezza dei protocolli e per l’auto-monitoraggio dei risultati.  Un questionario di gradimento (fig.4) ha fornito informazioni riguardanti i dati demografici e clinici degli utenti RISULTATI E’ stata registrata una media di 220 accessi al giorno dal 31 marzo al 31 Settembre 2020 (350 fino al 30 giugno). 50 pazienti hanno compilato il questionario di gradimento (Tabella 1).  Il 80% degli utenti con esiti di Covid-19 riportava fatigue da moderata a severa durante le attività quotidiane (media 6.5/10; mediana 7; range: 1-10) (Tabella 2)  Il miglioramento percepito dopo l’allenamento è stato di 6.5/10 (mediana 7.5; range: 1-9) (Tabella 2)  Circa il 64% ha manifestato sintomi ansiosi da moderati a severi (Tabella 3)  il 54% ha riportato un miglioramento dei sintomi dopo l’allenamento (Tabella 3)  Il livello medio di gradimento degli utenti relativamente al progetto è stato di 4.4/5 (mediana 5; range: 2-5) (Tabella 4) CONCLUSIONI La telemedicina è apprezzata, sicura e di possibile utilità per integrare il trattamento riabilitativo dei pazienti con esiti di Covid-19. Sono necessari ulteriori studi controllati per confermare questi risultati preliminari. BIBLIOGRAFIA 1. Barker-Davies RM, O’Sullivan O, Senaratne KPP, Baker P, Cranley M, Dharm-Datta S, et al. The Stanford Hall consensus statement for post-COVID-19 rehabilitation. Br J Sports Med [Internet]. 2020 Aug 1 [cited 2020 Oct 20];54(16):949–59. Available from: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32475821/ 2. Ceravolo M, Arienti C, De Sire A, Andrenelli E, Negrini F, Lazzarini S, et al. Rehabilitation and Covid-19: the Cochrane Rehabilitation 2020 rapid living systematic review. Eur J Phys Rehabil Med [Internet]. 2020 [cited 2020 Oct 20]; Available from: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32705860/ 3. Negrini S, Kiekens C, Bernetti A, Capecci M, Ceravolo MG, Lavezzi S, et al. Telemedicine from research to practice during the pandemic “instant paper from the field” on rehabilitation answers to the COVID-19 emergency. Eur J Phys Rehabil Med [Internet]. 2020 Jun 1 [cited 2020 Oct 20];56(3):327–30. Available from: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32329593/
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Studio combinato di mirror therapy e realtà virtuale immersiva in pazienti in esiti di ictus di recente insorgenza: case series
STUDIO COMBINATO DI MIRROR THERAPY e REALTÀ VIRTUALE IMMERSIVA IN PAZIENTI IN ESITI DI ICTUS DI RECENTE INSORGENZA: CASE SERIES Michele Gennuso, Riccardo Carlino, Sonia Di Gregorio, Sascia Grafeo, Stefano Moriconi, Claudia Remedi, Paola Casoli, Coccia Michela, Millevolte Marzia, Maria Gabriella Ceravolo, Marianna Capecci. Introduzione: L’ictus cerebrale nei paesi industrializzati rappresenta la terza causa di morte e la prima causa neurologica di disabilità negli adulti. La compromissione motoria dell’arto superiore è una sequela presente in circa il 75% dei soggetti in fase acuta, compromette gravemente il recupero dell’autonomia nella vita quotidiana e limita la partecipazione sociale. Evidenze di efficacia di elevato livello sono state mostrate dagli approcci riabilitativi task-oriented, tuttavia nel 40% dei soggetti in fase cronica la disabilità dell’arto superiore persiste. Alcuni approcci di potenziamento dell’apprendimento motorio usati in associazione a protocolli task-oriented hanno dimostrato di aumentare l’efficacia della riabilitazione, in particolare la Mirror-Therapy [1] e la Virtual Reality [2]. Tuttavia le prove di efficacia sono disponibili, quasi esclusivamente, per i soggetti in fase cronica. Pertanto, è stato avviato uno studio sperimentale che ha come oggetto la rieducazione funzionale dell’arto superiore in soggetti con esiti di ictus in fase acuta sfruttando la mirror-therapy in un ambiente di realtà virtuale immersiva attraverso l’utilizzo del dispositivo tecnologico Magic Glass (Tech4Care). Obiettivi: OBIETTIVO PRIMARIO: valutare la fattibilità dell’approccio caratterizzato dall’integrazione del trattamento fisioterapico intensivo task-oriented convenzionale con un training mediato dal sistema Magic Glass. OBIETTIVI SECONDARI: valutare l’effetto sul recupero funzionale dell’arto superiore e sulla destrezza. Materiali e metodi: Criteri di inclusione: Età > 18 anni, > 7 giorni dall’ictus < 15 giorni, Primo ed unico ictus, Plegia (< F2) dei movimenti di estensione di polso e dita, Arto superiore non interessato dall’ictus con ROM completo ed indolore; TCT ≥ 24%. Criteri di esclusione:Deficit visivi, di comprensione e uditivi, Severa aprassia, Epilessia, Sindrome vertiginosa, Comorbilità gravi, Demenza (MMSE < 18). Disegno studio: Studio osservazionale prospettico. I soggetti venivano sottoposti a 20 minuti al giorno di Magic-Glass per 5giorni/sett. per 4 settimane in sostituzione di 20 minuti di riabilitazione dell’arto superiore task-oriented. La valutazione è stata effettuata al momento dell’arruolamento (T0) al termine dello stesso (T1) e dopo tre mesi (T2). 4 pazienti su 6 hanno terminato il protocollo. 2 pazienti hanno interrotto il trattamento per patologie intercorrenti e per severe vertigini indotte dal visore, e sono stati monitorati come controlli. Risultati: CARATTERISTICHE DEL CAMPIONE ARRUOLATO  VR1-4: soggetto afferente al gruppo Virtual Reality in ordine di arruolamento; CG1-2: soggetto afferente al gruppo di controllo in ordine di arruolamento. M: genere maschile; F: genere femminile; Dx: destro; Sin: sinistro; Emo: ictus emorragico. Isc: ictus ischemico. FIM: Functional Indipendence Measure; FMA-UE: Fugl-Meyer Assesment-Upper Extremity; TCT: Trunk Control Test; SB: Standing Balance; FAC: Functional Ambultaion Categories; OCS: Oxford Cognitive Screen FATTIBILITÀ  N° di pazienti che hanno portato a termine il trattamento sperimentale: 4 su 5 (80%) ACCETTABILITÀ  secondo la SUS è stata in media pari a 68.5%,5% a T2 dei controlli. I soggetti a termine migliorano al WMFT del 15% a T1 e 25% a T2 versus 3% a T1 e 25% a T2. Il neglect era presente a T0 in 3 soggetti e si riduce a 2 al T1 e a nessun paziente al T2. FUNZIONE MOTORIA  All’ingresso il punteggio alla FMA-UA era in media pari a 5 [4-8]. I soggetti cha hanno terminato il training sono migliorati in media alla FMA-UA del 15% [6-26] a T1 e del 23%[12-37] a T2. I soggetti di controllo dell’1% e 11% a T1 rispettivamente e del 2% e 23% a T2 DESTREZZA MOTORIA  WMFT i soggetti che hanno terminato il training sperimentale sono migliorati in media del 15% [3-28] a T1 e del 25%[12-39] a T2. Il soggetto escluso per vertigini non è migliorato al test WMFT, l’altro del 3% dopo un mese di riabilitazione e del 25% a tre mesi. FUNZIONI ESECUTIVE  3 soggetti presentavano neglect all’avvio del trattamento. Il disturbo attentivo si risolveva a T1 in uno paziente ed al T3 negli altri due. Conclusione: Una terapia basata sull’uso combinato della tecnica mirror con la realtà virtuale immersiva risulta applicabile ed accettabile in almeno il 60% dei soggetti in fase acuta post-ictus con grave deficit della funzione dell’arto superiore anche se presentano neglect. I dati preliminari suggeriscono che i risultati funzionali possano essere quantificabili. Studi su ampia scala con disegni controllati sono auspicabili. References Thieme H, et al, «Mirror therapy for improving motor function after stroke», Cochrane Database of Systematic Reviews, n. 7, 2018. Laver K.E. et al. «Virtual reality for stroke rehabilitation», Cochrane Database of Systematic Reviews, n. 11, 2017.
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Progetto magic glass, aggiornamento finale: fattibilità di un intervento di teleriabilitazione mediante realtà virtuale immersiva nella fase cronica post-ictus
PROGETTO MAGIC GLASS, AGGIORNAMENTO FINALE: FATTIBILITÀ DI UN INTERVENTO DI TELERIABILITAZIONE MEDIANTE REALTÀ VIRTUALE IMMERSIVA NELLA FASE CRONICA POST-ICTUS Moriconi S.1, Millevolte M.2, Coccia M. 2, Carlino R.1, Di Gregorio S. 1, Grafeo S.1, Chiatti C.3, Covotta F.3, Borioni A. 3, Bolognini S. 3, Capecci M. 1, 2, Ceravolo M.G. 1, 2 1) Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ancona 2) Clinica di Neuroriabilitazione, AUO Ospedali Riuniti di Ancona, Ancona 3) © Tech4Care srl INTRODUZIONE: • Lo stroke è la terza causa di disabilità nel mondo e la prima nella popolazione anziana • Le linee guida ISO-SPREAD raccomandino almeno 45 minuti di riabilitazione al giorno, l’eccessivo carico economico ha portato allo sviluppo di approcci riabilitativi innovativi basati sul coinvolgimento del paziente • Il “Magic Project” ha ricevuto fondi dall’UE, nel contesto di Horizon 2020, per lo sviluppo di un sistema di riabilitazione domiciliare in pazienti con esiti di ictus • L’azienda Tech4Care ha sviluppato il dispositivo “Magic Glass”, un sistema di realtà virtuale immersiva utile per la riabilitazione domiciliare dell’arto superiore tramite serious games. Sfrutta la mirror therapy ed è adattabile alle capacità del paziente Laver KE Et al. Cochrane Database Syst Rev. 2017; 11: CD008349. Maier, M Et al. Neurorehabilitation and Neural Repair 2019; 30: 1545968318820169 Thieme H Et al. Cochrane Database Syst Rev. 2018; 7: CD008449. OBIETTIVI: ENDPOINT PRINCIPALE: • Testare la fattibilità di integrare la soluzione «Magic Glass» per la riabilitazione domiciliare dell’arto superiore in termini di usabilità, accettabilità ed aderenza al trattamento ENDPOINT SECONDARI: • Valutare l’efficacia del dispositivo in termini di indipendenza nelle ADL, qualità di vita e miglioramento nella funzionalità dell’arto superiore MATERIALI A METODI: Trial multinazionale, multicentrico, prospettico CRITERI DI INCLUSIONE • Adulti ad almeno >2 settimane dall’ictus • Assenza di deficit cognitivi severi (MoCA >20) • Controllo del tronco sufficiente a mantenere la posizione seduta CRITERI DI ESCLUSIONE • Deficit motorio controlaterale all’emiparesi • Neglect e/o aprassia • Epilessia non controllata farmacologicamente • Storia clinica di vertigine RISULTATI: • La popolazione comprendeva soggetti con ampia variabilità di età ed era omogenea per sesso e lato affetto • L’usabilità (Punteggio SUS) era alta già al primo approccio con il dispositivo ed aumentava progressivamente con l’utilizzo • Caratteristica degli screening failure era la scarsa performance cognitiva • In media i soggetti dropped out presentavano una paresi severa dell’arto superiore, con autonomia compromessa • Il tempo medio di utilizzo era di 10 minuti/die ad 1 mese e diminuiva con l’utilizzo a causa delle limitate attività proposte e della carenza di aggiornamenti • Unico predittore di utilizzo a lungo termine erano i minuti/die di impiego del dispositivo ad un mese CONCLUSIONI: • I risultati del nostro studio mostrano l’elevato potenziale del dispositivo «Magic Glass» come aggiunta al normale percorso riabilitativo nei pazienti con esiti cronici di ictus: è in grado di garantire circa 1h/settimana di riabilitazione aggiuntiva • È risultato accettabile in una popolazione molto vasta ed eterogenea per età, grado di disabilità e distanza dall’evento acuto • Si è rivelato un sistema sicuro, NON si sono verificati effetti avversi • Permetterebbe l’accesso quotidiano a sistemi di teleriabilitazione per l’arto superiore
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